Commento
Dio viene chiamato “Dio degli dei”, dove gli dei sono gli angeli. Dio convoca “la terra da oriente a occidente”, mentre risplende la sua fedeltà in Sion, alle sue promesse, alla sua alleanza, e per la presenza dei profeti che denunciano i peccati del popolo. Il salmista “vede” venire Dio in mezzo ad una tempesta travolgente piena di fulmini, ricordo diretto della teofania sul Sinai. Dio viene dal Sinai, dal deserto (Cf. Ab 3,3), luogo dell’alleanza. Egli chiama il cielo e la terra a spettatori del giudizio che intenterà al suo popolo, e manda gli angeli a convocare davanti a lui i suoi fedeli. Fedeli, infedeli, come risulta poi dal contesto. Il salmista presente in Sion, partecipa vivamente e dice che il cielo annunzi la sua giustizia, cioè sia testimone della fedeltà di Dio; di Dio giusto (Cf. Ps 7,10; 11,7; 70,16; 115,5; 118,137; 128,4; 144,17). Dio comincia la sua requisitoria, che nei suoi accenti contiene un appello d’amore al cuore di Israele, smascherato nel suo evadere i veri contenuti dell’alleanza. Tutto è formalmente a posto, ma il cuore di Israele è assente quando celebra il culto a Dio: “Non ti rimprovero per i tuoi sacrifici; i tuoi olocausti mi stanno sempre davanti”. La requisitoria tocca il punto tragico che Israele, contaminato dai culti idolatrici, aveva finito per considerare Dio bisognoso - in qualche modo - di cibo: “Se avessi fame, non te lo direi: mio è il mondo e quanto contiene. Mangerò forse la carne dei tori? Berrò forse il sangue dei capri?”. E prima sempre al proposito aveva detto: “Non prenderò vitelli dalla tua casa né capri dai tuoi ovili”, cioè se avessi fame non ricorrerei ai tuoi armenti. Dio presenta il vero culto che è quello certo delle pratiche cultuali del tempio, ma deve avere in sé il cuore, deve essere sacrificio di lode ogni sacrificio del tempio. Uccidendo un ariete si rende lode a Dio al quale si riconosce la sovranità su tutto, uomo compreso, e non si può pensare che si fa un piacere a Dio perché in qualche modo riceve del cibo: “Offri a Dio come sacrificio la lode e sciogli all’Altissimo i tuoi voti; invocami nel giorno dell'angoscia”. “Invocami nel giorno dell'angoscia”, cioè non sperare nelle alleanza con l’Egitto, non appoggiarti sulle tue risorse; vedrai la mia fedeltà: “Ti libererò e tu mi darai gloria”. La requisitoria continua rivolta al singolare contro l’empio: “Perché vai ripetendo i miei decreti e hai sempre in bocca la mia alleanza, tu che hai in odio la disciplina e le mie parole ti getti alle spalle?”. L’ipocrisia si è impadronita dell’empio. La sua facciata appare bella, ma il suo cuore è falso. Continua la requisitoria con i peccati di furto, di adulterio e di diffamazione, di combutta. La falsità dell’empio è presentata con tratti fulminei e precisi: “Ti siedi”, cioè ti accomodi, ti metti a tuo agio, e poi “parli contro il tuo fratello, getti fango contro il figlio di tua madre”. L’empio addirittura pensa che Dio lo approvi, che Dio in fondo si comporti come lui: “Hai fatto questo e io dovrei tacere? Forse credevi ch’io fossi come te! Ti rimprovero: pongo davanti a te la mia accusa”. Il salmo poi si conclude con la riaffermazione che si onora Dio con “la lode in sacrificio”, cioè un culto dove sia veramente presente un cuore che ama Dio e i fratelli. “La salvezza di Dio”, che viene promessa al giusto è la vita eterna in cielo per mezzo del Cristo, unico Salvatore del genere umano. |