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Di Davide.
Maskil
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Beato l'uomo
a cui è tolta la colpa
e coperto il peccato.
Beato l'uomo a cui Dio non imputa il delitto
e nel cui spirito non è inganno.
Tacevo e si logoravano le mie ossa,
mentre ruggivo tutto il giorno.
Giorno e notte pesava su di me la tua mano,
come nell'arsura estiva si inaridiva il mio vigore.
Ti ho fatto conoscere il mio peccato,
non ho coperto la mia colpa.
Ho detto: “Confesserò al Signore le mie iniquità”
e tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato.
Per questo ti prega ogni fedele
nel tempo dell'angoscia;
quando irromperanno grandi acque
non potranno raggiungerlo.
Tu sei il mio rifugio, mi liberi dall'angoscia,
mi circondi di canti di liberazione:
“Ti istruirò e ti insegnerò la via da seguire;
con gli occhi su dite, ti darò consiglio.
Non siate privi d'intelligenza come il cavallo e come il mulo:
la loro foga si piega con il morso e le briglie,
se no, a te non si avvicinano”.
Molti saranno i dolori del malvagio,
ma l'amore circonda chi confida nel Signore.
Rallegratevi nel Signore ed esultate, o giusti!
Voi tutti, retti di cuore, gridate di gioia! |
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Commento
L’autore del salmo
ha fatto la gioiosa esperienza del perdono di Dio: "Beato
l'uomo a cui è tolta la colpa e coperto il peccato". L'umiltà
di ammettere il proprio peccato e chiederne perdono a Dio ottiene che la colpa
venga tolta, ma anche "coperta",
poiché l'umile con l'aiuto di Dio fa dimenticare agli uomini il proprio passato
di peccato mediante la carità. Perciò è beato chi si è riconciliato con Dio e "nel
cui spirito non c'è inganno". La
conseguenza è che Dio nel giudizio “non
(gli) imputa il delitto”. L’autore presenta poi la sua situazione di dolore, di agitazione, quando era nel
peccato e Dio lo colpiva col suo salutare castigo: “Giorno
e notte pesava su di me la tua mano, come nell'arsura estiva si inaridiva il mio
vigore”; ma poi, umile, ha manifestato
a Dio il proprio peccato. L’ha manifestato, confessato, ammesso. Prima non lo
voleva ammettere e si poneva davanti a Dio giustificando il suo errore, ma Dio
glielo imputava incessantemente gravando su di lui la mano.
A motivo della misericordia di Dio, dice il salmista, “ti
prega ogni fedele nel tempo dell’angoscia”,
sicuro di avere aiuto. Il “tempo
dell’angoscia” è qui distinto dal
tempo del castigo: è il tempo delle sventure del giusto. Ma il giusto sa che Dio
è bontà infinita, proprio perché è sempre pronto al perdono. Quando si
scateneranno le catastrofi sociali, “quando
irromperanno grandi acque”, il giusto
non sarà inghiottito dall’odio, perché Dio è il suo rifugio.
Il salmista poi fa parlare Dio. Dio promette, con promessa immutabile, che chi
rimarrà con lui diventerà saggio, conoscerà la via da seguire in mezzo ai
percorsi di labirinto degli uomini. Dio dice che volendo accanto a sé l’uomo è
pronto ad usare le maniere forti: “il
morso e le briglie”. L’autore ha
sperimentato “il morso e le briglie”,
cioè tutti gli impedimenti che Dio nel suo amore gli ha messo dinanzi, perché
non andasse lontano da lui. L’empio, invece, che rompe “il
morso e le briglie”, corre verso la
rovina e i dolori. Al contrario il giusto è circondato dalle premure del
Signore.
L’autore ispirato termina il salmo con un invito a prendere coscienza del grande
dono dell’unione con Dio: “Rallegratevi
nel Signore ed esultate, o giusti!”.
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