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(8,30-59) |
Gesù e Abramo
30 A queste sue parole, molti credettero in lui.
31 Gesù allora disse a quei Giudei che gli avevano creduto: “Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli;
32 conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”.
33 Gli risposero: “Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: ‹Diventerete liberi?›”.
34 Gesù rispose loro: “In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato.
35 Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre.
36 Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero.
37 So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi.
38 Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro”.
39 Gli risposero: “Il padre nostro è Abramo”. Disse loro Gesù: “Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo.
40 Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto.
41 Voi fate le opere del padre vostro”. Gli risposero allora: “Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!”.
42 Disse loro Gesù: “Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato.
43 Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola.
44 Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna.
45 A me, invece, voi non credete, perché dico la verità.
46 Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete?
47 Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio”.
48 Gli risposero i Giudei: “Non abbiamo forse ragione di dire che tu sei un Samaritano e un indemoniato?”.49 Rispose Gesù: “Io non sono indemoniato: io onoro il Padre mio, ma voi non onorate me.
50 Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca, e giudica.
51 In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno”.
52 Gli dissero allora i Giudei: “Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: ‹Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno›.
53 Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?”.
54 Rispose Gesù: “Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: ‹È nostro Dio›,
55 e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola.
56 Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia”.
57 Allora i Giudei gli dissero: “Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?”.
58 Rispose loro Gesù: “In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono”.
59 Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.
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“A queste sue parole, molti credettero in lui”.
Questi molti che credettero in lui lo fecero sull'onda dell'entusiasmo. Pensarono che Gesù fosse il Figlio di Dio, ma che agisse poi secondo il loro pensiero di libertà politica da Roma.
“Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. Il tema della libertà mette a nudo il retroterra della loro adesione a Gesù.
Quei Giudei, disposti alle armi per liberarsi da Roma, avevano dimenticato che erano stati schiavi nell'Egitto, nell'Assiria, nella Mesopotamia, nella Persia, e non consideravano che Israele aveva conosciuto cedimenti di prostituzione con gli idoli, come invece era avvenuto (Cf. Ez 20,7; 23,5s). “In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato”. Gesù ribadisce, poiché avevano certo inteso che non parlava di armi, di quale liberazione sta parlando.
“Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre”. Chi si è fatto schiavo del peccato non ha il diritto di restare sempre nella casa, cioè nella proprietà di Dio, in particolare Gerusalemme. Il Figlio invece vi resta per sempre perché ama il Padre. “Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero”. Solo il Figlio, che è libero, ha il potere di liberare dalla schiavitù del peccato e fare rimanere nella casa del Padre, e liberi “davvero”, perché resi figli adottivi di Dio (1Gv 3,1). La libertà dalla dominazione romana passa attraverso la libertà dal peccato, che si ottiene credendo nel Figlio; e anche Roma si convertirà, e nascerà un mondo diverso da quello impregnato di peccato.
“So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi”. L'essere discendenza di Abramo secondo la carne non costituisce una fonte di diritto davanti a Dio, perché stanno tradendo Abramo non credendo nel Figlio di Dio. Essi non sono discendenza di Abramo perché rifiutano il Figlio di Dio fino a volerlo uccidere. I veri figli di Abramo si riconoscono dalle loro opere (Rm 2,28; 9,6; Gal 3,7-9).
“Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro”.
I veri figli di Abramo si riconoscono dalle loro opere (Rm 2,28; 9,6; Gal 3,7-9), e Abramo non ha ucciso un innocente. Loro invece fanno le opere di ben altro padre.
E' bene precisare che qui si parla di quella generazione malvagia che metterà a morte Gesù e condurrà Gerusalemme alla rovina (Mt 12,39; Mc 8,12; Lc 11,22; At 2,40) e perseguiterà la Chiesa, e trasmetterà la sua negazione ai suoi discendenti. Ma, tra i Giudei c'erano molti che accolsero il Figlio di Dio (Rm 11,5). Paolo ha uno sguardo di grande attenzione verso quelli che rimasero vittime della menzogna altrui, pur tuttavia rimanendo loro la possibilità di liberarsene (Rm 9,4; 10,2).
“Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!”. I Farisei capiscono bene che Gesù dichiara illegittima la loro pretesa di essere figli di Dio attraverso Abramo, e questo perché non agiscono secondo Abramo (Rm 9,8). Figli di Dio, figli adottivi del Padre lo si diventa in Cristo, e Cristo lo si accoglie se si fanno le opere di Abramo, che credette in Dio e nelle sue promesse. Ora, quei Giudei non credevano nelle promesse, perché non ascoltavano né Mosè né i profeti, e di conseguenza non credevano neppure nel vero Dio, avendo oscurato i reali tratti del vero Dio.
“Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna”. Gesù arriva al punto tremendo. Il padre di quei Giudei era il diavolo. Essi erano saturi di menzogna, così come lo è il diavolo, dove “non c'è verità”, e se qualche verità mescola nelle menzogne lo fa per ingannare meglio. Nel diavolo c'è la radicale incapacità di dire la verità
“Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio”. Non ci sono argomenti per rifiutare Gesù ritenendolo un peccatore. Gesù li sfida a denunciare in lui un solo peccato. E poiché la sua vita è piena di rettitudine essi dovrebbero crederlo veritiero. E se veritiero dovrebbe essere creduto in ciò che dice. Ma essi non lo ascoltano perché non sono da Dio.
“Gli risposero i Giudei: ‹Non abbiamo forse ragione di dire che tu sei un Samaritano e un indemoniato?›. Rispose Gesù: ‹Io non sono indemoniato: io onoro il Padre mio, ma voi non onorate me›”. I Giudei alzano ulteriormente il loro livello di menzogna e accusano Gesù di essere un Samaritano e un indemoniato. Un'accusa giudaica rivolta ai Samaritani era quella di ritenerli dediti alla magia e perciò dalla parte del demonio. Che ci fossero casi di magia o più correttamente uso di amuleti era vero, ma non con quella generalizzazione data dai Giudei oltranzisti.
“Io non sono indemoniato: io onoro il Padre mio, ma voi non onorate me. Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca, e giudica”.
Gesù controbatte, ma non è affatto una disputa dove volano le parole, è magnifica trasmissione di verità nella carità. “Vi è chi la cerca. E giudica”. E' il Padre che cerca la gloria del Figlio e questa si attua nonostante e mediante il disonore che deve subire dai Giudei ostili. Ma il Padre giudica chi rifiuta la testimonianza del Figlio.
“In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno. Gli dissero allora i Giudei: ‹Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?›”. Gesù parla della vita eterna e questa la dona lui a chi gli crede, ma i Giudei lo vogliono fraintendere, e ribattono che lui non è più grande di Abramo, che è morto, o dei Profeti, che sono morti, e quindi non avevano nessun potere sulla morte. Ormai i capi dei Giudei lo fraintendono in maniera maniacale.
“Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: ‹È nostro Dio!›, e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore”. Gesù non si dà gloria da se stesso, se così facesse la sua gloria sarebbe nulla, perché non scaturirebbe dal Padre. Gesù tocca il punto più drammatico della loro chiusura: Essi non conoscono Dio. Il loro Dio è un travisamento del vero Dio, eppure hanno le Scritture e la testimonianza dei Patriarchi e dei Profeti. Gesù conosce il Padre e dice la verità. Non può dire il contrario poiché egli è la Verità.
“Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia”. Abramo è loro padre secondo la carne, e non secondo la promessa (Rm 9,8). Abramo, a cui loro si appellano, esultò nella speranza di vedere “il mio giorno”, cioè il giorno del suo trionfo sul peccato. Quel giorno “lo vide e fu pieno di gioia”. Non ci sono testi che ci parlano di come Abramo conobbe quel giorno, ma si può dire che lo conobbe quando stette per sacrificare il figlio Isacco e venne fermato, mentre vicino c'era un ariete pronto ad essere sacrificato. Egli aveva detto nella sua grande fede al figlio (Gn 22,8): “Dio stesso si provvederà l'agnello per l'olocausto, figlio mio”. Queste parole non erano un semplice diversivo per il figlio Isacco, ma una convinzione profetica. L'agnello lo darà Dio. Abramo non è più grande di Gesù perché Abramo sapeva che le promesse fatte a lui avrebbero avuto compimento ed effetto non in lui, ma dopo di lui (Gn 12, 2-3; 18,18; 22, 16-18). “Allora i Giudei gli dissero: ‹Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?›”. Il fraintendimento è senza confine, fino al grottesco. Vedono bene quei Giudei che Gesù non è un cinquantenne, ma in tal modo lo vogliono umiliare, dicendogli che non ha la saggezza di un cinquantenne. Nello stesso tempo, dicono anche che è da poco che Gesù è al mondo e che non ha potuto vedere di certo Abramo per poter dire che Abramo gioì nel vedere la sua futura presenza.
“In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono”. La risposta di Gesù è ancora un'affermazione della sua divinità, e perciò ha conosciuto Abramo.
“Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio”. Il tempio non era ancora terminato - lo sarà nel 64 d. C. - e perciò vi erano parti in cantiere dove si potevano prendere gli scarti delle pietre lavorate. Gesù prima che arrivassero i suoi assalitori con le pietre in mano si mescolò alla folla. Così le pietre rimasero nelle loro mani.
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