Commento
Il salmista esordisce con un’invocazione a Dio affinché affermi la sua potenza sui suoi nemici, i quali sono gli stessi che si ergono contro Israele. Egli è certo che Dio interverrà, poiché ha sempre dato prova di vincere i suoi nemici, di disperderli “come si scioglie la cera di fronte al fuoco”. I giusti sono vittoriosi su tutte le insidie dei nemici poiché confidano in Dio e sono pieni di gioia: “Si rallegrano, esultano davanti a Dio e cantano di gioia”. Il salmista continua ad animare il gruppo orante che lo attornia, avendo uno sguardo allargato a tutta a terra: “Cantate a Dio, inneggiate al suo nome, appianate la strada a colui che cavalca le nubi”. Spianare la strada era quanto si faceva per il passaggio trionfale del re. L’espressione indica il togliere ogni inciampo che possa offuscare la gloria di Dio nel suo popolo. Dio “cavalca le nubi” perché è sovrano di tutto e trascende tutto. L’immagine del cavalcare le nubi è chiara; esse sono in alto sulla terra e corrono nel cielo senza che alcun uomo lo possa costringere a rispettare i confini delle nazioni. Il governo di Dio sul modo è tuttavia pieno di attenzione per i deboli: Padre degli orfani e difensore delle vedove è Dio nella sua santa dimora”. La “santa dimora” è, qui, il cielo. Dio misericordioso è anche Dio giusto, poiché “i ribelli dimorano in arida terra”; parole, queste che ricordano la fine dei ribelli nel deserto (Cf. Nm 14,32). Il salmista prosegue facendo memoria delle grandi opere di Dio nella liberazione del suo popolo dall’Egitto. E’ “il Dio del Sinai” che guidò nel deserto il suo popolo e fece scendere la manna per nutrirlo: “i cieli stillarono”; che fece tremare il monte sul quale consegnò le tavole della legge; che donò pioggia abbondante alla terra conquistata, già esausta per i castighi alle genti (Cf. Es 23,28; Dt 7,20; Gs 24,12; Sap 12,8): “la tua esausta eredità tu hai consolidato” . Per vivacizzare la narrazione della conquista della Terra Promessa, il salmista passa all’uso del tempo presente: “Il Signore annuncia una notizia”, per mezzo di “messaggere di vittoria”, cioè donne che in gruppi danzanti cantano la vittoria: è la completa conquista di tutto il territorio promesso. Esse dicono: “Fuggono, fuggono i re degli eserciti! Nel campo, presso la casa, ci si divide la preda”. “Le messaggere di vittoria” invitano alla gioia comune i paurosi che sono rimasti a dormire tra gli ovili: “Non restate a dormire nei recinti! Splendono d’argento le ali della colomba, di riflessi d’oro le sue piume ”. La “colomba” è Israele vittorioso, che risplende di riflessi che sono quelli dell’argento e dell’oro del bottino di guerra. Durante l’azione travolgente dell’Onnipotente sceso a dar vigore ai prodi di Israele contro i re nemici, nevicava sul Salmon. L’immagine evoca silenzi, grandezza, luce e candore, pace, immensità: una contemplazione della maestà, della santità, della grandezza di Dio. Il monte Salmon è con tutta probabilità un’altura vicino a Sichem (Cf. Gdc 9,48). Israele nella sua conquista è arrivato nella fertile pianura di Basan, a nord est della Palestina, e ha di fronte la giogaia di circa 1000 metri d’altezza del Gebel ed-Druz (il monte Basan), ma Dio non sceglie quei monti alti per porvi il suo santuario, ha scelto invece il monte Sion: “Perché invidiate, montagne dalle alte cime, la montagna che Dio ha desiderato per sua dimora?”. Il salmista continua presentando Dio sul Sinai, circondato dal suo popolo pronto ad una conquista travolgente della Terra Promessa. La menzione del Sinai riguarda l'alleanza: il popolo è forte se fedele all'alleanza. “Sei salito in alto e hai fatto prigionieri”. “In alto”, cioè sul monte Sion, nel tempio di Gerusalemme. I prigionieri sono i popoli vinti nella conquista della Terra Promessa. “Dagli uomini hai ricevuto tributi e anche dai ribelli, perché là tu dimori”. I “tributi” sono le ricchezze (argento e oro) consegnate al tesoro del tempio dai popoli che si assoggettarono pacificamente, ma anche “ribelli” dovettero darli (Cf. Gs 6,19). E' la celebrazione della potenza di Dio nell'ambito della conquista della Terra Promessa: Dio non diede ad Israele nessuna prospettiva di conquista militare del mondo. Ma ancora ci sono i nemici costituiti dai briganti, che hanno i “capelli lunghi” per la loro vita nei nascondigli, dai quali escono colpire e depredare. Essi saranno costretti ad uscire allo scoperto per la definitiva disfatta: “Da Basan li farò tornare, li farò tornare dagli abissi del mare”. “Da Basan”, indica i nascondigli nelle montagne di fronte alla fertile pianura di Basan. Gli “abissi del mare” indicano i nascondigli adiacenti al Mar Morto. Sia da Nord che da Sud provengono insidie costanti, che saranno debellate. “Appare il tuo corteo o Dio”; è quello che, esortato a “benedire il Signore”, sale a Gerusalemme per festeggiare la presenza di Dio nel tempio costruito da Salomone. Beniamino precede le altre tribù, perché Gerusalemme era nel territorio assegnato a Beniamino (Gs 18,16). Beniamino e Giuda sono due tribù del sud, mentre Zàbulon e Nèftali sono del nord. Esse rappresentano tutte le tribù; in particolare vien detto che non si è ancora operata la scissione prodotta da Geroboamo (1Re11,26s). Quella situazione è del passato, ma tuttavia serve per prospettare oltre le insidie della “bestia del canneto” (l'Egitto, visto come un coccodrillo appostato) e oltre le invasioni di “bufali” e “tori” (Assiri e Babilonesi) un nuovo futuro, che Dio attuerà: “I re ti porteranno doni”. Il salmista presenta l’impensabile: “Verranno i grandi dall’Egitto, l’Etiopia (Chus; da identificarsi con la Nubia) tenderà le mani a Dio”. Il salmista termina con la presentazione della sovranità universale di Dio nella figura di un cavaliere che avanza vincitore nei cieli di tutta la terra, e invita a cantare inni : “A colui che cavalca nei cieli, nei cieli eterni”. “Terribile tu sei, o Dio, nel tuo santuario”; Dio, che ha preso dimora nel santuario, è l‘Invincibile che getta lo sgomento sui suoi nemici. L’uso cristiano del salmo considera il suo “sensus plenior”, dove Cristo è colui per mezzo del quale avverrà che i grandi d’Egitto e d’Etiopia - tutte le nazioni - tenderanno le mani a Dio. Al Dio del Sinai, che appare di tremenda maestà e che giunge con la sua “gloria” nel tempio, succederà l'opera salvifica del Figlio, il Cristo, il quale con la sua parola e la sua morte e risurrezione ha costituito la Chiesa e le dona la forza del suo Spirito per vincere con la carità e la verità la durezza dei cuori, che se induriti all’estremo dal rifiuto della verità e della carità conosceranno l’umiliante disfatta di una lotta tragica tra di loro e infine il giudizio finale. |