Pietracolora
 
 

Pietracolora è un abitato di 440 persone sopra il Comune di Gaggio Montano, nell'Appennino Bolognese. Il Paese è situato su di un rilievo a 840 meri di altezza sul crinale delle valli scavate dai torrenti Aneva e Marano. L'abitato segue l'andamento del crinale e perciò si presenta allungato da est a ovest. Il crinale si conclude con una piccola vetta, che scende verso la confluenza dell'Aneva e del Marano. Nel 1151 era un castro, cioè un centro abitato con qualche opera di difesa, terrapieni o palancati, cioè strutture in legno, per una situazione difensiva-offensiva verso il vicinissimo Frignano, nel Modenese. Le case del castro dovevano essere modeste costruzioni in legno, con piccole parti in sasso per i camini. La Chiesa parrocchiale è dedicata a Santa Lucia. Tale dedicazione risale fra l'undicesimo e il dodicesimo secolo. Presso la chiesa di Pietracolora è presente la Compagnia delle Sacre Stigmate di S. Francesco, eretta nell'anno 1678. Per questo a Pietracolora si celebrava, per un permesso della Santa Sede, il 2 agosto il Perdono di Assisi. Accorrevano all'indulgenza e alle funzioni annesse migliaia di persone da tutti i paesi vicini, ed erano presenti ben otto frati cappuccini confessori.

Per molto tempo si è pensato che il nome di Pietracolora derivasse da certe pietre colorate del torrente Aneva. L'idea venne insegnata diffusamente sia dalle suore della Piccola Casa del Cottolengo, presenti a Pietracolora dalla fine dell'Ottocento, sia, per molto tempo, da don Angelo Passini, parroco a Pietracolora dal 1965 al 1996. Però, alla verifica dei fatti, queste pietre non erano altro che sassi comunissimi di torrente. Così da qualche decennio si è cominciato a ripensare all'origine del nome Pietracolora.

Don Angelo Passini cominciò a pensare che Pietracolora derivasse da "Petra Colubris", dove Colubris vuol dire serpente e in particolare il serpente sacro al dio pagano Esculapio; fin qui don Angelo Passini, che in seguito parve confortato nella sua ipotesi da un fossile di serpente ritrovato tra le macerie dell'oratorio della Madre della Provvidenza, a Rocca Balcona, luogo poco sopra Pietracolora. Quel serpente fossile ha prodotto una serie di congetture con il risultato di collegare la pietra con la notizia di un'antica torre costruita nel 1289 da un gruppo di banditi; torre che venne demolita dalle truppe bolognesi. In seguito sul luogo della torre venne costruito l'Oratorio di Rocca Balcona, demolito dai bombardamenti del 1944. Così si pensò che il fossile - murato due anni fa nella cella inferiore della torre belvedere inaugurata nel 1991 - fosse alle radici del nome Pietracolora. Ma il toponimo è molto più antico del 1289, presentandosi già in un documento del 1151, dove si parla di un tal “Ildebrando de castro Predacolorie”; inoltre, gli anziani ancora viventi si ricordano dell’Oratorio della Madre della Provvidenza, ma non che si parlasse di un fossile con serpente.

In quei tempi lontani il toponimo non si presentava stabile, segno dell'influsso di parlate dialettali e della perdita di contatto con la dizione originale. Infatti nel 1154 compare ancora la dizione “De castro Predacolorie”, ma insieme comincia a comparire “Predacolora” (1188). Seguono “Predaculoria” (1231), “Preda Culora” (1315); “Predaculuora” (1276), “Pretecoloria” (1289), “Predaculebra” (1300). Come si vede questa toponomastica non è incompatibile con un originale latino “Petra Colubris”, dove “petra” in latino significa precisamente rupe, roccia, scoglio; mentre per pietra si ha piuttosto lapis, saxum. A ciò si aggiunge che il serpente sacro al dio Esculapio (Colubris Aesculapii) è presente nella zona esposta a sud anche ai giorni nostri. Esculapio era il dio della medicina il cui culto venne importato dai Romani dalla Grecia a partire dal terzo sec. a.C. Il "Colubro di Esculapio".

Sopra Pietracolora, e precisamente sopra Rocca Balcona, sono stati rinvenuti resti di insediamenti etruschi. Giunse in seguito la presenza romana e ovviamente il culto agli dei di Roma.

La “Pedra o petra” è da ritrovarsi nella roccia arenacea su cui è costruita Pietracolora (Cf. Nicola Ciancabilla, L'Ambiente a Pietracolora, in “Pietracolora e la sua gente”, Dicembre 2004, pag. 339). La roccia la si ritrova anche a pochi decimetri sotto il manto di terra, dando l'opportunità dell'ipotetico nome di “Petra Colubris”. E' importante dire che questo sottosuolo geologico rende Pietracolora esente dalle frane che altrove si registrano.

E' stata avanzata anche l’interpretazione che il nome di Pietracolora derivi dalla forma dialettale di “Pre d’la clura”, dove “clura” è una delle dizioni dialettali dell’Emilia Romagna, [“clura” (Bolognese), “linzola” (Modenese), “ninzola” (Modenese), “vellana” (Fiumalbo], che indica il nocciolo. Così sarebbe “Prato (pre) del nocciolo”. Il nome scientifico del nocciolo è “Corylus avellana”; il nome “avellana” deriva dalla località di Avella in Campania dove in epoca classica era estesamente coltivato. Il latino per il nocciolo aveva il termine “corulus”, derivabile dal greco “karya”, con quale si intendevano vari tipi di noce. L’interpretazione di “Pre d’la clura” è pertinente, ma con il problema che Pietracolora non è su di un luogo pianeggiante o pressoché pianeggiante: “pre” (prato). Si potrebbe concludere, sulla scorta della terminologia antica (Petracolorie, Predacolora, Preda Culora, Pretecoloria, Predaculebra), con il significato di “Altura del nocciolo”. Questa interpretazione è da favorire a quella che fa risalire il nome di Pietracolora a “Petra Colubris” per la sua distanza da riferimenti pagani, già in atto nell’appennino bolognese con l’avvento dei Franchi.

Ad un km in linea d'aria da Pietracolora c'è un suggestivo complesso arenario a strapiombo del torrente Marano. Nel 1300 compare riguardo al grande balzo la dizione di Sassane, come rivela un oratorio detto di Sancte Rayne de Sassana (la Madonna regina), ora non più esistente e sostituito da un oratorio dedicato a S. Maria Maddalena. In alto, accanto al complesso arenario passava un antico percorso romano detta Cassiola.

S. Maria Villiana

Il paese conta 141 persone, ed è distante da Pietracolora 2,5 km; 200 metri più in basso in direzione del fondovalle del Reno.

In origine la chiesa era un piccolo oratorio, che faceva capo alla Pieve di Rocca Pitigliana e perciò era “in villa plebis Pidiliani” (un atto notarile del 1237 riferisce di una località Pisina “in villa plebis Pidiliani”), da qui il nome S. Maria Villiana, cioè nella “villa Pidiliani”, da cui "Villiana". Nel territorio di S. Maria Villiana sono stati trovati resti di cocci e ceramiche della civiltà Villanoviana. Il nome Villanoviana deriva dal sito degli scavi a Villanova di Castenaso presso Bologna.