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Testo e commento
Capitolo
1
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6
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14
Fatte le fondamenta (536) per la ricostruzione del tempio del post esilio, l’ostruzionismo dei Samaritani (Esd 4,1s) e la fiacchezza della vita spirituale degli esuli portarono alla sospensione dei lavori che ripresero dopo sedici anni (520) per la sollecitazione dei profeti Aggeo e Zaccaria.
Zaccaria (Jahwèh ricorda) è figlio di Iddo (Ne 12,4.16) di stirpe sacerdotale. Probabilmente nacque in terra babilonese durante l’esilio. Il padre ritornò in Palestina (538) con il numeroso gruppo guidato da Zorobabele (Esd 2,2; Ne 12,1s).
La ricostruzione del tempio era vitale, perché altrimenti il giudaismo non avrebbe avuto la forza della ripresa. Il tempio, oltre a dare il via alla ripresa del culto, era il centro focale a cui potevano far capo anche i Giudei rimasti in terra d’esilio, attirandoli al ritorno in Palestina.
Il tempio venne ultimato in cinque anni (515), ma c’era il problema che la successione dinastica davidica era stata interrotta e la Giudea era sotto il dominio persiano. Zorobabele, essedo di stirpe regale, parve l’occasione per il ristabilirsi della monarchia davidica, ma a livello di speranza, in attesa dell’indipendenza politica. Ma tale indipendenza era molto lontana e Zorobabele non ebbe successori. Il potere civile passò in parte al sommo sacerdote, anche grazie alla blanda presenza persiana.
Zaccaria predicò la conversione, il ritorno forte alla Legge, poiché senza ciò il futuro di prosperità che il popolo aspettava non ci sarebbe stato. Ma oltre la ripresa nel presente, Zaccaria predicò che c’era un futuro che faceva parte della fede di Israele: quello messianico, con l’accoglienza in esso di tutte le nazioni.
Il libro di Zaccaria si compone di due parti, distinte. La prima (cap. 1 - 8) appartiene a Zaccaria; la seconda, detta Deutero Zaccaria (cap. 9 – 14) è di altro autore, con più precisione di tre autori. Uno (cap. 9 - 11; dopo la battaglia di Isso, 333), l’altro (cap. 12 – 14; prima dell’azione dei Maccabei, 200), poi c’è da considerare il “libretto dei due pastori” (11,4-17), che potrebbe far capo a Geremia, in quanto si adatta molto bene al contesto della presenza di Geremia tra i Giudei non deportati (587/586 - 582/581). L’evangelista Matteo riporta questa attribuzione (Mt 26,31).
A questo punto bisogna addentrarsi nel commento.
1
1 Nell’ottavo mese dell’anno secondo di Dario, fu rivolta questa parola del Signore al profeta Zaccaria, figlio di Berechia, figlio di Iddo:
2 "Il Signore si è molto sdegnato contro i vostri padri.
3 Tu dunque riferirai loro: Così dice il Signore degli eserciti: Tornate a me – oracolo del Signore degli eserciti – e io tornerò a voi, dice il Signore degli eserciti.
4 Non siate come i vostri padri, ai quali i profeti di un tempo andavano gridando: “Dice il Signore degli eserciti: Tornate indietro dal vostro cammino perverso e dalle vostre opere malvagie”. Ma essi non vollero ascoltare e non mi prestarono attenzione, oracolo del Signore. 5 Dove sono i vostri padri? I profeti forse vivranno sempre?
6 Le parole e le leggi che io avevo comunicato ai miei servi, i profeti, non si sono forse adempiute per i padri vostri? Essi sono tornati e hanno detto: ‹Quanto
il Signore degli eserciti ci aveva minacciato a causa dei nostri
traviamenti e delle nostre colpe, l’ha eseguito sopra di noi›".
“Nell’ottavo mese dell’anno secondo di Dario, fu rivolta questa parola del Signore al profeta Zaccaria, figlio di Berechia, figlio di Iddo”. L’ottavo mese
è tra ottobre e novembre (520). “Figlio di Berechia”, non ha riscontri in Esdra (5,1; 6,14; Ne 12,16).
“Tu dunque riferirai loro: Così dice il Signore degli eserciti: Tornate a me - oracolo del Signore degli eserciti - e io tornerò a voi, dice il Signore degli eserciti”. La fede, l’amore a Dio che si rivela e ama per primo, il pentimento del male fatto, sono la condizione del perdono: “Io tornerò a voi”.
“Non siate come i vostri padri, ai quali i profeti di un tempo andavano gridando:
‹Dice il Signore degli eserciti: Tornate indietro dal vostro cammino perverso e dalle vostre opere malvagie›
”. I profeti avevano esortato il ritorno a Dio; l’avevano gridato nel loro amore che non voleva vedere distruzione e deportazione, ma non furono ascoltati.
“Dove sono i vostri padri? I profeti forse vivranno sempre? Le parole e le leggi che io avevo comunicato ai miei servi, i profeti, non si sono forse adempiute per i padri vostri?”. I padri che orgogliosi avevano abbracciato gli idoli, e rifiutato i profeti, sono stati colpiti dalle sventure. I profeti non vivono per sempre, perché vennero colpiti e uccisi, ma le parole del Signore comunicate da loro si sono avverate.
“Essi sono tornati e hanno detto: ‹Quanto il Signore degli eserciti ci aveva minacciato a causa dei nostri traviamenti e delle nostre colpe, l’ha eseguito sopra di noi›”. I ritornati dall’esilio, testimoniano che quanto aveva minacciato su di loro “a causa dei nostri traviamenti e delle nostre colpe”, il Signore l’ha compiuto.
La visione dei cavalieri
7 Il ventiquattro dell’undicesimo mese, cioè il mese di Sebat, l’anno secondo di Dario, questa parola del Signore fu rivolta al profeta Zaccaria, figlio di Berechia, figlio di Iddo.
8 Io ebbi una visione di notte. Un uomo, in groppa a un cavallo rosso, stava fra i mirti in una valle profonda; dietro a lui stavano altri cavalli rossi, sauri e bianchi.
9 Io domandai: "Mio signore, che cosa significano queste cose?". L’angelo che parlava con me mi rispose:
"Io ti indicherò ciò che esse significano". 10 Allora l’uomo che stava fra i mirti prese a dire: «Questi sono coloro che il Signore ha inviato a percorrere la terra».
11 Si rivolsero infatti all’angelo del Signore che stava fra i mirti e gli dissero:
"Abbiamo percorso la terra: è tutta tranquilla".
12 Allora l’angelo del Signore disse:
"Signore degli eserciti, fino a quando rifiuterai di avere pietà di Gerusalemme e delle città di Giuda, contro le quali sei sdegnato? Sono ormai settant’anni!".
13 E all’angelo che parlava con me il Signore rivolse parole buone, piene di conforto.
14 Poi l’angelo che parlava con me mi disse:
"Fa’ sapere questo: Così dice il Signore degli eserciti: Io sono molto geloso di Gerusalemme e di Sion,
15 ma ardo di sdegno contro le nazioni superbe, poiché, mentre io ero poco sdegnato, esse cooperarono al disastro.
16 Perciò dice il Signore: Io di nuovo mi volgo con compassione a Gerusalemme: la mia casa vi sarà riedificata
- oracolo del Signore degli eserciti - e la corda del muratore sarà tesa di nuovo sopra Gerusalemme.
17 Fa’ sapere anche questo: Così dice il Signore degli eserciti: Le mie città avranno sovrabbondanza di beni, il Signore consolerà ancora Sion ed eleggerà di nuovo Gerusalemme".
“Il ventiquattro dell’undicesimo mese, cioè il mese di Sebat, l’anno secondo di Dario, questa parola del Signore fu rivolta al profeta Zaccaria, figlio di Berechia, figlio di Iddo”. Undicesimo mese: gennaio/febbraio, (519). Zaccaria era di famiglia sacerdotale. “Iddo”, che rientrò con Zorobabele in Giudea era un levita di grado sacerdotale (Ne 12,4.16).
“Io ebbi una visione di notte. Un uomo, in groppa a un cavallo rosso, stava fra i mirti in una valle profonda; dietro a lui stavano altri cavalli rossi, sauri e bianchi”. La visione che il profeta ha è illustrativa della situazione delle potenze della terra. I mirti sono dei sempre verdi, a forma di alberelli che possono raggiungere i 3,5 m. di altezza. La tradizione orientale li associava simbolicamente alla prosperità, alla pace e alla gioia. La valle profonda indica che il profeta ha accesso non verso il cielo, ma verso la terra, verso le realtà profonde dell’animo umano, come lo sono le intenzioni e i sentimenti. L’uomo a cavallo è un essere angelico, come pure gli altri cavalli hanno un cavaliere angelico, anche se non compaiono nella descrizione.
“‹Questi sono coloro che il Signore ha inviato a percorrere la terra›. Si rivolsero infatti all’angelo del Signore che stava fra i mirti e gli dissero:
‹Abbiamo percorso la terra: è tutta tranquilla›”. L’angelo accompagnatore del profeta spiega il compito di quei cavalieri. Essi, obbedienti al compito affidato dal Signore hanno percorso per una ricognizione la terra e possono dire che la terra “è tutta tranquilla”. Non ci sono ribellioni, guerre. Infatti il mondo orientale nel (519) era senza agitazioni.
“Allora l’angelo del Signore disse:
‹Signore degli eserciti, fino a quando rifiuterai di avere pietà di Gerusalemme e delle città di Giuda, contro le quali sei sdegnato? Sono ormai settant’anni!›”. L’angelo che accompagna il profeta si rivolge supplichevole al Signore perché tale tranquillità segna per Giuda e Gerusalemme una stasi della sua condizione di sudditanza da una potenza straniera, e quindi un permanere dello sdegno del Signore. I settanta anni di Geremia (25,11; 29,10) sono dalla distruzione di Gerusalemme (597), e sarebbero 68 anni, per cui sono “ormai settanta anni”, e la libertà da un dominatore ancora non c’è, poiché egli regna tranquillo, nella pace.
“E all’angelo che parlava con me il Signore rivolse parole buone, piene di conforto”. Il Signore parla all’angelo dandogli un messaggio da consegnare al profeta affinché lo comunichi, rinvigorendo la speranza del popolo. Gli angeli non conoscono il futuro, per cui è dal Signore che ricevono luci su di esso.
“Fa’ sapere questo: Così dice
il Signore degli eserciti: Io sono molto geloso di Gerusalemme e di
Sion, ma ardo di sdegno contro le nazioni superbe, poiché, mentre io ero
poco sdegnato, esse cooperarono al disastro”.
La pace delle nazioni che hanno colpito Giuda non deve far pensare che
il Signore abbia deposto ogni sdegno contro di loro, che hanno commesso
atrocità. Con Giuda era un “poco
sdegnato”, ma lo spazio dato alle
nazioni contro Giuda perché fosse corretto, le nazioni lo hanno colmato
con un furore distruttivo, che il Signore non voleva. Ora queste “nazioni
superbe” non sono gradite a Dio,
come potrebbe apparire dal fatto che la terra è “tutta
tranquilla”. “Perciò
dice il Signore: Io di nuovo mi volgo con compassione a Gerusalemme: la
mia casa vi sarà riedificata - oracolo del Signore degli eserciti - e la
corda del muratore sarà tesa di nuovo sopra Gerusalemme”.
Il tempio e le mura, nonché le case verranno riedificate. “Fa’
sapere anche questo: Così dice il Signore degli eserciti: Le mie città
avranno sovrabbondanza di beni, il Signore consolerà ancora Sion ed
eleggerà di nuovo Gerusalemme”.
Dio non mancherà di benedire le città di Giuda.
La visione di quattro corna distrutte da quattro fabbri
2
1 Poi alzai gli occhi, ed ecco, vidi quattro corna.
2 Domandai all’angelo che parlava con me:
"Che cosa sono queste?". Ed egli: "Sono le corna che hanno disperso Giuda, Israele e Gerusalemme".
3 Poi il Signore mi fece vedere quattro fabbri.
4 Domandai: "Che cosa vengono a fare costoro?". Mi rispose:
"Le corna hanno disperso Giuda a tal segno che nessuno osa più alzare la testa e costoro vengono a demolire e abbattere le corna delle nazioni che cozzano contro il paese di Giuda per disperderlo".
“Vidi quattro corna (…). ‹Sono le corna che hanno disperso Giuda, Israele e Gerusalemme›”. Quattro allude alle quattro parti del mondo. Le corna sono simbolo della potenza militare. Gli Assiri devastarono il regno del Nord (Israele) e colpirono la terra di Giuda, ma si fermarono davanti a Gerusalemme (2Re 18,13 - 19,37). I Babilonesi devastarono Gerusalemme.
“Poi il Signore mi fece vedere quattro fabbri (…).
‹Le corna hanno disperso Giuda a tal segno che nessuno osa più alzare la testa e costoro vengono a demolire e abbattere le corna delle nazioni che cozzano contro il paese di Giuda per disperderlo›”.
I ritornati dall’esilio sono frustrati vedendo le condizioni della loro
terra e la loro piccolezza tanto che “nessuno
osa più alzare la testa”, per
combattere i popoli vicini (Ammoniti, Moabiti, Filistei, Idumei), che
vogliono approfittare della loro debolezza per schiacciarli. Ma Dio ha
inviato “quattro fabbri” per demolire e abbattere le corna delle nazioni che cozzano contro Giuda. I quattro fabbri sono potenze angeliche. Dio protegge i ritornati dall’esilio con i suoi angeli schierati contro le potenze vicine che guardano a idoli, all’ombra dei quali ci sono i demoni (2Cr 11,15; Bar 4,7; 1 Cor 10,20; Ap 9,20). E una illustrazione della battaglia inesausta tra angeli di Dio e demoni (Dn 10,13; Ap 12,7).
La visione dell’uomo con una fune per misurare
5 Alzai gli occhi, ed ecco un uomo con una fune in mano per misurare.
6 Gli domandai: "Dove vai?". Ed egli:
"Vado a misurare Gerusalemme per vedere qual è la sua larghezza e qual è la sua lunghezza".
7
Allora l’angelo che parlava con me uscì e incontrò un altro angelo,
8 che gli disse: "Corri, va’ a parlare a quel giovane e digli: ‹Gerusalemme sarà priva di mura, per la moltitudine di uomini e di animali che dovrà accogliere.
9 Io stesso – oracolo del Signore – le
farò da muro di fuoco all’intorno e sarò una gloria in mezzo ad essa›".
“Corri,
va’ a parlare a quel giovane e digli: ‹Gerusalemme sarà priva di
mura, per la moltitudine di uomini e di animali che dovrà accogliere”.
E’ la Gerusalemme messianica. Gerusalemme, luogo dell’azione del Messia,
attuatore della nuova ed eterna alleanza, sarà priva di mura, per
l’abbondanza delle genti. Cristo ha fondato la Chiesa a Gerusalemme (compimento
della fondazione è la Pentecoste), e in questo senso Gerusalemme
sarà la città “priva di mura”
in accoglienza di tutte le genti, cioè la Chiesa. Roma, non
Gerusalemme, è la sede immutabile del successore di Pietro, morto
martire a Roma. “Io stesso -
oracolo del Signore - le farò da muro di fuoco all’intorno e sarò una
gloria in mezzo ad essa”. La
Gerusalemme senza le mura sarà difesa da Dio stesso che per questo Egli
sarà “una gloria in mezzo ad essa›”.
In difesa dei deportati
10 "Su, su,
fuggite dal paese del settentrione - oracolo del Signore - voi che ho
disperso ai quattro venti del cielo. Oracolo del Signore.
11 Mettiti in salvo, o Sion, tu che
abiti con la figlia di Babilonia! 12
Il Signore degli eserciti, dopo che la sua gloria mi ha inviato, dice
alle nazioni che vi hanno spogliato: Chi tocca voi, tocca la pupilla dei
miei occhi. 13 Ecco, io stendo la mano
sopra di esse e diverranno preda dei loro schiavi. E voi saprete che il
Signore degli eserciti mi ha inviato".
Invito a fuggire dal “paese
di settentrione”, cioè dai
territori di Babilonia diventati dell’impero Persiano. La “figlia
di Babilonia” è la Persia: Ciro
entrò a Babilonia (539) senza alcuna resistenza, grazie al trasformismo
dei sacerdoti del dio Marduk, che dissero che Marduk lo aveva eletto a
conquistatore di Babilonia (Cilindro di Ciro: un cilindro su cui questi
dati sono scritti). I deportati confidavano di rimanere al sicuro
nei vari luoghi dove erano stati deportati in schiavitù, per cui non
prendevano la via per la terra di Giuda, considerata insicura, ma per
punizione di Dio ci saranno travolgimenti nelle nazioni. Gli schiavi
delle nazioni, cioè i popoli assoggettati dagli imperialismi, si
ribelleranno. Le nazioni sono: Assiria, Babilonia e Medi, Persia. Sono
considerate in successione, ma pure in unità che Erodoto definisce “traslazione
di imperi”. Un impero subentra a un altro, conquistandone i
territori e le popolazioni. Ora c’era l’impero Persiano retto da Dario I
(522 - 486), che in una rivolta emerse dicendosi erede di Ciro e
Cambise, ma il legittimo successore era Bardiya. Dario dovette sedare la
ribellione di molte satrapie dell’impero, anche quella Transeufratica
alla quale faceva capo la terra di Giuda. Le rivolte, duramente
represse, continuarono fino alla fine dell’impero Persiano. La
“figlia di Babilonia”
non garantiva la sicurezza sperata: “Mettiti
in salvo, o Sion, tu che abiti con la figlia di Babilonia”.
Infatti, pochi anni dopo esplose l’insurrezione babilonese, che durò due
anni (484 - 182), domata da Serse I (486 - 465), successore di Dario I.
Conversione delle nazioni
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14 Rallégrati, esulta, figlia di Sion,
perché, ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te.
Oracolo del Signore.
15 Nazioni numerose aderiranno in quel giorno al Signore
e diverranno suo popolo,
ed egli dimorerà in mezzo a te
e tu saprai che il Signore degli eserciti
mi ha inviato a te.
16 Il Signore si terrà Giuda come eredità nella terra santa
ed eleggerà di nuovo Gerusalemme.
17 Taccia ogni mortale davanti al Signore,
poiché egli si è destato dalla sua santa dimora».
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“Rallégrati, esulta, figlia di Sion, perché, ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te”. Il passo è improntato all’universalismo dell’azione di Dio. Tale azione è caratterizzata da una presenza di Dio in sintonia con l’Emmanuele annunciato da Isaia (7,14). Non riguarda la presenza della gloria nel tempio, iniziativa di Dio già stabilita nel deserto, ma di una nuova presenza.
“Nazioni numerose aderiranno in quel giorno al Signore e diverranno suo popolo, ed egli dimorerà in mezzo a te e tu saprai che il Signore degli eserciti mi ha inviato a te”. Quella presenza sarà in un “giorno”,
e determinerà che “numerose
nazioni” diverranno “suo popolo”, uno con il popolo di Israele, perché il popolo di Dio è uno, perché così fu promesso ad Abramo (Gn 12,4; 17,4). “Egli dimorerà in mezzo a te”; sarà un dimorare diverso da quello della sua gloria nel Santo dei Santi del tempio. “Tu saprai che il Signore degli eserciti mi ha inviato a te”; il profeta afferma la sua autenticità: quello che dice accadrà, e quanto accadrà lo convaliderà.
“Il Signore si terrà Giuda come eredità nella terra santa ed eleggerà di nuovo Gerusalemme”.
Giuda non verrà abolito, sua sarà la “terra
santa”. Il termine “terra
santa” è qui usato per la prima
volta nella Bibbia. Gerusalemme verrà di nuovo eletta. Questa nuova
elezione sarà data dalla presenza del Messia, che rinnoverà Giuda e farà
sue le nazioni, formando dei due un solo popolo. “Taccia
ogni mortale davanti al Signore, poiché egli si è destato dalla sua
santa dimora”. L’adorazione a Dio
è fatta dal tacere, dal rimanere stupiti. Dio si accinge a ricreare
l’uomo e il mondo. E’ come si fosse “destato”
- non dal sonno - nella “sua santa
dimora” del cielo, per un agire
nuovo, stupefacente: “Taccia ogni
mortale davanti a Signore”.
Giosuè vestito delle rituali vesti di sommo sacerdote
3 1 Poi mi fece vedere il sommo sacerdote Giosuè, ritto davanti all’angelo del Signore, e Satana era alla sua destra per accusarlo.
2 L’angelo del Signore disse a Satana:
"Ti rimprovera il Signore, o Satana! Ti rimprovera il Signore che ha eletto Gerusalemme! Non è forse costui un tizzone sottratto al fuoco?".
3 Giosuè infatti era rivestito di vesti sporche e stava in piedi davanti all’angelo,
4 il quale prese a dire a coloro che gli stavano intorno:
"Toglietegli quelle vesti sporche". Poi disse a Giosuè: "Ecco, io ti tolgo di dosso il peccato; fatti rivestire di abiti preziosi".
5 Poi soggiunse: "Mettetegli sul capo un turbante purificato". E gli misero un turbante purificato sul capo, lo rivestirono di vesti alla presenza dell’angelo del Signore.
6 Poi l’angelo del Signore dichiarò a Giosuè:
7 "Dice il Signore degli eserciti: Se camminerai nelle mie vie e custodirai i miei precetti, tu avrai il governo della mia casa, sarai il custode dei miei atri e ti darò accesso fra questi che stanno qui.
Il sommo sacerdote Giosuè era
un esule ritornato da Babilonia; abitava a Mizpa, luogo di un antico
santuario di Israele (Gdc 20,1; 1Sam 7,5; 110,17s; Ger 40,8s), e ivi
operava, essendo il tempio distrutto. L’esercizio del suo alto ufficio
era privo di sacerdotale dignità, e Satana lo accusa davanti a Dio, per
avere il permesso di travolgerlo completamente. Ma Dio è fedele
all’elezione di Gerusalemme, luogo della sua dimora nel tempio. Giosuè è
oggetto della misericordia do Dio: “Non
è forse costui un tizzone sottratto al fuoco?”.
L’invio del Germoglio
8 Ascolta dunque, Giosuè, sommo sacerdote, tu e i tuoi compagni che siedono davanti a te, poiché essi sono un segno: ecco, io manderò il mio servo Germoglio.
9 Ecco la pietra che io pongo davanti a Giosuè: sette occhi sono su quest’unica pietra; io stesso inciderò la sua iscrizione
- oracolo del Signore degli eserciti - e rimuoverò in un solo giorno l’iniquità da questo paese.
10 In quel giorno - oracolo del Signore degli eserciti
- ogni uomo inviterà il suo vicino sotto la sua vite e sotto il suo fico".
“Ascolta dunque, Giosuè, sommo sacerdote, tu e i tuoi compagni che siedono davanti a te, poiché essi sono un segno: ecco, io manderò il mio servo Germoglio”. “I tuoi compagni” sono i sacerdoti gerarchicamente sottomessi a Giosuè. “Sono un segno” relativo alla ricomposizione della classe sacerdotale, già svilita, ma che per rimanere autentica deve attendere colui che Dio manderà:
“Il mio servo Germoglio”, nome del Messia (Is 11,1; Ger 23,5s).
“Ecco la pietra che io pongo davanti a Giosuè: sette occhi sono su quest’unica pietra; io stesso inciderò la sua iscrizione – oracolo del Signore degli eserciti – e rimuoverò in un solo giorno l’iniquità da questo paese”. Il “Germoglio” è la pietra dai sette occhi. Pietra fondante il tempio di pietre vive (6,12) della nuova ed eterna alleanza. Dio stesso vi inciderà la sua iscrizione, cioè “Sacro al Signore”. Non sarà nel segno di un’azione fatta da uomo, profeta o Sommo sacerdote, che la pietra verrà consacrata, ma per l’azione di Dio che la glorificherà (6.13): “Egli riceverà la gloria”.
Tale “pietra” dai sette occhi, poiché di natura divina, dovrà essere sempre presente nel pensiero di Giosuè, affinché non pensi che lui e quelli che succederanno a lui, secondo la linea di Aronne, sono la parola definitiva di Dio.
“In un solo giorno”
quello della passione del servo di Jahweh (Is 53,1s; Ps 21/22).
Visione del candelabro e dei due olivi
4
1 L’angelo che mi parlava venne a destarmi, come si desta uno dal sonno,
2 e mi disse: "Che cosa vedi?". Risposi:
"Vedo un candelabro tutto d’oro; in cima ha una coppa con sette lucerne e sette beccucci per ognuna delle lucerne.
3 Due olivi gli stanno vicino, uno a destra della coppa e uno a sinistra".
4 Allora domandai all’angelo che mi parlava:
"Che cosa significano, mio signore, queste cose?".
5 Egli mi rispose: "Non comprendi dunque il loro significato?". E io:
"No, mio signore".
“Vedo
un candelabro tutto d’oro; in cima ha una coppa con sette lucerne e
sette beccucci per ognuna delle lucerne”.
Il candelabro tutto d’oro è composto da un fusto sulla cima del quale
c’è una coppa che fa da serbatoio dell’olio. Connesse alla coppa
affiorano sette lucerne con i relativi beccucci. Due olivi a destra e a
sinistra.
Parole a Zorobabele
6 Egli mi rispose: “Questa è la parola del Signore a Zorobabele: ‹Non con la potenza né con la forza, ma con il mio spirito›, dice il Signore degli eserciti!
7 Chi sei tu, o grande monte? Davanti a Zorobabele diventa pianura! Egli estrarrà la pietra di vertice, mentre si acclamerà: ‹Quanto è bella!›.
8 Mi fu rivolta questa parola del Signore:
9 Le mani di Zorobabele hanno fondato questa casa: le sue mani la compiranno e voi saprete che il Signore degli eserciti mi ha inviato a voi.
10 Chi oserà disprezzare il giorno di così modesti inizi? Si gioirà vedendo il filo a piombo in mano a Zorobabele.
“Egli mi rispose: ‹Questa è la parola del Signore a Zorobabele: Non con la potenza né con la forza, ma con il mio spirito›, dice il Signore degli eserciti!”.
L’angelo accompagnatore del profeta gli consegna una parola riguardo a
Zorobabele.
"‹Chi sei tu, o grande monte? Davanti a Zorobabele diventa pianura!›”. Chi si pone come un monte davanti a Zorobabele per ostacolarlo è invitato a diventare pianura, cioè a umiliarsi.
“Egli estrarrà la pietra di vertice, mentre si acclamerà: ‹Quanto è bella!›”. Dalle macerie del tempio Zorobabele estrarrà “la pietra di vertice”, l’ultima che verrà posta in alto nel tempio ricostruito. Tale pietra indica la certezza del compimento della ricostruzione, e ciò avverrà. All’inaugurazione del tempio Zorobabele però non risulta presente, segno della sua morte (G. F. Antichità Giudaiche; Libro XI, 79 - 81)
Spiegazione dei due olivi a lato del candelabro
Le sette lucerne
rappresentano gli occhi del Signore che scrutano tutta la terra.
11 Quindi gli domandai: "Che cosa significano quei due olivi a destra e a sinistra del candelabro?". E aggiunsi:
12 "Quei due rami d’olivo che sono a fianco dei due canaletti d’oro, che vi stillano oro dentro?".
13 Mi rispose: "Non comprendi dunque il significato di queste cose?". E io:
"No, mio signore". 14 "Questi - soggiunse - sono i due consacrati con olio che assistono il dominatore di tutta la terra".
“‹Che cosa significano quei due olivi a destra e a sinistra del candelabro?›. E aggiunsi: ‹Quei due rami d’olivo che sono a fianco dei due canaletti d’oro, che vi stillano oro dentro?›”. I due ulivi (due rami) stillano oro liquido (olio dall’aspetto di oro) dentro due canaletti che vanno nella coppa del candelabro.
“Mi rispose: ‹Non comprendi dunque il significato di queste cose?›. E io: ‹No, mio signore›. ‹Questi - soggiunse - sono i due consacrati con olio che assistono il dominatore di tutta la terra›”. Sono Giosuè e Zorobalele. Giosuè, nella sua dignità di sommo sacerdote (3,1s); Zorobabele, quale incaricato a ricondurre gli esuli in patria e ricostruire il tempio. Zorobabele, figlio di Sealtièl (Ag 1,1; Esd 3,2; Ne 12,1), figlio di Ioiachìn (chiamato Ieconia in 1Cr 3,16-17), re di Giuda, era di discendenza regale, e quindi poteva essere unto re da Giosuè, nella speranza di una indipendenza politica della terra di Giuda, che ancora però non si intravedeva (1,12s). L’unzione non poteva che essere stata fatta in modo segreto, secondo il modello di Samuele con Davide (1Sam 16,1s).
Zaccaria ha la visione di quel momento di speranza, quale segno di un futuro (Ger 33,14-18) dove il potere religioso e civile sono
unti, cioè consacrati a Dio, nella diversità delle missioni e competenze. “Il dominatore di tutta la terra”, rappresentato nel candelabro, è Dio.
L’unzione di Zorobabele a re, per riprendere la successione della dinastia davidica, non poteva avere il consenso della Persia, e di fatto le fonti storiche non presentano dei successori di Zorobabele.
Rimase il governatore persiano, molto tollerante di fronte al ruolo direttivo del Tempio, determinando lo sviluppo di fatto di uno stato teocratico con concessione di avere una propria moneta, una dramma con sigla JHD (Giuda).
Visione del rotolo gettato al vento
5 1 Poi alzai gli occhi e vidi un rotolo che volava. 2 L’angelo mi domandò:
"Che cosa vedi?". E io: "Vedo un rotolo che vola: è lungo venti cubiti e largo dieci".
3 Egli soggiunse: "Questa è la maledizione che si diffonde su tutta la terra: ogni ladro sarà scacciato via di qui come quel rotolo; ogni spergiuro sarà scacciato via di qui come quel rotolo.
4 Io scatenerò la maledizione, dice il Signore degli eserciti, in modo che essa penetri nella casa del ladro e nella casa di chi giura il falso nel mio nome; rimarrà in quella casa e la consumerà insieme con le sue travi e le sue pietre".
“L’angelo mi domandò:
‹Che cosa vedi?›. E io: ‹Vedo un rotolo che
vola: è lungo venti cubiti e largo dieci›”. Il rotolo non è avvolto, ma disteso. E’ di grandi dimensioni, molto visibile. Il cubito era di circa 50 cm. 10 metri di lunghezza per 5 metri di larghezza.
“Egli soggiunse: ‹Questa è la maledizione che si diffonde su tutta la terra: ogni ladro sarà scacciato via di qui come quel rotolo; ogni spergiuro sarà scacciato come quel rotolo. Io scatenerò la maledizione, dice il Signore degli eserciti (…) rimarrà in quella casa e la consumerà insieme con le sue travi e le sue pietre›”.
La maledizione “si diffonde su
tutta la terra”, ma l’attenzione
è sulla terra di Giuda. Gli empi saranno spazzati via - “via di qui” - come quel rotolo. La maledizione avrà sugli empi un effetto devastante. Gli empi non hanno futuro di pace.
La donna nell’efa
5 Poi l’angelo che parlava con me si avvicinò e mi disse:
"Alza gli occhi e osserva ciò che appare". 6 E io: "Che cos’è quella?". Mi rispose:
"È un’efa che avanza". Poi soggiunse: "Non hanno occhi che per essa in tutta la terra".
7 Fu quindi alzato un coperchio di piombo; ecco, dentro all’efa vi era una donna.
8 Disse: "Questa è l’empietà!". Poi la ricacciò dentro l’efa e ricoprì l’apertura con il coperchio di piombo.
9 Alzai di nuovo gli occhi per osservare e vidi venire due donne: il vento agitava le loro ali, poiché avevano ali come quelle delle cicogne, e sollevarono l’efa fra la terra e il cielo.
10 Domandai all’angelo che parlava con me:
"Dove portano l’efa costoro?". 11 Mi rispose:
"Vanno nella terra di Sinar, per costruirle una casa. Appena costruita, l’efa sarà posta sopra il suo piedistallo".
“Mi rispose: ‹È un’efa che avanza›. Poi soggiunse: ‹Non hanno occhi che per essa in tutta la terra›”. L’Efa è una misura che equivale a 36,50 litri circa. Qui indica un recipiente di terracotta che ha la capacità di un efa. L’efa avanza monopolizzando lo sguardo degli uomini.
“Fu quindi alzato un coperchio di piombo; ecco, dentro all’efa vi era una donna. Disse: ‹Questa è l’empietà!›. Poi la ricacciò dentro l’efa e ricoprì l’apertura con il coperchio di piombo”. Una donna, presa come simbolo della seduzione, cosi come seduttrice fu la prima donna, è chiusa nell’efa con un coperchio di piombo che viene aperto per un istante facendola comparire, poi subito la seduttrice viene di nuovo rinchiusa sotto il coperchio di piombo. E’ l’empietà, che affascina gli uomini promettendo il potere.
L’empietà passa per la terra di Giuda, cercando di attrarre, ma un coperchio di piombo grava su di lei. Aperto per un attimo il coperchio appare l’empietà seduttrice. Il primo passo verso di lei è la curiosità, poi segue la seduzione (Gn 3,1s). L’empietà crea la divisione, la sopraffazione tra gli uomini.
“Alzai di nuovo gli occhi per osservare e vidi venire due donne: il vento agitava le loro ali, poiché avevano ali come quelle delle cicogne, e sollevarono l’efa fra la terra e il cielo”. Due donne intervengono a non far sostare l’efa nella terra di Giuda. Si può ritenere che le due donne alate simboleggino la giustizia e la misericordia di Dio: La misericordia di Dio allontana dall’empietà, mentre la giustizia divina la colpisce.
“Domandai all’angelo che parlava con me: ‹Dove portano l’efa costoro?›. Mi rispose: ‹Vanno nella terra di Sinar, per costruirle una casa. Appena costruita, l’efa sarà posta sopra il suo piedistallo›”. L’efa è portata in volo nella terra di Sinar (Gn 10,2), dove le viene costruita una dimora. L’efa sarà posta come un idolo sopra un piedistallo. La terra di Sinar è la terra dove i popoli si divisero dopo avere immaginato, con la torre innalzata verso il cielo, di essere divini e di riuscire nel progetto di una unità contrapposta all’unità del disegno di Dio. L’unità contrapposta a Dio è l’iniquità, e l’iniquità è la divisione e sopraffazione. Nella terra di Giuda non può starci l’empietà.
I quattro venti del cielo
6
1 Alzai ancora gli occhi per osservare, ed ecco quattro carri uscire in mezzo a due montagne e le montagne erano di bronzo.
2 Il primo carro aveva cavalli rossi, il secondo cavalli neri,
3 il terzo cavalli bianchi e il quarto cavalli pezzati, screziati.
4 Domandai all’angelo che parlava con me:
"Che cosa significano quelli, mio signore?". 5 E l’angelo: "Sono i quattro venti del cielo che partono dopo essersi presentati al Signore di tutta la terra.
6 I cavalli neri vanno verso la terra del settentrione, seguiti da quelli bianchi; i pezzati invece si dirigono verso la terra del mezzogiorno,
7 quelli screziati escono e fremono di percorrere la terra". Egli disse loro:
"Andate, percorrete la terra". Essi partirono per percorrere la terra.
8 Poi mi chiamò e mi disse:
"Ecco, quelli che vanno verso la terra del settentrione calmano il mio spirito su quella terra".
“Alzai ancora gli occhi per osservare, ed ecco quattro carri uscire in mezzo a due montagne e le montagne erano di bronzo”. I due monti di bronzo segnano un valico irraggiungibile dall’uomo, da cui escono quattro carri tirati da cavalli velocissimi come il vento.
“Il primo carro aveva cavalli rossi, il secondo cavalli neri, il terzo cavalli bianchi e il quarto cavalli pezzati, screziati”. I colori dei cavalli sono secondo le destinazioni, ed escono in fila dal valico.
“Sono i quattro venti del cielo che partono dopo essersi presentati al Signore di tutta la terra”. I carri corrono come i venti e possono con ciò essere designati come venti. I carri hanno indubbiamente dei cocchieri: angeli; sono come venti perché influiscono sulle nazioni. Essi hanno degli ordini che ricevono dal “Signore di tutta la terra”, e li eseguono prontamente. Identificare i carri con i quattro venti, visti procedere secondo la concezione del tempo (Dn 8,8; Ap 7,1) dai quattro lati della terra, non è possibile, perché uno è il varco di uscita del carri; inoltre gli angeli che presiedono i venti restano nei quattro lati della terra. Del cocchio coi cavalli rossi non viene detta la destinazione, ma si arguisce che punta verso oriente (Ammoniti e Moabiti). I cavalli neri si dirigono verso settentrione (Persia); i cavalli bianchi verso settentrione e occidente (Grecia-Macedonia); i cavalli pezzati o screziati verso il sud (Egitto).
“Quelli screziati escono e fremono di percorrere la terra”. I cavalli pezzati o screziati sono scalpitanti di correre verso mezzogiorno, cioè l’Egitto, che cerca di ribellarsi all’impero Persiano.
“Poi mi chiamò e mi disse: ‹Ecco, quelli che vanno verso la terra del settentrione calmano il mio spirito su quella terra›”. Verso settentrione vanno i cavalli neri. La situazione che calma la collera del Signore è che c’è pace nell’impero persiano. Il carro da combattimento coi cavalli neri, corre a mantenere sconfitto il principe angelico che spinge alla guerra (Dn 10,13). Così gli altri carri. C’è una battaglia tra forze del bene e del male. Le forze del male prevalgono per brevi tratti di tempo, quando gli uomini vogliono aderire agli angeli delle tenebre (1 Cor 15,24; Ef 6,12).
Il Germoglio che ricostruirà il tempio del Signore
9 Mi fu rivolta questa parola del Signore:
10 "Prendi fra i deportati, fra quelli di Cheldài, di Tobia e di Iedaià, oro e argento e va’ nel medesimo giorno a casa di Giosia, figlio di Sofonia, che è ritornato da Babilonia.
11 Prendi quell’argento e quell’oro e ne farai una corona che porrai sul capo di Giosuè, figlio di Iosadàk, sommo sacerdote.
12 Gli riferirai: Dice il Signore degli eserciti: Ecco un uomo che si chiama Germoglio: fiorirà dove si trova e ricostruirà il tempio del Signore.
13 Sì, egli ricostruirà il tempio del Signore, egli riceverà la gloria, egli siederà da sovrano sul suo trono. Un sacerdote siederà sul suo trono e fra i due regnerà una pace perfetta.
14 La corona resterà come gradito memoriale nel tempio del Signore, in onore di Cheldài, Tobia, Iedaià e in onore del figlio di Sofonia.
15 Anche da lontano verranno a riedificare il tempio del Signore. Così riconoscerete che il Signore degli eserciti mi ha inviato a voi. Ciò avverrà, se ascolterete la voce del Signore, vostro Dio".
“Mi
fu rivolta questa parola del Signore: Prendi fra i deportati, fra quelli
di Cheldài, di Tobia e di Iedaià, oro e argento e va’ nel medesimo
giorno a casa di Giosia, figlio di, che è ritornato da Babilonia”.
Sono casati ricchi rientrati da Babilonia. Evidentemente avevano fatto
fortuna in terra d’esilio. Cheldài non è noto, come pure Tobia. “Iedaià”
era un levita sacerdote rientrato con Zorobabele (Ne 12,6). “Sofonia”
era probabilmente un sacerdote molto vicino a Geremia (2Re 25,18; Ger
29,25). “Prendi quell’argento
e quell’oro e ne farai una corona che porrai sul capo di Giosuè, figlio
di Iosadàk, sommo sacerdote”. “Iosadàk”
era un sommo sacerdote esiliato a Babilonia (1Cr 6,41). Giosuè era nato
in esilio. Nella casa di Giosia ci doveva essere un forno per la
fusione dell’oro e dell’argento. La lega produce l’elettro, metallo che
si trova anche in natura. Si ha una incoronazione, che probabilmente
avvenne alla morte di Zorobabele. Essa non pare un completamento della
vestizione di Giosuè (3,4-5), ma il conferimento - in veste
devozionale - di un ampliamento del potere del sommo sacerdote
(3,7), essendosi interrotta, con la presenza di una dominazione
straniera, la successione della monarchia davidica. I tre casati
interpellati segnano il consenso del popolo. La corona doveva restare,
come memoriale dell’evento, nel tempio del Signore. Tale potere
civile si trasformò, con l’indipendenza politica della terra di Giuda,
in potere regale dato al sommo sacerdote; ciò al tempo della dinastia
degli Asmonei, fondata da Simone Maccabeo. “Gli
riferirai: Dice il Signore degli eserciti: Ecco un uomo che si chiama
Germoglio: fiorirà dove si trova e ricostruirà il tempio del Signore”.
Il profeta, dopo l’imposizione del diadema, riferisce a Giosuè un
messaggio. “Ecco un uomo che si
chiama Germoglio”. Questo “uomo”
sarebbe per molti esegeti Zorobabele, ma rimane difficile il fatto che
non venga nominato, mentre Giosuè viene nominato, inoltre non c’è
l’appoggio di nessun manoscritto. “Fiorirà
dove si trova e ricostruirà il tempio del Signore”.
Tempio era il cuore dell’uomo prima del peccato, ora quel tempio verrà
ricostruito da “Germoglio”.
“Sì, egli ricostruirà il
tempio del Signore, egli riceverà la gloria, egli siederà da sovrano sul
suo trono”. La gloria segue la
vittoria, e la gloria per essere tale deve essere ricevuta “egli
riceverà la gloria”. L’Uomo
chiamato Germoglio “siederà da
sovrano sul suo trono”; “siederà
da sovrano”, il che indica che
può sedervi non solo come re, ma anche per altra qualifica, che è quella
di sacerdote supremo. “Un
sacerdote siederà sul suo trono e fra i due regnerà una pace perfetta”.
Un sacerdote, sarà sul suo trono; suo per l’ufficio che compie, ma è
dato da colui che siede sovrano sul trono. La versione dei LXX al posto
di “sul suo trono”
scrive “alla sua destra”.
Questa lettura dei LXX interpreta che il sacerdote opera quello che
vuole “Germoglio”,
dipendendo da lui; perché “Germoglio”
è una novità che “fiorirà dove si
trova”, non bisognoso di dinastia
regale umana né di unzione ricevuta al tempio. Un aiuto
interpretativo, viene dalla traduzione del Vecchio Testamento in
aramaico, che esplicita quell’uomo con il termine “Messia”:
l’unto del Signore (Is 61,1). “La
corona resterà come gradito memoriale nel tempio del Signore, in onore
di Cheldài, Tobia, Iedaià e in onore del figlio di Sofonia”.
L’evento dell’incoronazione di Giosuè è storico e va ricordata la
generosità dei casati interpellati. “Figlio
di Sofonia” è Giosia, ritornato
da Babilonia. Sofonia è da identificarsi con Sofonia sacerdote, vicino a
Geremia (Ger 29,24s). “Anche
da lontano verranno a riedificare il tempio del Signore. Così
riconoscerete che il Signore degli eserciti mi ha inviato a voi”.
Il tempio verrà ricostruito anche con interventi giunti da lontano. Sono
esuli in ritorno. Esdra (Esd 6,5) porterà poi gli arredi del tempio
saccheggiati da Nabucodnosor. “Ciò
avverrà, se ascolterete la voce del Signore, vostro Dio”.
Verranno “anche da lontano”,
cioè non rimarrete senza aiuti; alla condizione che si ascolti la “voce
del Signore”, cioè le parole del
Signore che comunicano i profeti.
Il vero digiuno promuove l’amore e la misericordia
7
1 L’anno quarto del re Dario, il quarto giorno del nono mese, detto Chisleu, la parola del Signore fu rivolta a Zaccaria.
2 Betel aveva inviato Sarèser, alto ufficiale del re, con i suoi uomini a supplicare il Signore
3 e a domandare ai sacerdoti addetti al tempio del Signore degli eserciti e ai profeti:
"Devo io continuare a far lutto e astinenza nel quinto mese, come ho fatto in questi anni passati?".
4 Allora mi fu rivolta questa parola del Signore degli eserciti:
5 "Parla a tutto il popolo del paese e a tutti i sacerdoti e di’ loro: Quando avete fatto digiuni e lamenti nel quinto e nel settimo mese per questi settant’anni, lo facevate forse per me?
6 Quando avete mangiato e bevuto non lo facevate forse per voi?
7 Non è questa forse la parola che vi
proclamava il Signore per mezzo dei profeti del passato, quando
Gerusalemme era ancora abitata e in pace, ed erano abitate le città
vicine e il Negheb e la Sefela?"
8 Questa parola del Signore fu rivolta a Zaccaria:
9 "Ecco ciò che dice il Signore degli eserciti: Praticate una giustizia vera: abbiate amore e misericordia ciascuno verso il suo prossimo.
10 Non frodate la vedova, l’orfano, il forestiero, il misero e nessuno nel cuore trami il male contro il proprio fratello.
11 Ma essi hanno rifiutato di ascoltarmi, mi hanno voltato le spalle, hanno indurito gli orecchi per non sentire.
12 Indurirono il cuore come un diamante, per non udire la legge e le parole che il Signore degli eserciti rivolgeva loro mediante il suo spirito, per mezzo dei profeti del passato. Così fu grande lo sdegno del Signore degli eserciti.
13 Come quando egli chiamava essi non vollero dare ascolto, così quando essi chiameranno io non li ascolterò, dice il Signore degli eserciti.
14 Io li ho dispersi fra tutte quelle nazioni che essi non conoscevano e il paese è rimasto deserto dietro di loro, senza che vi sia chi va e chi viene; la terra di delizie è stata ridotta a desolazione".
“L’anno
quarto del re Dario, il quarto giorno del nono mese, detto Chisleu, la
parola del Signore fu rivolta a Zaccaria”.
Il mese di Chisleu è tra novembre-dicembre. L’anno quarto del re Dario è
il 518. “Betel aveva inviato
Sarèser, alto ufficiale del re, con i suoi uomini a supplicare il
Signore e a domandare ai sacerdoti addetti al tempio del Signore degli
eserciti e ai profeti”. Betel è a
circa 20 km a nord di Gerusalemme. “Sarèzer” è un nome babilonese, ma la
persona è un Giudeo. Il tempio era prossimo ad essere ultimato (518).
“Devo io continuare a far
lutto e astinenza nel quinto mese, come ho fatto in questi anni passati?”.
Il digiuno del quinto mese ricordava la distruzione del tempio e di
Gerusalemme da parte dei Babilonesi. Al quinto mese si accompagnava il
digiuno del settimo mese, che ricordava l’assassinio di Godolia (2Re
25,25). Ora a Betel si voleva sapere, visto che ormai era finita la
ricostruzione del tempio, se si poteva abolire il digiuno del quinto
mese. “Parla a tutto il popolo
del paese e a tutti i sacerdoti e di’ loro: Quando avete fatto digiuni e
lamenti nel quinto e nel settimo mese per questi settant’anni, lo
facevate forse per me?”. Zaccaria
rivolge questa interrogazione che pone l’accento sul fatto che i lamenti
e i digiuni venivano piuttosto sopportati, che compiuti come un atto di
penitenza: “Lo facevate forse per
me?”. “Quando
avete mangiato e bevuto non lo facevate forse per voi?”.
Certamente lo facevano per loro, e così erano ben in grado di
distinguere ciò che era fatto per loro e ciò che era fatto per Dio.
“Non è questa forse la parola che
vi proclamava il Signore per mezzo dei profeti del passato, quando
Gerusalemme era ancora abitata e in pace, ed erano abitate le città
vicine e il Negheb e la Sefela?”.
Prima della catastrofe della distruzione di Gerusalemme e del tempio,
Dio per mezzo dei profeti aveva avvisato di cambiare vita. “Ecco
ciò che dice il Signore degli eserciti: Praticate una giustizia vera:
abbiate amore e misericordia ciascuno verso il suo prossimo. Non frodate
la vedova, l’orfano, il forestiero, il misero e nessuno nel cuore trami
il male contro il proprio fratello”.
Ciò che Dio voleva era l’amore e la misericordia verso il suo prossimo.
Non si parla dei sacrifici del tempio nel quale si poneva fiducia,
mentre si colpiva il prossimo. “Le
parole che il Signore degli eserciti rivolgeva loro mediante il suo
spirito, per mezzo dei profeti del passato. Così fu grande lo sdegno del
Signore degli eserciti”. I
profeti parlavano mossi dallo Spirito del Signore, perciò non dicevano
cose proprie. Rifiutata la Parola pronunciata dai profeti, non poteva
che esserci “lo sdegno del Signore”.
Dio non poteva benedire chi lo rigettava, facendo di lui un Dio come
tutti gli altri dei, che vollero servire. “Come
quando egli chiamava essi non vollero dare ascolto, così quando essi
chiameranno io non li ascolterò, dice il Signore degli eserciti”.
Non davano ascolto ai profeti che indirizzavano alla Legge. Così senza
conversione, nelle sventure che potranno giungere ancora per colpa loro,
“chiameranno”
il Signore, ma non ascolterà, e lo farà perché non può accettare di
essere disprezzato oltre un certo limite, perché non è possibile che
l’uomo prevalga su di lui. “Io
li ho dispersi fra tutte quelle nazioni che essi non conoscevano e il
paese è rimasto deserto dietro di loro, senza che vi sia chi va e chi
viene; la terra di delizie è stata ridotta a desolazione”.
La deportazione, la “terra di delizie” ridotta a desolazione, ebbero
come causa la loro infedeltà.
Il Signore ritornerà con la sua gloria nel tempio ricostruito ed elargirà benedizioni
8
1 La parola del Signore degli eserciti fu rivolta in questi termini:
2 "Così dice il Signore degli eserciti:
Sono molto geloso di Sion, un grande ardore m’infiamma per lei.
3 Così dice il Signore: Tornerò a Sion e dimorerò a Gerusalemme. Gerusalemme sarà chiamata ‹Città fedele› e il monte del Signore degli eserciti ‹Monte santo›.
4 Così dice il Signore degli eserciti: Vecchi e vecchie siederanno ancora nelle piazze di Gerusalemme, ognuno con il bastone in mano per la loro longevità.
5 Le piazze della città formicoleranno di fanciulli e di fanciulle, che giocheranno sulle sue piazze.
6 Così dice il Signore degli eserciti: Se questo sembra impossibile agli occhi del resto di questo popolo in quei giorni, sarà forse impossibile anche ai miei occhi? Oracolo del Signore degli eserciti.
|
7 Così dice il Signore degli
eserciti: Ecco, io salvo il mio popolo dall’oriente e
dall’occidente: 8 li
ricondurrò ad abitare a Gerusalemme; saranno il mio popolo e
io sarò il loro Dio, nella fedeltà e nella giustizia. |
|
9 Così dice il Signore degli eserciti: Riprendano forza le vostre mani. Voi in questi giorni ascoltate queste parole pronunciate dai profeti quando furono poste le fondamenta della casa del Signore degli eserciti per la ricostruzione del tempio.
|
10 Ma prima di questi giorni
non c’era salario per l’uomo né salario per l’animale;
non c’era sicurezza alcuna per chi andava e per chi
veniva, a causa degli invasori: io stesso mettevo gli
uomini l’uno contro l’altro. 11
Ora invece verso il resto di questo popolo io non sarò più
come sono stato prima. Oracolo del Signore degli eserciti.
12 Ecco il seme della
pace: la vite produrrà il suo frutto, la terra darà i
suoi prodotti, i cieli daranno la rugiada: darò tutto
ciò al resto di questo popolo. |
|
13 Come foste oggetto di maledizione fra le nazioni, o casa di Giuda e d’Israele, così, quando vi avrò salvati, diverrete una benedizione. Non temete dunque: riprendano forza le vostre mani.
14 Così dice il Signore degli eserciti: Come decisi di affliggervi quando i vostri padri mi provocarono all’ira
- dice il Signore degli eserciti - e non volli ravvedermi,
15 così mi darò premura in questi giorni di fare del bene a Gerusalemme e alla casa di Giuda: Non temete!
16 Ecco ciò che voi dovrete fare: dite la verità ciascuno con il suo prossimo; veraci e portatori di pace siano i giudizi che pronuncerete nei vostri tribunali.
17 Nessuno trami nel cuore il male contro il proprio fratello; non amate il giuramento falso, poiché io detesto tutto questo". Oracolo del Signore.
“Così dice il Signore: Tornerò a Sion e dimorerò a Gerusalemme. Gerusalemme sarà chiamata ‹Città fedele'› e il monte del Signore degli eserciti ‹Monte santo'›”. La gloria del Signore ritornerà e dimorerà nel tempio ricostruito (Es 40,34; Nm 14,10; 1 Re 8,10; Ez 43,4), per cui il monte Sion sarà chiamato “Monte santo”. Ci sarà un rinnovamento morale per cui Gerusalemme sarà chiamata “Città fedele”.
“Così dice il Signore degli eserciti: Vecchi e vecchie (…). Le piazze della città formicoleranno di fanciulli e di fanciulle, che giocheranno sulle sue piazze”. La città sarà piena di vita.
“Così dice il Signore degli eserciti: Ecco, io salvo il mio popolo dall’oriente e dall’occidente: li ricondurrò ad abitare a Gerusalemme; saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio, nella fedeltà e nella giustizia”. Costruito il tempio, ricostruite poi le mura di Gerusalemme, tanti rimasti in esilio per paura di trovarsi in situazioni di pura avventura, ritorneranno a Gerusalemme per abitarla.
“Voi in questi giorni ascoltate queste parole pronunciate dai profeti quando furono poste le fondamenta della casa del Signore degli eserciti per la ricostruzione del tempio. Ma prima di questi giorni non c’era salario per l’uomo né salario per l’animale…”. Il profeta Aggeo (1,15), insieme ad altri profeti non ricordati, aveva sottolineato come la scarsità dei raccolti dipendesse da una vita morale debole pronta a flettersi nello scoraggiamento - di fronte all’ostruzionismo samaritano (Esd 4,1s) -, sospendendo una volta poste le fondazioni del tempio (535) la sua costruzione, che fu riavviata tempo dopo (520). Il tempio venne ultimato nel 515. “Non c’era sicurezza alcuna per chi andava e per chi veniva, a causa degli invasori: io stesso mettevo gli uomini l’uno contro l’altro”. Tra i popoli limitrofi c’era chi insidiava con scorribande
- “invasori”
- gli esuli ritornati, per cui ritornare in patria presentava anche questa difficoltà. Muoversi nello stesso territorio di Giuda era pericoloso. Ai raccolti scarsi si accompagnavano le scorribande di bande di predoni: “Io stesso mettevo gli uomini l’uno contro l’altro”; (Ag 1,9: “Ciò che portavate a casa io lo disperdevo”).
“Ora invece verso il resto di questo popolo io non sarò più come sono stato prima”. Dio vede il buon comportamento del “resto” ritornato in Giudea e lo benedice (Lv 26,3s).
“Come foste oggetto di maledizione fra le nazioni, o casa di Giuda e d’Israele, così, quando vi avrò salvati, diverrete una benedizione”. La salvezza è quella dai popoli vicini, che vedranno il resto concludere la riedificazione del tempio e delle mura di Gerusalemme. “Casa di Giuda e d’Israele”, il titolo di Israele si applica alla tribù di Giuda, essendosi dissolte le dieci tribù del regno del Nord con la deportazione assira (722/721). Rimaneva la speranza di una ricostituzione delle dieci tribù per mezzo di qualche autentico discendente, ma di fatto fu solo una speranza, alla fine un’immagine ideale. Cristo userà questa immagine ideale ponendola per tutti i popoli di qualsiasi nazione, etnia, e lingua. (Mt 19,28; Ap 7,4.9).
“Ecco ciò che voi dovrete fare: dite la verità ciascuno con il suo prossimo; veraci e portatori di pace siano i giudizi che pronuncerete nei vostri tribunali. Nessuno trami nel cuore il male contro il proprio fratello; non amate il giuramento falso, poiché io detesto tutto questo”. Quello che il “resto” deve fare per essere gradito a Dio, non è solo la preghiera, i sacrifici e le offerte al tempio, le decime, ma la giustizia, l’equità, il detestare l’inganno.
Il digiuno
18 Mi fu rivolta questa parola del Signore degli eserciti:
19 "Così dice il Signore degli eserciti: Il digiuno del quarto, quinto, settimo e decimo mese si cambierà per la casa di Giuda in gioia, in giubilo e in giorni di festa, purché amiate la verità e la pace.
I digiuni erano penitenziali, quello del quinto mese (7,3.5) e del settimo mese ricordava la distruzione del tempio e di Gerusalemme (587). A questi due digiuni sono aggiunti i digiuni del quarto mese e del decimo, che riguardavano e la breccia fatta nelle mura e l’inizio dell’assedio (2Re 25,1.4).
Il digiuno come penitenza darà frutti di gioia solo se ci sarà l’amore alla verità e il perseguimento della pace. Digiuno falso, ipocrita è quello che si accompagna alla violenza (Is 58,3s).
La salvezza messianica è aperta a tutte le nazioni
20 Così dice il Signore degli eserciti: Anche popoli e abitanti di numerose città si raduneranno
21 e si diranno l’un l’altro: ‹Su, andiamo a supplicare il Signore, a trovare il Signore degli eserciti. Anch’io voglio venire›.
22 Così popoli numerosi e nazioni potenti verranno a Gerusalemme a cercare il Signore degli eserciti e a supplicare il Signore.
23 Così dice il Signore degli eserciti: In quei giorni, dieci uomini di tutte le lingue delle nazioni afferreranno un Giudeo per il lembo del mantello e gli diranno: ‹Vogliamo
venire con voi, perché abbiamo udito che Dio è con voi›".
“Anche popoli e abitanti di numerose città si raduneranno e si diranno l’un l’altro:
‹Su, andiamo a supplicare il Signore, a trovare il Signore degli eserciti. Anch’io voglio venire›”. La salvezza è aperta a tutte le genti. Gerusalemme diventerà luogo di preghiera per tutti (Is 56,7). La conoscenza di Gerusalemme luogo di preghiera per tutti i popoli si svilupperà pian piano, per azione capillare: “Si diranno l’un l’altro…”. Ci saranno pellegrinaggi da ogni dove. La ragione di questo è la venuta del Messia, e di quanto ha fatto (Is 49,6; 52,13s; 53,11-12).
“Così dice il Signore degli eserciti: In quei giorni, dieci uomini di tutte le lingue delle nazioni afferreranno un Giudeo per il lembo del mantello e gli diranno:
‹Vogliamo venire con voi, perché abbiamo udito che Dio è con voi›”. Nei tempi messianici, i Giudei saranno rinnovati profondamente e attireranno a sé le moltitudini. Così è accaduto con i dodici apostoli (At 2,1s) e con i fedeli della chiesa di Gerusalemme (At 8,4).
Deutero Zaccaria
La distruzione dei nemici di Israele
9
1 Oracolo.
|
“La parola del Signore è sulla terra di Adrac
e si posa su Damasco,
poiché al Signore appartiene la perla di Aram
e tutte le tribù d’Israele, 2 e anche Camat sua confinante
e Tiro e Sidone, ricche di sapienza.
3 Tiro si è costruita una fortezza
e vi ha accumulato argento come polvere
e oro come fango delle strade. 4 Ecco, il Signore se ne impossesserà,
sprofonderà nel mare le sue mura
ed essa sarà divorata dal fuoco. 5 Àscalon vedrà e ne sarà spaventata,
Gaza sarà in grandi dolori,
e così pure Ekron,
perché svanirà la sua fiducia;
scomparirà il re da Gaza
e Àscalon rimarrà disabitata. 6 Bastardi dimoreranno ad Asdod,
abbatterò l’orgoglio del Filisteo.
7 Toglierò il sangue dalla sua bocca
e i suoi abomini dai suoi denti.
Diventerà anche lui un resto per il nostro Dio,
sarà come una famiglia in Giuda
ed Ekron sarà simile al Gebuseo. 8 Mi porrò come sentinella per la mia casa
contro chi va e chi viene,
non vi passerà più l’oppressore,
perché ora io stesso sorveglio con i miei occhi.
|
|
“La parola del Signore è sulla terra di Adrac e si posa su Damasco, poiché al Signore appartiene la perla di Aram e tutte le tribù d’Israele e anche Camat sua confinante e Tiro e Sidone, ricche di sapienza”. E’ la sentenza del Signore su delle città della Siria e della Fenicia. L’oracolo va datato all’indomani della vittoria di Isso (333) da parte di Alessandro Magno.
Adrac era una città della Siria, non lontana da Damasco, “la perla di Aram”, perché fu la prestigiosa capitale degli Aramei, che fu conquistata da Davide (2Sam 8,6), senza che gi Aramei venissero distrutti. Così Damasco si trovò affiancata a “tutte le tribù di Israele”.
La città di Camat, sul fiume Oronte, era confinante con Damasco (2Sam 8,9; 1Re 8,65; 2Re 14,25). Damasco e le città vicine si consegnarono al condottiero Macedone.
“Tutte le tribù”;
anche se solo la tribù di Giuda, e ben poco di quella di Beniamino,
ormai inesistente, era rientrata nella Giudea, le altre tribù, disperse
dalle deportazioni, potevano numericamente rifarsi, rientrando in
Palestina qualche loro autentico discendente. I luoghi menzionati
sono tutti lungo l’itinerario di conquista di Alessandro Magno dopo la
battaglia di Isso (333). Alessandro Magno si diresse, dopo aver
attraversato la Siria, verso il litorale Mediterraneo per neutralizzare
le basi della flotta Persiana, e per procedere verso la conquista
dell’Egitto. Punto chiave per la riuscita dell’azione bellica era la
conquista della super fortificata Tiro. “Tiro
si è costruita una fortezza e vi ha accumulato argento come polvere e
oro come fango delle strade. Ecco, il Signore se ne impossesserà,
sprofonderà nel mare le sue mura ed essa sarà divorata dal fuoco”.
Profezia sulla distruzione di Tiro. Nabucodonosor non riuscì a
conquistare la cittadella posta su di un isolotto distante circa un km
dalla riva (585/585 - 572); tuttavia conquistò la Tiro della terraferma
(Cf. Ez . 26,8), detta “Tiro vecchia”. La Tiro dell’isolotto verrà
espugnata da Alessandro Magno (332) in sette mesi di assedio, contro gli
inefficaci tredici anni di Nabucodonosor. “Àscalon
vedrà e ne sarà spaventata, Gaza sarà in grandi dolori, e così pure
Ekron, perché svanirà la sua fiducia; scomparirà il re da Gaza e Àscalon
rimarrà disabitata”. Àscalon si
arrenderà, così Ekron, così Asdod. Gaza deciderà una resistenza ad
oltranza e sarà conquistata in due mesi di assedio. Prima dell’assedio
di Gaza, Alessandro il Macedone andò a Gerusalemme accolto dal sommo
sacerdote, al quale fece credere di avere avuto anni addietro un sogno
su di lui (G.F. Antichità giudaiche; Libro XI, 336). Alessandro Magno si
mostrò rispettoso della città, che lo accolse come un liberatore dalla
dominazione Persiana, dando all’esercito macedone un contingente
militare di volontari (G.F. Antichità giudaiche; Libro XI, 339). Questo
era il punto che, di consueto, interessava al comandante Macedone,
poiché in tal modo rinvigoriva il suo esercito. “Bastardi
dimoreranno ad Asdod, abbatterò l’orgoglio del Filisteo”.
“Bastardi”,
cioè la popolazione che risulterà dalle deportazioni e dall’immissione
di altre etnie. Ad Asdon venne portata l’arca dell’alleanza, presa dai
Filistei (1Sam 4,11), e posta nel tempio di Dagon, il cui idolo il
giorno dopo era caduto in frantumi davanti all’arca (1Sam 5,1s) “Toglierò
il sangue dalla sua bocca e i suoi abomini dai suoi denti”.
Più che alludere ai costumi pagani dove la carne era mangiata con il
sangue, qui si allude alla sete di sangue e fame di abomini criminali
nelle azioni di guerra. L’immagine del bere sangue è usata in 9,15
nel senso, non criminale, di impeto bellico. “Diventerà
anche lui un resto per il nostro Dio, sarà come una famiglia in Giuda ed
Ekron sarà simile al Gebuseo”. Il
paese Filisteo verrà conquistato dagli Asmonei (la dinastia maccabaica).
Ekron verrà occupata come venne occupata Gerusalemme, antica capitale
Gebusea (2Sam 5,6s). A Ekron soggiornò per qualche giorno l’arca presa
dai Filistei (1Sam 5,10), per poi essere rinviata a Israele a Bet-Semes.
“Mi porrò come sentinella per
la mia casa contro chi va e chi viene, non vi passerà più l’oppressore,
perché ora io stesso sorveglio con i miei occhi”.
Dio darà pace a Israele nel tempo degli Asmonei.
In questo
punto andrebbe collocato (11,1-3) riguardo a Tiro
Il messia re senza armi, annunciatore di pace
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9 Esulta grandemente, figlia di Sion,
giubila, figlia di Gerusalemme!
Ecco, a te viene il tuo re.
Egli è giusto e vittorioso,
umile, cavalca un asino,
un puledro figlio d’asina.
10 Farà sparire il carro da guerra da Èfraim
e il cavallo da Gerusalemme,
l’arco di guerra sarà spezzato,
annuncerà la pace alle nazioni,
il suo dominio sarà da mare a mare
e dal Fiume fino ai confini della terra. |
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“Esulta grandemente, figlia di
Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re”.
Questo brano è posto tra due quadri di azione militare, quello
dell’intervento di Alessandro il Macedone e quello dell’azione militare
di Israele al tempo dei Maccabei e della dinastia da loro stabilita
(Asmonei), per la riconquista degli antichi confini di Israele. La
dinastia degli Asmonei non era depositaria delle promesse fatte a
Davide, per cui da questa dinastia, che tramontò con la conquista romana
di Gneo Pompeo Magno (63 a.C), non ci si aspettava il Messia. Il
brano dice che il Re futuro, il Messia, il discendente di Davide, non
agirà con le armi. L’azione militare degli Asmonei non fu
precisamente un inizio di estensione militare tra le genti per
imporre una pace frutto delle armi. Tale pace imperiale, non può durare
in nessun impero, poiché i popoli prima o poi si ribellano a tale
oppressiva pace fondata sul sangue, mentre quella portata dal Messia non
verrà meno e si estenderà a tutte le nazioni. “Egli
è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio
d’asina”. Egli verrà non su di un
cavallo come un potente conquistatore armato, ma in modo pienamente
diverso (Mt 11,29; 21,1s; Mc 11,1s; Lc 19,30s), umile, eppure
vittorioso; vittorioso sul male. La nota del “puledro
figlio di asina”, è un segno,
oltre che di umiltà, di pace. “Farà
sparire il carro da guerra da Èfraim e il cavallo da Gerusalemme, l’arco
di guerra sarà spezzato”. I
cavalli venivano usati soprattutto per la guerra, vista la loro corsa
veloce. Efraim era la tribù alla quale apparteneva Geroboamo e la sua
dinastia. Come tribù verrà dispersa con le deportazioni assire
((722/721). La piccola parte che non verrà deportata confluirà nel misto
etnico, costituitosi per via di matrimoni con le popolazioni importate
dagli Assiri. Di essa rimaneva la speranza, molto ideale, di una futura
ricomposizione per mezzo di un qualche discendente autentico dopo la
conquista fatta dagli Asmonei (108 a.C). Il nome viene qui ripreso per
la sua indole bellicosa. “Annuncerà
la pace alle nazioni, il suo dominio sarà da mare a mare e dal Fiume
fino ai confini della terra”. Il
Messia “annuncerà la pace alle
nazioni”. Quella pace è la
riconciliazione con Dio, che avverrà in lui, con lui, per lui. Egli non
sarà confinato nella Giudea, ma il suo dominio si estenderà da mare a
mare (mar Morto, mar Mediterraneo, mare Arabico, mar Rosso, ecc.). “Dal
Fiume”, che è l’Eufrate; esso
segnava il confine nord-orientale, mai raggiunto, della Terra Promessa
(Dt 11,24). “Fino ai confini della
terra”: Il regno di Cristo
abbraccerà tutte le genti.
La ricomposizione di Israele
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11Quanto a te, per il sangue dell’alleanza con te,
estrarrò i tuoi prigionieri dal pozzo senz’acqua.
12 Ritornate alla cittadella, prigionieri della speranza!
Ve l’annuncio oggi stesso:
vi ripagherò due volte.
13 Tendo Giuda come mio arco, faccio di Èfraim la mia arma;
ecciterò i tuoi figli, Sion, contro i tuoi figli, Iavan,
ti renderò come spada di un eroe.
14 Allora il Signore comparirà contro di loro,
come fulmine guizzeranno le sue frecce;
il Signore darà fiato al corno
e marcerà fra i turbini che vengono dal mezzogiorno.
15 Il Signore degli eserciti li proteggerà:
divoreranno e calpesteranno le pietre della fionda,
berranno il loro sangue come vino,
ne saranno pieni come bacini, come i corni dell’altare.
16 Il Signore, loro Dio, in quel giorno li salverà, come gregge del suo popolo;
come gemme di un diadema
brilleranno sulla sua terra.
17 Che ricchezza, che felicità! Il grano darà forza ai giovani
e il vino nuovo alle fanciulle.
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Ora il profeta annuncia la fedeltà di Dio all’alleanza, e invita i Giudei alla lotta contro l’imposizione dell’ellenismo da parte dei “figli di Iavan”, cioè della Grecia. “Quanto a te, per il sangue dell’alleanza con te, estrarrò i tuoi prigionieri dal pozzo senz’acqua”.
Alessandro Magno mori a 33 anni (323), colpito rapidamente da una rara malattia, dopo dodici anni di regno. Il condottiero Macedone, audace e geniale, non fu parimenti uno statista. Ebbe un figlio, che nacque però dopo la sua morte, e fu presto ucciso durante le lotte tra i suoi generali, per la spartizione dell’impero.
Alla fine si raggiunse il risultato di tre regni: Quello di Macedonia; quello di Siria, Mesopotamia, Persia, Asia Minore; quello di Egitto. Il più grande, il secondo in elenco, ebbe come fondatore Seleuco I Nicatore, che diede inizio alla dinastia dei Seleucidi.
L’impero dei Seleucidi fu insidiato dai Parti, e alla fine si ridusse alla sola Siria, che con Gneo Pompeo Magno (64 a.C.) passò sotto la dominazione romana. L’impero Seleucide, come gli altri due, si caratterizzò per l’adesione alla cultura ellenica.
“Quanto a te, per il sangue
dell’alleanza con te, estrarrò i tuoi prigionieri dal pozzo senz’acqua”.
Per la Giudea, che aveva collaborato militarmente con il Macedone,
ci fu pace (2Mac 2,1s), ma poi (169 - 164) si scatenò da parte di
Antioco Epifane (215 - 164) (Epifane: che si manifesta con splendore),
e per due anni (164 - 162) del suo figlio Antioco Eupàtore (173 - 162)
(Eupàtore: nascita da padre nobile), la pressione
dell’ellenismo imposto ad oltranza sull’identità ebraica. Iniziò così il
tempo della rivolta dei Maccabei, sostenuta da Dio “fedele
al sangue dell’Alleanza”. La
rivolta dei Maccabei portò alla liberazione dei difensori dell’Alleanza
“dal pozzo senz’acqua”,
inteso come simbolo di impossibilità di fuga. I pozzi senz’acqua
venivano usati per porvi i prigionieri. “Ritornate
alla cittadella,! Ve l’annuncio oggi stesso: vi ripagherò due volte”.
E’ l’invito a liberarsi dal giogo di Antioco Epifane, che aveva fatto
stermini in Giudea imponendo i costumi e la religione ellenica. La
cittadella è Sion, la città di Davide, recintata da Antioco Epifane con
un muro e torri, per impedire l’accesso al Santuario. “Prigionieri
della speranza”, perché resi
prigionieri a causa della loro speranza in Dio, di fronte alla
persecuzione di Antioco Epifane e del figlio. “Vi
ripagherò due volte”, cioè vi
ricompenserò con abbondanza per il male che vi è stato fatto. “Tendo
Giuda come mio arco, faccio di Èfraim la mia arma; ecciterò i tuoi
figli, Sion, contro i tuoi figli, Iavan, ti renderò come spada di un
eroe”. E’ la riscossa dei
Maccabei. “Èfraim”
indica la tribù principale stanziata nel passato regno del Nord il cui
territorio, che giungeva al Mediterraneo, venne riconquistato dagli
Asmonei. La tribù di Èfraim era ormai inesistente. “Sion”
diventerà come la spada di un eroe. “Allora
il Signore comparirà contro di loro, come fulmine guizzeranno le sue
frecce; il Signore darà fiato al corno e marcerà fra i turbini che
vengono dal mezzogiorno”. E’ il
profeta in prima persona che parla. Il Signore guiderà la lotta dei
Maccabei (Cf. 2Mac 11,8). “I
turbini che vengono dal mezzogiorno”
sono quelli del vento Australe, del Libeccio, lo Scirocco, che spirano
dal mezzogiorno, inteso in senso largo. Sono venti caldi e umidi
portatore di temporali, e di sabbia del deserto (libeccio e scirocco).
L’immagine rende la forza impetuosa dell’intervento divino. “Il
Signore degli eserciti li proteggerà: divoreranno e calpesteranno le
pietre della fionda, berranno il loro sangue come vino, ne saranno pieni
come bacini, come i corni dell’altare”.
Le pietre dei frombolieri daranno vigore, non morte, e serviranno di
selciato. Il sangue dei nemici alimenterà il loro vigore vedendone la
disfatta. Sarà una guerra santa dove il nemico sarà come un olocausto il
cui sangue veniva sparso sulla base dell’altare e sui corni dell’altare
“Il Signore, loro Dio, in quel
giorno li salverà, come gregge del suo popolo; come gemme di un diadema
brilleranno sulla sua terra”.
Saranno salvati dalle mani di Antioco Epifane e dal figlio, e saranno
gloriosi per la vittoria. “Che
ricchezza, che felicità! Il grano darà forza ai giovani e il vino nuovo
alle fanciulle”. Ci sarà pace e
benessere.
Il Signore si mostrerà fedele
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10
1 Chiedete al Signore la pioggia tardiva di primavera;
è il Signore che forma i nembi,
egli riversa pioggia abbondante,
dona all’uomo il pane,
a ognuno l’erba dei campi.
2 Poiché i terafìm dicono menzogne,
gli indovini vedono il falso,
raccontano sogni fallaci,
danno vane consolazioni:
perciò vagano come un gregge,
sono oppressi, perché senza pastore. |
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Questo brano profetico va collocato al tempo del sommo sacerdote Giasone, successore del fratello di Onia III sommo sacerdote (2Mac 3,1; 4,4; 15,12) (180? - 174), che appare come un pastore da lodare, ma non così Giasone.
Onia III guardava con sospetto la dinastia dei Seleucidi, per cui il tentativo di Eliodoro (2Mac 3,7s) di saccheggiare il tempio di Gerusalemme a nome del re Seleuco IV per indebolire Onia III.
Alla morte di Seleuco IV salì sul trono il fratello, Antioco Epifane. Giasone simpatizzava per i Seleucidi e ricorse a Antioco Epifane, promettendogli una forte somma in talenti d’argento, per ottenere (174) il sommo pontificato al posto del fratello (2Mac 4,7). Giasone, cominciò subito a introdurre lo stile di vita greco, creando disorientamento nel gregge, seguirà il sommo sacerdote Menelao, subentrato al fratello Giasone, con offerta di grandi ricchezze a Antioco Epifane. Poi il re Siriano con violenza brutale lo imporrà (167 -164). E’ il primo esempio di persecuzione di massa della storia.
“Chiedete al Signore la
pioggia tardiva di primavera; è il Signore che forma i nembi”.
Il Signore invita il popolo a rivolgersi a lui per ottenere la pioggia,
lasciando i “terafim”
e i falsi profeti, che disorientavano il popolo opprimendolo con
menzogne. Il “pastore”,
che è assente pur presente, è Giasone. I “terafim”
erano dei piccoli oggetti idolatrici, rapportati a divinità pagane, che
venivano usati per la divinazione.
Il Signore renderà vittorioso il suo popolo contro i nemici
|
3 Contro i pastori divampa il mio sdegno e contro i montoni dirigo lo sguardo,
poiché il Signore degli eserciti visiterà il suo gregge e ne farà come un cavallo splendido in battaglia.
4 Da lui uscirà la pietra d’angolo, da lui il piolo,
da lui l’arco di guerra, da lui tutti quanti i condottieri.
5 Saranno come prodi che calpestano
il fango delle strade in battaglia. Combatteranno, perché il Signore è con loro,
e rimarranno confusi coloro che cavalcano i destrieri.
6 Io rafforzerò la casa di Giuda
e renderò vittoriosa la casa di Giuseppe: li ricondurrò, poiché ne ho avuto pietà;
saranno come se non li avessi mai ripudiati, poiché io sono il Signore, loro Dio,
e li esaudirò. 7 Saranno come un eroe quelli di Èfraim,
gioirà il loro cuore come inebriato dal vino, i loro figli vedranno e gioiranno
e il loro cuore esulterà nel Signore. |
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“Contro i pastori divampa il
mio sdegno e contro i montoni dirigo lo sguardo”.
“I pastori”, sono il sommo sacerdote Giasone, che rimase sommo sacerdote
per tre anni, spodestato, per mezzo di Antioco Epifane, da Menelao che
ottenne il sommo sacerdozio (2Mac 4,23s) Menelao fu ancora peggiore di
Giasone (2Mac 5,15). “I montoni”
sono i comandanti delle spedizioni militari di Antioco Epifane, e del
figlio. Sono detti montoni per la loro forza bellica. Più precisamente
nell’Asia c’era il culto a Zeus Montone (Ammone), per un sincretismo con
il dio egizio Amon, che aveva per segno caratterizzante il montone.
Alessandro il Macedone, durante l’occupazione dell’Egitto, si recò
all’oasi di Siwa nel deserto libico, dove c’era il tempio dell’oracolo
di Zeus Ammone, molto noto anche in Grecia. Il condottiero Macedone lo
interpellò e uscì dal tempio con il pensiero di essere il figlio di Zeus
Ammone. Alessandro il Macedone venne così raffigurato con le corna
ricurve di montone. L’immagine delle corna di montone divenne usuale
nelle raffigurazioni tra i generali di Alessandro il Macedone, e si
protrasse in seguito esaurendosi con il dominio di Roma. “Poiché
il Signore degli eserciti visiterà il suo gregge e ne farà come un
cavallo splendido in battaglia”.
La parola è data in prima persona dal profeta. L’impresa dei Maccabei ha
inizio per intervento di Dio, che farà del suo gregge, attaccato dai “montoni”,
un “cavallo splendido in battaglia”
(Cf. 2Mac 11,8). Parla ora in prima persona il profeta, ma il discorso è
concatenato. La parola pronunciata dal profeta in prima persona dice che
sta presentando in sintesi la sua assimilazione della parola rivoltagli
da Dio. “Da lui uscirà la
pietra d’angolo, da lui il piolo, da lui l’arco di guerra, da lui tutti
quanti i condottieri”. Il gregge
visitato dal Signore darà lui stesso i suoi capi. Rappresentati come “pietra
d’angolo” e “piolo”. Dal gregge
la forza nella battaglia “l’arco
di guerra”, da lui i “condottieri”
degli schieramenti militari. “Saranno
come prodi che calpestano il fango delle strade in battaglia”.
Si spostavano veloci nel fango delle strade in battaglia (gli
spostamenti strategici in battaglia), perché non pesantemente
armati. La cavalleria del nemico, invece, su percorsi fangosi non
riusciva a sviluppare la velocità e la compattezza di una carica, ed era
perciò vulnerabile dagli arcieri a terra. Il terreno fangoso era di
vantaggio al contingente dei Maccabei. “Combatteranno,
perché il Signore è con loro, e rimarranno confusi coloro che cavalcano
i destrieri”. Il contingente dei
Maccabei non aveva la cavalleria. “Io
rafforzerò la casa di Giuda e renderò vittoriosa la casa di Giuseppe: li
ricondurrò, poiché ne ho avuto pietà; saranno come se non li avessi mai
ripudiati, poiché io sono il Signore, loro Dio, e li esaudirò”.
Di nuovo in prima persona parla Dio. Di fronte alla persecuzione feroce
di Antioco Epifane e del figlio, molti erano fuggiti nei territori
vicini, nelle montagne, nelle grotte, ovunque ci si potesse sottrarre al
raggio di azione del persecutore, non escludendo di riparare presso
parenti che non erano ritornati in Giudea. I Giudei non rientrati in
patria mandavano la decima al Tempio di Gerusalemme, avendo con esso un
legame profondo. Tutti sapevano delle profanazioni del luogo sacro di
Dio. Quando la persecuzione di Antioco Epifane cessò con la sua
morte (164), come pure con quella del figlio Eupàtore (162), gli esuli
ritornarono, anche parte di quelli delle deportazioni Assire e
Babilonesi, che non erano ritornata in patria (Cf, Mac 1,27). “Saranno
come un eroe quelli di Èfraim, gioirà il loro cuore come inebriato dal
vino, i loro figli vedranno e gioiranno e il loro cuore esulterà nel
Signore”. Parla il profeta. La
prospettiva di gioia è talmente forte da ravvisarvi i tempi messianici.
Il ritorno dei riscattati dal Signore
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8
Con un fischio li chiamerò a raccolta, quando li avrò riscattati,
e saranno numerosi come prima. 9 Dopo che li avrò dispersi fra i popoli,
nelle regioni remote si ricorderanno di me, vi alleveranno figli e torneranno.
10 Li farò ritornare dalla terra d’Egitto, li raccoglierò dall’Assiria,
per ricondurli nella terra di Gàlaad e del Libano, e non basterà per loro lo spazio.
11 Attraverseranno il mare d’Egitto, percuoteranno le onde del mare,
saranno inariditi i gorghi del Nilo. Sarà abbattuto l’orgoglio dell'Assiria
e rimosso lo scettro d’Egitto. 12 Li renderò forti nel Signore
e cammineranno nel suo nome”. Oracolo del Signore.
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“Con un fischio li chiamerò a
raccolta, quando li avrò riscattati, e saranno numerosi come prima”.
Come un pastore chiama a sé le pecore con un fischio, così farà il
Signore con la notizia che la terra di Giuda è stata liberata dalla
persecuzione, e anzi ha raggiunto l’autonomia politica con la dinastia
degli Asmonei il cui capostipite fu Simone Maccabeo. I Maccabei erano di
stirpe sacerdotale, cioè Leviti, e potevano, perciò, accedere al sommo
sacerdozio. A questo ufficio assommarono anche l’ufficio di re, ma ciò
non fu accettato da tutti, perché non secondo la discendenza di Davide.
Ciò darà inizio alla corrente dei farisei. Si formò anche la
corrente dei Sadducei, che sostenevano gli Asmonei, per poi passare,
dopo la caduta della dinastia, con la conquista del Regno di Giuda di
Gneo Pompeo Magno (63), all’attesa del discendente di Davide. Degli
Asmonei, sia i farisei, che i sadducei, approvarono le iniziative
armate, così da trasferirle, in maniera del tutto erronea, nell’azione
dell’atteso re (9,8). “Dopo
che li avrò dispersi fra i popoli, nelle regioni remote si ricorderanno
di me, vi alleveranno figli e torneranno”.
La persecuzione feroce di Antioco IV fu vissuta da molti con l’eroicità
del martirio (2Mac 6,18; 7,1), altri alla guida di Giuda Maccabeo
(Maccabeo vuol dire martellatore) si organizzarono in bande armate (2Mac
8,6). Fin dall’inizio molti cercarono scampo nei territori montuosi,
vivendo in caverne, altri dovettero fuggire più lontano fuori dal raggio
del persecutore. “Li farò
ritornare dalla terra d’Egitto, li raccoglierò dall’Assiria, per
ricondurli nella terra di Gàlaad e del Libano, e non basterà per loro lo
spazio”. E’ il ritorno di gran
parte dei deportati non rientrati nella Palestina. Ora nella Palestina
c’è il Regno di Giuda con indipendenza politica e conquista di territori
perduti. La “terra di Gàlaad”,
fu il primo territorio conquistato con l’ingresso nella Terra Promessa,
e il Libano fu il confine settentrionale della Palestina (Dt 11,24).
“Attraverseranno il mare d’Egitto,
percuoteranno le onde del mare, saranno inariditi i gorghi del Nilo.
Sarà abbattuto l’orgoglio dell'Assiria e rimosso lo scettro d’Egitto”.
Il ritorno avrà le caratteristiche dell’Esodo di liberazione
dall’Egitto, anche se dai territori dell’ex impero Assiro: “Attraverseranno
il mare d’Egitto…”. L’Assiria
viene nominata perché il suo impero fece da base a quelli successivi. Ci
fu una traslatio imperi: I Babilonesi e i Medi subentrarono
agli Assiri; ai Babilonesi subentrarono i Persiani, poi fu la volta
dell’impero di Alessandro il Macedone. L’Egitto fece parte con diversi
gradi di libertà di questi imperi. L’ultimo assetto dell’Egitto fu
quello dei Tolomei, conclusosi con la morte di Cleopatra (70/69 - 30).
Poi ci sarà la conquista romana. “Li
renderò forti nel Signore e cammineranno nel suo nome. Oracolo del
Signore”. Diventeranno “forti
nel Signore” per la nuova ed
eterna alleanza (Ger 31,31; 33,1s; Ez 34,25; 37, 26)
La distruzione di Tiro
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11
1 Apri, Libano, le tue porte,
e il fuoco divori i tuoi cedri.
2 Urla, cipresso, perché il cedro è caduto,
gli splendidi alberi sono distrutti. Urlate, querce di Basan,
erché la foresta impenetrabile è abbattuta!
3 Si ode il lamento dei pastori,
perché la loro gloria è distrutta! Si ode il ruggito dei leoncelli,
perché è devastata la magnificenza del Giordano! |
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“Apri, Libano, le tue porte, e il fuoco divori i tuoi cedri”. Il testo è di difficile interpretazione. San Gerolamo e Eusebio di Cesarea attribuiscono il passo alla distruzione del tempio da parte dei Romani, ma non calza bene con il testo. Altri, moderni, vi vedono la distruzione dei potenti della terra simboleggiati dagli alberi, costituenti un intreccio impenetrabile al bene. Le porte di questa impenetrabilità vengono aperte per comando di Dio, per fare entrare il fuoco della distruzione e dell’autodistruzione. Nessun potere è tanto invincibile da non essere abbattuto da Dio. Questa interpretazione si basa sulla simbologia degli alberi come dei potenti nemici di Israele, ma è ancora difficile farla calzare con il testo: i pastori dovrebbero essere felici e non nel lamento; i leoncelli non dovrebbero ruggire affamati, perché hanno vinto. Il Libano avrebbe fornito, seppur simbolicamente, la sua sovrana bellezza, per una orrenda strage dei potenti.
La personale scelta è quella di vedere nel brano la caduta di Tiro, quale tipo della disfatta di un potere umanamente imprendibile.
Le porte del Libano sono così intese come le inattaccabili porte della città, che al comando di Dio non resistono all’azione dell’esercito Macedone; e aperte, segnano il via alla distruzione della città. La caduta di Tiro (332) è annunciata in (9,4).
Tiro era una città fortificata costruita su un isolotto distante dalla riva 1 km. Alessandro il Macedone, dopo la battaglia di Isso (333), volle conquistare l’Egitto.
Tiro può benissimo essere chiamato “Libano”, ancor più del palazzo di Salomone (1Re 7,2) chiamato “Foresta del Libano”, perché l’industria del legno ricavato dal Libano era in mano a Tiro, e Sidone ne era subalterna. La città aveva nei suoi fabbricati abbondanza di legni del Libano.
Le numerose navi commerciali e militari di Tiro erano fatte (Ez 27,5)
nelle fiancate con legno dei cipressi di Senir, con il legno dei cedri gli alberi maestri, con il legno delle querce di Basan i remi.
Tiro era una “foresta impenetrabile”, impensabile da conquistare, eppure il comandante Macedone, dopo sette mesi di durissimo assedio, la annientò.
“Urla, cipresso, perché il cedro è caduto (…). Urlate querce di Basan”. Gli alberi rappresentano tutta la gerarchia dei potenti di Tiro (Cf. Is 10,33; Ez 31,1s).
“Si ode il lamento dei pastori, perché la loro gloria è distrutta!”. I Fenici erano originariamente dei pastori e tali venivano chiamati; poi svilupparono l’attività commerciale, e Tiro ne era la massima espressione. Ora la gloria dei pastori è distrutta.
“Si ode il ruggito dei leoncelli, perché è devastata la magnificenza del Giordano!”. Giuda non aveva in quel tempo uno sbocco sul mare e perciò il suoi prodotti erano inviati a Tiro, che provvedeva a commerciarli lontano con le navi, e da Tiro giungevano prodotti in Giudea. Caduta Tiro, i “leoncelli”, cioè i commercianti della Giudea con Tiro e viceversa, ruggiscono perché con la distruzione di Tiro “è devastata la magnificenza del Giordano”, cioè la sua prosperità economica.
I due pastori
Con Giosia (640 - 609) si erano fatte azioni belliche per sottrarre i territori alla dominazione assira stabilitasi (722/21). Insieme a queste azioni Giosia aveva attuato una riforma religiosa su quei territori. Sotto di lui c’era una possibilità di riunione tra Giuda e Israele
Questa possibilità esisteva ancora 22/23 anni, tra gli ebrei non deportati, sia in Giudea che in Samaria (587/586),.
Questa possibilità non può essere collocata dopo il ritorno dall’esilio dove la posizione ostile dei Samaritani appare chiaramente definita (Esd 4,1s).
Il fatto che Matteo (27,9) citando (Zac 11,12-13) attribuisca il passo a Geremia (650 - dopo il 586 in Egitto), dice che al suo tempo c’era chi attribuiva al tempo di Geremia il brano dei due pastori, non vedendo una collocazione del brano nel post esilio.
4 Così parla il Signore, mio Dio: "Pascola quelle pecore da macello
5 che i compratori sgozzano impunemente e di cui i venditori dicono: ‹Sia benedetto il Signore, mi sono arricchito›, e i loro pastori non ne hanno pietà.
6 Neppure io perdonerò agli abitanti del paese. Oracolo del Signore. Ecco, io abbandonerò gli uomini ognuno in balìa del suo vicino e del suo re, perché devastino il paese, e non mi curerò di liberarli dalle loro mani".
Gli attori sono cinque. Il primo è il profeta, il secondo sono le “pecore da macello”, il terzo i “venditori”, il quarto i “compratori” che sgozzano, il quinto i “pastori” senza pietà.
Tra gli attori c’è questa conseguenzialità: I pastori lasciano che i venditori prendano le pecore dal loro gregge, poiché di esse non se ne curano, i venditori poi le passano ai compratori. Chiaro che il testo non parla di un’operazione di
mercato, ma fa uso dell’immagine per descrivere drammaticamente una situazione di violenza.
Caduta la monarchia davidica in Giudea, come quella di Geroboamo in Samaria, c’era il problema di un assetto nuovo del governo. In questa ricerca di assetto ci sono pastori politicizzati che vogliono essere a capo del nuovo assetto, e in tal modo sono alleati con i “venditori”, che sono il gruppo laico che aspira al potere, o addirittura i pastori iniqui dei quali tre (11,8) - numero simbolico - coincidono con loro, in gara con loro per il potere. Sono “venditori” perché in cambio di potere, indirizzano le pecore in imprese armate, che si concludono in disfatte, con prigionieri avviati alla schiavitù: “I commercianti che sgozzano impunemente”. Per i venditori c’è il cinico compenso di usurpare le ricchezze lasciate dalle pecore macellate (Cf. Gdc 9,1s; 1Sam 8,14).
Tra gli ebrei non deportati si trova il profeta Geremia (Ger 40,1s; 42,1s; 43,1s; 44,1s).
Con ciò si arriva a una ambientazione che verosimilmente coincide con il brano dei
due pastori, e la si può percorrere.
La ricerca del potere inizia con il travolgere l’assetto dato dai Babilonesi con Godolia, uccidendolo (2Re 25,25; Ger 41,2) e fomentando abilmente la paura per i Babilonesi (Caldei), che in tal modo vanno osteggiati e combattuti, mentre si erano dimostrati disponibili.
Il profeta riceve da Dio il compito di pascolare “quelle pecore da macello”, nelle quali sono comprese sia quelle della Giudea che quelle della Samaria. Il profeta agisce per conto dei “mercanti di pecore” (11,7), cioè i “venditori”, che sembrano essere a suo favore, ma in realtà lo lasciano fare disprezzandolo come una persona inutile, dandogli come compenso la misera somma di “trenta sicli d’argento” (11,12).
Non solo i “pastori” politicizzati e i “venditori”, ma anche “gli abitanti del paese”, non accolgono il profeta, che si trova dentro un cerchio di avversari.
Dio, visto il rifiuto, abbandona “gli uomini” in balia dei loro vicini, e dei loro re: Quelli che rimangono fedeli ai Babilonesi, quelli che occhieggiano agli Ammoniti, ai Moabiti e agli Edomini (Ger 40,11), ai sacerdoti politicizzati, entrano in lotta tra di loro devastando il paese.
Nabucodonosor non si mostra indifferente all’uccisione di Godolia, tanto che il popolo vuole fuggire in Egitto e lo fa, ma là sarà massacrato da Nabucodonosor, che conquisterà l’Egitto, con la conseguenza di prigionieri ebrei, che di regola finivano come schiavi in mano ai “commercianti”.
In Giudea, in un paese devastato, tornerà un resto del resto risparmiato dai Babilonesi in Egitto.
7 Io dunque mi misi a pascolare le pecore da macello per conto dei mercanti di pecore. Presi due bastoni: uno lo chiamai Benevolenza e l’altro Unione, e condussi al pascolo le pecore.
8 Nel volgere di un solo mese eliminai tre pastori. Ma io mi irritai contro di esse, perché anch’esse mi detestavano.
9 Perciò io dissi: "Non sarò più il vostro pastore. Chi vuole morire muoia, chi vuole perire perisca, quelle che rimangono si divorino pure fra loro!".
10 Presi il bastone chiamato Benevolenza e lo spezzai: ruppi così l’alleanza da me stabilita con tutti i popoli.
11 Lo ruppi in quel medesimo giorno; i mercanti di pecore che mi osservavano, riconobbero che quello era l’ordine del Signore.
12 Poi dissi loro: "Se vi pare giusto, datemi la mia paga; se no, lasciate stare". Essi allora pesarono trenta sicli d’argento come mia paga.
13 Ma il Signore mi disse: "Porta al fonditore questa grandiosa somma, con cui sono stato da loro valutato!". Io presi i trenta sicli d’argento e li portai al fonditore della casa del Signore.
14 Poi feci a pezzi il secondo bastone chiamato Unione, per rompere così la fratellanza fra Giuda e Israele.
15 Quindi il Signore mi disse: "Prendi
ancora gli attrezzi di un pastore insensato,
16 poiché ecco, io susciterò nel paese un pastore che non avrà cura di quelle che si perdono, non cercherà le giovani, non curerà le malate, non nutrirà quelle ancora sane; mangerà invece le carni delle più grasse e strapperà loro persino le unghie.
“Io dunque mi misi a pascolare le pecore da macello per conto dei mercanti di pecore”. Alla presentazione sintetica dell’azione del profeta tra il popolo, segue la sua dettagliata descrizione.
Per conto del “mercanti di pecore”, che hanno un intreccio di intese con i pastori politicizzati, il profeta si mette a lavorare. Il profeta pensa di recuperare i mercanti di pecore, isolando i pastori iniqui, e recuperando quelli inadempienti. Il tempio è distrutto ma resta il santuario di Mizpa (Gn 31,49; Gdc 20,1; 1Sam 7,5; 10,17s; Ger 40,8s; Os 5,1), che fa da centro spirituale.
“Presi due bastoni: uno lo chiamai Benevolenza e l’altro Unione, e condussi al pascolo le pecore”. I due bastoni sono presi come simboli. Nominati Benevolenza e Unione stanno uniti in mano al profeta, come un solo bastone, mentre conduce le pecore al pascolo della parola della Legge. E’ un gesto simbolico che troviamo in diversi profeti ed è ben presente in Geremia (13,1s; 16,2s; 43,8s ;51,59).
“Nel volgere di un solo mese eliminai tre pastori”. L’azione del profeta è forte. “Tre” non indica un numero specifico, lo stesso per “un mese”, solo un’azione incisiva permessa dai “mercanti di pecore” interessati precisamente a mettere fuori gioco i pastori politicizzati, aspiranti al governo politico.
“Ma io mi irritai contro di esse, perché anch’esse mi detestavano. Perciò io dissi: «Non sarò più il vostro pastore”. Le pecore reagiscono al tentativo del profeta di dare credito ai Babilonesi (Ger 42,11; 43,2). Il profeta così non procede più nella sua azione
“Chi vuole morire muoia, chi vuole perire perisca, quelle che rimangono si divorino pure fra loro!”. E’ la devastazione delle pecore, guidate dai loro “venditori”. E’ una lotta seguendo le ambizioni tra i venditori, evidentemente diversificati nelle opinioni. Non si hanno più fronti diversificati, ma uno contro tutti e tutti contro uno. “Presi il bastone chiamato Benevolenza e lo spezzai: ruppi così l’alleanza da me stabilita con tutti i popoli”. Il profeta agisce in nome di Dio e spezza il bastone chiamato “Benevolenza”. L’alleanza che Dio aveva fatto con i popoli per proteggere Israele, viene distrutta: Incominciano le vessazioni dei popoli vicini, come pure dei Babilonesi.
“Lo ruppi in quel medesimo giorno; i mercanti di pecore che mi osservavano, riconobbero che quello era l’ordine del Signore”.
L’”ordine del Signore”
viene riconosciuto dai “mercanti di pecore”, perché dà il via alle loro ambizioni, senza alcun freno. Nella loro distorsione pensarono che l’ordine fosse a loro vantaggio, mentre era a svantaggio di tutti.
“Poi dissi loro: ‹Se vi pare giusto, datemi la mia paga; se no, lasciate stare›. Essi allora pesarono trenta sicli d’argento come mia paga". Il lavoro del profeta doveva essere riconosciuto come intervento di Dio, e perciò doveva essere molto apprezzato, invece “trenta sicli d’argento”, la misera somma data in ammenda per l’uccisione incidentale di uno schiavo ((Es 21,32).
“Ma il Signore mi disse: ‹Porta al fonditore questa grandiosa somma, con cui sono stato da loro valutato!›. Io presi i trenta sicli d’argento e li portai al fonditore della casa del Signore”. La misera somma, ironicamente “grandiosa somma” in fondo è stata data a Dio, perché il profeta lo rappresentava. La somma in argento il profeta non la vuole tenere nelle mani, vuole che le monete d’argento siano fuse e il metallo portato al santuario di Mizpa.
“Poi feci a pezzi il secondo bastone chiamato Unione, per rompere così la fratellanza fra Giuda e Israele”. La fratellanza tra Giuda e Israele per la quale aveva operato il re Giosia (2Re 33,15s) tramonta definitivamente. Samaria sempre più diventerà sincretista e si legherà con matrimoni alle donne straniere dei popoli importati dagli Assiri.
“Quindi il Signore mi disse: ‹Prendi ancora gli attrezzi di un pastore insensato poiché ecco, io susciterò nel paese un pastore che non avrà cura di quelle che si perdono, non cercherà le giovani, non curerà le malate, non nutrirà quelle ancora sane; mangerà invece le carni delle più grasse e strapperà loro persino le unghie› ”. Gli attrezzi di un pastore insensato sono un bastone, una corda e un coltello. Per lui il gregge non ha continuità di generazione, ma viene finito dalle sue mani›. Dio “susciterà un pastore” iniquo, perché il popolo arriverà al punto di accoglierlo. Sarà tuttavia la rovina per tutto il gregge, perché lo devasterà fino togliere alle pecore le unghie per sfruttarle, senza il minimo ritegno.
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17 Guai al pastore stolto che abbandona il gregge!
Una spada colpisca il suo braccio e il suo occhio destro.
Tutto il suo braccio si inaridisca e tutto il suo occhio destro resti accecato». |
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“Guai al pastore stolto che abbandona il gregge!”. Un sommo sacerdote stolto, dedito alla mondanità, crea un danno immenso al gregge, e merita la punizione divina.
“Una spada colpisca il suo braccio e il suo occhio destro. Tutto il suo braccio si inaridisca e tutto il suo occhio destro resti accecato”. Contro il “pastore o idolo” (v.17), come si legge nella Volgata, ci sarà una giustizia tremenda. La spada che lo colpirà sarà la parola di Dio, che lo renderà incapace sia di comandare, sia di vedere. Si può dire che non sarà un “re” (11,6), ma un “pastore”, che si farà “idolo”. Si sono cercati nomi tra gli imperatori romani, quali Catilina, Tiberio Claudio, Nerone, ma essi non erano pastori del gregge eletto da Dio. L’iniquo “pastore idolo” risulta una predizione reale che può accadere. Si è realizzata con i sommi sacerdoti Giasone e Menelao, al tempo di Antioco Epifane.
Gli elementi del “pastore
idolo” saranno l’accentramento a
sé e il politicismo. Sarà il vertice dell’empietà dei “tre
pastori”, eliminati in un mese,
altro non si può dire.
Libretto del futuro glorioso di Gerusalemme e di Giuda
12
1 Oracolo. Parola del Signore su Israele. Oracolo del Signore che ha dispiegato i cieli e fondato la terra, che ha formato il soffio vitale nell’intimo dell’uomo:
2 "Ecco, io farò di Gerusalemme come una coppa che dà le vertigini a tutti i popoli vicini, e anche Giuda sarà in angoscia nell’assedio contro Gerusalemme.
3 In quel giorno io farò di Gerusalemme come una pietra pesante per tutti i popoli: quanti vorranno sollevarla ne resteranno graffiati; contro di essa si raduneranno tutte le nazioni della terra.
4 In quel giorno - oracolo del Signore
- colpirò tutti i cavalli di terrore, e i loro cavalieri di pazzia; mentre sulla casa di Giuda terrò aperti i miei occhi, colpirò di cecità tutti i cavalli dei popoli.
5 Allora i capi di Giuda penseranno: ‹La forza dei cittadini di Gerusalemme sta nel Signore degli eserciti, loro Dio›.
6 In quel giorno farò dei capi di Giuda come un braciere acceso in mezzo a una catasta di legna e come una torcia ardente fra i covoni; essi divoreranno a destra e a sinistra tutti i popoli vicini. Solo Gerusalemme resterà al suo posto.
7 Il Signore salverà in primo luogo le tende di Giuda, perché la gloria della casa di Davide e la gloria degli abitanti di Gerusalemme non cresca più di quella di Giuda.
8 In quel giorno il Signore farà da scudo agli abitanti di Gerusalemme e chi tra loro vacilla diverrà come Davide e la casa di Davide come Dio, come l’angelo del Signore davanti a loro.
9 In quel giorno io mi impegnerò a distruggere tutte le nazioni che verranno contro Gerusalemme.
10 Riverserò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione: guarderanno a me, colui che hanno trafitto. Ne faranno il lutto come si fa il lutto per un figlio unico, lo piangeranno come si piange il primogenito.
11 In quel giorno grande sarà il lamento a Gerusalemme, simile al lamento di Adad-Rimmon nella pianura di Meghiddo.
12 Farà lutto il paese, famiglia per famiglia:
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la famiglia della casa di Davide a parte
e le loro donne a parte; la famiglia della casa di Natan a parte
e le loro donne a parte; 13 la famiglia della casa di Levi a parte
e le loro donne a parte; la famiglia della casa di Simei a parte
e le loro donne a parte; 14 tutte le altre famiglie a parte
e le loro donne a parte. |
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“Oracolo del Signore che ha dispiegato i cieli e fondato la terra, che ha formato il soffio vitale nell’intimo dell’uomo”. Indubbiamente tutto il cap. 12 è di difficile interpretazione. Esso procede per piccole composizioni, ma che certamente hanno un filo conduttore: quello della centralità di Gerusalemme nel disegno di Dio per l’uomo.
Lo sfondo universale è subito posto all’inizio del capitolo: Dio, creatore dell’uomo agisce nella storia mettendo al centro Gerusalemme.
“Ecco, io farò di Gerusalemme come una coppa che dà le vertigini a tutti i popoli vicini, e anche Giuda sarà in angoscia nell’assedio contro Gerusalemme”. Gerusalemme assediata dai nemici, appare capace di confonderli.
“Una coppa che dà le vertigini”. Giuda, cioè gli abitanti della Giudea, sarà in angoscia per la pressione a Gerusalemme, dovuta alla persecuzione di Antioco Epifane, assecondata dai sommi Sacerdoti Giasone e poi Menelao. La persecuzione poi assalì con le armi Gerusalemme (2Mac 5,11s.24), e la presidiò. Ma cominciò una sorprendente reazione armata (2Mac 5,27), che crescerà fino a far bere agli assalitori una coppa che li paralizzerà. Il linguaggio fa intendere l’inaspettata azione di Giuda Maccabeo, della tribù di Levi. L’immagine della coppa con vino drogato che abbatte, è già nota (Ger 25,15s; Ez 23,31; Is 51,17s; Ps 75/74,9).
“In quel giorno io farò di Gerusalemme come una pietra pesante per tutti i popoli: quanti vorranno sollevarla ne resteranno graffiati; contro di essa si raduneranno tutte le nazioni della terra”. “In quel giorno”, è tempo, momento deciso da Dio, ignoto all’uomo, ma certo.
Altra immagine è quella della pietra pesante, non stimata tale da quelli che la vorranno spostare. Chi cercherà di farlo vedrà che è inamovibile e le sue mani si feriranno. Qui non si hanno solo i popoli vicini, ma masse armate da lontano. “Tutte le nazioni della terra”, poiché la persecuzione si estenderà alle comunità giudaiche non ritornate dall’esilio, ma collegate al tempio di Gerusalemme (2Mac 6,8).
“In quel giorno - oracolo del Signore - colpirò tutti i cavalli di terrore, e i loro cavalieri di pazzia; mentre sulla casa di Giuda terrò aperti i miei occhi, colpirò di cecità tutti i cavalli dei popoli”. L’attacco dei popoli si tramuterà in disastro, per la reazione dei Maccabei. I cavalli non vorranno procedere all’attacco, resi incapaci di vedere. I cavalieri saranno presi da pazzia. Sulla casa di Giuda, cioè la stirpe giudaica, Dio invece vigilerà. Gli eserciti con cavalleria non potranno nulla contro gli imprevedibili fanti dei Maccabei.
“Allora i capi di Giuda penseranno: ‹La forza dei cittadini di Gerusalemme sta nel Signore degli eserciti, loro Dio›”.
I capi di Giuda, sono i Maccabei, promotori della rivolta per la difesa
della tradizioni dei padri e porranno tutta la loro fiducia nel “Signore
degli eserciti”, che vigore di
resistenza alla persecuzione ai “cittadini di Gerusalemme”, cittadini singolari per la presenza del tempio, molti dei quali pronti all’eroicità fino al martirio.
“In quel giorno farò dei capi di Giuda come un braciere acceso in mezzo a una catasta di legna e come una torcia ardente fra i covoni; essi divoreranno a destra e a sinistra tutti i popoli vicini. Solo Gerusalemme resterà al suo posto”. I capi di Giuda, cioè la dinastia dei Maccabei (Asmonei), che Leviti non avrebbero potuto assumere ruoli civili, si voteranno alla conquista dei territori dell’ex regno del Nord (Samaria), e si spingeranno fino all’Idumea sottomettendola. Gerusalemme resterà al suo posto centrale, gli Asmonei non metteranno in dubbio l’esistenza della discendenza di Davide.
“Il Signore salverà in primo luogo le tende di Giuda, perché la gloria della casa di Davide e la gloria degli abitanti di Gerusalemme non cresca più di quella di Giuda”. “Le tende di Giuda”, rappresentano il popolo Giudaico, distinto rispetto alla “casa di Davide”, cioè i discendenti di Davide [I discendenti di Davide venivano accuratamente registrati. Roma se ne avvalse per il censimento segnalato da Luca (2,1s)], e agli abitanti di Gerusalemme, sede del tempio. La salvezza partirà dalle “tende di Giuda” con i Maccabei, perché non ci sia disuguaglianza di gloria nel popolo di Dio, tutto perseguitato.
“In quel giorno il Signore farà da scudo agli abitanti di Gerusalemme e chi tra loro vacilla diverrà come Davide e la casa di Davide come Dio, come l’angelo del Signore davanti a loro”. “Come Davide”, coraggioso di fronte a Golia, di fronte ai leoni. “La casa di Davide”, non sarà soppiantata dalla dinastia degli Asmonei e sarà come Dio, cioè dimora di Dio (2Sam 7,11), poiché da essa procederà il re atteso (9,9), che guiderà il popolo alla libertà dal peccato, come “l’angelo del Signore” alla libertà dalla schiavitù in Egitto (Es 3,2; 23,23; 32,34).
“In quel giorno io mi impegnerò a distruggere tutte le nazioni che verranno contro Gerusalemme”. Le nazioni che vorranno combattere Gerusalemme saranno sconfitte, perché Dio si è fatto suo “scudo”. “Riverserò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione”. Dalla “casa di Davide” uscirà il Messia, che nel tempio di Gerusalemme dirà parole superiori a quelle di Mosè (Dt 18,15).
“Lo spirito di grazia e di consolazione”, è la pace e la gioia portata dal Messia.
“Guarderanno a me, colui che hanno trafitto. Ne faranno il lutto come si fa il lutto per un figlio unico, lo piangeranno come si piange il primogenito”. Il “servo di Jahweh” (Is 53,1s), sarà Dio: “Guarderanno a me”. Il “servo di Jahweh” dovrà patire e essere messo a morte; di lui si farà grande lutto di pentimento, poiché
“lo hanno trafitto” (Cf. Ps 22/21,17).
“In quel giorno grande sarà il lamento a Gerusalemme, simile al lamento di Adad-Rimmon nella pianura di Meghiddo. Farà lutto il paese, famiglia per famiglia”. A Meghiddo, che la tradizione pone vicino a Adad-Rimmon, venne colpito a morte, dall’esercito del faraone Necao, il re Giosia (2Re 23,29). Il lamento per la morte di Giosia venne composto da Geremia, e diventò una tradizione (2Cr 35,25), ma il lamento redatto da Geremia non lo si conserva. Giosia secondo (2Re 23,29s) morì a Megiddo; secondo (2Cr 35,20s), ferito a morte venne portato a Gerusalemme dove morì. Le due notizie si compongono se si pensa che durante il viaggio Giosia morì.
Gli esegeti moderni vogliono pensare alle lamentazioni rituali per il dio Adad (divinita aramaica della tempesta, identificabile con il dio Rimmon, dio della vegetazione, il dio di Damasco (Cf. 2Re 5,18). L’archeologia ha infatti ritrovato che Hadad-idri ha anche la versione Raman-idri. Poi, Adad-Rimmon è identificabile con il dio babilonese della vegetazione Tammuz. All’attenuarsi della temperatura e all’accorciarsi dei giorni si celebrava la morte del dio della vegetazione (La vegetazione entrava nel riposo invernale, che per gli antichi era una sospensione delle vita) con rituali lamenti di morte.
Tuttavia il lamento per “colui che hanno trafitto” si distanzia completamente dal mito di Adad-Rimmon. Ezechiele (8,14-15) con orrore vide le lamentazioni della morte di Tammuz introdotte nel tempio di Salomone, e non si vede proprio come Zaccaria prenda a modello un evento pagano.
La soluzione giusta è che a Adad-Rimmon, vicino a Megiddo, l’esercito pianse Giosia, che cadde subito sotto la mira degli arcieri del faraone Necao; poi la conseguente disfatta. Fu un evento di dolore che giunse all’apice, perché penitenziale: Il
Signore degli Eserciti non era uscito con le schiere di Israele a causa dei peccati del popolo, e il re Giosia ne era stata la prima vittima.
La sorgente salvifica
13
1 In quel giorno vi sarà per la casa di Davide e per gli abitanti di Gerusalemme una sorgente zampillante per lavare il peccato e l’impurità.
2 In quel giorno – oracolo del Signore degli eserciti – io estirperò dal paese i nomi degli idoli, né più saranno ricordati; anche i profeti e lo spirito di impurità farò sparire dal paese.
3 Se qualcuno oserà ancora fare il profeta, il padre e la madre che l’hanno generato, gli diranno: “Non devi vivere, perché proferisci menzogne nel nome del Signore!”, e il padre e la madre che l’hanno generato lo trafiggeranno perché fa il profeta.
4 In quel giorno ogni profeta si vergognerà della visione ricevuta facendo il profeta, e non indosserà più il mantello di pelo per raccontare bugie.
5 Ma ognuno dirà: “Non sono un profeta: sono un lavoratore della terra, ad essa mi sono dedicato fin dalla mia giovinezza”.
6 E se gli si dirà: “Perché quelle piaghe in mezzo alle tue mani?”, egli risponderà: “Queste le ho ricevute in casa dei miei amici”.
“In quel giorno vi sarà per la casa di Davide e per gli abitanti di Gerusalemme una sorgente zampillante per lavare il peccato e l’impurità”. Il tema dell’acqua che diffonde vita è molto noto (Est 10,3; Ps 36,10; 87,7; Is 58,11; 12,; 3Ger 2,13; Gl 4,18). La sorgente zampillante, che qui viene presentata, è dichiaratamente per lavare il peccato e l’impurità, ed è un dono. La casa di Davide avrà rinnovato vigore nel Messia, che da essa verrà. La città di Gerusalemme avrà un profondo rinnovamento. Si tratta di una
realtà sorgiva proveniente da Dio, che avrà questo fine: “Lavare il peccato e l’impurità”. La sorgente può identificarsi con l’azione dei Maccabei, che resisterà al paganesimo ellenista imposto da Antioco Epifane, e lo vincerà.
“In quel giorno - oracolo del Signore degli eserciti - io estirperò dal paese i nomi degli idoli, né più saranno ricordati; anche i profeti e lo spirito di impurità farò sparire dal paese”. La dinastia dei Maccabei, della tribù sacerdotale di Levi, produrrà nella Giudea l’estirpazione degli idoli, dei falsi profeti e delle licenziosità pagane.
“Se qualcuno oserà ancora fare il profeta, il padre e la madre che l’hanno generato, gli diranno: ‹Non devi vivere, perché proferisci menzogne nel nome del Signore!›,
e il padre e la madre che l’hanno generato lo trafiggeranno perché fa il
profeta”. I falsi profeti verranno uccisi anche dai genitori stessi. La legge prevedeva la pena di morte per i falsi profeti (Dt 13,6).
“In quel giorno ogni profeta si vergognerà della visione ricevuta facendo il profeta, e non indosserà più il mantello di pelo per raccontare bugie”. I falsi profeti per vaticinare si avvolgevano di un mantello per creare una situazione di isolamento, di oscurità, come gli antri degli oracoli pagani, dove le divinità (demoni) si facevano sentire (Is 45,19). Il mantello di Elia, passato a Eliseo, non era uno strumento per profetizzare, ma un indumento.
“Ma ognuno dirà: ‹Non sono un profeta: sono un lavoratore della terra, ad essa mi sono dedicato fin dalla mia giovinezza›”. I fasi profeti si ingegneranno a negare il loro passato. “E se gli si dirà: ‹Perché quelle piaghe in mezzo alle tue mani?‹, egli risponderà: ›Queste le ho ricevute in casa dei miei amici›””. Le incisioni sul corpo erano tipiche dei culti idolatrici (Cf. 1Re 18,28). Anche di fronte all’evidenza del suo passato, il falso profeta negherà di esserlo stato. Il vero profeta non rinnega la sua identità di fronte al pericolo.
Il pastore del Signore
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7 Insorgi, spada, contro il mio pastore,
contro colui che è mio compagno. Oracolo del Signore degli eserciti.
Percuoti il pastore e sia disperso il gregge, allora volgerò la mano anche contro i suoi piccoli.
8 in tutto il paese - oracolo del Signore
- due terzi saranno sterminati e periranno; un terzo sarà conservato.
9 Farò passare questo terzo per il fuoco
e lo purificherò come si purifica l’argento; lo proverò come si prova l’oro.
Invocherà il mio nome e io l’ascolterò; dirò: “Questo è il mio popolo”.
Esso dirà: “Il Signore è il mio Dio”. |
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“Insorgi, spada, contro il mio pastore, contro colui che è mio compagno”. Questo oracolo è stato utilizzato dall’evangelista Matteo (26,31), come avveratosi in Cristo. Il via alla spada contro il pastore che è compagno di Dio, viene da Dio, e include la richiesta al pastore speciale di essere fedele alla sua missione fino ad accettare la morte. Il comportamento bellico dei Maccabei è superato, le loro ambizioni sono frustate da dissidi interni (Aristobulo e il fratello Ircano), e da un nuovo dominatore: Roma. Ora è la pienezza dei tempi e la vittoria si rivela come non appartenente alle armi. Tale pastore è anche il re che farà “sparire il carro da guerra da Èfraim e il cavallo da Gerusalemme” (9,9s).
“Percuoti il pastore e sia disperso il gregge, allora volgerò la mano anche contro i suoi piccoli”. Il gregge degli apostoli e dei discepoli, e dei fedeli “i suoi piccoli” che lo hanno accolto. Non ha un’armata di militi, ma di “piccoli” (Mt 15,6; Mc 9,42; Lc 17,2).
“In tutto il paese - oracolo del Signore - due terzi saranno sterminati e periranno; un terzo sarà conservato”. A seguito di quella spada che colpirà il pastore Messia, ci sarà la rovina di chi ha eletto la spada a strumento di liberazione. I due terzi “saranno sterminati”. Un terzo resterà. Si allude a quelli che vorranno vincere con le armi il dominio di Roma; gli altri non vorranno la spada, poiché hanno accolto il messaggio di pace del sorprendete pastore.
“Farò passare questo terzo per il fuoco e lo purificherò come si purifica l’argento; lo proverò come si prova l’oro”.
Questo terzo sarà perseguitato da chi ha eletto le armi. La persecuzione non farà altro che purificare quel terzo.
“Invocherà il mio nome e io l’ascolterò; dirò: ‹Questo è il mio popolo›. Esso dirà: ‹Il Signore è il mio Dio›”. Sarà il popolo del Signore: la Chiesa.
La catastrofe di Gerusalemme
14
1 Ecco, viene un giorno per il Signore; allora le tue spoglie saranno spartite in mezzo a te.
2 Il Signore radunerà tutte le nazioni contro Gerusalemme per la battaglia; la città sarà presa, le case saccheggiate, le donne violentate, metà della città partirà per l’esilio, ma il resto del popolo non sarà strappato dalla città.
“Ecco, viene un giorno per il
Signore; allora le tue spoglie saranno spartite in mezzo a te”. L’oracolo riguarda Gerusalemme, che sarà saccheggiata dai Romani. L’insieme del brano è fatto di oracoli flash di vari aspetti, di “un giorno” che viene. Tale “giorno” è un tempo di Dio. Esso è richiamato con la dizione “in quel giorno”, il che dà all’insieme una unità che include più eventi, espressi in linguaggio apocalittico.
“Il Signore radunerà tutte le
nazioni contro Gerusalemme per la battaglia; la città sarà presa, le
case saccheggiate, le donne violentate, metà della città partirà per
l’esilio, ma il resto del popolo non sarà strappato dalla città”.
In poche parole c’è tutto l’orrore della conquista di una città.
Violenza, deportazione, saccheggio, morte. “Le
nazioni”: le legioni di Roma
erano costituite da uomini di vari popoli, già sottomessi. “Metà”
degli abitanti sopravvissuti alla strage andrà in esilio, “il
resto del popolo”, che avrà
trovato rifugio fuggendo dalla città, vi resterà. La Chiesa di
Gerusalemme non resterà dentro le mura della città, dove del resto era
perseguitata dai Giudei. Poi, a distruzione compiuta, la comunità
cristiana vi rientrerà.
Il Signore difende il suo popolo nella battaglia contro Gerusalemme
3 Il Signore uscirà e combatterà contro quelle nazioni, come quando combatté nel giorno dello scontro.
4 In quel giorno i suoi piedi si poseranno sopra il monte degli Ulivi che sta di fronte a Gerusalemme verso oriente, e il monte degli Ulivi si fenderà in due, da oriente a occidente, formando una valle molto profonda; una metà del monte si ritirerà verso settentrione e l’altra verso mezzogiorno.
5 Allora voi fuggirete attraverso la valle fra i monti, poiché la nuova valle fra i monti giungerà fino ad Asal; voi fuggirete come quando fuggiste durante il terremoto, al tempo di Ozia, re di Giuda.
“Il Signore uscirà e combatterà contro quelle nazioni, come quando combatté nel giorno dello scontro”.
Ma il popolo pur umiliato rimane popolo di Dio. Uno è il popolo di Dio, una parte spenta perché nel rifiuto di Cristo, una
parte viva in Cristo (la Chiesa). Con immagine di genere apocalittico, il monte degli Ulivi si aprirà in due, formando una grande via di fuga per la
parte viva in Cristo. Il passato “giorno dello scontro”
è quello tra Dio e il faraone, che segnò la liberazione di Israele dalla
schiavitù. “In quel giorno i suoi piedi si poseranno sopra il monte degli Ulivi che sta di fronte a Gerusalemme verso oriente, e il monte degli Ulivi si fenderà in due, da oriente a occidente, formando una valle molto profonda; una metà del monte si ritirerà verso settentrione e l’altra verso mezzogiorno. Da sovrano il Signore porrà i suoi piedi sopra il monte degli ulivi che si fenderà in due”.
Per la parte viva il monte degli Ulivi si aprirà in due formando una grande valle di scampo. Sarà come il mar Rosso, che diventò via di fuga per Israele.
“Allora voi fuggirete
attraverso la valle fra i monti, poiché la nuova valle fra i monti
giungerà fino ad Asal; voi fuggirete come quando fuggiste durante il
terremoto, al tempo di Ozia, re di Giuda”. Si fuggirà velocemente come si fece durante il terremoto, al tempo di Ozia (2Cr 26,16s) re di Giuda (Cf. Am 1,1terremoto).
Il trionfo del Re
Verrà allora il Signore, mio Dio, e con lui tutti i suoi santi.
6 In quel giorno non vi sarà né luce né freddo né gelo:
7 sarà un unico giorno, il Signore lo conosce; non ci sarà né giorno né notte, e verso sera risplenderà la luce.
8 In quel giorno acque vive sgorgheranno da Gerusalemme e scenderanno parte verso il mare orientale, parte verso il mare occidentale: ve ne saranno sempre, estate e inverno.
9 Il Signore sarà re di tutta la terra. In quel giorno il Signore sarà unico e unico il suo nome.
10 Tutto il paese si trasformerà in pianura, da Gheba fino a Rimmon, a meridione di Gerusalemme, che si eleverà e sarà abitata nel luogo dov’è, dalla porta di Beniamino fino al posto della prima porta, cioè fino alla porta dell’Angolo, e dalla torre di Cananèl fino ai torchi del re.
11 Ivi abiteranno: non vi sarà più sterminio e Gerusalemme se ne starà tranquilla e sicura.
12 Questa sarà la piaga con cui il Signore colpirà tutti i popoli che avranno mosso guerra a Gerusalemme: imputridiranno le loro carni, mentre saranno ancora in piedi; i loro occhi marciranno nelle orbite e la lingua marcirà loro in bocca.
13 In quel giorno vi sarà, per opera del Signore, un grande tumulto tra loro: uno afferrerà la mano dell’altro e alzerà la mano sopra la mano del suo amico.
14 Anche Giuda combatterà a Gerusalemme e là si ammasseranno le ricchezze di tutte le nazioni vicine: oro, argento e vesti in grande quantità.
15 Di piaga simile saranno colpiti i cavalli, i muli, i cammelli, gli asini e tutte le bestie degli accampamenti.
“Verrà allora il Signore, mio Dio, e con lui tutti i suoi santi”. Il Signore “in quel giorno” combatterà con le schiere angeliche.
“In quel giorno non vi sarà né luce né freddo né gelo: sarà un unico giorno, il Signore lo conosce; non ci sarà né giorno né notte, e verso sera risplenderà la luce”. Giorno buio, notte che si prolunga in un giorno buio, senza luce, senza variazione di temperatura: Un giorno apocalittico, che rimanda al buio delle origini (Gn 1,1). E’ un giorno dove si attua una ricreazione: “Verso sera risplenderà la luce”; la luce della Chiesa, che viene dalla Luce vera, Cristo.
Gerusalemme può essere la capitale di una nazione, quella ebraica (questione oggi dibattuta a livello internazionale), ma la sua realtà religiosa non può prescindere da Cristo, perché la città è stata costituita in attesa di Cristo, discendente di Davide secondo la carne. Cristo vi ha consumato il sacrificio per la nuova ed eterna alleanza, annunciata dai profeti, ed è stata sede della prima comunità cristiana proveniente dall’etnia ebraica, vincolata dalla Legge data nell’alleanza del Sinai. Legge che Cristo non è venuto a abolire, ma a portare a compimento (Mt 5,17s), come già intravide Mosè (Dt 18,18).
“In quel giorno acque vive sgorgheranno da Gerusalemme e scenderanno parte verso il mare orientale, parte verso il mare occidentale: ve ne saranno sempre, estate e inverno”. A oriente si ha il mare Arabico, a occidente il mare Mediterraneo.
Gerusalemme è la sede degli inizi del cammino della Chiesa, le cui acque vive, che hanno quale fonte Cristo, irrigheranno di vita la terra.
“Il Signore sarà re di tutta la terra. In quel giorno il Signore sarà unico e unico il suo nome”. Sulla terra per mezzo della Chiesa si diffonderà la fede in Cristo Re. “Tutto il paese si trasformerà in pianura, da Gheba fino a Rimmon, a meridione di Gerusalemme, che si eleverà e sarà abitata nel luogo dov’è, dalla porta di Beniamino fino al posto della prima porta, cioè fino alla porta dell’Angolo, e dalla torre di Cananèl fino ai torchi del re. Ivi abiteranno: non vi sarà più sterminio e Gerusalemme se ne starà tranquilla e sicura”. Gheba è a 11 km a nord di Gerusalemme ed era una città levitica. Rimmon è a 56 km a sud ovest di Gerusalemme ed è una città levitica. Queste due città segnano i confini della pianura attorno a Gerusalemme. Sono confini di pace, di asilo. Tutto attorno a Gerusalemme, simboleggiante la Chiesa, diventa pianura di pace, ed essa rimane sovranamente in alto, sicura e imprendibile.
I confini della città riguardano il nord (porta di Beniamino); il nord-ovest (La porta dell’Angolo); in nord-est (la torre di
Cananèl); il sud-est (i torchi del re). Questi punti della città segnano un’area circa doppia di quella occupata al momento dell’esilio, il che ha valore simbolico di prosperità.
“Questa sarà la piaga con cui il Signore colpirà tutti i popoli che avranno mosso guerra a Gerusalemme: imputridiranno le loro carni, mentre saranno ancora in piedi; i loro occhi marciranno nelle orbite e la lingua marcirà loro in bocca”. Malattie di vario tipo colpiranno i persecutori del popolo di Dio, sia della parte viva, sia di quella non viva.
“In quel giorno vi sarà, per opera del Signore, un grande tumulto tra loro: uno afferrerà la mano dell’altro e alzerà la mano sopra la mano del suo amico. Anche Giuda combatterà a Gerusalemme e là si ammasseranno le ricchezze di tutte le nazioni vicine: oro, argento e vesti in grande quantità”. Lotta tra i popoli: non si forma unità combattendo la Chiesa. Anche Giuda, parte non viva dell’unico popolo di Dio, “alzerà la mano sopra la mano del suo amico”, cioè la parte viva del popolo di Dio, ma nella Gerusalemme della nuova ed eterna alleanza, si ammasseranno ricchezze, che sono un’immagine di vittoria.
“Di piaga simile saranno colpiti i cavalli, i muli, i cammelli, gli asini e tutte le bestie degli accampamenti”. Gli eserciti non avranno cavalcature necessarie alle loro conquiste.
Conversione dei popoli
16 Allora i superstiti, fra tutte le nazioni che avranno combattuto contro Gerusalemme, vi andranno ogni anno per adorare il re, il Signore degli eserciti, e per celebrare la festa delle Capanne.
17 Se qualcuna delle famiglie della terra non andrà a Gerusalemme per adorare il re, il Signore degli eserciti, su di essa non ci sarà pioggia.
18 Se la famiglia d’Egitto non salirà e non vorrà venire, sarà colpita dalla stessa pena che il Signore infliggerà alle nazioni che non saranno salite a celebrare la festa delle Capanne.
19 Questo sarà il castigo per l’Egitto e per tutte le nazioni che non saranno salite a celebrare la festa delle Capanne.
20 In quel tempo anche sopra i sonagli dei cavalli si troverà scritto: “Sacro al Signore”, e i recipienti nel tempio del Signore saranno come i vasi per l’aspersione che sono davanti all’altare.
21 Anzi, tutti i recipienti di Gerusalemme e di Giuda saranno sacri al Signore degli eserciti; quanti vorranno sacrificare verranno e li adopereranno per cuocere le carni. In quel giorno non vi sarà neppure un mercante nella casa del Signore degli eserciti.
“Allora i superstiti, fra tutte le nazioni che avranno combattuto contro Gerusalemme, vi andranno ogni anno per adorare il re, il Signore degli eserciti, e per celebrare la festa delle Capanne”. La sconfitta delle nazioni, in lotta reciproca, porterà i loro superstiti ad adorare il Re della pace, l’unico che possa portarla, creando l’unità e la concordia. La festa delle Capanne ricordava il cammino di Israele nel deserto (Lv 23,41s). qui viene proposta a tutte le nazioni la memoria di quel cammino, per cui una nazione non può più far schiava un’altra nazione. L’idea di un Messia armato che conquista i popoli imponendo poi la sua pace, non è minimamente possibile. Questo sarà l’errore più grave di Gerusalemme, che rifiuterà Cristo, vittorioso con l’amore.
“Se qualcuna delle famiglie della terra non andrà a Gerusalemme per adorare il re, il Signore degli eserciti, su di essa non ci sarà pioggia”. La mancanza del pellegrinaggio annuale avrà come conseguenza la siccità.
“Se la famiglia d’Egitto non salirà e non vorrà venire, sarà colpita dalla stessa pena che il Signore infliggerà alle nazioni che non saranno salite a celebrare la festa delle Capanne”. Anche l’Egitto pur potendo contare sul Nilo avrà la siccità. Tutto è simbolico e vuol dire, che non bisogna pensare di potere fare a meno della riflessione di essere pellegrini sulla terra, verso la patria celeste.
“In quel tempo anche sopra i sonagli dei cavalli si troverà scritto:
, e i recipienti nel tempio del Signore saranno come i vasi per l’aspersione che sono davanti all’altare”. I sonagli sono dei piccoli campanelli posti con una fascia sui cavalli. Quando camminano si ode il suono dei campanelli. I cavalli da segno di potere e guerra diventano segno della potenza creatrice di Dio. Sul diadema del sommo sacerdote c’era scritto (Es 28,36-38): “Sacro al Signore”. I vasi del tempio erano usati per raccogliere la cenere dell’altare (Es 27,18), l’acqua per lavare le vittime uccise. Il loro valore sarà uguale a quello dei “vasi per l’aspersione” che raccoglievano il sangue per le aspersioni (Es12,12; 24,8; Lv 4,17; 2Cr 30,16).
“Anzi, tutti i recipienti di
Gerusalemme e di Giuda saranno sacri al Signore degli eserciti; quanti
vorranno sacrificare verranno e li adopereranno per cuocere le carni”.
La sacralizzazione sarà generale. Tutti i recipienti di Gerusalemme e di
Giuda saranno sacri, a disposizione di chi andrà a sacrificare, come
quelli per la cottura delle carni spettanti ai sacerdoti (Ez 46,19-24).
Tutta Gerusalemme sarà sacra e sacerdotale. Il valore del tempio, la
centralità del tempio, non è più un assoluto esclusivo. “In
quel giorno non vi sarà neppure un mercante nella casa del Signore degli
eserciti”. Il tempio non avrà più
mercanti, cioè non ci sarà più pullulare di interessi economici
all’ombra del tempio, di mercanti della guerra, cioè mercenari al soldo
dei potenti. I mercanti sono nell’originale ebraico, chiamati Cananei,
cioè mercanti stranieri. Viene così prospettato per il futuro un quadro
che supererà il presente segnato da volontà di potere. Questa
volontà condurrà gli Asmonei a un logorio finale, dove due fratelli
(Aristobulo e Ircano) si affrontarono in battaglia con truppe
mercenarie, per il titolo di sommo sacerdote e re. Lo svolgimento del
conflitto porterà all’intromissione di Roma, con la guerra giudaica di
Gneo Pompeo Magno (63 a.C.). Il significato profondo di questi
oracoli è che non ci può essere pace in terra dove c’è ansia di potere.
Sarà il re che cavalca un puledro figlio d’asina a portare la vera pace
(9,8).
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