"Australopithecus afarensis", dal triangolo
di "Afar", una zona a nord-est di Addis Abeba (Etiopia); vicino al Mar Rosso,
di fronte allo Yemen. L'Australopithecus
afarensis ha molti punti di contatto circa il cranio
con gli scimpanzé; il volume cranico di entrambi è di 450-480 cc., ma l'Afarensis è stimato anche a 500cc (Lucy la cui datazione è a 3,4 milioni di anni fa). Tuttavia nel 1991 ("Nature", 31 marzo 1994, pag. 449-451) è stato ritrovato ad Hadar (Etiopia), ad opera di Bill Kimbel (Arizona State University) e di Yoel Rak (Dipartimento anatomia e antropologia, University Ramat Aviv, Tel Aviv, Israele), un cranio integro per il 70% con una capacità cranica di 550 cc. Si tratta di un grosso maschio di Autralopithecus Afarensis. Il peso di Australopithecus afarensis maschio era di circa 45 kg., con un'altezza di 1,5 m. La femmina pesava meno: 30 kg., con 1 m. di altezza.
Degli australopiteci si danno molte ricostruzioni, ma va tenuto presente quanto afferma l'antropologo-artista Jay Metternes (la sua carriera di paleo-artista è cominciata nel 1951 con una cospicua borsa di studio della Fondazione Richard King Mellon per lo studio presso l'Università Carnegie di Pittsburg, Pensylvania. Ha collaborato con scienziati come Ian Tattersall, Dale Steward, Clark Howell, Richard Leakey), esperto di anatomia per ricostruire muscoli, tessuti e lineamenti dagli indizi forniti dai fossili: "Non c'è modo di dire esattamente che forma avesse un naso o come si distribuisce il pelo sulla faccia, o quanto fosse sviluppata la mammella delle femmine" ("Lucy, le origini dell'umanità", D. Joahanson, M. Edey, ed. Mondadori 1981, pag. 343); e bisogna aggiungere il colore del pelo e le sue variazioni di lunghezza; il colore della pelle; il colore dell'occhio; la grandezza dell'occhio e il rapporto tra l'area della cornea e quella della sclera. Si può dire che il sesso maschile, in stato di non accoppiamento, era interno, come avviene per i primati, vista l'indole degli australopiteci all'arrampicata costante degli alberi.
L'Australopithecus afarensis aveva andatura bipede, ma non perfetta; pelvi umanoide; arti inferiori piuttosto corti.
Mano con dita lunghe, ma meno di quelle dello scimpanzé. Le dita della mano sono arcuate. Le dita del piede sono lunghe e arcuate. Circa l'alluce è stato detto, sulla base di uno studio di Bruce Latimer su alcuni fossili (falangi e metatarsi), che era rivolto in avanti con il polpastrello in basso, e allungato rispetto ad una scimmia antropomorfa ("Lucy, le origini dell'umanità", D. Joahanson, M. Edey, ed. Mondadori 1981, pag. 337). Esiste, tuttavia, un reperto di piede di australopithecus - si pensa ad Africanus - ritrovato a Sterkontein dove il piede ha caratteristiche umane nella parte posteriore mentre sono scimmiesche quelle della parte anteriore: dita lunghe, prensili. L'alluce è in avanti, ma non perfettamente allineato con l'asse del piede. Il reperto è il STW 573, studiato da Ronald Clarke, 1994.
Sempre a pag. 337 di "Lucy, le origini dell'umanità" vien detto da Bruce Latimer, riguardo al piede di Afarensis: "Le falangi dell'Afarensis sono un bel po' più lunghe di quelle di un piede moderno: Possono essere quasi confuse con le dita di una mano. Dita più forti e più adatte a trasmettere la spinta di muscoli molto sviluppati, la cui presenza è segnalata dalle loro impronte lungo le falangi". Daniel Gebo e Gary Schwartz (due autorità mondiali circa i piedi degli australopiteci, dell'University Arizona State) in "American Joirnal of Phisical Antropology", aprile 2006, affermano che la camminata dell'Afarensis non era perfetta quanto quella umana e che l'Afarensis aveva articolazioni del piede più mobili degli esseri umani, e non funzionavano esattamente come i nostri.
Nel settembre del 2000, è stato ritrovato nella valle dell'Afar, a Dikika, 4 km. da Hadar, luogo di ritrovamento dei fossili di Lucy, un fossile di Austraolopithecus afarensis, di tre anni. Un cucciolo femmina. La descrizione del fossile è stata presentata su "Nature" (Settembre 2006). Il cucciolo di Austraolopithecus afarensis era concrezionato con un blocco di arenaria. La datazione lo fa risalire a 3,3 milioni di anni fa. Ci sono voluti cinque anni di lavoro per pulire il fossile dall'arenaria, e ce ne vorranno alcuni altri per completare il lavoro; ma si è già a buon punto, quanto basta per trarre le conclusioni più importanti. Il teschio è praticamente completo, così da far vedere la conformazione pitecoide. Si ha pure l'intero torso, con parti di gambe e braccia. Conservate anche le rotule, grandi come un pisello. Lo scopritore è Zeresenay Alemseged del Max Planck Institut di Lipsia. Il fossile è il risultato di un'inondazione, infatti quella che oggi è un'arida distesa una volta era un delta ricco di acqua, fiancheggiato da foreste, con vaste praterie.
Il fossile è stato nominato Selam, cioè pace, per il fatto che nella zona si stavano svolgendo combattimenti tra tribù. Il nome Lucy deriva da una canzone dei Beatles, allora di moda.
Il ritrovamento ha confermato quanto già tanti avevano detto sull'australopiteco, che cioè era un arrampicatore e la sua deambulazione non era obbligatoriamente bipede, né era perfetta. Lucy e Selam erano perfettamente adatte all'arrampicata degli alberi. La scapola di Selam ha caratteriste che la avvicinano molto a quella delle antropomorfe. La cavità glenoidea è rivolta verso l'alto, contrariamente a quella umana che è rivolta di lato. Dunque Selam era in grado di partire nelle condizioni migliori per l'arrampicata degli alberi, cosa indispensabile per sfuggire ai predatori e raggiungere il cibo. Le dita lunghe e ricurve della mano sono adatte ad afferrare rami. Anche le braccia contengono tratti idonei all'arrampicata e alla vita sugli alberi, certo di notte per dormire. (Le orme di Laetoli non sono affatto di un australopiteco).
L'esame del fossile ha portato alla luce anche il dato che il canale semicircolare dell'orecchio interno, che presiede all'equilibrio, non è simile a quello dell'uomo, ma agli altri australopiteci. Anche per questa via, ottenuta con la TAC (tomografia computerizzata), si conferma che la camminata degli australopiteci non aveva affatto l'incedere dell'uomo, ma un incedere imperfetto. Donald Johanson, che, quanto a Lucy, ha difeso fino a ieri il contrario, ora si è dovuto ricredere. La cosa era già stata messa in luce circa Lucy da Jack Stern Jr. e colleghi della Stony Brook University di New York.
Circa i canali semicircolari degli australopiteci, già si era visto che erano simili a quelli delle antropomorfe, e quindi già era stato dichiarato che l'australopiteco non poteva avere una perfetta camminata eretta ("Implication of Early Hominid Labryntine Morfology for Evolution of Human Bipedal Locomotion", riv. "Nature", n° 369, giugno 1994, pag. 645-648).
Su "Science online" (10 febbraio 2011) è stato segnalato lo studio su di un
metatarso di Afarensis, ritrovato ad Hadar. Il fossile, esaminato da esperti
dell'Università del Minnesota e dell'Arizona, rende assodato che la camminata
di Afaresis era bipede. Il fossile (quarto metatarso) è leggermente arcuato
e con ciò si può dire che il piede aveva una leggera volta plantare, che lo rendeva
adatto alla camminata bipede. Il metatarso rigido differenzia il piede di Afaresis da quello dei primati, che hanno un metatarso flessibile adatto
alla presa dei rami. Il nuovo ritrovamento non mette in difficoltà le
osservazioni precedenti. Will Harcourt-Smith del
Museo di storia naturale di New York, pur condividendo che l'Afarensis avesse una leggera volta plantare, non ritiene che avesse la concavità nella parte interna del piede; riconfermando, poi, che il piede aveva dita lunghe e arcuate.