Commento
La collocazione storica della composizione del salmo è con tutta probabilità quella del tempo di Neemia, dopo il ritorno da Babilonia. Il popolo si sente circondato dalle popolazioni vicine che tramano contro di lui, e teme di non farcela a risollevarsi dalle conseguenze della schiavitù babilonese. C’è un clima di scoraggiamento che deve essere superato nella certezza della vittoria; vittoria finale escatologica e che quindi include le vittorie intermedie, più o meno locali. E’ la vittoria escatologica che valicherà i confini di Israele, per coinvolgere tutti i popoli in un incarico punitivo decretato da Dio: “Per compiere la vendetta fra le nazioni e punire i popoli...”. Si tratta di una vittoria escatologica, che è l’energia di una vendetta giusta, santa, completa all’insegna dell’azione di Dio (Ap 6,11). Si tratta del giudizio universale che seguirà la risurrezione. Il salmo presenta il giudizio universale come un combattimento, quello ultimo in assoluto. È un combattimento, non con armi di ferro, ma col la forza della parola di Dio, spada a doppio taglio a cui nulla può resistere e che penetra nelle profondità dell’anima (Eb 4,12). Un combattimento dove i reprobi tenteranno un’ultima vittoria, quella di dichiarare ingiusta la giustizia di Dio. Si tratta delle velenose obiezioni che i reprobi vorranno fare circa la giustizia del Giudice: (Mt 7,22; 12,42; Lc 11,31.32; 16,24s). Unitamente a Re Giudice ci saranno gli eserciti dei santi, che alla spada a doppio taglio della parola del Re uniranno la loro parola di condanna, che sarà pure essa spada a doppio taglio (Mt 19,18; 1Cor 6,2). Questo sguardo di vittoria escatologica non può che rendere lieto l’uomo credente. Fin dal levare del sole deve determinare la sua giornata: “facciano festa nei loro giacigli”. Sono gloriosi, perché già stanno vincendo rimanendo fermi nella fede, nella speranza, nella carità: “Esultino i fedeli nella gloria”. Essi passano di gloria in gloria (2Cor 3,18). La gloria è quella del Signore che si riflette su di loro, facendoli vincitori. Nella tenda del deserto la gloria del Signore era rappresentata da una nube luminosa, ma ora, in Cristo, non è più così, poiché la presenza stessa dello Spirito della gloria (1Pt 4,14) sarà nei cuori dei rigenerati in Cristo diventati tempio di Dio. Le profezie si compiranno e si sono compiute (Gl 3,1s; At 2,17). La gloria è la presenza per inabitazione di Dio, e non è ancora la gloria che compenetrerà le anime in cielo. Ora in terra la gloria del cielo si prepara lungo il cammino della croce, cammino però vincente, perché segnato dalla gloria di Cristo. La gioia non può che accompagnare il cammino dei vincitori che sigilleranno ogni vittoria nell’ultimissima battaglia, contro chi vorrà reagire contro il Giudizio di Dio accompagnato da quello dei santi. Quindi “Gioisca Israele nel suo creatore”, cioè gioisca il vero Israele, quello secondo la fede e non secondo la carne. I “Figli di Sion” sono i redenti da Cristo, che sul monte Sion ha vinto il peccato e la morte (Ap 14,1). in Sion poiché (Ps 86,4: “Ecco Palestina, Tiro ed Etiopia, tutti là sono nati…”; (Is 2,3): “Poiché da Sion uscirà la legge, e da Gerusalemme la parola del Signore”. “L'assemblea dei fedeli” (“qehal hasidim”), si costituirà nella nuova alleanza, che farà tramontare quella dei Sinai, portando, nel contempo, la sua Legge al suo compimento; ciò avverrà con Cristo e sarà la Chiesa. Veramente il salmo è sorprendente per la forza del suo contenuto. A noi il compito di essere sempre testimoni del dono della salvezza di Cristo. “Cantate al Signore un canto nuovo”, e il canto è nuovo perché è quello della nuova ed eterna alleanza; è nuovo perché è canto di vittoria. L’unica disgraziatissima scelta sarebbe il rifiuto di cantare il canto nuovo, per cantare quello orrido, buio, stridente, da sconfitti, che l’Abisso offre. |