Questa donna, che rappresenta la Chiesa ma è anche
applicabile alla Vergine Maria, è impegnata in un conflitto segnalato già
nell’annuncio profetico del protovangelo: “Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la
sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno”.
La Regina delle vittorie appare avvolta da un fulgore solare, quasi che il sole
abbia abbandonato il suo posto astronomico per rivestirla. Ai suoi piedi si è
precipitata la luna e sul capo sono state convocate le stelle a formare un
serto regale. Se applicata a Maria, le sue grida di partoriente esprimono i
dolori che ella soffrì nella sua missione di associata alla vittima del
Calvario.
L’avversario della donna, dopo essere stato presentato
nell’atto di quella seduzione apostatica che diede origine al suo infernale
seguito di angeli ribelli, si dirige, orribile nella sua forma di dragone,
contro la donna, nella quale individua la sua totale nemica. Il colore rosso
indica la sua ferocia sanguinaria, le sette teste la sua astuzia vorace, le 10
corna il suo potere violento, i sette diademi la sua superbia.
La salita al cielo del “Figlio maschio, destinato a governare tutte le
nazioni”, è il segno della vittoria della Resurrezione e della fede
di Maria umilissima durante il triduo della morte, nel quale fu la vessillifera
della fede, dichiarando inutile l’accurata imbalsamazione del Figlio e la
pesante pietra del sepolcro.
La forza invincibile di Maria è tutta nella sua fede e
umiltà, ed è con la comunicazione di queste sue virtù che ella rende la Chiesa
vincitrice e piena di Cristo. Nel Magnificat, infatti, ella ci dice: “perché ha guardato
l’umiltà della sua serva”; s.Elisabetta esclama: “Beata colei che ha
creduto nell’adempimento delle parole del Signore”; Luca osserva: “Maria, da parte sua,
serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore”.
Il dragone che, dopo essere stato sconfitto dalla Regina
avvolta nel sole, si avventa furente contro coloro che “osservano i comandamenti di Dio”,
sperimenta immediatamente che essi sono “discendenza della donna”, “sua stirpe”.
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(Mc 14,22-24): “Mentre mangiavano, prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo:
‹Prendete, questo è il mio corpo›. Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse:
‹Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza, versato per molti›
”. |
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Nel Paradiso Terrestre, tutto era favorevole all’uomo se
non mangiava il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male; ora,
per la comunità in cammino verso i cieli, tutto ridiventa mezzo di crescita in
Dio, solo se si mangia il pane e il vino offerto da Cristo. Maria, in tutto
questo, non si perde nell’ombra, ma rimane misteriosamente presente per quel sì
di Nazaret che è alle origini del dono dell’Eucaristia. E’ il sì di Cristo alla
missione affidatagli dal Padre ad averci dato quel cibo, ma il costitutivo di
quel cibo, che è la sua stessa carne, è venuto a lui per il sì di Maria.
E’ così la coppia Cristo-Maria l’autrice di quel convito
che è descritto dai profeti di Israele con i tratti letterali di un ritorno
all’abbondanza dell’Eden. I segni sacramentali del pane e del vino segnalano
perciò gioia e letizia e proclamano l’amicizia di Cristo giunta fino
all’immolazione della croce; infatti, mentre rimangono segni conviviali, sono
segni sacrificali. Cristo è presente in stato di vittima immolata, perciò con
il sentire del Calvario, che ci comunicò il suo amore per il Padre e Maria. Ci
dona Maria, poiché è in lei che lo Spirito Santo ci immedesima a lui; poi,
intimamente uniti a lui, egli ci inonda sempre più del suo Spirito di adorazione
al Padre. In ogni comunione eucaristica vengono così perennemente pronunziate
le parole: “Donna
ecco il tuo figlio”, “Figlio ecco la tua Madre”.
Nel messale, tra le preghiere presentate al sacerdote dopo
la Comunione, si legge:
“O Maria, Vergine e Madre Santissima, ecco che
io ho ricevuto il tuo dilettissimo Figlio che concepisti nel tuo seno
immacolato, che generasti, allattasti e stringesti con soavissimi amplessi.
Ecco, Colui, la cui vista ti allietava e formava ogni tua
delizia, io con umiltà ed amore te lo presento, perché tu lo stringa fra le tue
braccia, lo ami col tuo cuore, lo offra a Dio Padre, ad onore e gloria di te
medesima e per i miei bisogni e di quelli del mondo intero. Ti prego dunque,
piissima Madre: impetrami il perdono di tutti i miei peccati, abbondante grazia
di servire il tuo Figlio d’ora in poi con maggiore fedeltà, e, infine la grazia
della perseveranza finale, affinché io lo possa lodare in eterno. Così sia”.
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(Lumen Gentium n. 65 ED): “Mentre la Chiesa ha già raggiunto nella beatissima Vergine la perfezione che la rende senza macchia e senza rughe, i fedeli si sforzano ancora di crescere nella santità, debellando il peccato; e per questo innalzano gli occhi a Maria, la quale rifulge come modello delle virtù davanti a tutta la comunità degli eletti ”. |
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Gli studi sui primi due o tre secoli della Chiesa ci
dicono che il discorso su Maria si trovò racchiuso, in gran parte, in quello
della Chiesa, anch’essa madre. Giustamente infatti doveva prima dar ragione di
sé colei che era l’Annunciatrice della buona novella, per poi presentare,
traendola dal suo seno, l’intima perla mariana. Che Maria fosse nel più
profondo della coscienza cristiana ce lo dice fatto che, quando nei primi
secoli i Doceti e gli Gnostici misero in dubbio la realtà della natura umana di
Cristo, la Chiesa trovò la sua forza nella proclamazione della maternità reale
di Maria; quando gli ebioniti negarono la divinità di Cristo, furono vinti con
la riflessione teologica sulla perpetua verginità di Maria; quando Nestorio
volle sostenere due persone in Cristo, una umana l’altra divina, venne travolto
dal dogma della Theotòcos del concilio di Efeso (431). Si assiste dunque al
processo che, mentre la Chiesa nei dolori delle eresie e delle defezioni,
esplicita a se stessa e agli altri il mistero che la struttura, sempre innalza
lo sguardo alla Vergine Madre.
Sperimentando la debolezza dei suoi figli, la Chiesa si
ritrova così attorno a Maria piena del bisogno di definire sempre più le
grandezze di lei.
I dogmi della Theotòcos, della Perpetua Verginità,
dell’Immacolata Concezione e dell’Assunta sono stati definiti in un clima di
dolore e di speranza. Questo processo di orientamento a Maria non è però
facile, benché sempre si realizzi, ma avviene nella misericordia di Dio, che
insistentemente presenta l’opera di veri figli di Maria in tutti gli strati
della Chiesa. Il ritorno al fervore richiede sempre il sacrificio degli
apostoli di Maria. Ecco come Pio XII ha tratteggiato l’orientamento mariano di
questi apostoli (Con devoto pensiero: A.R., anno 6, 280):
“La devozione
mariana, non può essere dunque una pietà meschinamente interessata, la quale
non vede nella potentissima Madre di Dio che la distributrice dei benefici,
soprattutto di ordine temporale, né una devozione di sicuro riposo, che non
pensa se non a rimuovere dalla sua vita la santa croce degli affanni, delle
lotte, delle sofferenze; né una devozione sensibile di dolci consolazioni e di
manifestazioni entusiastiche; e neanche - per quanto santa possa essere - una
devozione troppo esclusivamente sollecita dei propri vantaggi spirituali. Uno
che sia veramente figlio di Maria deve essere agli ordini di lei in tutto, deve
fare il custode, il difensore del suo Nome, delle sue eccelse prerogative,
della sua causa, portare ai suoi fratelli le grazie e i celesti favori della
loro Madre comune, combattere senza tregua al comando di colei che <cunctas
haereses sola interemit in Universo mundo>. Egli si è arruolato sotto il
vessillo di lei con un impegno perpetuo; non ha più diritto di disarmare per
timore degli attacchi e delle persecuzioni; non può, senza infedeltà alla
propria parola, disertare e abbandonare il suo posto di combattimento e di
onore”.
Questi apostoli, pienamente coscienti che Cristo è il
centro di ogni vita spirituale, sono poi del tutto al riparo dallo scrupolo di
onorare troppo Maria.
S.
Bernardo (Hom. sup. Missus): “Non
pensi di oscurare la Gloria del Figlio chi molto loda la Madre; perché quanto
più si onora la Madre, tanto più si onora il Figlio”. S. Anselmo (De exc. Virg.,
cap. 6) : « Interpellare la
Vergine, non è diffidare della divina misericordia, ma della propria indegnità
diffidare”. S. Idelfonso (De Virg. M., c. II): “Per essere servo del Figlio, desidero essere servo della Madre”. S. Grignon de Montfort (Trattato n.
62) : “Se la devozione alla
santa Vergine ci allontanasse da Gesù Cristo, bisognerebbe respingerla come un
miraggio del diavolo; ma invece è il contrario : questa devozione ci è
necessaria per trovare perfettamente Gesù Cristo, amarlo teneramente e servirlo
fedelmente”. S. Alfonso de Liguori (Le Glorie di Maria, vol. I, pag. 173
ed. P.): “Quando altro non vi fosse,
basti a togliere il timore di eccedere nelle lodi a Maria il P. S. Agostino, il
quale ci dice che quanto noi diciamo in lode di Maria, tutto è poco di fronte a
quel ch’ella si merita per la sua dignità di Madre di Dio; con la S. Chiesa, la
quale fa leggere nella Messa della B. Vergine: “sei felice, o Sacra Vergine Maria, degnissima di ogni lode”. Il
Vaticano II (Lumen Gentium, n. 67, E.D.) dicendo: “…esorta inoltre caldamente i teologi e i predicatori della parola
divina ad astenersi con ogni cura da qualunque falsa esagerazione, come pure
dalla grettezza di mente nel considerare la singolare dignità della Madre di
Dio. (…)I fedeli a loro volta si ricordino che la vera devozione non consiste
né in uno sterile e passeggero sentimento, né in una vana credulità, ma bensì
procede dalla fede vera, dalla quale siamo portati a riconoscere la preminenza
della Madre di Dio e siamo spinti a un amore filiale verso la Madre nostra e
all’imitazione delle sue virtù”. Del resto il Vaticano II, che nella Lumen
Gentium ha tratteggiato il volto stupendo della Chiesa, non poteva non
innalzare lo sguardo a Maria: (Lumen Gentium, n. 68) “La Madre di Gesù, come in cielo, glorificata ormai nel corpo e
nell’anima, è l’immagine e la primizia della Chiesa, che dovrà avere il suo
compimento nell’età futura; così sulla terra brilla come un segno di sicura
speranza e di consolazione per il popolo di Dio in marcia, fino a quando non
verrà il giorno del Signore”.
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