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Pietracolora
è un abitato di 440 persone sopra il Comune di Gaggio Montano, nell'Appennino
Bolognese. Il Paese è situato su di un rilievo a 840 meri di altezza sul
crinale delle valli scavate dai torrenti Aneva e Marano. Per
molto tempo si è pensato che il nome di Pietracolora derivasse da certe pietre
colorate del torrente Aneva. L'idea venne insegnata diffusamente sia dalle
suore della Piccola Casa del Cottolengo, presenti a Pietracolora dalla fine
dell'Ottocento, sia, per molto tempo, da don Angelo Passini, parroco a
Pietracolora dal 1965 al 1996. Però, alla verifica dei fatti, queste pietre
non erano altro che sassi comunissimi di torrente. Così da qualche decennio
si è cominciato a ripensare all'origine del nome Pietracolora. Don
Angelo Passini cominciò a pensare che Pietracolora derivasse da "Petra
Colubris", dove Colubris vuol dire serpente e in particolare il serpente sacro
al dio pagano Esculapio; fin qui don Angelo Passini, che in seguito parve
confortato nella sua ipotesi da un fossile di serpente ritrovato tra le
macerie dell'oratorio della Madre della Provvidenza, a Rocca Balcona, luogo
poco sopra Pietracolora. Quel serpente fossile ha prodotto una serie
di congetture con il risultato di collegare la pietra con la notizia di
un'antica torre costruita nel 1289 da un gruppo di banditi; torre che venne
demolita dalle truppe bolognesi. In seguito sul luogo della torre venne
costruito l'Oratorio di Rocca Balcona, demolito dai bombardamenti del 1944. Così si pensò
che il fossile - murato due anni fa nella cella inferiore della torre
belvedere inaugurata nel 1991 - fosse
alle radici del nome Pietracolora. Ma il toponimo è molto più antico del
1289, presentandosi già in un documento del 1151, dove si parla di un tal “Ildebrando
de castro Predacolorie”; inoltre, gli anziani ancora viventi si
ricordano dell’Oratorio della Madre della Provvidenza, ma non che si
parlasse di un
fossile con serpente. In
quei tempi lontani il toponimo non si presentava stabile, segno dell'influsso
di parlate dialettali e della perdita di contatto con la dizione originale.
Infatti nel 1154 compare ancora la dizione “De castro Predacolorie”,
ma insieme comincia a comparire “Predacolora” (1188). Seguono
“Predaculoria” (1231), “Preda Culora” (1315); “Predaculuora”
(1276), “Pretecoloria” (1289), “Predaculebra” (1300).
Come si vede questa toponomastica non è incompatibile con un
originale latino “Petra Colubris”, dove “petra” in
latino significa precisamente rupe, roccia, scoglio; mentre per pietra si ha
piuttosto lapis, saxum. A ciò si aggiunge che il
serpente sacro al dio Esculapio (Colubris Aesculapii) è presente nella zona
esposta a sud anche ai giorni nostri. Esculapio era il dio della medicina il
cui culto venne importato dai Romani dalla Grecia a partire dal terzo sec.
a.C. Il "Colubro di Esculapio". Sopra
Pietracolora, e precisamente sopra Rocca Balcona, sono stati rinvenuti resti di
insediamenti etruschi. Giunse in seguito la presenza romana e ovviamente il
culto agli dei di Roma. La
“Pedra o petra” è da ritrovarsi nella roccia arenacea su cui è costruita
Pietracolora (Cf. Nicola Ciancabilla, L'Ambiente a Pietracolora, in
“Pietracolora e la sua gente”, Dicembre 2004, pag. 339). La roccia la si
ritrova anche a pochi decimetri sotto il manto di terra, dando l'opportunità dell'ipotetico nome di “Petra
Colubris”. E' importante dire che questo sottosuolo geologico rende
Pietracolora esente dalle frane che altrove si registrano.
E' stata
Ad
un km in linea d'aria da Pietracolora c'è un suggestivo complesso arenario a
strapiombo del torrente Marano. Nel 1300 compare riguardo al grande balzo la
dizione di Sassane, come rivela un oratorio detto di Sancte Rayne de Sassana
(la Madonna regina), ora non più esistente e sostituito da un oratorio
dedicato a S. Maria Maddalena. In alto,
accanto al complesso arenario passava un antico percorso romano detta Cassiola.
Il
paese conta 141 persone, ed è
distante da Pietracolora 2,5 km; 200 metri più in
basso in direzione del fondovalle del Reno. In origine la chiesa era un piccolo oratorio, che faceva capo alla Pieve di Rocca Pitigliana e perciò era “in villa plebis Pidiliani” (un atto notarile del 1237 riferisce di una località Pisina “in villa plebis Pidiliani”), da qui il nome S. Maria Villiana, cioè nella “villa Pidiliani”, da cui "Villiana". Nel territorio di S. Maria Villiana sono stati trovati resti di cocci e ceramiche della civiltà Villanoviana. Il nome Villanoviana deriva dal sito degli scavi a Villanova di Castenaso presso Bologna. |
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