Commento
La situazione del salmo è decifrabile come quella di un giusto che nell’esilio babilonese si trova nel pericolo di soccombere di fronte a persecutori della sua fede in Dio. Il giusto si rivolge a Dio chiedendo pietà perché è allo stremo delle forze, ma nonostante tutto reagisce e si rifugia, come un pulcino sotto le ali di una chioccia, in Dio. Egli invoca Dio che lo soccorra, mostrando, così, a tutti i suoi persecutori che inneggiano ai loro idoli, la sua fedeltà e la sua grazia. Egli invoca che Dio si “innalzi sopra il cielo”, e questo per mezzo dell’azione vincente del futuro Messia. Dio sembra essere stato oscurato dal trionfo dei babilonesi, i quali attribuiscono la loro vittoria su Israele e sui popoli ai loro dei. Sembra che il male si sia collocato sovrano sui cieli, spodestando Dio. Ora, invece, il salmista invoca che Dio abbatta il male, manifestando nel Messia che egli è il sovrano di tutta la terra. Si ha qui una profetizzazione del trionfo del Cristo e della sua ascensione al cielo alla destra del Padre. Il giusto è stato intrappolato senza scampo e piegato: “Hanno teso una rete a miei piedi, hanno piegato il mio collo”. Lo aspettava la fossa della morte, ma in quella vi sono caduti i suoi persecutori (Cf. Dn 6,17s). Il giusto del salmo non è più intimorito e vuol esprimere in aperta testimonianza la sua lode a Dio. Non ha più paura ed è pieno d’entusiasmo: “Svegliati, mio cuore, svegliatevi, arpa e cetra, voglio svegliare l‘aurora”. “Svegliare l’aurora”, cioè affrettare col canto, con la lode, l’invocazione, l’avvento del giorno, del grande giorno della vittoria del Messia sul male; del giorno in cui Dio s’innalzerà sopra il cielo, a piena manifestazione della sua sovranità su tutta la terra. |