6 (Lc 2, 35): “Simeone li benedisse e parlò a Maria sua madre: ‹Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perchè siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima› ”.

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La legge d’Israele prevedeva che il figlio maschio venisse circonciso l’ottavo giorno dalla nascita (Lv 12,3). In quell’occasione, per consuetudine accettata, veniva imposto anche il nome. A quaranta giorni dalla nascita, c’era la prescrizione, per la donna, di sottostare ad un rito di purificazione, che prevedeva anche un’offerta sacrificale. Per i poveri, l’offerta era costituita da un colombo o da una tortora. (Lv 12). Il rito della purificazione della puerpera era poi abbinato a quello del “riscatto” dei primogeniti.

 

Gesù fu dunque portato nel tempio.

 

All’inno di gioia e alla benedizione del vecchio Simeone, che riconosciuto il Messia “lo prese tra le braccia e benedisse Dio” (Lc 2,28), seguirono alcune parole che si stamparono indelebili nel cuore di Maria: “Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione, perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima”.

 

Ella, da quel momento, visse nell’attesa di quella spada, senza sapere ancora quale sarebbe stato l’ultimo colpo a trafiggerla.

 

Perché questa profezia? Non era più umano che Maria rimanesse nella semplice conoscenza di un avvenire che avrebbe riservato le rudezze comuni della vita senza la coscientizzazione di uno specifico avvenire di dolore e d’incomprensione? Si deve rispondere che quell’annuncio fu la necessaria carità che preparò Maria, giorno dopo giorno, all’ora del Calvario.

 

Le pagine di Isaia sul servo di Jahvè, che erano state dimenticate dai circoli sadducei e farisei, sedotti dal pensiero di un Messia trionfante in termini terreni, divennero invece le pagine più meditate di Maria.

(Is 5,2-5):

 
E’ cresciuto come un virgulto davanti a lui
e come una radice in terra arida…
Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia,
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.  

Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.  

Egli è stato trafitto per i nostri delitti,
schiacciato per le nostre iniquità.  

Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti
”.
 

 
7 (Mt 2,13): “Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: ‹Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo›”.  

 

La spada annunciata da Simeone non tardò a colpire il cuore di Maria.

 

Quando Erode seppe che i Magi “si erano presi gioco di lui” (Mt 2,16), dimostrò ancora una volta il suo furore sanguinario.

 

Nella sua vita, aveva ucciso crudelmente molti dei suoi parenti. Uccise, fra gli altri, la moglie preferita Marianne, la suocera Alessandra, il cognato Aristobulo. Cinque giorni prima di morire, fece uccidere il primogenito Antipatro, al quale in antecedenza aveva promesso la successione al trono. Per avere ‘lacrime’ alla sua morte, dispose che tutti i nobili giudei venissero portati nell’ippodromo di Gerico e ivi trucidati.

 

Illividito dall’ira, decise di massacrare tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio” (Mt 2,16).

 

Erode non aveva alcun potere in Egitto, perché quel regno era sotto il dominio di Roma fin dal 30 avanti Cristo, e perciò era un ottimo rifugio.

 

Non è difficile pensare allo stato d’animo di Maria: ella aveva ormai compreso che forze immani si sarebbero scatenate contro suo Figlio. Veramente la strada messianica era stretta, in mezzo a trabocchetti gravissimi, che potevano aprirsi da un momento all’altro. L’unica arma era la fiducia eroica in Dio, il pieno abbandono in Dio degli eserciti.


8 (Lc 2,46): “Dopo tre giorni, lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: ‹Figlio perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati ti cercavamo› . Ed egli rispose: ‹Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?› Ma essi non compresero le sue parole”.  
 

 

La legge (Es 23,14-17; Dt 16,16) prescriveva di fare ogni anno la Pasqua a Gerusalemme. Le carovane dei pellegrini arrivavano a Gerusalemme intonando il Salmo 122: 

 
Quale gioia, quando mi dissero:
‹Andremo alla casa del Signore›.  

E ora i nostri piedi si fermano
alle tue porte, Gerusalemme
Gerusalemme è costruita
come città salda e compatta.  

Là salgono insieme le tribù,
le tribù del Signore,
secondo la legge di Israele,
per lodare il nome del Signore…
”.
 

 

 

Il ritorno avveniva nell’allegrezza e senza un vero ordine, se non quello di un separazione notturna fra uomini e donne. Uomini e donne si reincontravano di giorno; tuttavia la divisione doveva rimanere certamente nei carri della carovana.

 

Gesù, quindi,era più vicino a Giuseppe che a Maria.

Giuseppe, non vedendolo la mattina della partenza, pensò forse che fosse presso la madre o presso le amicizie che facilmente nascono tra pellegrini.

Alla sera, dopo una prima giornata di viaggio, Maria volle vedere Gesù, ma non era presso Giuseppe. Passarono tutta la sera a cercarlo nella carovana; alla mattina ritornarono a Gerusalemme cercandolo nelle vie affollate: finalmente, il giorno dopo, pensarono di andare al tempio, e lì lo trovarono, “seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava” (Lc 3,46).

La cornice dei dottori non impedì a Maria di slanciarsi verso il Figlio, sfogando un “perché” pieno di diritti materni. Neppure l’ombra di una mancanza di virtù in quel perché immacolato, e la risposta di Gesù non è un rimprovero, ma un insegnamento. La risposta di Gesù, centrata nelle parole “devo occuparmi delle cose del Padre mio”, sottrae i due al tormento di una responsabilità nello smarrimento e alla prospettiva umana del loro diritto d’amore, nella quale il dolore li ha sospinti, facendoli poi rientrare nella riflessione delle parole profetiche della Scrittura. Il profeta Malachia aveva detto (Ml 3,1): “Subito entrerà nel suo tempio il Signore, che voi cercate, l’angelo dell’alleanza che voi sospirate”.

 

L’insegnamento di Gesù tocca così le fibre più profonde della Madre, orientandole a quell’immolazione totale che avrà luogo sul Calvario.

 

9 (Gv 2,4-5): “E Gesù rispose: ‹Che ho da fare, con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora›. La Madre dice ai servi: ‹Fate quello che vi dirà›”.  

 

Cana di Galilea era un villaggio che distava una quindicina di chilometri da Nazaret. Il legame di amicizia con la famiglia di Cana probabilmente passava attraverso una parentela di Maria, poiché l’evangelista Giovanni ci dice che “c’era la Madre di Gesù”, aggiungendo che fu invitato “anche” Gesù.

 

I banchetti nuziali nell’Oriente potevano durare anche sette giorni consecutivi, e tutti i compaesani degli sposi avevano accesso a quella che veniva chiamata “la bevuta”. Per questo costume, Gesù potè portare con sé i discepoli che Giovanni gli aveva indirizzato. Ci fu dunque un considerevole numero supplementare che gli organizzatori del banchetto non avevano previsto e che costituì una responsabilità per Maria, la prima invitata. Maria si avvide prima dei coppieri che il vino stava mancando, perché vigilante lo temeva. Vedendo che gli sposi erano esposti ad una cattiva figura e avrebbero ricevuto il rimprovero di non aver pensato a tutti gli imprevisti, in tono di preghiera comunicò a Gesù la sua osservazione: “Non hanno più vino”.

 

Maria aveva già visto il Figlio lasciare Nazaret, durante il battesimo nel Giordano e il digiuno nel deserto; aveva visto come i discepoli di Giovanni si stringevano attorno a lui, e, nel ricordo delle parole udite al tempio: “Non sapevate che devo attendere alle cose del Padre mio?”, desiderava manifestare che aveva compreso le parole del Figlio. Le parole “non hanno più vino” sono intonate da questo palpito. Gesù, con la sua risposta, la responsabilizza pienamente: “Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora”. In altre parole, Gesù diceva: “Madre, tu vuoi che io compia un miracolo; ma questo mi manifesterà e tra me e te dovrà cessare la tranquilla intimità di Nazaret. Le tue parole fanno cessare la mia sottomissione filiale. Tu, "donna", sarai mia collaboratrice nella fede, ma devi comprendere che quanto mi chiedi affretta la mia ora, che sarà anche la tua”.

Maria disse ai servi: “Fate quello che vi dirà”.