La situazione di Paolo
La Pontificia Commissione Biblica, in data 12 giugno 1903 ha dichiarato: "Dalle Pastorali risulta con certezza che l'Apostolo fu prigioniero a Roma due volte".
Paolo, reso libero, dopo due anni (ca. 61 - 62), dalla prigionia-soggiorno (At 28,30) poiché i suoi accusatori non si resero presenti a Roma (At 28,21), era nella condizione di potere attuare tra il 62 e il 63 un viaggio in Spagna secondo il progetto già espresso nella lettera ai Romani (15,24). "Spero di vedervi, di passaggio, quando andrò in Spagna, e di essere da voi aiutato a recarmi in quella regione, dopo avere goduto un poco della vostra presenza". Con molta probabilità lo effettuò.
La Prima lettera di papa Clemente parla di un viaggio di Paolo "al
limite dell'Occidente", vale a dire in Spagna.
Anche gli Atti di Pietro, apocrifi, e il Canone di Muratori suggeriscono e anche affermano che Paolo andò in Spagna.
Eusebio di Cesarea (265 - 340) "Storia ecclesiastica" (2,22), presenta esplicitamente il viaggio di Paolo in Spagna.
Se il viaggio venne effettivamente fatto, Paolo dovette approdare a Tarrago (Tarragona), che era il porto principale di collegamento con Roma.
A Tarragona nel 256, data del martirio di Fruttuoso, vescovo di Tarragona, e dei suoi due diaconi Augurio ed Eulogio, era già presente una fiorente e consolidata comunità cristiana, e questo depone a favore di una evangelizzazione di Paolo.
L'apostolo ritornò da Roma in Oriente via mare. Era presente con Paolo Tito, che lasciò a Cipro (Tt 1,5). Anche Timoteo probabilmente era a Roma, comunque una volta giunto ad Efeso Paolo gli raccomandò di restarvi (1Tm 1,3), mentre lui si sarebbe recato in Macedonia.
Il secondo arresto di Paolo avvenne, con tutta probabilità, a Troade, città della Misia, durante il viaggio di ritorno dalla Macedonia; ne è indizio il fatto (4,13) che Paolo non poté prendere con sé il mantello e le pergamene. Quelli che potevano sostenerlo lo abbandonarono a se stesso, impressionati da un arresto che qualificava l'apostolo come un malfattore.
Dopo l'arresto ci fu un'udienza preliminare in un tribunale, con
tutta probabilità a Troade; non avrebbe altrimenti risalto il fatto che
quelli dell'Asia lo abbandonarono (2Tm 1,15; 4,16). Non si può pensare
per la prima udienza la città di Efeso poiché c'era Timoteo, e ora
ne viene informato. Paolo però riuscì a difendersi e ad essere inviato di nuovo a Cesare e non consegnato ai Giudei. Difficile sapere il capo di accusa, ma probabilmente era quella stessa fatta dai Giudei prima, che sarebbe risultata aggravata dal fatto che egli avrebbe lasciato Roma senza autorizzazione. Paolo però lecitamente lasciò Roma perché scaduti i termini processuali per l'assenza degli accusatori, il che voleva dire che veniva a mancare il capo di accusa. In quel frangente, venne abbandonato da quelli dell'Asia che si ritirarono probabilmente presi dal pensiero che si fosse sottratto al tribunale di Cesare, diventando un delinquente comune; in concreto si vergognarono delle sue catene (1,16).
La seconda lettera a Timoteo Paolo la scrisse da Roma (1,17) a breve distanza dal tempo dall'arresto, con tutta probabilità prima del luglio del 64, quando Nerone incolpò i cristiani dell'incendio che investì molti quartieri di Roma, e li perseguitò crudelmente. La persecuzione di Nerone (imperatore dal 54 al 68; morì suicidandosi) rimase circoscritta alla sola città di Roma, ma vi durò fino alla morte dell'imperatore; fuori di Roma si ebbero solo episodi sporadici.
Paolo al momento della lettera dovette pensare di avere dinanzi a sé ancora uno spazio apostolico possibile, dal momento che invitò a Roma, prima che giungesse l'inverno (probabilmente il tempo della sua comparsa davanti al tribunale di Nerone), Timoteo e Marco; e quest'ultimo perché gli sarebbe stato utile nell'evangelizzazione. La
custodia militaris di Paolo doveva certo essere rigorosa, ma non assoluta, se poteva sperare ancora in un'azione evangelizzatrice. L'incendio di Roma fu di tali proporzioni che divorò anche la reggia di Nerone, causando problemi logistici, confusione. Difficile pensare che Nerone avesse in quel frangente il tempo per giudicare uno che si era appellato a lui per questioni strane. Poi nel 65 venne ordita una congiura per sopprimerlo, e anche qui aveva da pensare ad altro; tra i congiurati anche Seneca. Nel 66 ci fu un'altra congiura. Poi nel 66 o 67 Nerone fece un viaggio propagandistico in Grecia.
In tutto ciò non è impossibile pensare che Paolo, pur in custodia militaris, e mentre c'era la persecuzione a Roma, avesse capacità di movimento clandestino grazie alla complicità di qualche soldato romano, perché le crudeltà di Nerone contro i cristiani erano ormai viste come crudeltà senza senso.
La testimonianza cristiana Paolo la diede nel tribunale di Nerone nel 66/67/68, data del suo martirio: prima o dopo il viaggio dell'imperatore in Grecia. (Tertulliano, "Scorpiace, 15, 2-5"; Lattanzio, "De mortibus persecutorum, 2, 4-6"; Orosio, "Historiarum, VII, 7-10"; Sulpicio Severo, "Chronicorum, 3, 29").
Nerone lo condannò alla decapitazione in quanto cristiano: non alla crocifissione come già Pietro, poiché cittadino romano. (Atti di Paolo, scritti verso la fine del II). L'esecuzione avvenne nel luogo detto ad "Aquas Salvias" (Atti di Pietro e Paolo dello Pseudo Marcello, del secolo V), fuori dalle Mura Aureliane, sulla via Ostiense.
Eusebio di Cesarea, "Storia ecclesiastica, 2,25,6-7", riporta la dichiarazione di un presbitero romano di nome Gaio, degli inizi del secolo II: "Io ti posso mostrare i trofei degli apostoli: se andrai al Vaticano o sulla Via Ostiense, vi troverai i trofei dei fondatori della Chiesa".
Il corpo dell'apostolo venne sepolto a due miglia dal luogo del martirio, nell'area sepolcrale che la cristiana Lucina (Passione di Paolo dello Pseudo Abdia, del secolo VI) possedeva sulla via Ostiense, facente parte del sepolcreto ivi esistente. Gli scavi hanno confermato la presenza di un cimitero sotto la Basilica di san Paolo ed intorno ad essa (loculi e fosse) per i poveri e gli schiavi affrancati.
Un'analisi scientifica (2009) di grande rilevanza del contenuto del sarcofago della tomba dell'apostolo Paolo ha evidenziato, oltre le ossa, un prezioso tessuto di lino colorato di porpora con lamine d'oro, un tessuto di colore azzurro con filamenti di lino, e anche grani di incenso rosso.
L'esame al carbonio 14 di alcuni frammenti ossei, da parte di tecnici ignari della loro provenienza, ha indicato come la persona di appartenenza sia vissuta tra il I e il II secolo. Ciò è in linea con la tradizione unanime e incontrastata circa i resti mortali dell'apostolo Paolo.
A 1,37 m., sotto l'Altare Papale della Basilica di san Paolo, si trova una lastra di marmo (2,12 m. x 1,27 m.) con l'iscrizione PAULO APOSTOLO MART(YRI) "Paolo apostolo e martire". La lastra è in diversi pezzi. Quello che porta il nome PAULO è munito di tre fori, uno rotondo e due quadrati. Il foro rotondo è contemporaneo alla sepoltura ed è connesso a una piccola conduttura che secondo l'uso romano, in seguito cristiano, serviva per versare dei profumi nelle tombe.
La seconda lettera a Timoteo: scopo
La seconda lettera a Timoteo fa parte delle tre lettere Pastorali, chiamate tali a partire dal XVII secolo perché indirizzate a capi di chiese locali, e trattano del loro ministero. In ordine di tempo vengono: prima lettera a Timoteo, lettera a Tito, seconda lettera a Timoteo. Le tre lettere hanno un'estrema rassomiglianza di stile, specie la prima Timoteo e la lettera a Tito. Le tre lettere vennero scritte a brevi distanze di tempo.
Lo scopo della seconda lettera a Timoteo è quello di fortificare Timoteo. Dopo l'arresto di Paolo, i falsi dottori giudaizzanti avevano sfruttato l'arresto per presentare l'apostolo non solo come un traditore della religione dei suoi padri, ma anche come un malfattore comune. Timoteo ne fu investito, da qui la preoccupazione della seconda lettera. L'apostolo Paolo dovette avere informazioni sulla situazione a Efeso da Onesìfero (1,15), che si recò da lui a Roma. Paolo aveva provveduto in breve a inviare Tìchico a Efeso (Tichico era un collaboratore di Paolo di origine asiatica, già presente presso Paolo nella prima prigionia a Cesarea (At 20,4) prima di essere trasferito al tribunale di Cesare, e latore delle lettere agli Efesini e ai Colossesi), quale valido collaboratore presso Timoteo per superare le difficoltà presenti nell'area Efesina, prima che Timoteo potesse partire per Roma, dove Paolo lo chiamava.
Autenticità
Vedi prima lettera a Timoteo
Indirizzo e ringraziamento
1
1
Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio e secondo la promessa
della vita che è in Cristo Gesù,
2
a Timoteo, figlio carissimo: grazia, misericordia e pace da parte di Dio
Padre e di Cristo Gesù Signore nostro.
3
Rendo grazie a Dio che io servo, come i miei antenati, con coscienza
pura, ricordandomi di te nelle mie preghiere sempre, notte e giorno.
4
Mi tornano alla mente le tue lacrime e sento la nostalgia di rivederti
per essere pieno di gioia.
5
Mi ricordo infatti della tua schietta fede, che ebbero anche tua nonna
Lòide e tua madre Eunìce, e che ora, ne sono certo, è anche in te.
“Apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio e secondo la promessa della vita che è in Cristo Gesù”.
Paolo, diffamato dai falsi dottori, afferma che la sua missione di apostolo procede dalla volontà di Dio e non da lui. Gesù ha detto (Gv 15,16): "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi", e così è accaduto per Paolo (Rm 1,1; 1Cor 1,1; 2Cor 1,1; Gal 1,1; Ef 1,1; Col 1,1; 1Tm 1,1; Tt 1,1).
"Secondo la promessa della
vita che è in Cristo Gesù".
Apostolo (inviato), ma apostolo costituito e inviato secondo la promessa
di vita che è in Cristo Gesù, che si ottiene accogliendo il dono della
fede e facendolo diventare midolla di esistenza. Paolo è apostolo di
Cristo nella vita data da lui mediante la fede (Rm 1,17; Gal 3,11): "Il
giusto per fede vivrà". Ed è
apostolo per annunciare la vita "che
è in Gesù Cristo". "Grazia,
misericordia e pace". Grazia come
aiuto a vivere in Cristo, misericordia come perdono delle mancanze, pace
come accettazione virile della croce. "Come
i miei antenati". I falsi dottori
giudaizzanti rimproveravano a Paolo, ebreo, di avere tradito la
religione dei suoi antenati (At 24,14s), ma Paolo rivendica con fermezza
"con coscienza pura"
la continuità con loro nel suo servire Dio. Egli non adorava un altro
Dio, ma quello stesso dei suoi padri (2Cor 11,22; Fil 3,5), e viveva
delle promesse fatte a loro, che si sono attuate in Cristo Gesù, e che
si hanno credendo in lui. "Ricordandomi
di te nelle mie preghiere sempre, notte e giorno".
Paolo ha per Timoteo una paternità fedele che lo porta a pregare per lui
giorno e notte. Paolo non ha mai abbandonato nessuno di quelli che il
Signore gli ha dato nel suo apostolato (1Tes 2,7; 1Cor 4,14; 2Cor 6,13;
Gal 4,19 Fm 10). "Mi tornano
alla mente le tue lacrime".
Quelle versate da Timoteo quando Paolo lo lasciò a Efeso per partire
verso la Macedonia con un viaggio che prevedeva la partenza in nave da
Efeso con tappa a Mileto, per la sopraggiunta malattia di Tròfimo (4,20)
per raggiungere Corinto dove rimase Erasto (4,20), e poi arrivare in
Macedonia, con il progetto di ritornare via terra a Troade (4,13), per
poi riprendere una nave verso Efeso. "Sento
la nostalgia di rivederti per essere pieno di gioia. Mi ricordo infatti
della tua schietta fede, che ebbero anche tua nonna Lòide e tua madre
Eunìce, e che ora, ne sono certo, è anche in te".
Il legame di affetto che Paolo ha con Timoteo è in Cristo, in una "schietta
fede", che non conosce
compromessi con ciò che è mondano. Paolo è sicuro che tale "schietta
fede" sia ancora in Timoteo,
nonostante i disagi dell'essere esposto a mille insidie come capo della
comunità di Efeso. E l'esempio di una schietta fede era indimenticabile
nell'esempio della nonna Lòide e della madre Eunice.
Esortazioni a Timoteo
6
Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l'imposizione delle mie mani.
7
Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza.
8
Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo.
9
Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia. Questa ci è stata data in Cristo Gesù fin dall'eternità,
10
ma è stata rivelata ora, con la manifestazione del salvatore nostro Cristo Gesù. Egli ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l'incorruttibilità per mezzo del Vangelo,
11
per il quale io sono stato costituito messaggero, apostolo e maestro.
12
È questa la causa dei mali che soffro, ma non me ne vergogno: so infatti in chi ho posto la mia fede e sono convinto che egli è capace di custodire fino a quel giorno ciò che mi è stato affidato.
13
Prendi come modello i sani insegnamenti che hai udito da me con la fede e l'amore, che sono in Cristo Gesù.
14
Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato.
15
Tu sai che tutti quelli dell'Asia, tra i quali Fìgelo ed Ermògene, mi
hanno abbandonato.
16
Il Signore conceda misericordia alla famiglia di Onesìforo, perché egli
mi ha più volte confortato e non si è vergognato delle mie catene;
17
anzi, venuto a Roma, mi ha cercato con premura, finché non mi ha
trovato.
18
Gli conceda il Signore di trovare misericordia presso Dio in quel
giorno. E quanti servizi egli abbia reso a Èfeso, tu lo sai meglio di
me.
"Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l'imposizione delle mie mani".
Fu Paolo stesso a ordinare Timoteo secondo la pienezza sacerdotale di
quello che nel secondo secolo verrà chiamato episcopato. Il "motivo"
procede dal cuore di Paolo, che evita di far sapere a Timoteo che ha
informazioni sulle difficoltà che stanno premendo su di lui.
"Dio
infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità
e di prudenza". Gli attacchi che
Timoteo sta subendo a causa del suo arresto non lo devono rendere
esitante, timoroso, insicuro nell'esporre gli negli argomenti, quasi
vergognosamente alla ricerca di una terza via tra l'abbandonare Paolo e
l'essergli fedele. Quello che è in gioco non è
in primis il
loro rapporto, ma la fedeltà a Cristo, poiché la causa dei mali che
Paolo sta soffrendo è la testimonianza che ha reso e rende a Cristo. E
Timoteo questo lo sa. "Non
vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me,
che sono in carcere per lui". La
ragione della carcerazione di Paolo è la sua fede in Cristo. Timoteo non
deve vergognarsi di dare testimonianza a Cristo, indebolendo la sua "schietta
fede" come travolto dalle
insidie. Non deve neppure vergognarsi di lui, poiché è in carcere in
quanto testimone di Cristo. "Con
la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo".
Chi annuncia il Vangelo non può sottrarsi alla sofferenza, ma ben la può
sostenere con "la forza di Dio".
Paolo chiede che Timoteo sia in comunione profonda con lui nel soffrire
per il Vangelo. "Egli infatti
ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base
alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia".
L'iniziativa della chiamata è di Dio. La giustificazione è dono di Dio e
non può essere carpita a Dio con le opere, come pensavano i farisei,
poiché è dono. Ma il dono è carico della responsabilità di operare il
bene (Cf Rm 8,28s). Il grande errore di Lutero è di non aver considerato
il contesto storico delle lettere di Paolo, che aveva presente la
mentalità giudaica di avere la giustificazione in base alle opere, e non
mediante la fede, la quale è rigorosamente dono di Dio, ma che può
essere accolta o rifiutata, con la responsabilità di differente esito
(Mc 16,16; Col 1,23), e che richiede sempre le opere della carità (Mt
28,19; Gal 5,6; Rm 14,19; Gc 2,14s; 1 Tm 1,14; 2Tm 1,13), senza le quali
non c'è salvezza, poiché la fede senza le opere risulta morta in se
stessa. Va detto che un buon teologo è anche un buon storico.
"Questa
ci è stata data in Cristo Gesù fin dall'eternità, ma è stata rivelata
ora, con la manifestazione del salvatore nostro Cristo Gesù".
La "vocazione santa"
a figli adottivi di Dio in Cristo è stata predisposta da Dio da tutta
l'eternità (Cf. Rm 26,25), ma solo dopo l'avvenuta incarnazione del
Figlio di Dio e la sua passione e risurrezione il disegno si è reso
manifesto e operante pienamente. Prima già lo era, ma ora esso si
manifesta con la pienezza del dono dello Spirito.
"Ha
fatto risplendere la vita e l'incorruttibilità per mezzo del Vangelo,
per il quale io sono stato costituito messaggero, apostolo e maestro".
La vita è quella in Cristo e segna la
partecipazione nella fede, nella speranza e nella carità alla vita
trinitaria, in attesa che ciò lo si abbia nella gloria della visione
beatifica. L'"incorruttibilità" è già in germe in coloro che credono,
perché sono predestinati alla gloria. La predestinazione alla grazia è
universale, la predestinazione alla gloria è di coloro che hanno accolto
la grazia della fede in Cristo e la vivono con perseveranza.
"È
questa la causa dei mali che soffro, ma non me ne vergogno: so infatti
in chi ho posto la mia fede e sono convinto che egli è capace di
custodire fino a quel giorno ciò che mi è stato affidato".
La ragione della prigionia di Paolo è dovuta alla testimonianza da lui
resa al Vangelo. Paolo è stato umiliato, minacciato, investito della
vergona che si dà a un traditore, ma la vergogna non può avere accesso a
lui, e anzi egli sa che il Signore gli consentirà di potere adempiere la
sua missione nonostante il peso delle diffamazioni.
"Prendi
come modello i sani insegnamenti che hai udito da me con la fede e
l'amore". Questo passo indica che
Paolo ha esercitato il suo magistero con Timoteo dandogli "un deposito";
di verità. Non tutto è scritto, dunque, nelle lettere, c'è una
trasmissione orale di verità oggettive E' quella che si chiama
Tradizione apostolica. Negarla è contraddire frontalmente quanto dice
Paolo (Ts 2,1s; 1Cor 11,2.23; 15,1-3; 1Tim 6,3.14.20; 2Tm 1,12.14; Tt
1,9; Eb 2,1-3; Gd 3). La trasmissione della dottrina Paolo l'ha fatta
nella fede e nella carità, e quindi nell'azione dello Spirito Santo che
è Spirito di verità (Gv 14,17; 15,26; 2Cor 14,13). Paolo non ha
trasmesso dottrine farisaiche prive della forza e luce della fede e
prive del fuoco della carità.
"Custodisci,
mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è
stato affidato". La Tradizione
apostolica deve essere custodita nella luce dello Spirito Santo, che ne
garantisce l'inalterabilità e la fruizione della sua ricchezza nonché
del suo approfondimento teologico (Cf. Mt 13,52; Gv 16,13; 1Gv 2,20-21;
5,6). Lo Spirito Santo "abita in
noi". (Gal 4,6): "Dio
mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio".
"Tu sai che tutti quelli
dell'Asia, tra i quali Fìgelo ed Ermògene, mi hanno abbandonato".
dopo l'arresto a Troade tutti lo lasciarono solo e questo Timoteo lo
seppe. La conseguenza fu che nella sua prima difesa in tribunale nessuno
era presente (4,16). Paolo menziona due nomi in modo che Timoteo se ne
guardi in modo particolare, a questi due nomi aggiungerà quello di
Alessandro il fabbro (4,14), causa di molti mali a Paolo, e con tutta
probabilità suo traditore nel procurarne l'arresto.
"Il
Signore conceda misericordia alla famiglia di Onesìforo, perché egli mi
ha più volte confortato e non si è vergognato delle mie catene; anzi,
venuto a Roma, mi ha cercato con premura, finché non mi ha trovato".
Onesìforo ha fatto ben oltre che assisterlo in Asia, lo ha raggiunto a
Roma, riuscendo a trovarlo dopo lunga e tenace ricerca. Onesìfero fu
indubbiamente colui che informò Paolo sulla situazione creatasi a Efeso
dopo il suo arresto. Onesifero, al contrario di tutti quelli che l'hanno
abbandonato, "non si è vergognato delle sue catene", ma le ha viste come
catene di Cristo. Ha
visto Paolo come "prigioniero del Signore" superando tutta la
disinformazione dei falsi dottori (Cf. Ef 3,1; 4,1; Fm 1.9).
Le sofferenze del milite di Cristo
2
1
E tu, figlio mio, attingi forza dalla grazia che è in Cristo Gesù:
2
le cose che hai udito da me davanti a molti testimoni, trasmettile a persone fidate, le quali a loro volta siano in grado di insegnare agli altri.
3
Come un buon soldato di Gesù Cristo, soffri insieme con me.
4
Nessuno, quando presta servizio militare, si lascia prendere dalle faccende della vita comune, se vuol piacere a colui che lo ha arruolato.
5
Anche l'atleta non riceve il premio se non ha lottato secondo le regole.
6
Il contadino, che lavora duramente, dev'essere il primo a raccogliere i frutti della terra.
7
Cerca di capire quello che dico, e il Signore ti aiuterà a comprendere ogni cosa. 8 Ricòrdati di Gesù Cristo, risorto dai morti,
discendente di Davide,
come io annuncio nel mio Vangelo,
9
per il quale soffro fino a portare le catene come un malfattore.
Ma la parola di Dio non è incatenata!
10
Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché
anch'essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla
gloria
eterna.
11
Questa parola è degna di fede: Se moriamo con lui, con lui anche vivremo;
12
se perseveriamo, con lui anche regneremo; se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà;
13
se siamo infedeli, lui rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso.
"Le cose che hai udito da me davanti a molti testimoni, trasmettile a persone fidate, le quali a loro volta siano in grado di insegnare agli altri". Al momento della ordinazione, Paolo aveva fatto un discorso di illustrazione del ministero presbiterale ed episcopale. Tali parole, che sono Tradizione, Timoteo le deve trasmettere agli ordinandi presbiteri e diaconi, i quali hanno il compito di insegnare la vera dottrina ai fedeli conquistati a Cristo nel primo annuncio.
"Nessuno, quando presta
servizio militare, si lascia prendere dalle faccende della vita comune,
se vuol piacere a colui che lo ha arruolato".
Paolo, con un esempio efficace, invita Timoteo a non cadere in
divagazioni, ma di attendere al ministero che Dio gli ha dato, affinché
porti frutto. La disciplina di un militare deve essere piena se vuole
godere della stima di colui che l'ha arruolato e che si aspetta
dedizione e coraggio in tutto. "Anche
l'atleta non riceve il premio se non ha lottato secondo le regole".
L'atleta che non ha osservato le regole della gara viene squalificato.
Così il servo di Dio si autosqualifica se non vive secondo Cristo, e non
ottiene il premio che spetta a chi ha osservato la Parola mettendola in
pratica. "Il contadino, che
lavora duramente, dev'essere il primo a raccogliere i frutti della terra".
Così il contadino che lavora non può che essere il primo a raccogliere i
frutti della terra, Il che vuol dire che innanzi tutto è lui a godere
del premio della sua fatica. A Timoteo Dio non farà mancare le
consolazioni del duro lavoro apostolico, anche in mezzo alle difficoltà
e alle sofferenze, anzi la messe biondeggerà grazie a queste. Potrà
sembrare che tutto sia fallito del suo lavoro apostolico, ma non è così,
e lo vedrà quando sarà nella gloria del cielo. "Fino
a portare le catene come un malfattore".
Paolo, apostolo di Cristo, porta frutti per il Signore, passando
attraverso l'umiliazione di essere in catene come un malfattore. Ciò è
conforme a Cristo che venne messo in croce come un malfattore, ma per
mezzo della croce è diventato il capo di una moltitudine che non si può
contare. "Ma la parola di Dio
non è incatenata!". Pur in
catene, Paolo non cessa di essere annunciatore della Parola. La parola
di Dio è vivente in lui, poiché quelle catene lo conformano al Cristo. E
quelle catene non le sopporta con rabbia, con spirito di frustrazione,
con la depressione del fallimento, e l'amarezza di sapere che tanti
godono che sia incatenato come un malfattore. Le sopporta come
un'opportunità. Le sopporta con animo intrepido, affinché Cristo vivente
in lui faccia brillare la libertà portata dal Vangelo, libertà
dall'egoismo, che le catene non possono sopprimere. "Perciò
io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto".
Dio ha scelto, cioè elevato a Cristo mediante il dono della fede, coloro
che non erano corrotti. Ha chiamato a sé tutti gli uomini, ma i corrotti
hanno rifiutato per l'effimero della terra la chiamata. (Mt 22,11-14): "Molti
sono i chiamati, ma pochi gli eletti",
dove i molti sono le moltitudini chiamate al banchetto nunziale del
grande Re. Chi accoglie l'invito viene scelto, cioè giustificato, poiché
la giustificazione è dono di Dio che non può essere meritato, ma solo
accolto. "Se moriamo con lui,
con lui anche vivremo". Nessuna
paura di fallimento, nessuna sensazione di perdere la propria vita (Mt
10,39; 16,25; Mc 8,35; Lc 9,24; 17,33; Gv 12,25) nel seguire Cristo
povero, umile e crocifisso, perché è invece garanzia di vittoria eterna,
di vita eterna nella partecipazione del suo trionfo. "Se
perseveriamo, con lui anche regneremo".
Non bisogna seguire Cristo povero umile e crocifisso, per un breve
tratto di strada, ma fin tanto che Dio lo vorrà. E la perseveranza è
messa alla prova dalla lentezza dello scorrere del tempo, ma se con
l'amore si è uniti a Dio non si misura il tempo, ma si vive il presente
che è carico di incontro con Dio. "Se
lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà".
Se si cede al mondo, scegliendo il mondo e i suoi idoli, allora saremo
sfigurati e Gesù non potrà riconoscerci per suoi e ci rinnegherà (Lc
13,22s). "Se siamo infedeli,
lui rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso".
Cristo non rinnegherà se stesso, rimarrà fedele a se stesso, non muterà
la sua parola per adattarsi a coloro che gli sono infedeli. (Eb 13,8) "Cristo
è lo stesso ieri, oggi e sempre".
(Lc 21,33: "Il cielo e la terra
passeranno, ma le mie parole non passeranno".
La lotta contro gli errori
14
Richiama alla memoria queste cose, scongiurando davanti a Dio che si
evitino le vane discussioni, le quali non giovano a nulla se non alla
rovina di chi le ascolta.
15
Sforzati di presentarti a Dio come una persona degna, un lavoratore che
non deve vergognarsi e che dispensa rettamente la parola della verità.
16
Evita le chiacchiere vuote e perverse, perché spingono sempre più
all'empietà quelli che le fanno;
17
la parola di costoro infatti si propagherà come una cancrena. Fra questi
vi sono Imeneo e Fileto,
18
i quali hanno deviato dalla verità, sostenendo che la risurrezione è già
avvenuta e così sconvolgono la fede di alcuni.
19
Tuttavia le solide fondamenta gettate da Dio resistono e portano questo
sigillo: Il Signore conosce quelli che sono suoi, e ancora: Si allontani
dall'iniquità chiunque invoca il nome del Signore.
20
In una casa grande però non vi sono soltanto vasi d'oro e d'argento, ma
anche di legno e di argilla; alcuni per usi nobili, altri per usi
spregevoli.
21
Chi si manterrà puro da queste cose, sarà come un vaso nobile,
santificato, utile al padrone di casa, pronto per ogni opera buona.
22
Sta' lontano dalle passioni della gioventù; cerca la giustizia, la fede,
la carità, la pace, insieme a quelli che invocano il Signore con cuore
puro.
23
Evita inoltre le discussioni sciocche e da ignoranti, sapendo che
provocano litigi.
24
Un servo del Signore non deve essere litigioso, ma mite con tutti,
capace di insegnare, paziente,
25
dolce nel rimproverare quelli che gli si mettono contro, nella speranza
che Dio conceda loro di convertirsi, perché riconoscano la verità
26
e rientrino in se stessi, liberandosi dal laccio del diavolo, che li
tiene prigionieri perché facciano la sua volontà.
"Sforzati
di presentarti a Dio come una persona degna, un lavoratore che non deve
vergognarsi e che dispensa rettamente la parola della verità".
Paolo procede nelle sue esortazioni. Un conto è l'evangelizzazione
missionaria, un conto è il contatto stabile con una comunità dove
emergono problemi, trappole, false questioni, intraprendenze fuori
luogo, insidie di eresie portate avanti dall'interno. Paolo conosce bene
questo, e conosce bene come bisogna guardarsi dall'inseguire coloro che
vogliono fare sfoggio di erudizione disquisendo continuamente di cose
inutili. "Evita le chiacchiere vuote e perverse, perché spingono
sempre più all'empietà quelli che le fanno; la parola di costoro infatti
si propagherà come una cancrena". Le chiacchiere vuote e perverse
conducono a illazioni dottrinali, a pensieri astrusi, e a eresie. "Sostenendo
che la risurrezione è già avvenuta e così sconvolgono la fede di alcuni".
Le chiacchiere conducono a eresie. La posizione di Imeneo (forse lo
stesso di 1Tm 1,20) e Fileto, non stava né in cielo, né in terra e
derivava dagli gnostici, che affermavano che c'era solo la risurrezione
spirituale del Battesimo, e non anche quella della carne. Con ciò
vanificavano la stessa risurrezione di Cristo riducendo le apparizioni
del Risorto a semplici immagini (Cf. 1Cor 15,12s). "In
una casa grande però non vi sono soltanto vasi d'oro e d'argento, ma
anche di legno e di argilla; alcuni per usi nobili, altri per usi
spregevoli". I vasi di uso
spregevole erano quelli usati come latrine. Timoteo non deve
meravigliarsi di trovarsi di fronte a vasi pieni di fetore, e deve
cercare di renderli puliti. "Chi
si manterrà puro da queste cose, sarà come un vaso nobile, santificato,
utile al padrone di casa, pronto per ogni opera buona".
Chi non si perde ad ascoltare le chiacchiere di taluni che alle
chiacchiere accattivanti mescolano eresie devastanti, è un vaso nobile,
per uso nobile. "Evita inoltre
le discussioni sciocche e da ignoranti, sapendo che provocano litigi".
Ma ci sono anche le chiacchiere intessute di sciocchezze, che alla fine
creano litigi di pareri. Paolo vuole premunire Timoteo da un voler
socializzare coi fratelli in modo populista. "Nella
speranza che Dio conceda loro di convertirsi, perché riconoscano la
verità e rientrino in se stessi, liberandosi dal laccio del diavolo, che
li tiene prigionieri perché facciano la sua volontà".
Timoteo deve mirare alla conversione di quelli che si sono lasciati
prendere dalla dissipazione e che la vogliono fare passare per
socievolezza e amore fraterno. In realtà in essi prevale l'umano sul
divino e perciò sono presi dai lacci del diavolo, poiché la vera
fraternità, quella che si ha nella carità idissolubilmente unità alla
verità.
Prepararsi contro gli errori futuri
3
1
Sappi che negli ultimi tempi verranno momenti difficili.
2
Gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro, vanitosi, orgogliosi, bestemmiatori, ribelli ai genitori, ingrati, empi,
3 senza amore, sleali, calunniatori, intemperanti, intrattabili, disumani,
4
traditori, sfrontati, accecati dall'orgoglio, amanti del piacere più che di Dio,
5
gente che ha una religiosità solo apparente, ma ne disprezza la forza interiore. Guardati bene da costoro!
6
Fra questi vi sono alcuni che entrano nelle case e circuiscono certe donnette cariche di peccati, in balìa di passioni di ogni genere,
7
sempre pronte a imparare, ma che non riescono mai a giungere alla conoscenza della verità.
8
Sull'esempio di Iannes e di Iambrès che si opposero a Mosè, anche costoro si oppongono alla verità: gente dalla mente corrotta e che non ha dato buona prova nella fede.
9
Ma non andranno molto lontano, perché la loro stoltezza sarà manifesta a tutti, come lo fu la stoltezza di quei due.
10 Tu invece mi hai seguito da vicino nell'insegnamento, nel modo di vivere, nei progetti, nella fede, nella magnanimità, nella carità, nella pazienza,
11
nelle persecuzioni, nelle sofferenze. Quali cose mi accaddero ad Antiochia, a Iconio e a Listra! Quali persecuzioni ho sofferto! Ma da tutte mi ha liberato il Signore!
12
E tutti quelli che vogliono rettamente vivere in Cristo Gesù saranno perseguitati.
13
Ma i malvagi e gli impostori andranno sempre di male in peggio, ingannando gli altri e ingannati essi stessi.
14
Tu però rimani saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente. Conosci coloro da cui lo hai appreso 15
e conosci le sacre Scritture fin dall'infanzia: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene mediante la fede in Cristo Gesù.
16
Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia,
17
perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.
"Sappi che negli ultimi tempi verranno momenti difficili".
Gli ultimi tempi sono quelli iniziati con Cristo e che termineranno con
il suo ritorno. Non ci sarà nuova economia religiosa che sia vera. I
perversi cercheranno di presentarla: "Gente
che ha una religiosità solo apparente, ma ne disprezza la forza
interiore".
Paolo parla al futuro: "Gli uomini
saranno egoisti, amanti del denaro…",
tuttavia la semente che produrrà i perversi del futuro è già presente.
E' il mistero dell'iniquità che già agisce, e che alla fine dei tempi si
manifesterà violentemente (2Ts 2,7s; 1Gv 2,18). Le inadempienze
pastorali del presente non saranno senza conseguenze e Paolo esorta
Timoteo a non lasciarsi ingannare dalla loro falsa religiosità, come di
qualcosa che possa preludere a del bene. "Sull'esempio
di Iannes e di Iambrès che si opposero a Mosè, anche costoro si
oppongono alla verità: gente dalla mente corrotta e che non ha dato
buona prova nella fede". Iannes e
Iambrès, sono due personaggi tratti dalla letteratura giudaica, che li
faceva egiziani e figli o discepoli di Balaam (Nm 22,22), e che coi loro
incantesimi cercarono di ostacolare Mosè davanti al Faraone. Paolo
rassicura Timoteo che come Iannes e Iambres fallirono, così i perversi "non
andranno molto lontano, perché la loro stoltezza sarà manifesta a tutti,
come lo fu la stoltezza di quei due".
"Tu invece mi hai seguito da
vicino nell'insegnamento, nel modo di vivere, nei progetti, nella fede,
nella magnanimità, nella carità, nella pazienza, nelle persecuzioni,
nelle sofferenze". Timoteo non
deve avere paura delle persecuzioni, sapendo quanto Paolo ha sofferto e
come da ogni cosa lo abbia liberato il Signore. "E
tutti quelli che vogliono rettamente vivere in Cristo Gesù saranno
perseguitati". Timoteo come tutti
coloro che seguono rettamente Cristo saranno perseguitati. Ma l'azione
dei persecutori si ritorcerà contro di loro: "Ma
i malvagi e gli impostori andranno sempre di male in peggio, ingannando
gli altri e ingannati essi stessi".
Timoteo troverà sostegno nelle Scritture, che conosce "fin
dall'infanzia", grazie alla nonna
Lòide e sua madre Eunìce. Le Scritture affermano che la salvezza si ha "mediante
la fede in Cristo Gesù", per cui
le dottrine che vogliono oscurare Gesù Cristo e demolire la fede in lui,
non portano a salvezza. "Tutta
la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere,
correggere ed educare nella giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo
e ben preparato per ogni opera buona".
Timoteo ha nelle Scritture tutto quanto gli serve nella sua azione
pastorale: "insegnare, convincere,
correggere ed educare nella giustizia".
Il cuore dell'esortazione
4
1
Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno:
2
annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento.
3 Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci,
4
rifiutando di dare ascolto alla verità per perdersi dietro alle favole.
5 Tu però vigila attentamente, sopporta le sofferenze, compi la tua opera di annunciatore del Vangelo, adempi il tuo ministero.
6 Io infatti sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita.
7 Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede.
8 Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione.
"Annuncia
la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci,
rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento".
Timoteo è esortato ad annunciare la Parola quale evangelizzatore, ma
anche deve istruire i fedeli in profondità. Deve insistere
nell'insegnamento, sia quando la situazione si presenta favorevole, sia
quando sia sfavorevole per la contestazione di coloro che vogliono la
mediocrità. Deve ammonire e anche rimproverare, mentre sempre deve
procedere con magnanimità, cioè con grande cuore. "Verrà
giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, pur
di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i
propri capricci, rifiutando di dare ascolto alla verità per perdersi
dietro alle favole". Timoteo col
suo insegnamento deve formare i fedeli ad essere preparati per i tempi
difficili che si stavano profilando. Non deve nascondere ai fedeli i
tempi difficili che verranno, perché vorrebbe dire trascurare di
fortificarli. "Io infatti sto
già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci
questa vita". Paolo non resterà
ancora molto in vita e perciò Timoteo dovrà succedergli nel coraggio e
nell'autorità. Paolo vede profilarsi il martirio, come conseguenza della
comparsa davanti a Nerone, di fronte al quale testimonierà Cristo e la
sua impossibilità di adorare l'imperatore che si dava tutti i titoli
immaginabili, tra i quali quello di "Salvatore del mondo". "Ho
combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la
fede". Il cristiano è un milite
di Cristo che lotta contro la carne, il mondo e il Demonio. Paolo ha
combattuto questa buona battaglia che ha come condottiero Cristo, ed è
pronto a sostenerne l'epilogo del martirio. Ha terminato la corsa, il
che vuol dire che non ha ceduto a stanchezza, a pigrizia, ad
avvilimenti, benché questi lo abbiano pressato. Ha conservato la fede
vincolo di salvezza. "Ora mi
resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto,
mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che
hanno atteso con amore la sua manifestazione".
La prospettiva che ha davanti a sé non è quella di un altro viaggio
missionario, poiché è al termine della corsa. Davanti a sé ha l'incontro
con Dio, con la consegna della "corona
di giustizia", che secondo le
promesse fatte da Cristo a chi lo segue fino all'ultimo gli verrà data,
quale premio eterno. Il combattimento supremo del martirio è desiderato,
confidando nella forza che gli verrà da Cristo.
Invito di Paolo
9
Cerca di venire presto da me,
10
perché Dema mi ha abbandonato, avendo preferito le cose di questo mondo, ed è partito per Tessalonica; Crescente è andato in Galazia, Tito in Dalmazia.
11
Solo Luca è con me. Prendi con te Marco e portalo, perché mi sarà utile per il ministero.
12
Ho inviato Tìchico a Efeso.
13
Venendo, portami il mantello, che ho lasciato a Tròade in casa di Carpo, e i libri, soprattutto le pergamene.
14
Alessandro, il fabbro, mi ha procurato molti danni: il Signore gli renderà secondo le sue opere.
15
Anche tu guardati da lui, perché si è accanito contro la nostra predicazione.
16
Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Nei loro confronti, non se ne tenga conto.
17
Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l'annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone.
18 Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.
"Cerca di venire presto da me". Tutta la lettera sembra fatta per sostenere Timoteo nella sua azione ad Efeso, e questo lo è, ma Paolo desidera che Timoteo, fortificato e dopo aver ben consolidato la Chiesa di Efeso, vada da lui, a Roma. Accanto a Paolo c'è solo Luca, e l'Apostolo desidera anche la presenza amica e fedele di Timoteo e quella utilissima di Marco. Paolo non può rinunciare ad evangelizzare fino all'ultimo. I suoi lo hanno lasciato credendolo un "finito", ma Paolo sente che non è così, che non può essere così.
"Venendo, portami il mantello, che ho lasciato a Tròade in casa di Carpo, e i libri, soprattutto le pergamene". L'arresto era stato repentino, tanto da non permettergli di portare con sé niente. Soprattutto Paolo ha necessità delle pergamene, cioè delle Sacre Scritture.
"Alessandro, il fabbro, mi ha procurato molti danni: il Signore gli renderà secondo le sue opere. Anche tu guardati da lui, perché si è accanito contro la nostra predicazione". Alessandro doveva essere un subdolo, che dietro le quinte fomentava il dissenso. Paolo lo segnala a Timoteo perché non rimanga ingannato dai suoi ossequi bugiardi.
"Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato". La prima difesa in tribunale dovette avvenire nella stessa Troade, e non a Efeso, perché certamente Timoteo vi sarebbe stato presente. E' l'esperienza dell'abbandono dei discepoli che Cristo ha fatto. Di fronte all'arresto e all'accusa di essere un malfattore quelli che prima gli dichiaravano stima e fedeltà lo lasciarono solo.
"Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l'annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero e così fui liberato dalla bocca del leone". Paolo venne sostenuto da Cristo e così sfuggì alla consegna ad un tribunale giudaico, "bocca del leone". Questo perché portasse a compimento la sua missione tra i gentili, che aveva come meta finale Roma, centro del mondo pagano.
"Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen". Paolo è al termine della sua corsa apostolica, poiché si trova a Roma, ma sa che dovrà sostenere altre prove, che, nella fede, è certo che supererà rimanendo fermo in Cristo, sua speranza e sua forza.
Saluto e augurio finale
19
Saluta Prisca e Aquila e la famiglia di Onesìforo.
20
Erasto è rimasto a Corinto; Tròfimo l'ho lasciato ammalato a Mileto.
21
Affréttati a venire prima dell'inverno. Ti salutano Eubùlo, Pudènte, Lino, Claudia e tutti i fratelli.
22
Il Signore sia con il tuo spirito. La grazia sia con voi!
"Erasto è rimasto a Corinto".
Il viaggio verso la Macedonia venne fatto in nave con arrivo a Corinto,
dove rimase Erasto, partito con lui. A Mileto si ammalò Tròfimo."Tròfimo
l'ho lasciato ammalato a Mileto". La
nave era partita dal porto di Mileto e a Mileto rimase Tròfimo, caduto
ammalato.
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