Commento
Il salmista viene spesso presentato come un esule, un deportato in Mesopotamia, ma il salmo si applica meglio ad un levita durante le invasioni assiro-babilonesi. Egli, si sente ai “sull'orlo dell'abisso”, cioè degli inferi, poiché si trova di fronte alla morte. Il suo cuore viene meno di fronte alle catastrofi che si stratificano una sull’altra, e domanda a Dio di essere guidato su di una rupe inaccessibile, difeso e soprattutto lontano dalla vista degli orrori della guerra. Egli è rincuorato da Dio che gli ha dato “l’eredità di chi teme il suo nome”, cioè una fede viva e una pace profonda e operosa. E’ così pieno di fiducia che promette di restare nel futuro sempre all’ombra del tempio. Le promesse fatte a Davide e alla sua discendenza sembrano stroncarsi di fronte alle conquiste di eserciti potenti, ma il levita prega per il re, che vede nella luce del futuro Messia, non dubitando delle promesse fatte da Dio a Davide e alla sua discendenza. Noi siamo coloro che in Cristo cantano inni di gioia al Padre, che ha inviato il suo Figlio a liberarci dalla schiavitù del peccato e della morte. |