Le
origini del rosario sono molto
lontane e la corona, come l’abbiamo oggi, è il frutto di una lunga
elaborazione. Sotto forma di corona di grani per la recita del solo Pater la si
ritrova verso la fine del secolo X. La numerazione dei Pater era stabilita in
50 o 150 seguendo il numero dei salmi. Questa numerazione nacque in terreno
benedettino per regolare la preghiera dei fratelli non chierici che non sapendo
leggere non potevano recitare i 150 salmi. Fu nel secolo XII che sorse la pratica
di recitare l’Ave Maria usando dei “signacula de Pater noster”, dando così origine al rosario.
Molto spesso, in
quel tempo, ad ogni Ave si faceva una genuflessione.
La formazione del
rosario è dunque anteriore a s. Domenico, il quale, secondo Alano de la Roche,
predicatore domenicano del XV secolo, fu favorito da una visione di Maria che
lo invitò a diffonderlo.
Il rosario venne
poi perfezionato con l’introduzione dei 5 grani dei Pater per dividere le 50
Ave Maria. Questa introduzione viene assegnata al certosino Enrico Egher.
Verso la metà del
secolo XVI, prevalse la forma che conosciamo ad opera della predicazione dei
Padri domenicani. I 5 grani dell’appendice nacquero dall’abitudine, ancora
presente in Germania e Svizzera e raccomandata dal Grignon de Montfort, di
premettere al rosario la recita di un Credo, un Pater e tre Ave Maria.
L’introduzione
dei misteri si ebbe nel secolo XV. Essi erano numerosissimi, fino a giungere ad
un mistero per ogni Ave Maria. Alano de la Roche, nel suo Psalterium Marianum,
ha 15 Pater, 150 Ave e 150 misteri, che vanno dall’annunciazione al giudizio
finale. Nel secolo XVI, si ebbe l’omogeneità dei misteri ad opera dei
predicatori domenicani. Le litanie lauretane hanno la loro origine nel secolo
XII, e sono documentate in forma diversissima.
Dal secolo XVI,
si ebbe la forma attuale. Vengono dette lauretane, perché da secoli vengono
recitate con solennità nel santuario della Madonna di Loreto.
Pio V, dopo la
vittoria di Lepanto, ottenuta col Rosario, istituì la festa della Madonna del
rosario, che divenne universale sotto Clemente XI, nel 1716.
Gli ultimi
pontefici hanno caldeggiato grandemente la recita del rosario.
Leone XIII
scrisse ben 10 encicliche sul rosario, Pio XI scrisse la “Ingraviscentibus
malis”, Pio XII la “Ingruentium malorum”.
Così ne parla
Paolo VI nella sua esortazione apostolica sul culto alla Beata Vergine. N.49: “La corona
della beata Vergine Maria, secondo la tradizione accolta dal nostro
predecessore s. Pio V e da lui autorevolmente proposta, consiste di vari
elementi organicamente disposti:
a) |
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la
contemplazione, in comunione con Maria, di una serie di misteri della
salvezza, sapientemente distribuiti in tre cicli, che esprimono il gaudio dei
tempi messianici, il dolore salvifico di Cristo, la gloria de risorto che
inonda la Chiesa; contemplazione che, per sua natura, conduce a pratica
riflessione e suscita stimolanti norme di vita. |
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b) |
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L’orazione
del Signore ‹Padre Nostro›, che, per il suo immenso valore, è alla base
della preghiera cristiana e la nobilita nelle sue varie espressioni. |
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c) |
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La
successione litanica delle Ave Maria, che risulta composta del saluto
dell’Angelo alla Vergine e dal benedicente ossequio di Elisabetta, a cui
segue la supplica ecclesiale ‹santa Maria›. |
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d) |
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La
dossologia ‹Gloria al Padre› che, conformemente ad un orientamento
comune alla pietà cristiana, chiude la preghiera con la glorificazione di
Dio, Uno e Trino, dal quale, per il quale e nel quale, sono tute le cose”. |
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N. 50: “Questi
sono gli elementi del santo Rosario. Ognuno di essi ha la sua indole propria
che, saggiamente compresa e valutata, deve riflettersi nella recitazione,
perché il rosario possa esprimere tutta la sua ricchezza e varietà. Detta
recita, pertanto, diventerà grave e implorante nell’orazione del Padre Nostro; lirica
e laudativa nel calmo fluire delle Ave Maria; contemplativa nell’attenta
riflessione intorno ai misteri; adorante nella dossologia”.
Nel 1830, 24 anni
prima della definizione del dogma dell’Immacolata Concezione, la Vergine
apparve a Caterina Labourè, suora delle Figlie della Carità di s. Vincenzo de
Paoli. La Vergine le indicò di divulgare una medaglia, dove ella appare con le
braccia rivolte in basso; dalle mani escono dei raggi luminosi. Dall’altra
parte della medaglia, sono raffigurati i cuori di Gesù e Maria e una M
intrecciata ad una croce. La Madonna promise numerose grazie a chi l’avesse
portata al collo e volle che vi fosse incisa questa giaculatoria: “O
Maria, concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a voi”.
Pio XI, in
occasione del centenario, nel 1930, non trascurò di ricordare questo
avvenimento, fonte di tante grazie.
Pio XII, nel
1947, canonizzò la Labourè.
7 |
I primi cinque sabati del mese |
Queste
le parole che Lucia di Fatima ha udito dalla Vergine Santissima:
“Guarda
figlia mia, il cuore tutto trapassato di spine, che gli uomini mi infliggono in
tutti i momenti con le loro bestemmie e ingratitudini. Tu almeno, cerca di
consolarmi e di far sapere agli uomini che io prometto di assistere nell’ora
della morte con le grazie necessarie alla salvezza eterna, tutti coloro che,
nei primi sabati di cinque mesi consecutivi, si confesseranno, riceveranno la
s. Comunione, reciteranno la corona e mi terranno compagnia durante un quarto
d’ora, meditando sui quindici misteri del s. Rosario, con l’intenzione di farmi
riparazione”.
La confessione
deve essere fatta negli otto giorni che precedono o seguono la Comunione. La
dilazione dopo la Comunione si può fare quando si è in stato di grazia. La
meditazione può estendersi anche ad un solo mistero.
E’ inaccettabile
la presunzione di chi pensasse di ottenere una salvezza automatica, senza una
vita coerente.
8 |
La consacrazione a Maria |
Niente delle
nostre persone è accetto a Dio se non è in unione con il sacrificio di Cristo,
e ogni consacrazione di noi stessi è un atto che, per sua natura, è rivolto
primieramente a Dio. La consacrazione alla Madonna deve essere perciò intesa
come una risoluzione per una vita interiore di dipendenza da lei, affinché in
lei, con lei e per lei, cresca la nostra somiglianza con Cristo, centro della
nostra vita spirituale e unica via per giungere al Padre. E’ dunque un impegno
a rendere vivi e concreti i legami materni che abbiamo con Maria, mediante una
donazione di tutto ciò che siamo, abbiamo e facciamo.
Il Montfort, nel
suo trattato, ci dice, con una formula diventata classica, in che modo debba
svolgersi una vita intensamente mariana: “fare tutte le azioni per
Maria, con Maria, in Maria e per mezzo di Maria, per poterle fare più
perfettamente per mezzo di Gesù, con Gesù e per Gesù”.
Con Maria: cioè, prendendo Maria a modello di
comportamento, tenendo ovviamente conto che lei è Immacolata e noi no.
Per mezzo di
Maria: cioè aprendo a Maria
ogni settore della nostra vita, affinché per mezzo suo venga indirizzato a
Cristo.
In Maria: cioè sviluppando i legami che ci uniscono
alla sua maternità fino ad un pieno abbandono.
Per Maria: cioè compiendo tutte le cose con il
desiderio di onorarla, al fine di piacere a Gesù e dare gloria a Dio.
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