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Testo e commento
Capitolo
1
2
3
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5
6
7
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9
10
11
12
13
14
La situazione del regno del Nord
Osea appartiene al regno del Nord, scaturito da una divisione della tribù dalle altre La tribù di Beniamino rimase quasi assorbita da quella di Giuda. Quella di Simeone si estinse ben presto (Gn 49,5-7) così nel regno del Nord ci furono 10 tribù tra le quali primeggiò Efraim (1Re 11,30). La divisione venne predisposta da Dio per evitare che Salomone estendesse l’indirizzo idolatrico a tutto Israele (1Re 11,5-8). La prospettiva era che prevalesse l’unità religiosa centrata nel tempio di Gerusalemme. Le cose non andarono così perché Geroboamo (931 - 910), della tribù di Èfraim (1Re 11,26), diventato re del regno del Nord, subordinò il fatto religioso al fatto politico dando il via ad un sincretismo con la religione di Canaan (area Fenicia) mediante l’introduzione di due vitelli d’oro nei santuari di Dan e di Betel (Es 32,4; 1 Re 12,29). I due vitelli erano intesi come rappresentazione della potenza di Jahweh, liberatore dalla schiavitù egiziana (1Re 12,28) e garanzia di prosperità agraria e di fertilità degli armenti. Jhaweh veniva così subordinato agli eventi terreni, e non all’opera della salvezza e dell’attesa del futuro profeta annunciato da Mosè (Dt 18,15) e anche da Davide (Ps 109/110).
Ma Geroboamo arrivò a costruìre santuari sulle alture, istituendo allo scopo dei sacerdoti. Introdusse anche i pali sacri alla dea Astarte (2Re 17,16). In tal modo Geroboamo aprì le porte all’identificazione di Jhaweh con il dio Baal.
Le cose peggiorarono sempre più, raggiungendo l’apice con Acab che aveva sposato Gezabele, figlia di Ithobaal, un sacerdote di Astarte diventato re di Tiro (1Re 16,31) Gezabele aveva istituito 400 profeti di Asera (Astarte) che facevano capo a lei (1Re 18,19) figlia di). Acab e Gezabele introdussero il culto a Baal e ad Astarte, come culto apertamente straniero.
Jeu (824 - 798) distrusse il casato di Acab e il culto a Baal, e i pali sacri (2Re 10,28), ma non distrusse i due vitelli d’oro di Geroboamo. Così rimase la radice dell’idolatria a Baal e Astarte, che nell’instabilità del regno del Nord produsse le sue aberrazioni estreme.
Il profeta Osea, nativo del regno del Nord, svolse la sua azione tra il tempo di Geroboamo II (783 - 743) e il tempo precedente la distruzione di Samaria (722/721) ad opera degli Assiri.
Fu un tempo di lotte intestine, di congiure di palazzo, di assassini. Dopo la morte di Geroboamo II i re si succedettero a ritmo incalzante. Zaccaria durò meno di un anno (746 - 746): venne ucciso da Sallum. Sallum regnò anche lui per pochissimo tempo (745 - 745): venne ucciso da Menachèm. Più duraturo il regno di Menachèm (745 - 738). Effimero il regno di Pekachia (738 - 737): venne ucciso da Pekach. Relativamente più duraturo il regno di Pekach (737 - 732): venne ucciso da Osea. Otto anni (732 - 724) regnò il re Osea, insediato dal re assiro Tiglat-Pileser. Quando il re Osea si ribellò all’Assiria fu la fine. Salmanassar V nel 722/721 distrusse Samaria deportando masse enormi di popolazione.
Osea non è un filo-monarca, visti i molti risultati tragici della monarchia, ma ne accetta la realtà (1Sam 8,22).
Nel regno del Nord non ci fu mai una dinastia stabile. Per sua natura la casa regale del Nord doveva essere di contenimento dell’azione idolatrica di Salomone, ma le cose non andarono così, sia per l’azione aggressiva di Roboamo figlio di Salomone (1Re 12,22) sia per quella di Geroboamo (1Re 12,26s; Os 8,4).
La dinastia davidica (regno del Sud) ebbe continuità a causa della fedeltà di Davide al Signore (Cf. 1Re 11,36; 15,4; 2Re 8,19), ma fino al giugno/luglio del 587/586 quando Gerusalemme venne conquistata da Nabucodonosor e ci fu una prima deportazione a Babilonia; un mese dopo Gerusalemme venne distrutta e ci fu una nuova deportazione. Poi nel 582/581 ci fu una terza deportazione (Ger 52,30).
Il culto idolatra di Baal e ad Astarte
Il culto a Baal, soppresso nella Palestina dalla conquista Israelita, era esercitato nella terra cananea di area Fenicia.
Il culto cananeo aveva come divinità maggiore El, ma col tempo aveva prevalso il culto a Baal (significa signore), il cui simbolo era il toro, ma anche si usava per indicarlo la figura di un serpente e anche steli di pietra. Consorte di Baal era Astarte. Accanto a Baal e spesso confuso con esso c’era il dio Hadad, dio della tempesta.
Altre divinità facevano parte del pantheon cananeo-fenicio, ma non risultano incidenti nella storia biblica.
Il culto a Baal, come ben risulta dalla Bibbia, era stabilito nelle alture (bāmāh) costituite da uno spazio sacro con steli (massēbhāh), che portavano alla sommità degli incavi, probabilmente per porvi il sangue delle vittime quale segno di vita. C’erano poi pali, le ʼāsērāth, probabilimente significanti l’aspirazione al verdeggiare dei campi della dea Astarte (Asera). C’era un altare per i sacrifici, e recipienti d’acqua per i lavaggi rituali.
Le bāmāh avevano alberi sotto i quali si esercitava la prostituzione sacra.
Baal era il dio della guerra e della vegetazione e della pioggia. La sua pareda era Astarte (Aṡērāh), la dea terra, la dea della fecondità. La pioggia era il principio fecondante la terra che permetteva la vegetazione. I connubi con le prostitute sacre avevano lo scopo di rappresentare l’unione tra Baal e Astarte. La connessione logica delle ritualità sensuali con la pioggia, terra, vegetazione, era però del tutto fittizia, poiché la prostituzione sacra mai includeva la procreazione, il che rendeva la ritualità sensuale piuttosto un emblema della sterilità che della fecondità. Alla fine il nucleo di tutto era il senso elevato fino all’ingordigia a rito propiziatorio per la pioggia e la vegetazione.
Il culto cananeo prevedeva anche sacrifici umani. La Bibbia parla “di far passare bambini attraverso il fuoco in onore di Moloc” (Lv 18,21; 20,2; 2Re 23,10; Ger 32,35). Si tratta indubbiamente di sacrifici umani dove i bambini o le bambine (forse primogeniti) venivano sgozzati e poi consumati nel fuoco. Il luogo di tali sacrifici era chiamato dai fenici “tofet” (bruciatoio) (2Re 17,17; 23,10; Ger 7,31; Cf. Gs 6,26 e 1Re 16,34).
Il matrimonio di Osea
Osea svolse il suo ministero profetico nel regno del Nord, ma non fu per nulla estraneo al regno del Sud, poiché fedele al tempio di Gerusalemme e alle promesse fatte a Davide.
Nativo del regno del Nord, Osea fu contemporaneo di Amos. Il suo ministero profetico cominciò al tempo di Geroboamo II.
Dio gli disse di prendere in moglie una prostituta. Comando che sorpassa il divieto di prendere in moglie una donna dedita all’idolatria (prostituzione) (Es 34,16). Ma dalla legge di Mosè, Dio deroga, nel caso di una donna israelita datasi al culto idolatrico in una situazione di diffusa idolatria.
Il comando di Jhavéh tolse al profeta ogni esitazione riguardo all’osservanza della legge, lo pose però fortemente nel dramma dell’infedeltà di Israele.
La prostituzione non è intesa come comunemente la si intende, ma come idolatria, prostituzione agli idoli. Prostituzione agli idoli per ottenerne un compenso (Ez 16,15; 23,1), nel caso specifico i beni della campagna e degli armenti pensati facenti capo a Baal. E’ in tale contesto che Osea prende Gomer in moglie.
I figli di prostituzione sono tali perché riceveranno l’influsso della donna dedita alla “prostituzione”. Inevitabile (Es 34,16) perché i figli stavano i primi anni di vita più accanto alla madre che a padre, impegnato nei lavori agricoli e al commercio.
Il dramma del matrimonio di Osea si accentuò sfociando nell’adulterio della donna. Non più prostituta che guardava al guadagno, ma adultera che si dava al culto di Baal senza un utile immediato, pensando tuttavia di averlo (Cf. Ez 16,32). L’adulterio di Gomer è il passaggio allo stato di prostituta sacra in un’altura-santuario. La prostituta sacra veniva a immedesimare in sé la figura di Astarte, pareda di Baal.
Osea ricevette da Dio il comando di riprendere l’adultera (3,1s), che si era
venduta (2Re 17,17) e dalla quale Osea, secondo la legge, si era separato. Era possibile, nella situazione di corruzione nella quale visse Osea, che una jerodula (prostituta sacra) venisse ripresa dal marito mediante un riscatto.
Il riprendere una donna adultera era contrario alla legge, perché la donna doveva essere lapidata, ma Dio va oltre la legge di Mosè, ed è per questo che c’è un futuro di misericordia per il popolo (2,9 s), dopo il fallimento delle sue prospettive di peccato e il peso del rigore dello Sposo tradito.
Il valore del libro è caratterizzato dalla sottolineatura della categoria sponsale nell’alleanza tra Dio e il suo popolo. Una categoria già presente fin dal tempo dell’alleanza, poiché Dio si definì Dio geloso (Es 20,5; 34,14; Dt 4,24; 5,9; 6,15; 32,21; Gs 24,19), di gelosia divina. La gelosia è propria dell’amore che stabilisce una esclusività di appartenenza tra lo Sposo e la Sposa.
La categoria nuziale fa intravvedere l’immensa potenza d’amore dell’alleanza.
La sponsalità dell’amore Dio Osea la percepisce nell’analogia con il suo matrimonio, che è di indicazione anche per noi.
La categoria nuziale dell’alleanza è segno della fedeltà di Dio. Essa è nota di mistero (Ef 5,21-33) che non turba la paternità del Padre verso i suoi figli (11,1), ma la allontana dall’essere la paternità di un padre-padrone, così come Baal (2,18).
Non può sfuggire che il libro di Osea sia l’antecedente della composizione del Cantico dei Cantici, dove è assunta l’analogia nuziale tra Dio e il suo popolo.
Autenticità del libro di Osea
Lo stile del libro è omogeneo. La natura appassionata di Osea si avverte sempre per cui il libro risale precisamente al suo ministero profetico.
La composizione del testo avvenne ad opera di un raccoglitore degli oracoli del profeta, a lui vicinissimo.
Il libro non ha una concatenazione letteraria come la vorremmo noi, ma possiede una magnifica sequenza temporale dell’amore, poiché ad oracoli di sdegno, di castigo, seguono sistematicamente oracoli di speranza di riavere il cuore dell’amata.
Si ignora la datazione temporale degli oracoli e la loro estensione, ma tuttavia il libro non è un
ammasso di oracoli, poiché ci sono tratti coerenti con gli sviluppi della storia.
Il libro presenta passaggi dal tempo presente a quello futuro e viceversa; come pure passaggi dal discorso diretto, al discorso racchiuso nel cuore. Con ciò il libro possiede una grande vivacità drammatica.
Il matrimonio di Osea, così umanamente percepibile, è il conduttore simbolico alla comprensione del libro.
Il testo originale ebraico non è in buono stato di conservazione, ma non al punto di non poter essere inteso, anche con l’aiuto delle antiche versioni.
Il matrimonio di Osea
1
1 Parola del Signore rivolta a Osea,
figlio di Beerì, al tempo di Ozia, di Iotam, di Acaz, di Ezechia, re di
Giuda, e al tempo di Geroboamo, figlio di Ioas, re d’Israele.
2 Quando il Signore cominciò a parlare
a Osea, gli disse:
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“Va’, prenditi in moglie una prostituta, genera figli di
prostituzione, poiché il paese non fa che prostituirsi
allontanandosi dal Signore”. |
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3 Egli andò a prendere
Gomer, figlia di Diblàim: ella concepì e gli partorì un figlio.
4 E il Signore disse a Osea:
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“Chiamalo Izreèl, perché tra poco
punirò la casa di Ieu per il sangue sparso a Izreèl e porrò fine al
regno della casa d’Israele. 5 In quel
giorno io spezzerò l’arco d’Israele nella valle di Izreèl”. |
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6 La donna concepì di nuovo e partorì
una figlia e il Signore disse a Osea:
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“Chiamala Non-amata, perché non
amerò più la casa d’Israele, non li perdonerò più.
7 Invece io amerò la casa di Giuda
e
li salverò nel Signore, loro Dio; non li salverò con l’arco, con la
spada, con la guerra, né con cavalli o cavalieri”. |
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8 Quando ebbe svezzato Non-amata,
Gomer concepì e partorì un figlio. 9 E
il Signore disse a Osea:
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"Chiamalo
Non-popolo-mio, perché voi non siete popolo mio e io per
voi non sono”. |
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“Parola del Signore rivolta a Osea, figlio di Beerì, al tempo di Ozia, di Iotam, di Acaz, di Ezechia, re di Giuda, e al tempo di Geroboamo, figlio di Ioas, re d’Israele”. L’autore del libro appoggia la sua cronologia ai re di Giuda e al solo Geroboamo II, re di Israele. Il tempo di Geroboamo II (786 - 746) è posto alla fine della lista, ma in realtà è contemporaneo al tempo del re Ozia (783 - 742) segue Iotam figlio di Ozia (742 - 735); Acaz (736 - 716) figlio di Iotam, Ezechia (716 - 687) figlio di Acaz. I re di Israele dopo Geroboamo II non vengono nominati perché la regola della successione fu l’omicidio.
“Va’, prenditi in moglie una
prostituta…”. Osea desidera
prendere moglie, farsi una famiglia, ma ha di fronte a sé donne
israelite che si sono date all’idolatria, sperando prosperità dai falsi
dei. Osea è bloccato dalla Legge (Es 34,16), ma gli viene comandato di
superare le esitazioni. “Chiamalo
Izreèl, perché tra poco punirò la casa di Ieu…”.
La casa di Jeu comprende Joacaz (815 - 801), Johas (801 - 786),
Geroboamo II (786 - 746) e Zaccaria (746 -746) che verrà assassinato da
Sallum, estinguendosi così la dinastia di Jeu. I nomi dati ai due figli
e alla figlia sono nomi profetici. “Izreèl”,
Izreèl vide l’annientamento della casa di Acab ad opera di Jeu. La
strage voluta da Dio (2Re 9,7) venne eseguita da Jeu con
spregiudicatezza e crudele astuzia. Non era prevista l’uccisione di
Acazia (841) re di Giuda (2Re 9,27) anche se imparentato con la casa di
Acab (2Re 8,27), come pure non rientrava nella distruzione della casa di
Acab l’uccisione dei fratelli di Acazia (2Re 10,12). Jeu pur
annientando anche i profeti di Baal, i suoi sacerdoti (2Re 18,19)
continuò il peccato di Geroboamo (2Re 10,29). “Nella
valle di Izreèl”. La valle è
quella di Esdrelon che collegava il litorale cananeo-fenicio con la
valle del Giordano. Le invasioni Assire e Babilonesi passarono per la
valle di Esdrelon. “Chiamala
Non-amata, perché non amerò più la casa d’Israele, non li perdonerò più”.
“La casa di Israele”
è la discendenza di Jeu che verrà distrutta.
“Invece io amerò la casa di Giuda”.
“La casa di Giuda”
è quella davidica. Al tempo del re Zaccaria, nel regno di Giuda
governava Iotam (740 - 736), che operò bene al cospetto del Signore, ma
il popolo continuò a frequentare i luoghi delle alture (2Re 15,34-35;
2Cr 27,1s). “Li salverò nel
Signore, loro Dio; non li salverò con l’arco, con la spada, con la
guerra, né con cavalli o cavalieri”.
La salvezza di Giuda dipenderà non dalla forza delle armi, ma dal
soccorso divino. Iotam fu vincitore contro gli Ammoniti (2Cr 33,5) e
divenne potente. Dopo la parentesi infelice del re Acaz (736 - 716), suo
figlio, Ezechia (716 - 687), attuò una profonda riforma religiosa, e
ottenne da Dio che l’assiro Sennacherib lasciasse l’assedio di
Gerusalemme. “Chiamalo
Non-popolo-mio, perché voi non siete popolo mio e io per voi non sono”.
E’ Israele (regno del Nord) che è piombato nell’idolatria e non
riconosce più Jhavéh e la sua alleanza.
Il futuro di Israele
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2
1 Il numero degli Israeliti
sarà come la sabbia del mare,
che non si può misurare né contare.
E avverrà che invece di dire loro:
“Voi non siete popolo mio”,
si dirà loro: “Siete figli del Dio vivente”.
2 I figli di Giuda e i figli d’Israele si riuniranno insieme,
si daranno un unico capo
e saliranno dalla terra,
perché grande sarà il giorno di Izreèl!
3 Dite ai vostri fratelli: “Popolo mio”,
e alle vostre sorelle: “Amata”. |
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“Il numero degli Israeliti sarà come la sabbia del mare…”. Questo oracolo introduce alla speranza di una grande prosperità per tutto il popolo di Israele rifacendosi alle promesse fatte ad Abramo (Gn 32,13). Israele qui è inteso come tutto il popolo e non come il solo regno del Nord.
“E avverrà che invece di dire loro: ‹Voi non siete popolo mio›, si dirà loro: ‹Siete figli del Dio vivente›”. Questo futuro è quello messianico, poiché solo allora ci sarà un tale profondo rinnovamento del popolo. “Si dirà loro”, le genti riconosceranno la loro altissima dignità e anch’essi la vorranno.
“I figli di Giuda e i figli d’Israele si riuniranno insieme, si daranno un unico capo e saliranno dalla terra, perché grande sarà il giorno di Izreèl!”.
Si ricostituirà l’unità delle tribù sotto un solo re, cioè il Messia. “Saliranno
dalla terra”, è traduzione
incerta; più valida la traduzione “strariperanno
dal paese” (BJ), nel senso di
portatori e diffusori della verità.
“Il giorno di Izreèl!”. Izreèl significa: “Dio semina”. La località viene assunta come luogo della disfatta del passato fatto di peccati, così come fu luogo della disfatta della casa di Acab. Sarà, appunto, “il giorno di Izreèl”.
“Dite ai vostri fratelli: ‹Popolo mio›, e alle vostre sorelle: ‹Amata›”. La riconciliazione nel futuro re supererà le divisioni tra i figli di Giuda e i figli di Israele. I fratelli dei due regni si diranno: “popolo mio”, cioè: “Io appartengo a te”; le sorelle si diranno: “Amata”, cioè :”Noi siamo una unità”.
Israele sposa adultera
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4 Accusate vostra madre, accusatela,
perché lei non è più mia moglie
e io non sono più suo marito!
Si tolga dalla faccia i segni delle sue prostituzioni
e i segni del suo adulterio dal suo petto; 5 altrimenti la spoglierò tutta nuda
e la renderò simile a quando nacque,
e la ridurrò a un deserto, come una terra arida,
e la farò morire di sete. 6 I suoi figli non li amerò,
perché sono figli di prostituzione.
7 La loro madre, infatti, si è prostituita,
la loro genitrice si è coperta di vergogna,
perché ha detto: ‹Seguirò i miei amanti,
che mi danno il mio pane e la mia acqua,
la mia lana, il mio lino,
il mio olio e le mie bevande›. |
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“Accusate vostra madre, accusatela…”. La madre (13,9) è Israele, strutturato monarchicamente, quasi costantemente guidato da re che non promuovevano il vero culto a Dio, ma culti idolatrici in cui essi occupavano una posizione centrale. I re diventavano i capi dei sacerdoti come avveniva nei popoli stranieri e non più sostegno ai sacerdoti di Jhavéh e al culto vero.
Gli Israeliti devono avere il coraggio, intentando un processo-lite (rîb) contro la loro stessa nazione madre, di distanziarsi dagli esempi della loro madre, che è diventata adultera.
Essa è la moglie che da prostituta, mossa dal guadagno, è diventata adultera ”vendendosi” agli stranieri e ai loro idoli, giungendo così a prostituirsi ad un livello peggiore di prima (Cf. Ez 16,32), credendo di diventare grande. Il marito offeso chiama i figli, seppur già figli di prostituzione, ad accusare la loro madre, affinché si liberino dal suo influsso.
Se i figli non si distanzieranno dal suo comportamento di adultera, non saranno più amati. In concreto Dio chiede che si istauri in Israele un movimento al seguito dei profeti di Jhavéh contro le ingiustizie della nazione guidata dai re.
Traspare chiaramente la vicenda di Osea, sposato a una prostituta, che poi ha visto vendersi ai culti idolatrici, quale prostituta sacra. Tale dramma matrimoniale evidenzia lo sdegno e il dolore di Jhavéh, che pur non rinuncia alla nazione ebraica con la quale si è legato con l’alleanza, e alla quale, nonostante tutto, resta fedele.
“Perché lei non è più mia
moglie e io non sono più suo marito!”.
E’ una formula giuridica di divorzio, attestata in Mesopotamia. Tuttavia
non è per Jhavéh l’estinzione del suo amore per la moglie adultera,
poiché rimane l’invito al ravvedimento. “Si
tolga dalla faccia i segni delle sue prostituzioni e i segni del suo
adulterio dal suo petto”. Sono i
disegni sacri e gli amuleti che distinguevano una prostituta sacra.
“Altrimenti la spoglierò tutta
nuda e la renderò simile a quando nacque”.
Era un’usanza antica con cui l’adultera veniva pubblicamente trattata,
come suo estremo disonore e per dire che al marito non importava più
nulla (Lam 1,8; Ez 16,37-41; Na 3,5). Il testo allude a come i
prigionieri nelle deportazioni assire e babilonesi venivano fatti
camminare denudati. “La
ridurrò a un deserto, come una terra arida, e la farò morire di sete”.
Allusione alle sofferenze lungo le lande deserte del cammino di
deportazione. “I suoi figli
non li amerò, perché sono figli di prostituzione”.
Non avendo intentato il processo-lite (rîb) i figli di prostituzione non
hanno più via di salvezza. “Perché
ha detto: ‹Seguirò i miei amanti, che mi danno il mio pane e la mia
acqua, la mia lana, il mio lino, il mio olio e le mie bevande›”.
La moglie adultera ha voluto seguire gli dei stranieri pensando di avere
da loro la prosperità dei campi e delle greggi. Va notato l’insistente “il
mio”, a indicazione del possesso
dei beni pensandoli come dovuti per le sue prostituzioni cultuali ai
Baal e alle Astarti.
Lo Sposo divino segrega la Sposa adultera
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8 Perciò ecco, ti chiuderò la strada con spine,
la sbarrerò con barriere e non ritroverà i suoi sentieri.
9 Inseguirà i suoi amanti,
ma non li raggiungerà, li cercherà senza trovarli. |
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“Perciò ecco, ti chiuderò la strada con spine, la sbarrerò con barriere e non ritroverà i suoi sentieri”. Il marito si rivolge alla moglie adultera. Jhavéh porrà davanti all’adultera spine, barriere, il crollo delle sue strategie.
“Inseguirà i suoi amanti, ma non li raggiungerà, li cercherà senza trovarli”. Nell’incalzare delle segregazioni l’adultera cercherà soccorso dagli dei che si è scelto, come un’amante impazzita, ma non li raggiungerà né li troverà, perché semplicemente non esistono.
Le sventure accaddero. Nel 739 Tiglat-Pileser III riportò una vittoria su Azaria, re di Giuda (2Cr 26,1s). Nel 733 gli Assiri dilagarono attraverso la valle di Esdrelon conquistando gran parte del regno del Nord, con deportazioni e uccisioni di massa. (2Re 15,29; 1Cr 5,6.26). Nello stesso tempo Acaz, re di Giuda, dovette sostenere gli attacchi degli Edomiti e dei Filistei (2Re 16,6; 2Cr 28,17-18).
Momenti di pentimento non sincero
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Allora dirà: ‹Ritornerò al mio marito di prima,
perché stavo meglio di adesso›.
10 Non capì che io le davo grano, vino nuovo e olio,
e la coprivo d’argento e d’oro,
che hanno usato per Baal. |
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“Allora dirà: ‹Ritornerò al mio marito di prima, perché stavo meglio di adesso”. Proposito di cambiamento della moglie adultera, ma non si tratta di un cambiamento stabile.
Lo sdegno dello Sposo verso la Sposa adultera
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11 Perciò anch’io tornerò a riprendere
il mio grano, a suo tempo,
il mio vino nuovo nella sua stagione;
porterò via la mia lana e il mio lino,
che dovevano coprire le sue nudità.
12 Scoprirò allora le sue vergogne agli occhi dei suoi amanti
e nessuno la toglierà dalle mie mani.
13 Farò cessare tutte le sue gioie, le feste, i noviluni, i sabati,
tutte le sue assemblee solenni.
14 Devasterò le sue viti e i suoi fichi,
di cui ella diceva:
‹Ecco il dono che mi hanno dato i miei amanti›.
Li ridurrò a una sterpaglia
e a un pascolo di animali selvatici.
15 La punirò per i giorni dedicati ai Baal,
quando bruciava loro i profumi,
si adornava di anelli e di collane
e seguiva i suoi amanti,
mentre dimenticava me!
Oracolo del Signore. |
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“Perciò anch’io tornerò a riprendere il mio grano, a suo tempo…”. La moglie infedele attribuiva a sé alle sue prostituzioni i beni della terra (2,7), e ora Dio dice che riprende ciò che aveva donato.
“Scoprirò allora le sue
vergogne agli occhi dei suoi amanti…”.
Gli amanti sono i re stranieri e i loro culti idolatrici da lei seguiti.
Ancora viene espressa la minaccia del disonore del denudamento (2,5).
“Farò cessare tutte le sue
gioie, le feste, i noviluni, i sabati, tutte le sue assemblee solenni”.
Sarà la fine delle ricorrenze sacre e non sacre, poiché tutto è fatto
contro Jhavéh. “Devasterò le
sue viti e i suoi fichi, di cui ella diceva: ‹Ecco il dono che mi hanno
dato i miei amanti›…”. “La
punirò per i giorni dedicati ai Baal, quando bruciava loro i profumi, si
adornava di anelli e di collane e seguiva i suoi amanti, mentre
dimenticava me!”. Il proposito di
Dio è duro e irreversibile, ma contiene pure il disegno di ricondurre a
sé la sposa adultera. La punizione è correzione.
Dio non rinuncia ad amare la Sposa infedele per farla diventare fedele
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16 Perciò, ecco, io la
sedurrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore.
17 Le renderò le sue vigne
e trasformerò la valle di Acor in porta di speranza.
Là mi risponderà come nei giorni della sua giovinezza,
come quando uscì dal paese d’Egitto. |
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“Perciò, ecco, io la sedurrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore”. Dopo la punizione Jhavéh cerca di nuovo il cuore di Israele. Per questo condurrà l’amata adultera nel deserto, nel senso di una rievocazione appassionata del cammino nel deserto del Sinai. Il deserto mesopotamico che l’amata adultera percorrerà al ritorno dalla schiavitù assiro-babilonese, le farà ricordare la liberazione dall’Egitto (Cf. Ger 32,37).
Dio nel Sinai si impose al suo popolo con tutta la maestà della sua trascendenza, ma nel futuro gli parlerà al cuore.
La Legge di Mosè parlò infatti alla scorza dell’uomo, ma nel futuro Dio parlerà per mezzo del Messia al
cuore dell’uomo.
Così, l’esodo dall’Egitto giungerà al suo compimento nella liberazione dalla schiavitù del peccato, ciò attraverso il Messia
“Le renderò le sue vigne e
trasformerò la valle di Acor in porta di speranza”.
“Valle di Acor”
(“valle di sventura”). E’ una valle, dell’area di Gerico, già luogo di
un’infedeltà idolatrica ragione di una grave sconfitta militare ad Ai,
vicino a Bet-Aven, soprannome di Betel (Gs 7,2.10.20). La valle,
partendo dal Giordano vicino a Gerico, conduce alla fertile territorio
centrale della Palestina. Da valle della sventura in porta della
speranza. Non ci saranno le defezioni idolatriche fonte di
sventura. “Là mi risponderà
come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese
d’Egitto”. Nel futuro, quando
riavrà “le sue vigne”,
nel compimento messianico dell’Esodo, la moglie adultera risponderà con
amore all’Amore.
Riconciliazione nella giustizia
e nell’amore
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18 E avverrà, in quel giorno
- oracolo del Signore - mi chiamerai: “Marito mio”,
e non mi chiamerai più: “Baal, mio padrone”.
19 Le toglierò dalla bocca
i nomi dei Baal e non saranno più chiamati per nome.
20 In quel tempo farò per
loro un’alleanza con gli animali selvatici e gli uccelli
del cielo e i rettili del suolo; arco e spada e guerra
eliminerò dal paese, e li farò riposare tranquilli.
21 Ti farò mia sposa per
sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto,
nell’amore e nella benevolenza,
22 ti farò mia sposa nella fedeltà e tu
conoscerai il Signore. |
|
“E avverrà, in quel giorno -
oracolo del Signore - mi chiamerai: ‹Marito mio›, e non mi chiamerai
più: ‹Baal, mio padrone›”. Baal
significa signore, padrone, proprietario. Tali titoli erano dati al
marito, ma nel futuro il marito non sarà più detto “mio
padrone”, ma “marito
mio”, sottolineando così
un’intimità sponsale che rende molto diversa la sottomissione al marito
(Cf. Ef 5,21s). “Le toglierò
dalla bocca i nomi dei Baal e non saranno più chiamati per nome”.
Il nome di Baal lo si ritrova spessissimo unito a nomi di città o di
monti, quale possessore dei vari luoghi. Ad esempio: Baal Zephon (il
luogo era il monte Zepfon); Baal Peor (il luogo era il monte Monte
Peor); Baal Shamîm (il luogo era il monte Shamim); Baal di Tiro; Baal
Hermon (il luogo era il monte Hermon). “In
quel tempo farò per loro un’alleanza con gli animali selvatici e gli
uccelli del cielo e i rettili del suolo”.
Tempo di futura prosperità dove gli animali non periranno per carestie e
neanche subiranno ecatombi degli uomini affamati per mancanza di cibo.
Dio darà pioggia, e abbondanza di frutti della terra. “Arco
e spada e guerra eliminerò dal paese, e li farò riposare tranquilli”.
Il ritorno a lui, che ama sempre per primo sarà segnato dalla pace (Lv
26,6; Is 2,1-5; 9,5; 11,6-9; 48,18; 60,17; 65,25; 66,12; Ger 29,11; Ps
84/85,11, ecc.) “Ti farò mia
sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto,
nell’amore e nella benevolenza”.
La futura nuova alleanza avrà l’intensità di un incontro sponsale. La
Sposa sarà attratta e unita a sé dallo Sposo. Il rito nuziale sarà nella
giustizia e nel diritto, infatti Cristo sulla croce espierà i peccati
degli uomini; e sarà espiazione d’amore: “nell’amore
e nella benevolenza”. “Ti
farò mia sposa nella fedeltà e tu conoscerai il Signore”.
La fedeltà di Cristo non farà fuggire di fronte ai tormenti, ma lo
condurrà a sostenerli, manifestando così il suo immisurabile amore: “tu
conoscerai il Signore”.
Il futuro dell’amore
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23
E avverrà, in quel giorno - oracolo del Signore - io risponderò al cielo
ed esso risponderà alla terra;
24 la terra risponderà al grano,
al vino
nuovo e all’olio e questi risponderanno a Izreèl.
25 Io li seminerò di
nuovo per me nel paese e amerò Non-amata, e a Non-popolo-mio dirò:
“Popolo mio”, ed egli mi dirà: “Dio mio”. |
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“E
avverrà, in quel giorno - oracolo del Signore - io risponderò al cielo
ed esso risponderà alla terra”.
Dio risponderà al cielo che chiede, con personificazione letteraria, le
nubi e il cielo con le nubi risponderà alla terra arsa dalla siccità.
Non è Baal che dà pioggia e fertilità, ma Jhavéh (Cf. 1Re 17,1; 18,41).
“La terra risponderà al grano,
al vino nuovo e all’olio e questi risponderanno a Izreèl”.
Dio ristabilirà l’armonia tra la terra e i raccolti attesi dagli uomini.
Izreél, nella fertile pianura della valle di Esdrelon, diventa
luogo-simbolo della benedizione di Dio “Io
li seminerò di nuovo per me nel paese”.
Izreél significa “Dio semina”. Dio seminerà lui stesso il
grano, la vite, l’olivo, a indicare l’abbondanza dei raccolti.
Izreél è il nome dato da Osea al suo primo figlio (1,4). “Izreél”,
da nome evocante un castigo è diventato di promessa di bene futuro.
“E amerò Non-amata, e a
Non-popolo-mio dirò: ‹Popolo mio›, ed egli mi dirà: ‹Dio mio›”.
“Non-amata”
è il nome simbolico dato da Osea alla figlia. Era un nome che indicava
il rifiuto di Dio, ma Non-amata sarà amata. “Non-popolo-mio”
era il nome simbolico dato da Osea al suo secondo figlio, ora invece si
ha “Popolo mio”,
che dirà: “Dio mio”.
Osea riprende Gomer benché adultera
3
1 Il Signore mi disse: “Va’ ancora, ama la tua donna: è amata dal marito ed è adultera, come il Signore ama i figli d’Israele ed essi si rivolgono ad altri dei e amano le schiacciate d’uva”.
2 Io me l’acquistai per quindici pezzi d’argento e un homer e mezzo d’orzo
3 e le dissi: “Per molti giorni starai con me, non ti prostituirai e non sarai di alcun uomo; così anch’io mi comporterò con te”.
4 Poiché per molti giorni staranno i figli d’Israele senza re e senza capo, senza sacrificio e senza stele, senza efod e senza terafìm.
5 Poi torneranno i figli d’Israele, e cercheranno il Signore, loro Dio, e Davide, loro re, e trepidi si volgeranno al Signore e ai suoi beni, alla fine dei giorni.
“Il Signore mi disse: ‹Va’ ancora, ama la tua donna: è amata dal marito ed è adultera…”. Una donna oggetto di divorzio non poteva essere ripresa dal marito, inoltre se adultera doveva essere lapidata, ma la situazione di corruzione diffusa rendeva in pratica inapplicabile la legge di Mosè, peraltro oscurata. Osea riprende con sé la moglie adultera.
“…come il Signore ama i figli
d’Israele ed essi si rivolgono ad altri dèi e amano le schiacciate
d’uva›”. Osea riprendendo la
moglie adultera imita l’amore misericordioso di Dio per il suo popolo.
Le schiacciate d’uva dovevano essere connesse alla vendemmia (non
si parla di uva appassita), e quindi al ciclo agrario, per cui le
schiacciate d’uva venivano rapportate a Baal. “Io
me l’acquistai per quindici pezzi d’argento e un homer e mezzo d’orzo”.
Non si conosce il valore monetario dei quindici pezzi d’argento, che
pare il doppio di un siclo, rapportandosi al prezzo del riscatto d’una
schiava (Es 21,32; Lv 27,4). Un “homer”
equivaleva a 220 litri; in tutto si hanno circa 8 quintali: otto sacchi.
Osea riscatta la moglie dalla condizione di ierodula datasi a un padrone
di un luogo di culto. “Le
dissi: ‹Per molti giorni starai con me, non ti prostituirai e non sarai
di alcun uomo; così anch’io mi comporterò con te›”.
Osea stabilisce un periodo di prova e di purificazione della moglie
adultera. Anche Osea si asterrà da rapporti con la moglie adultera.
“Poiché per molti giorni staranno
i figli d’Israele senza re e senza capo, senza sacrificio e senza stele,
senza efod e senza terafìm”. E’
un elenco degli elementi usati nel culto baalico, che saranno lasciati
nella Palestina nella deportazione in Assiria. L’efod (veste rituale); i
sacrifici (per mancanza di vittime); le stele a Baal; i terafim (piccole
statuette domestiche raffiguranti Baal e Astarte). Non avranno nessuna
consistenza politica (re e capi). “Poi
torneranno i figli d’Israele, e cercheranno il Signore, loro Dio, e
Davide, loro re, e trepidi si volgeranno al Signore e ai suoi beni, alla
fine dei giorni”. “I
figli di Israele” inseguiti
dall’amore di Dio e dalle sventure “cercheranno
il Signore”, e abbandoneranno i
vani sogni delle case dei re del regno del Nord per rivolgersi a Davide
al quale sono state fatte le promesse di una salda casa futura (2Sam
7,16). Ciò avverrà alla “fine
dei giorni” dell’esilio. Il regno
del Nord e del Sud risulteranno di nuovo uniti (2,2). La deportazione
degli abitanti della Giudea non fu universale e neppure quella della
Samaria. La parte deportata del regno del Nord rimase sparsa e confusa
tra le genti. Ritornerà il resto di Israele, composto dalla tribù di
Giuda e dalla tribù di Beniamino, che verrà assorbita dalla tribù di
Giuda. Lo Jhavismo samaritano resterà però autonomo a Gerusalemme,
ponendo un proprio tempio sul monte Garizim; tuttavia sarà in attesa del
Messia (Gv 4,25) secondo il Deuteronomio (18,15).
La corruzione dei figli di Israele
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4
1 Ascoltate la
parola del Signore, o figli d’Israele, perché il Signore è
in causa con gli abitanti del paese. Non c’è infatti
sincerità né amore, né conoscenza di Dio nel paese.
2 Si
spergiura, si dice il falso, si uccide, si ruba, si commette
adulterio, tutto questo dilaga e si versa sangue su
sangue. 3 Per questo è in lutto il paese e chiunque vi
abita langue, insieme con gli animali selvatici e con
gli uccelli del cielo; persino i pesci del mare periscono.
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|
“Ascoltate la parola del
Signore, o figli d’Israele, perché il Signore è in causa con gli
abitanti del paese”. Il profeta
invita i figli di Israele, sia il regno del Nord, sia in quello del Sud
ad ascoltare quanto dice il Signore che “è
in causa” con loro, visto che lo
accusano di non intervenire mentre imperversa una carestia. Il Signore
dimostra come le calamità nascano perché “gli
abitanti del paese” disprezzano
l’alleanza stabilita con lui (Es 19,1s; 20,1s; 23,20s; 34,1s; Dt 5 - 11)
“Non c’è infatti sincerità né
amore, né conoscenza di Dio nel paese. Si spergiura, si dice il falso,
si uccide, si ruba, si commette adulterio, tutto questo dilaga e si
versa sangue su sangue”.
L’ipocrisia, la violenza, la falsità, la trascuratezza della conoscenza
Dio, e ciò con colpa grande dei sacerdoti (4,4), sono diffuse “nel
paese”, cioè nella terra che Dio
ha dato a Israele. “Per questo
è in lutto il paese e chiunque vi abita langue, insieme con gli animali
selvatici e con gli uccelli del cielo; persino i pesci del mare
periscono”. Dio ha colpito il
paese con una carestia, e Baal si rivela inutile, un’invenzione di menti
che non vogliono ragionare. I pesci muoiono perché il caldo continuo fa
sì che il mare di Kinneret (mare di Galilea) perda ossigeno.
Accuse contro i sacerdoti
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4 Ma nessuno accusi, nessuno contesti;
contro di te, sacerdote, muovo l’accusa.
5 Tu inciampi di giorno
e anche il profeta con te inciampa di notte
e farò perire tua madre. 6 Perisce il mio popolo per mancanza di conoscenza.
Poiché tu rifiuti la conoscenza,
rifiuterò te come mio sacerdote;
hai dimenticato la legge del tuo Dio
e anch’io dimenticherò i tuoi figli. 7 Tutti hanno peccato contro di me;
cambierò la loro gloria in ignominia.
8 Essi si nutrono del peccato del mio popolo
e sono avidi della sua iniquità.
9 Il popolo e il sacerdote avranno la stessa sorte;
li punirò per la loro condotta
e li ripagherò secondo le loro azioni. 10 Mangeranno, ma non si sazieranno,
si prostituiranno, ma non aumenteranno,
perché hanno abbandonato il Signore
per darsi 11 alla prostituzione”. |
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“Ma nessuno accusi, nessuno contesti”. Nessuno può contestare di ingiustizia Dio, poiché è stata violata l’alleanza.
“Contro di te, sacerdote,
muovo l’accusa. Tu inciampi di giorno e anche il profeta con te inciampa
di notte”. La responsabilità più
grave ricade sul sacerdozio, che opera di giorno, affiancato da falsi
profeti che vaticinano le loro fantasie notturne. “Farò
perire tua madre”. La struttura
monarchica (la madre) ha prevalso sul sacerdozio facendolo servo del suo
potere. “Perisce il mio popolo
per mancanza di conoscenza”. I
sacerdoti dovevano fare conoscere la Legge del Signore, e invece
lasciano il popolo in preda ai falsi culti. “Poiché
tu rifiuti la conoscenza, rifiuterò te come mio sacerdote”.
Non solo trascurano i sacerdoti il loro dovere, ma rifiutano la
conoscenza della Legge recependo le favole tragiche della mitologia. Al
rifiuto della conoscenza corrisponde il rifiuto della loro autorità
sacerdotale. “Hai dimenticato
la legge del tuo Dio e anch’io dimenticherò i tuoi figli”.
Per i figli dei sacerdoti non ci sarà provvidenza di Dio perché non
hanno ricevuto l’insegnamento della Legge, ma cedimenti idolatrici. Essi
sperano che in virtù della loro dignità sacerdotale il futuro dei figli
sia indenne da mali, ma non sarà così. “Tutti
hanno peccato contro di me; cambierò la loro gloria in ignominia”.
La corruzione della classe sacerdotale è estesa, poiché si sono fatti
soggiogare dall’istituto monarchico. Il loro compito era gloria concessa
loro da Dio, ma loro erano giunti a pensarla come un loro diritto, e non
come dono da far fruttificare. Perciò “la
loro gloria” Dio la trasformerà
in ignominia. “Essi si nutrono
del peccato del mio popolo e sono avidi della sua iniquità”.
I sacerdoti “si nutrono del
peccato” del popolo e “sono
avidi della sua iniquità”, poiché
il popolo non li onora per quello che devono essere davanti a Dio, ma
per il loro rifiuto di Dio, che trova il consenso del popolo. “Il
popolo e il sacerdote avranno la stessa sorte; li punirò per la loro
condotta e li ripagherò secondo le loro azioni”.
Popolo e sacerdote sono reciprocamente complici nel peccato e perciò “avranno
la stessa sorte”. “Mangeranno,
ma non si sazieranno, si prostituiranno, ma non aumenteranno, perché
hanno abbandonato il Signore”.
I sacerdoti non vivranno nel benessere, come sognano. Continueranno a
prostituirsi a Baal credendo di avere prosperità, ma avverrà la loro
rovina.
Le aberrazioni dell’idolatria
|
Il vino
vecchio e quello nuovo tolgono il senno.
12 “Il mio popolo consulta
il suo pezzo di legno e il suo bastone gli dà il responso,
poiché uno spirito di prostituzione li svia e si
prostituiscono, allontanandosi dal loro Dio.
13 Sulla cima dei monti
fanno sacrifici e sui colli bruciano incensi sotto la
quercia, i pioppi e i terebinti, perché buona è la loro
ombra. Perciò si prostituiscono le vostre figlie e le
vostre nuore commettono adulterio.
14 Non punirò le vostre figlie se si prostituiscono,
né le vostre nuore se commettono adulterio; poiché essi
stessi si appartano con le prostitute e con le prostitute
sacre offrono sacrifici”. Un popolo, che non comprende, va
in rovina!
|
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“Il vino vecchio e quello nuovo tolgono il senno”. Il popolo desidera
raccolti abbondanti di uva per avere vino, sia della qualità di vino
vecchio, sia di vino nuovo. Con tale desiderio invocano Baal (7,14), dio
della fertilità dei campi. Il vino toglie però il senno ed essi non
vogliono comprendere che solo Jhavéh ha il potere di dare prosperi
raccolti. “Il mio popolo
consulta il suo pezzo di legno e il suo bastone gli dà il responso…”.
Le pratiche pagane di divinazione sembrano fornire sicurezza per il
futuro, ma danno solo illusioni e prostituzione. Le invocazioni a Baal
perché dia indicazioni sul presente e sul futuro hanno il prezzo di
pratiche tetre e menzognere (1Re 18,28; Os 7,14; Zc 13,6) “Sulla
cima dei monti fanno sacrifici e sui colli bruciano incensi sotto la
quercia, i pioppi e i terebinti”.
Sono le bāmāh (alture) con le loro ritualità. “Non
punirò le vostre figlie se si prostituiscono, né le vostre nuore se
commettono adulterio; poiché essi stessi si appartano con le prostitute
e con le prostitute sacre offrono sacrifici”.
Le figlie si prostituiscono, ma non sono adultere perché senza marito;
le nuore invece sono adultere. Gli uomini sono ben più responsabili
perché frequentano le prostitute, e anche le prostitute sacre con le
quali offrono sacrifici a Baal. “Un
popolo, che non comprende, va in rovina!”.
Il culto a Baal non porta che rovina. Il popolo non comprende che Baal è
il nulla.
Esortazione a non farsi adescare dalla corruzione
|
15 Se ti prostituisci tu,
Israele, non si renda colpevole Giuda. Non andate a
Gàlgala, non salite a Bet-Aven,. non giurate per il
Signore vivente. 16 E
poiché come giovenca ribelle si ribella Israele, forse potrà
pascolarlo il Signore come agnello in luoghi aperti?
17 Èfraim si è alleato
agli idoli: 18 dopo
essersi ubriacati si sono dati alla prostituzione, hanno
preferito il disonore alla loro gloria.
19 Un vento li travolgerà
con le sue ali e si vergogneranno dei loro sacrifici. |
|
“Se
ti prostituisci tu, Israele, non si renda colpevole Giuda”.
Il Signore fa appello alla tribù di Giuda affinché rimanga salda anche
sotto la pressione dei re, discendenti di Davide, ma corrotti “Non
andate a Gàlgala, non salite a Bet-Aven”.
Gàlgala (cerchio di pietre) era situata tra il Giordano e
Gerico A Gàlgala c’era un luogo cultuale che risaliva a Giosué (Gs
5,8-10). A Gàlgala Saul commise il peccato di disobbedienza offrendo
un olocausto (1Sam 13,9-13), che Samuele aveva precisato doverlo fare
lui (10,8). Samuele, da quanto si può intendere, si riproponeva di
spiegare a Saul la distinzione tra l’ambito politico di re e l’ambito
cultuale. Le idolatrie introdotte dai re di Giuda e di Israele facevano
precisamente del re il capo del culto. Osea concepisce Galgala come la
radice del comportamento dei re corrotti. Bet-Aven è la città Betel. Il
nome è trasformato in Bet-Aven in modo dispregiativo: casa
dell'idolo. Forse esisteva un pellegrinaggio che da Gàlgala
saliva a Bet-Aven. “Non
giurate per il Signore vivente”.
Si giurava sincretisticamente per Jhavéh davanti al vitello d’oro,
pensando che Jhavéh fosse immanente al vitello di metallo. L’idolatria
procedeva dall’assurda e aggrovigliata idea che nell’immagine si
stabilisse la divinità formando con lei una realtà unitaria, ma
l’immagine era solo un’opera dell’arte umana; di metallo o di legno o di
pietra o di terracotta. Nulla aveva di vivente. L’archeologia ha
fornito indicazioni che si era giunti a identificare Jhavéh con Baal, e
conseguentemente si aggiungeva a Jhavéh, come pareda, Astarte. “E
poiché come giovenca ribelle si ribella Israele, forse potrà pascolarlo
il Signore come agnello in luoghi aperti?”.
L’immagine della giovenca ribelle rende la cocciutaggine di Israele.
Israele non può essere guidato da Jhavéh in campi aperti, campi di
foraggio e di libertà. “Èfraim
si è alleato agli idoli: dopo essersi ubriacati si sono dati alla
prostituzione, hanno preferito il disonore alla loro gloria”.
“Èfraim”
era la tribù principe di Israele per forza militare e ricchezza; il
nerbo del regno del Nord al momento della sua costituzione, ma aderì
agli idoli, facendo con essi alleanza, oscurando a se stesso quella del
Sinai. Èfraim prima si è ubriacato della sua gloria, che non gli veniva
da sé, ma da Jhavéh, poi ebbro di superbia si è dato agli idoli, dai
quali riceve solo “disonore”.
“Un vento li travolgerà con le
sue ali e si vergogneranno dei loro sacrifici”.
Un turbine li travolgerà come fossero un nulla. Nella rovina si
vergogneranno delle loro pratiche idolatriche aprendo la strada al
ritorno a Jhavéh loro Dio, vivo e vero (Cf. Ger 10,10; I Ts 1,9).
La pervicacia dei sacerdoti e della casa del re
|
5
1 Ascoltate questo, o sacerdoti,
state attenti, casa d’Israele,
o casa del re, porgete l’orecchio,
perché a voi toccava esercitare la giustizia;
voi foste infatti un laccio a Mispa,
una rete tesa sul Tabor 2 e una fossa profonda a Sittìm.
Ma io correggerò tutti costoro.
3 Io conosco Èfraim e non mi è ignoto Israele.
Ti sei prostituito, Èfraim!
Si è reso impuro Israele”. 4 Le loro azioni non permettono
di fare ritorno al loro Dio,
perché uno spirito di prostituzione è fra loro
e non conoscono il Signore. 5 L’arroganza d’Israele testimonia contro di lui,
Israele ed Èfraim inciamperanno per le loro colpe
e Giuda inciamperà con loro. 6 Con le loro greggi e i loro armenti
andranno in cerca del Signore,
ma non lo troveranno:
egli si è allontanato da loro. 7 Sono stati infedeli verso il Signore,
generando figli bastardi:
la nuova luna li divorerà
insieme con i loro campi.
|
|
“Ascoltate questo, o
sacerdoti, state attenti, casa d’Israele, o casa del re, porgete
l’orecchio, perché a voi toccava esercitare la giustizia”.
La parola è rivolta ai massimi responsabili: ai sacerdoti, e alla casa
del re, detta anche “casa
d’Israele”. E’ riconosciuto re
legittimo di Israele quello di Gerusalemme. Quelli del regno del Nord
sono delegittimati (8,4). “Voi
foste infatti un laccio a Mispa, una rete tesa sul Tabor e una fossa
profonda a Sittìm”. In Mispa (torre
di guardia), si deve riconoscere una delle tre città dove Samuele
giudicava, visto che sono menzionate anche Galgala e Betel (1Sam 7,16).
Le tre località sono viste come quelle del governo antecedente
all’istituzione della monarchia. “Io
conosco Èfraim e non mi è ignoto Israele. Ti sei prostituito, Èfraim! Si
è reso impuro Israele”. Èfraim è
la tribù guida del regno del Nord per l’inconsistenza dei re, che si
succedono omicidio dopo omicidio. Israele è qui il regno del Nord. “L’arroganza
d’Israele testimonia contro di lui, Israele ed Èfraim inciamperanno per
le loro colpe e Giuda inciamperà con loro”.
Anche Giuda inciampa nella corruzione. Giuda doveva cercare di riformare
il regno del Nord, ma non lo fece se non al tempo del re Ezechia. “Con
le loro greggi e i loro armenti andranno in cerca del Signore, ma non lo
troveranno: egli si è allontanato da loro”.
Greggi e armenti erano il nucleo forte della prosperità del paese. Con
tutta probabilità qui si tratta di una situazione di carestia. Nella
carestia cercheranno Jhavéh ma non lo troveranno poiché lo cercheranno
senza conversione vera. “Sono
stati infedeli verso il Signore, generando figli bastardi”.
La loro progenie è stata infettata dalla prostituzione agli idoli e
perciò sono “figli bastardi”,
cioè figli della corruzione. “La
nuova luna li divorerà insieme con i loro campi”.
Il giorno della Luna nuova era osservato come il sabato e le altre feste
(Is 66.23; Ez 46:1-3,9; Am 8:5) e il re faceva intensi festeggiamenti
(Nm 10:10; 1Sam 20,5,18; 2Re 4:23; 1Cr 23,31; 2Cr 31,3). Il giorno del
novilunio era dedicato in special modo a radunarsi insieme e a
banchettare. L’ingresso dell’idolatria aveva viziato quel giorno
(2,11), così le feste della Luna nuova non furono garanti di prosperità,
ma di sventura.
La guerra fratricida
|
8 Suonate il corno a Gàbaa
e la tromba a Rama, date l’allarme a Bet-Aven, all’erta,
Beniamino! 9 Èfraim sarà
devastato nel giorno del castigo: per le tribù d’Israele
annuncio una cosa sicura. 10
I capi di Giuda sono diventati come quelli che spostano i
confini e su di loro come acqua verserò la mia ira.
11 Èfraim è schiacciato
dal giudizio, da quando ha cominciato a inseguire il nulla.
12 Ma io sarò come una
tignola per Èfraim, e come un tarlo per la casa di Giuda.
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“Suonate
il corno a Gàbaa e la tromba a Rama, date l’allarme a Bet-Aven”.
Gàbaa è una località a 6 km in direzione nord da Gerusalemme, sulla via
che conduce a Rama, oggi Tell el-Ful. In questa città beniaminita ci fu
il crimine di una richiesta perversa di abusare del levita ospite e
l’uccisione efferata della donna del levita (Gd 19-20). Rama era
anch’essa una città beniaminita. Betel era città di confine fra i
territori delle tribù di Efraim e di Beniamino ed era elencata tra le
città beniaminite. Anticamente era chiamata Luza, oggi Bētīn. I tre
villaggi erano sul confine tra i regni di Giuda e d'Israele. I tre
villaggi furono probabilmente annessi al regno del Nord dall’offensiva
militare di Ioas (798 - 783) (2Re 14,8-14). Il regno del Nord venne però
indebolito dall’assiro Tiglat-Pilèser III, che aveva nel 734 conquistò
parte della Galilea. “All’erta,
Beniamino!”. Il suono della
tromba è suono d’allarme per l’arrivo di un contrattacco del regno di
Giuda, fattosi forte poiché le forze militari del regno del Nord, dopo
aver cercato, con l’apporto delle truppe di Damasco di assediare (2Re
16,5) Gerusalemme, erano arretrate (732) per ostacolare l’avanzata
Assira, che procedeva su Samaria dopo la conquista di Damasco. “Èfraim
sarà devastato nel giorno del castigo: per le tribù d’Israele annuncio
una cosa sicura”. Efraim, il
nerbo delle tribù regno del Nord crollerà di fronte agli Assiri
(722/721) e Samaria verrà espugnata. Il regno del Nord scomparve. “I
capi di Giuda sono diventati come quelli che spostano i confini e su di
loro come acqua verserò la mia ira”.
La situazione di disfatta del regno del Nord sembrò per Giuda
l’opportunità di dilatare i suoi confini, ma ciò non accadde. “Èfraim
è schiacciato dal giudizio, da quando ha cominciato a inseguire il nulla”.
La causa della rovina di Èfraim è il nulla degli idoli. “Ma
io sarò come una tignola per Èfraim, e come un tarlo per la casa di
Giuda”. L’azione di Dio sarà
inarrestabile anche se non repentina.
Le alleanze inutili e disastrose
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13 Èfraim ha visto la sua
infermità e Giuda la sua piaga. Èfraim è ricorso
all’Assiria e Giuda si è rivolto al gran re; ma egli non
potrà curarvi, non guarirà la vostra piaga,
14 perché io sarò come un
leone per Èfraim, come un leoncello per la casa di Giuda.
Io li sbranerò e me ne andrò, porterò via la preda e
nessuno me la toglierà. 15
Me ne ritornerò alla mia dimora, finché non sconteranno la
pena e cercheranno il mio volto, e ricorreranno a me
nella loro angoscia”. |
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“Èfraim
ha visto la sua infermità e Giuda la sua piaga.”.
Sia il regno del Nord (Èfraim) sia quello del Sud (Giuda) hanno visto la
loro debolezza reciproca. “Èfraim
è ricorso all’Assiria e Giuda si è rivolto al gran re; ma egli non potrà
curarvi, non guarirà la vostra piaga”.
Èfraim (Israele), con il re Menachèm, per consolidare il suo potere si
appoggiò (738) a Tiglat-Pilèser III vincolandosi a pagargli un tributo
(2Re 15,19). Giuda parimenti, con il re Acaz, di fronte alla minaccia
dell’alleanza siro-efraimita, chiese aiuto (735) a Tiglat-Pilèser III
(2Re 16,7-9). Acaz diede a Tiglat-Pilèser sia l’oro del tempio di
Gerusalemme, sia della sua reggia, e diventò suo vassallo, ma in tal
modo preparò la sua rovina (Cf. Is 8,5s).. “Perché
io sarò come un leone per Èfraim, come un leoncello per la casa di
Giuda. Io li sbranerò e me ne andrò, porterò via la preda e nessuno me
la toglierà”. Non gli eserciti
Assiri e Babilonesi saranno la causa della rovina di Samaria e
Gerusalemme, ma il giusto giudizio di Dio di fronte all’alleanza
tradita. “Me ne ritornerò alla
mia dimora, finché non sconteranno la pena e cercheranno il mio volto, e
ricorreranno a me nella loro angoscia”.
Jhavéh ritornerà nella sua dimora nel tempio di Gerusalemme (“Mia
dimora”) dopo le catastrofi
dell’esilio e il pentimento di Israele.
Effimeri propositi di conversione
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6
1 “Venite, ritorniamo al Signore:
egli ci ha straziato ed egli ci guarirà.
Egli ci ha percosso ed egli ci fascerà.
2 Dopo due giorni ci ridarà la vita
e il terzo ci farà rialzare,
e noi vivremo alla sua presenza.
3 Affrettiamoci a conoscere il Signore,
la sua venuta è sicura come l’aurora.
Verrà a noi come la pioggia d’autunno,
come la pioggia di primavera che feconda la terra”.
4 Che dovrò fare per te, Èfraim,
che dovrò fare per te, Giuda?
Il vostro amore è come una nube del mattino,
come la rugiada che all’alba svanisce.
5 Per questo li ho abbattuti per mezzo dei profeti,
li ho uccisi con le parole della mia bocca
e il mio giudizio sorge come la luce:
6 poiché voglio l’amore e non il sacrificio,
la conoscenza di Dio più degli olocausti. |
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“Venite, ritorniamo al Signore: egli ci ha straziato ed egli ci guarirà. Egli ci ha percosso ed egli ci fascerà. Dopo due giorni ci ridarà la vita e il terzo ci farà rialzare, e noi vivremo alla sua presenza”. Il popolo è spaventato dai castighi di Dio (5,14-15) e cerca di tornare a lui, ma in modo tale che il suo amore è solo parvenza. Questo ritorno effimero era già stato profetato da Osea (2.9).
“Affrettiamoci a conoscere il Signore, la sua venuta è sicura come l’aurora. Verrà a noi come la pioggia d’autunno, come la pioggia di primavera che feconda la terra”. L’invito penitenziale che i sacerdoti danno al popolo è sicuro di ottenere la benevolenza del Signore, ma è un invito mosso solo del benessere agricolo e non del rinnovo dell’alleanza.
“Che dovrò fare per te,
Èfraim, che dovrò fare per te, Giuda? Il vostro amore è come una nube
del mattino, come la rugiada che all’alba svanisce”.
Dio non potrà fare nulla per Èfraim e Giuda data la loro non adesione
sincera a lui. Se intervenisse a loro favore, così come loro chiedono,
Dio si renderebbe complice dei loro peccati perché li favorirebbe. “Per
questo li ho abbattuti per mezzo dei profeti, li ho uccisi con le parole
della mia bocca e il mio giudizio sorge come la luce”.
I profeti inviati da Dio sono stati rifiutati e così le colpe del popolo
sono inappellabili. In Israele la corrente di fedeltà promossa dai
profeti sarà quella che darà luogo al “resto di Israele”. “Poiché
voglio l’amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli
olocausti”. I sacrifici di
animali, gli olocausti, le offerte, sono inutile se non sono
accompagnate dall’amore, dalla conoscenza di Dio annunciata dalle
Scritture e dai profeti.
La gravità dei delitti di Israele
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7 Ma essi [nella terra] come
Adamo hanno violato l’alleanza; ecco, così mi hanno
tradito. 8 Gàlaad è una
città di malfattori, macchiata di sangue.
9 Come banditi in agguato
una ciurma di sacerdoti assale e uccide sulla strada di
Sichem, commette scelleratezze.
10 Orribili cose ho visto a Betel; là si è
prostituito Èfraim, si è reso immondo Israele.
11 Anche a te, Giuda, io
riserbo una mietitura, quando ristabilirò la sorte del mio
popolo. |
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“Ma essi
(Giuda e E’fraim)
come Adamo hanno violato l’alleanza; ecco, così mi hanno tradito”.
“Come Adamo”
è una traduzione che non ha un senso contestuale. Piuttosto si deve
tradurre “nella terra”
(Adam), cioè la terra promessa data a seguito dell’alleanza, nella quale
il popolo ha consumato il suo tradimento (8,1). “Gàlaad
è una città di malfattori, macchiata di sangue”.
A Gàlaad, Iefte aveva consumato il sacrificio umano della figlia (Gd
10,3-4; 11,1-10; 12,7). Gàlaad è presa a segno dell’inizio dei sacrifici
umani che vennero praticati secondo gli usi cananei. Osea non guarda
all’atto di coerenza del voto di Iefte, ma al fatto che non doveva
essere concepito. “Come
banditi in agguato una ciurma di sacerdoti assale e uccide sulla strada
di Sichem, commette scelleratezze”.
Gàlaad era diventata il ricettacolo di una ciurma di sacerdoti violenti
e omicidi, che uccidevano “sulla
strada di Sichem”. A Sichem
avvenne la decisione criminale di Abimelec di uccidere i suoi fratelli
(Gd 9,5). Probabilmente erano sacerdoti criminali che razziavano esseri
umani e li sacrificavano a Baal. “Orribili
cose ho visto a Betel; là si è prostituito Èfraim, si è reso immondo
Israele”. “Betel”, è una
traduzione di congettura. Il testo masoretico presenta “nella casa di
Israele”, che sarebbe poi Betel, dove Israele si riferirebbe a Giacobbe,
chiamato così dall’angelo (Gen 33,29). Èfraim si è prostituito a
“Bet-Aven” (casa dell’idolo), cioè del vitello d’oro fatto collocare da
Gerobamo (1Re 12,29). Le “orribili
cose” dovevano essere i culti
fatti davanti al vitello d’oro letto e adorato come un’immanenza di
Jhavèh, assimilato a Baal. “Anche
a te, Giuda, io riserbo una mietitura, quando ristabilirò la sorte del
mio popolo”. Anche Giuda è
attraversato dall’idolatria, e non sfuggirà alla mano di Dio.
L’opposizione a guarire dai mali
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7
1 Mentre sto per guarire Israele,
si scopre l’iniquità di Èfraim
e la malvagità di Samaria,
perché si pratica la menzogna:
il ladro entra nelle case
e fuori saccheggia il brigante.
2 Non pensano, dunque, che io ricordo tutte le loro malvagità?
Ora sono circondati dalle loro azioni:
esse stanno davanti a me.
3 Con la loro malvagità rallegrano il re,
rallegrano i capi con le loro falsità.
4 Sono tutti adùlteri, ardono come un forno
in cui il fornaio non attizza più il fuoco,
in attesa che la pasta preparata lieviti.
5 Nel giorno della festa del nostro re sommergono i capi in fiumi di vino,
fino a far sì che egli si comprometta con i ribelli.
6 Perché il loro intimo è come un forno,
pieno di trame è il loro cuore,
tutta la notte sonnecchia il loro furore
e al mattino divampa come fiamma.
7 Tutti ardono come un forno e divorano i loro governanti.
Così sono caduti tutti i loro sovrani
e nessuno si preoccupa di ricorrere a me. |
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“Mentre sto per guarire Israele, si scopre l’iniquità di Èfraim e la malvagità di Samaria perché si pratica la menzogna: il ladro entra nelle case e fuori saccheggia il brigante”.
Con l’azione dei profeti Dio agisce per guarire Israele. Si formano
correnti di giusti che praticano la Legge. Il male però crea nuove
voragini: “si scopre l’iniquità di
Èfraim”. Samaria è piena di
malvagità perché nelle congiure di palazzo prospera la criminalità.
“Non pensano, dunque, che io
ricordo tutte le loro malvagità? Ora sono circondati dalle loro azioni:
esse stanno davanti a me”. Il
male è tanto che i corrotti ne sono circondati come mura di una
prigione. “Con la loro
malvagità rallegrano il re, rallegrano i capi con le loro falsità”.
I corrotti sono compiacenti ai re e li rallegrano facendo loro credere
di essere forti. Le falsità dei corrotti abbondano con l’obiettivo di
ottenere favori dai re. “Sono
tutti adùlteri, ardono come un forno in cui il fornaio non attizza più
il fuoco, in attesa che la pasta preparata lieviti”.
L’immagine del forno attizzato perché lieviti l’impasto, che poi verrà
lavorato, rende benissimo l’azione dei fomentatori di criminalità, che
poi si nascondono; ma intanto la congiura lievita e giunge
all’assassinio dei re. “Nel
giorno della festa del nostro re sommergono i capi in fiumi di vino,
fino a far sì che egli si comprometta con i ribelli”.
Vengono fatte feste per i re, che credendo di essere circondati da capi
a loro saldamente legati, si lasciano compromettere e travolgere. Il
risultato è che il re si compromette urtando proprio coloro che gli
stanno tendendo la trappola. Così viene ucciso come fosse un traditore.
“Perché il loro intimo è come
un forno, pieno di trame è il loro cuore, tutta la notte sonnecchia il
loro furore e al mattino divampa come fiamma”.
L’intimo dei corrotti è paragonato ad un forno pieno di trame, che,
sempre meglio organizzate nella notte, al mattino divampano, e nessuno
può spegnere il fuoco. “Tutti
ardono come un forno e divorano i loro governanti. Così sono caduti
tutti i loro sovrani e nessuno si preoccupa di ricorrere a me”.
I corrotti si presentano accesi di giusta ira per comparire retti
davanti al popolo, e così travolgono i governanti apparendo dei generosi
verso il popolo.
Il ricorso agli stranieri
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8
Èfraim si mescola con le genti, Èfraim è come una focaccia
non rivoltata. 9 Gli
stranieri divorano la sua forza ed egli non se ne accorge;
la canizie gli ricopre la testa ed egli non se ne
accorge. 10 L’arroganza
d’Israele testimonia contro di loro; non ritornano al
Signore, loro Dio, e, malgrado tutto, non lo ricercano.
11 Èfraim è come
un’ingenua colomba, priva d’intelligenza; ora i suoi
abitanti domandano aiuto all’Egitto, ora invece corrono
verso l’Assiria. 12
Dovunque si rivolgeranno stenderò la mia rete contro di loro
e li abbatterò come gli uccelli dell’aria, li punirò non
appena li udrò riunirsi. |
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“Èfraim si mescola con le
genti, Èfraim è come una focaccia non rivoltata”.
Èfraim presta se stesso ad essere impastato con la farina degli Assiri,
credendo di raggiungere prosperità, ma ne esce una focaccia mal
confezionata che si brucia da un lato ed è mal cotta dall’altro. Una
focaccia da buttare. “Gli
stranieri divorano la sua forza ed egli non se ne accorge; la canizie
gli ricopre la testa ed egli non se ne accorge”.
Gli stranieri sono gli Assiri. Il re del regno del Nord, Menachèm, si
appoggiò a Tiglat-Pilèser III (2Re 15,19s), dandogli una cifra ingente,
che ricadde come tassa sul popolo. Gli Assiri presa la cifra se ne
andarono senza dare appoggio alcuno. “L’arroganza
d’Israele testimonia contro di loro; non ritornano al Signore, loro Dio,
e, malgrado tutto, non lo ricercano”.
Le situazioni dovrebbero fare rientrare in se stesso Israele, ma la sua
arroganza, cioè il suo senso di autosufficienza, lo rovina. Dovrebbe
ritornare al Signore, ma l’orgoglio priva Israele di intelligenza,
cosicché chiede consiglio ai falsi profeti, agli indovini. “Èfraim
è come un’ingenua colomba, priva d’intelligenza; ora i suoi abitanti
domandano aiuto all’Egitto, ora invece corrono verso l’Assiria”.
Èfraim crede di essere al sicuro come un’ingenua colomba che va da una
parte e dall’altra. Così Èfraim dopo essere andato verso l’Assiria, si
rivolge all’Egitto. Il re Osea (732 - 724) vorrà tentare una inutile
alleanza con l’Egitto (2Re 17,4), irritando con ciò l’Assiria. “Dovunque
si rivolgeranno stenderò la mia rete contro di loro e li abbatterò come
gli uccelli dell’aria, li punirò non appena li udrò riunirsi”.
Tutte queste alleanze sono un tradimento a Dio, che reagirà. L’immagine
della rete lanciata da un abile cacciatore di uccelli è in sintonia con
l’immagine della colomba che ha nel volo la via di fuga. Quando “gli
uccelli” si riuniranno, compatti
nelle loro decisioni, saranno presi nella rete.
L’esito dell’ingratitudine
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13 Disgrazia per loro,
perché si sono allontanati da me!
Distruzione per loro,
perché hanno agito male contro di me!
Li volevo salvare,
ma essi hanno proferito menzogne contro di me.
14 Non gridano a me con il loro cuore
quando gridano sui loro giacigli.
Si fanno incisioni per il grano e il vino nuovo
e intanto si ribellano contro di me. 15
Eppure io ho addestrato il loro braccio,
ma essi hanno tramato il male contro di me. 16 Si sono rivolti, ma non a colui che è in alto,
sono stati come un arco fallace.
I loro capi cadranno di spada
per l’insolenza della loro lingua
e nella terra d’Egitto rideranno di loro.
8
1 ‹Da’ fiato al corno›!
Come un’aquila piomba sulla casa del Signore la sciagura
perché hanno trasgredito la mia alleanza
e rigettato la mia legge. 2 Essi gridano verso di me:
‹Noi, Israele, riconosciamo te nostro Dio!›.
3 Ma Israele ha rigettato il bene:
il nemico lo perseguiterà. |
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“Li volevo salvare, ma essi hanno proferito menzogne contro di me”. Hanno seguito i falsi profeti di Baal e di Astarte, e perciò menzogne, che sono menzogne contro Dio.
“Non gridano a me con il loro cuore quando gridano sui loro giacigli”. Nel silenzio notturno, sui loro giacigli, invece di riflettere per tornare a Dio, gridano le loro invocazioni a Baal.
“Si fanno incisioni per il
grano e il vino nuovo e intanto si ribellano contro di me”.
Le incisioni di sangue facevano parte del baalismo (1Re 18,28). “Eppure
io ho addestrato il loro braccio, ma essi hanno tramato il male contro
di me”. Dio ha dato vittorie a
Israele nella conquista dei pagani presenti della terra promessa, ed
ecco che Israele si rivolge ai loro dei dimenticando Dio. Il male è
contro Dio perché lo diffamano di fronte ai pagani. “Si
sono rivolti, ma non a colui che è in alto, sono stati come un arco
fallace”. Il risultato dei loro
culti pagani è il fallimento, “come
un arco fallace”. Le loro
strategie politiche falliranno. “I
loro capi cadranno di spada per l’insolenza della loro lingua e nella
terra d’Egitto rideranno di loro”.
L’arroganza dei capi di Israele attirerà l’ira degli Assiri e in Egitto
si riderà della loro feroce sconfitta. “Da’
fiato al corno!”. E’ un segnale
di allarme. “Come un’aquila
piomba sulla casa del Signore la sciagura perché hanno trasgredito la
mia alleanza e rigettato la mia legge”.
L’immagine dell’aquila indica la velocità della sventura che piomberà “sulla
casa del Signore”, cioè la Terra
che è proprietà del Signore (9,15). Sarà la seconda e definitiva
invasione assira ( 722/721). La prima, che occupò parte della Galilea,
avvenne nel 734. "Essi gridano
verso di me: ‹Noi, Israele, riconosciamo te nostro Dio!›. Ma Israele ha
rigettato il bene: il nemico lo perseguiterà”.
Israele si rivolge a Jhavèh dicendo di riconoscerlo suo Dio, ma non è
ritorno sincero, poiché fatto davanti al vitello d’oro di Samaria.
La requisitoria degli abomini di Israele
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4 Hanno creato dei re che
io non ho designati; hanno scelto capi a mia insaputa.
Con il loro argento e il loro oro si sono fatti idoli,
ma per loro rovina. 5
Ripudio il tuo vitello, o Samaria! La mia ira divampa contro
di loro; fino a quando non si potranno purificare?
6 Viene da Israele il
vitello di Samaria, è opera di artigiano, non è un dio:
sarà ridotto in frantumi. 7
E poiché hanno seminato vento, raccoglieranno tempesta.
Il loro grano sarà senza spiga, se germoglia non darà farina
e, se ne produce, la divoreranno gli stranieri.
8 Israele è stato
inghiottito: si trova ora in mezzo alle nazioni come un
oggetto senza valore. |
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“Hanno creato dei re che io
non ho designati; hanno scelto capi a mia insaputa”.
Sono i re del regno del Nord frutto di congiure di palazzo. “Con
il loro argento e il loro oro si sono fatti idoli, ma per loro rovina”.
Hanno fabbricato vitelli d’oro (Betel, Dan, Samaria) e statuette di
Baal, e ciò per la loro rovina. “Ripudio
il tuo vitello, o Samaria!”. Il
vitello d’oro del tempio di Samaria è un abominio poiché assimilato a
Jhavéh pensato, con l’assurdità propria dell’idolatria, connesso al
vitello. “La mia ira divampa
contro di loro; fino a quando non si potranno purificare?”.
La distruzione di Samaria e gli orrori assiri faranno riflettere sugli
abomini compiuti. “Viene da
Israele il vitello di Samaria, è opera di artigiano, non è un dio: sarà
ridotto in frantumi”. E’
l’assurdo! “Viene da Israele”
il vitello d’oro; non da un popolo pagano. Esso è un’opera di mani
d’uomo, e verrà ridotto in frantumi dagli Assiri, che vorranno affermare
i loro dei. “E poiché hanno
seminato vento, raccoglieranno tempesta. Il loro grano sarà senza spiga,
se germoglia non darà farina e, se ne produce, la divoreranno gli
stranieri”. Hanno seminato vento,
cioè parole di alleanza che erano solo fiato, vento anzi per la sicumera
con la quale vennero dette. Il risultato sarà una devastante tempesta.
L’immagine della tempesta è condotta con grande efficacia. Il frutto
delle abilità politiche dei re eletti a “insaputa”
di Dio sarà nullo: la tempesta ne colpirà il frutto. Se qualcosa
spunterà e ci sarà la spiga non arriverà poi alla farina. Se poi ci sarà
farina sarà divorata dagli stranieri, perché solo loro sarà il
vantaggio. “Israele è stato
inghiottito: si trova ora in mezzo alle nazioni come un oggetto senza
valore”. “Israele è stato
inghiottito”, cioè è stato fagocitato dalle nazioni con false promesse.
Israele ora è preso da loro e trattato come “un
oggetto senza valore”.
La ricerca dei potenti
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9 Essi sono saliti fino ad Assur,
sono come un asino selvatico,
che si aggira solitario; Èfraim si è acquistato degli amanti.
10 Se ne
acquistino pure fra le nazioni, io li metterò insieme e cominceranno a
diminuire sotto il peso del re e dei prìncipi. |
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“Essi sono saliti fino ad
Assur, sono come un asino selvatico, che si aggira solitario; Èfraim si
è acquistato degli amanti”. I
capi di Israele andarono da Tiglat-Pilèser (5,13). Essi si dimostrano
come un asino selvatico che non ha una stalla e si aggira solitario. In
tale condizione Èfraim pensa di acquistarsi la benevolenza degli
stranieri, e nella sua stoltezza li pensa affascinati da lui: “amanti”.
“Se ne acquistino pure fra le
nazioni, io li metterò insieme e cominceranno a diminuire sotto il peso
del re e dei prìncipi”. Di “amanti”
potrà illudersi di averne tanti, ma non avranno alleati tra le nazioni:
saranno invece circoscritti e pressati nei loro confini, domati come “un
asino selvatico”; e gli amanti,
re e principi li sfrutteranno.
La tragedia dell’esilio
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9
1 Israele, non rallegrarti fino all’esultanza
come gli altri popoli,
perché hai praticato la prostituzione,
abbandonando il tuo Dio,
hai amato il compenso della tua prostituzione
su tutte le aie per il grano.
2 L’aia e il tino non li nutriranno
e il vino nuovo verrà loro a mancare.
3 Non potranno restare nella terra del Signore,
ma Èfraim ritornerà in Egitto
e in Assiria mangeranno cibi impuri.
4 Non faranno più libagioni di vino al Signore,
non gli saranno graditi i loro sacrifici,
saranno per loro come pane di lutto:
quanti ne mangiano diventano impuri.
Il loro pane sarà tutto per loro,
ma non entrerà nella casa del Signore.
5 Che cosa farete nei giorni delle solennità,
nei giorni della festa del Signore?
6 Ecco, sono sfuggiti alla rovina,
l’Egitto li accoglierà,
Menfi sarà la loro tomba.
I loro tesori d’argento passeranno alle ortiche
e nelle loro tende cresceranno i cardi. |
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“Israele, non rallegrarti fino all’esultanza come gli altri popoli, perché hai praticato la prostituzione, abbandonando il tuo Dio, hai amato il compenso della tua prostituzione su tutte le aie per il grano”.
E’ tempo di mietitura del grano. Israele esulta inneggiando a Baal al
quale attribuisce il buon esito del raccolto. Ma ancora di più, Baal,
dio della vegetazione e della fertilità, viene assommato allo stesso
raccolto, che viene amato, anzi idolatrato, poiché il raccolto è pensato
frutto della vita stessa di Baal, del suo ciclo agrario. Dio
denuncia l’insensatezza dell’esultanza di Israele, poiché Israele ha
tradito l’alleanza con lui. “L’aia e il tino non li nutriranno e il vino nuovo verrà loro a mancare”. Grano e vino rallegrano Israele, ma nel prossimo futuro verranno a mancare e allora Israele vedrà che Baal è il nulla e perciò non salva.
“Non potranno restare nella terra del Signore, ma Èfraim ritornerà in Egitto e in Assiria mangeranno cibi impuri”. La “terra del Signore” è sempre del Signore, e perciò gli idolatri ne verranno scacciati. La conquista degli Assiri sarà accompagnata da atrocità e da deportazione. Una parte cercherà scampo in Egitto, ma Menfi sarà la sua tomba, anche perché l’Egitto verrà fiaccato dagli Assiri prima con Sargon e poi con Assurbanipal. In terra straniera non saranno eroi e mangeranno i cibi che troveranno. Il baluardo ritualistico dei cibi con il quale si sentivano puri crollerà.
“Non faranno più libagioni di vino al Signore, non gli saranno graditi i loro sacrifici, saranno per loro come pane di lutto: quanti ne mangiano diventano impuri”. Le libagioni di vino erano indicate dalle Legge (Nm 15,5s; 28,7s) come evento festoso, ma nella schiavitù dell’esilio non saranno più possibili. Le offerte di pani (Lv 7,12; Nm 6,14) non saranno gradite da Dio. Le offerte di focacce (Lv 7,12-13) non saranno gradite, poiché saranno come il pane di un lutto reso impuro da mani che hanno toccato un morto (Nm 19,14; Dt 26,14): un quadro che indica alta mortalità.
“Il loro pane sarà tutto per
loro, ma non entrerà nella casa del Signore”.
Anche questo ci sarà: Il pane che avranno non lo potranno portare “nella
casa del Signore”, poiché non
avranno più tempio, poiché Gerusalemme e il tempio verranno distrutti.
“Che cosa farete nei giorni delle solennità, nei giorni della festa
del Signore?”. Le feste prescritte non potranno essere praticate sotto
il peso della schiavitù. Non resterà a loro che il dolore e la via del
ravvedimento. “Ecco, sono
sfuggiti alla rovina, l’Egitto li accoglierà”.
Una parte cercherà rifugio in Egitto, ma non potranno sussistere.
L’Egitto li accoglierà perché idolatri e a Menfi c’era il culto A
Baal-Sefon. “Menfi sarà la
loro tomba”. Menfi era la città
più vicina al delta del Nilo. L’Egitto verrà però conquistato dagli
Assiri con reiterate campagne belliche: Sargon II (716), Assaraddon
(671) e Assurbanipal (663). Menfi non sarà la salvezza dei
fuggitivi. “I loro tesori
d’argento passeranno alle ortiche e nelle loro tende cresceranno i cardi”.
In Egitto gli idoli d’argento (13,2) verranno ricoperti dalle ortiche.
Le tende ospiteranno erbe selvatiche con spine. E’ uno scenario di morte
per carestia.
I falsi profeti e i saggi di corte giungono alla pazzia
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7 Sono venuti i giorni del castigo,
sono giunti i giorni del rendiconto,
Israele lo sappia!
Il profeta diventa pazzo,
l’uomo ispirato vaneggia
a causa delle tue molte iniquità,
per la gravità del tuo affronto. 8 Sentinella di Èfraim è il profeta con il suo Dio;
ma un laccio gli è teso su tutti i sentieri,
ostilità fin nella casa del suo Dio. 9 Sono corrotti fino in fondo,
come ai giorni di Gàbaa;
ma egli si ricorderà della loro iniquità,
chiederà conto dei loro peccati.
|
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“Sono venuti i giorni del castigo!...Il profeta diventa pazzo, l’uomo ispirato vaneggia a causa delle tue molte iniquità, per la gravità del tuo affronto”. Di fronte all’imminente castigo i falsi profeti di Baal entrano in uno stato di pazzia (1Re 18,28), e i saggi, di carnale sapienza, vaneggiano. I falsi profeti sono anch’essi vittime del sistema delle “molte iniquità”. Ma resta la parola del profeta vero, inviato dalla misericordia di Dio.
“Sentinella di Èfraim è il profeta con il suo Dio; ma un laccio gli è teso su tutti i sentieri, ostilità fin nella casa del suo Dio”. Il vero profeta è una sentinella e le sentinelle sono per difendere e non per demolire. Demolisce invece chi perseguita le sentinelle fin nella “casa del suo Dio”. Tale casa è certamente un santuario, non la Terra Santa (8,1; 9,15) forse è lo stesso tempio di Gerusalemme dove il re Acaz (736 - 716) aveva stabilito sul sacerdozio il suo dominio (2Re 16,1-18).
"Sono corrotti fino in fondo, come ai giorni di Gàbaa”. Ritorna il riferimento a Gàbaa (5,8) e ancora lo si avrà successivamente (10,9). A questa insistenza, oltre la tragedia dell’uccisione della donna e del mancato rispetto verso un levita (Gd 19-20), non è estraneo il fatto che Gàbaa era la patria di Saul (1Sam 10,26), primo esempio di disobbedienza di un re.
Il delitto di Baal-Peor
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10 Trovai Israele come uva nel deserto,
ebbi riguardo per i vostri padri,
come per i primi fichi quando iniziano a maturare;
ma essi, appena arrivati a Baal-Peor,
si consacrarono a quell’infamia
e divennero una cosa abominevole,
come ciò che essi amavano. 11 La gloria di Èfraim volerà via come un uccello,
non più nascite né gravidanze né concepimenti.
12 Anche se allevano figli,
io li eliminerò dagli uomini;
guai a loro, se io li abbandono. 13 Èfraim, lo vedo come un palma piantata
in luoghi verdeggianti.
Èfraim tuttavia condurrà i figli al macello. 14
‹Signore, da’ loro. Che cosa darai?›.
Un grembo infecondo e un seno arido!
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“Trovai Israele come uva nel
deserto, ebbi riguardo per i vostri padri, come per i primi fichi quando
iniziano a maturare”. L’uva nel
deserto non può reggere, così Dio si prese cura di Israele secondo le
promesse fatte ai suoi padri. Anche i frutti del fico che iniziano a
maturare si sciupano in assenza di buone condizioni climatiche. “Ma
essi, appena arrivati a Baal-Peor, si consacrarono a quell’infamia e
divennero una cosa abominevole, come ciò che essi amavano”.
Subito un antecedente gravissimo di deviazione a Baal. A Baal-Peor (Nm
25,1s; Dt 4,1s) molti di Israele si lasciarono sedurre dai culti
baalisti. Le figlie di Moab furono le adescatrici di molti del popolo.
“La gloria di Èfraim volerà
via come un uccello, non più nascite né gravidanze né concepimenti”.
Èfraim aveva ricevuto da Dio “gloria”,
che lo faceva emergere in Israele, ma per il servizio del bene di tutto
Israele. Èfraim invece si gloriò di tale gloria, pensandola prodotta da
se stesso, per questo la sua gloria
“volerà via come un uccello”.
Èfraim si è dato a Baal, dio della fertilità dei greggi e armenti, e
anche degli uomini, ma avrà tutto al contrario: sterilità e morte per le
carestie. “Anche se allevano
figli, io li eliminerò dagli uomini; guai a loro, se io li abbandono”.
Anche se riusciranno a nutrire i figli questi incontreranno la morte
data dalla spada. Èfraim deve sapere che se sussiste è per la bontà
misericordiosa di Dio, ma questa bontà non potrà accettare di essere
disprezzata fino a una testarda irreversibilità; e allora: “guai
a loro, se io li abbandonerò”.
“Èfraim, lo vedo come un palma
piantata in luoghi verdeggianti”.
Lo sguardo di Dio su Èfraim è uno sguardo d’amore, che rimane ancora.
L’amore vede le offese, ma l’amore, la passione, anche abbellisce: “una
palma piantata in luoghi pianeggianti”.
“Èfraim tuttavia condurrà i
figli al macello”. Nonostante
tutto l’amore di Dio, Èfraim (Israele) condurrà i suoi figli “al
macello”. “‹Signore,
da’ loro. Che cosa darai?›. Un grembo infecondo e un seno arido!”.
Osea vede bene che la punizione di fronte al disprezzo dell’amore di Dio
ci sarà. Osea preso dal dolore di vedere l’amore rifiutato invita Dio
alla punizione “Signore, da’ loro”.
Ma Osea ha trepidazione e vuole sapere nella preghiera quale sarà
l’intensità del castigo, e vuole che sia piccola: “Che
cosa darai?”. La risposta
contiene la dichiarazione già data (9,11) poiché Èfraim è irremovibile
anche se si prega per lui: “Un
grembo infecondo e un seno arido”.
Sarà la fine della tribù regina del regno del Nord.
Il delitto di Galgala
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15 Tutta la loro perversità si
è manifestata a Gàlgala, è là che ho preso a odiarli.
Per la malvagità delle loro azioni li scaccerò dalla mia
casa, non avrò più amore per loro; tutti i loro capi
sono ribelli. 16 Èfraim è
stato percosso, la loro radice è inaridita, non daranno
più frutto. Anche se generano, farò perire i cari frutti
del loro grembo”. 17 Il
mio Dio li respingerà, perché non gli hanno obbedito;
andranno raminghi fra le nazioni.
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“Tutta
la loro perversità si è manifestata a Gàlgala, è là che ho preso a
odiarli”. A Galgala (4,15) Saul
commise il peccato di disobbedienza (1Sam 13,9-13) che annientò la sua
regalità. La disobbedienza dei re ha accompagnato Israele. La
disobbedienza a Dio è manifestazione di perversità, perversità che è
preceduta dai cedimento dei sensi. Cedimento dei sensi e disobbedienza
sono all’origine del baalismo di Israele. “Ho
preso a odiarli”: Dio non odia,
ma respinge con disgusto l’amata adultera, che pur non rinuncia a
continuare ad amare. “Per la
malvagità delle loro azioni li scaccerò dalla mia casa, non avrò più
amore per loro”. La “mia
casa” è la Terra Promessa.
Israele dovrà sperimentare l’esilio e la schiavitù. Il disamore di
Èfraim è arrivato a tale livello che porta Dio a reagire con forza, a
dimenticare il suo amore: “Non
avrò più amore per loro”. E’
questo un atto che proviene dalla giustizia. “Tutti
i loro capi sono ribelli”. La
responsabilità dei capi è grande e travolge il popolo. “Èfraim
è stato percosso, la loro radice è inaridita, non daranno più frutto.
Anche se generano, farò perire i cari frutti del loro grembo”.
Il futuro è presentato come già presente, poiché la decisione è presa.
“Il mio Dio li respingerà,
perché non gli hanno obbedito; andranno raminghi fra le nazioni”.
Osea ha capito e vede che tutto accadrà. Israele sarà ramingo in mezzo
alle nazioni, senza più patria.
La distruzione degli emblemi idolatrici
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10
1 Vite rigogliosa era Israele,
che dava sempre il suo frutto;
ma più abbondante era il suo frutto,
più moltiplicava gli altari;
più ricca era la terra,
più belle faceva le sue stele.
2 Il loro cuore è falso; orbene, sconteranno la pena!”.
Egli stesso demolirà i loro altari,
distruggerà le loro stele. |
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“Vite rigogliosa era Israele,
che dava sempre il suo frutto; ma più abbondante era il suo frutto, più
moltiplicava gli altari; più ricca era la terra, più belle faceva le sue
stele”. L’immagine della vite
rigogliosa è quanto mai efficace, la vite era la cultura eletta che
richiedeva anche la maggior cura, e il vino era simbolo di letizia (Is
5,1; Ps 80/79, 9-12). Dio curava la sua vite ed essa dava frutto sempre
più abbondante man mano che la vite estendeva i suoi rami. Israele però
non attribuì a Dio tutto questo, ma agli idoli, moltiplicando gli altari
e le stele del culto a Baal. “Il
loro cuore è falso; orbene, sconteranno la pena! Egli stesso demolirà i
loro altari, distruggerà le loro stele”.
Il culto a Baal non era dichiaratamente a Baal, come fecero Acab e
Gezabele, ma camuffato da un’identificazione di Jhavéh con Baal.
Osea ben vede la falsità di Israele [bisogna però dire che in Israele
c’erano molti che erano fedeli a Dio (1Re 19,18) e altri che trovavano
sostegno nell’azione dei profeti e la diffondevano, ma non era che una
minoranza: un resto] e dichiara la giustizia della punizioni incombente
di Dio. Riguardo al culto a Baal, Dio dimostrerà che Baal è il nulla,
poiché demolirà gli altari idolatrici e spezzerà le stele e il nulla non
ci potrà fare niente.
Il disorientamento dell’anarchia
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3 Allora diranno: “Non abbiamo
più re, perché non rispettiamo il Signore. Ma anche il
re, che cosa potrebbe fare per noi?”.
4 Dicono parole vane, giurano il falso,
concludono alleanze: il diritto fiorisce come pianta
velenosa nei solchi dei campi. |
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“Allora
diranno: ‹Non abbiamo più re, perché non rispettiamo il Signore.
Ma anche il re, che cosa potrebbe fare per noi?›”.
Nel disorientamento di fronte alla prima campagna Assira del 732, si
incolperà la debolezza del re, e si attribuirà, molto blandamente, tale
debolezza al non rispetto da parte di tutti del Signore. Ma la debole
costatazione non ferma il dramma, poiché anche un re forte non potrebbe
ormai più agire senza un vero ritorno a Dio del popolo. “Dicono
parole vane, giurano il falso, concludono alleanze: il diritto fiorisce
come pianta velenosa nei solchi dei campi”.
La condizione morale è piena di falsità, di ipocrisie, di alleanze
tradite. Il diritto invece di essere fonte di guarigione è stato
talmente svisato che è diventato come una pianta velenosa nei solchi dei
campi impedendo ogni coltura.
Il vitello di Bet-Aven ridotto a trionfo di guerra
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5 Gli abitanti di Samaria
trepidano per il vitello di Bet-Aven; è in lutto il suo
popolo e i suoi sacerdoti ne fanno lamento, perché la
sua gloria sta per andarsene. 6
Sarà portato anch’esso in Assiria come offerta al gran re.
Èfraim ne avrà vergogna, Israele arrossirà per i suoi
intrighi. 7 Perirà Samaria
con il suo re, come un fuscello sull’acqua.
8 Le alture dell’iniquità,
peccato d’Israele, saranno distrutte, spine e cardi
cresceranno sui loro altari; diranno ai monti: ‹Copriteci›
e ai colli: ‹Cadete su di noi›. |
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“Gli
abitanti di Samaria trepidano per il vitello di Bet-Aven; è in lutto il
suo popolo e i suoi sacerdoti ne fanno lamento, perché la sua gloria sta
per andarsene. Sarà portato anch’esso in Assiria come offerta al gran re”.
Dopo l’invasione assira (734 - 732), che sottrasse al regno del Nord
parte della Galilea, nel 722 ne seguì un’altra che conquistò quel poco
che rimaneva del regno del Nord. Il santuario di Bet-Aven “casa
dell’idolo” era molto importante perché in quel luogo (Betel)
Giacobbe aveva avuto una visione e aveva costruito un altare (Gn 28,11;
35,1). Il santuario con il vitello d’oro posto da Geroboamo (1Re
12,29) verrà rimosso e ridotto a un trofeo da portare in Assiria, “come
offerta al gran re”. Tutti i
lamenti penitenziali dei sacerdoti e del popolo non serviranno a nulla.
“Èfraim ne avrà vergogna,
Israele arrossirà per i suoi intrighi. Perirà Samaria con il suo re,
come un fuscello sull’acqua”.
La fine della “gloria”
del vitello d’oro, che non fu mai gloria, ma infamia, significò la
sconfitta religiosa di fronte agli dei dell’Assiria. Era il crollo
dell’idolo più importante e la certezza della fine di Samaria.
“Le alture dell’iniquità, peccato
d’Israele, saranno distrutte, spine e cardi cresceranno sui loro altari”.
I luoghi dell’iniquità, le bāmāh, saranno distrutte dagli
Assiri come atto di trionfo dei loro dei. Tutto sarà deserto e finirà
nel trionfo delle spine e dei cardi “Diranno
ai monti: ‹Copriteci” e ai colli: “Cadete su di noi›”.
Nell’orrore delle crudeltà dei vincitori si invocherà la morte.
I lontani inizi dei peccati
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9 Fin dai giorni di Gàbaa tu hai peccato, Israele.
Là si fermarono,
e la battaglia non li raggiungerà forse a Gàbaa
contro i figli dell’iniquità?
10 Io voglio colpirli: si raduneranno i popoli contro di loro,
perché sono attaccati alla loro duplice colpa. |
|
“Fin
dai giorni di Gàbaa tu hai peccato, Israele”.
Ancora viene citata Gàbaa. Gàbaa è un luogo storico dell’iniquità di
Israele. “Là si fermarono, e
la battaglia non li raggiungerà forse a Gàbaa contro i figli
dell’iniquità?”. Gli Israeliti si
fermarono a Gabaa per vendicare il crimine che là si era consumato.
Ancora ci sarà punizione per “figli
dell’iniquità”. La punizione
questa volta giungerà non da Israele, ma dai popoli. “Io
voglio colpirli: si raduneranno i popoli contro di loro, perché sono
attaccati alla loro duplice colpa”.
La colpa è una, con due fasi: la prima è la richiesta perversa di
abusare dell’ospite, la seconda è l’omicidio crudele della donna (Gd
19-20). Gàbaa e la tribù di Beniamino rifiutarono di punire il crimine e
verranno colpita dalla forza militare delle altre tribù di Israele (Gd
20,12-35). Gàbaa distava da Betel (Gd 20,26) circa 7 km, e così Bet-Aven
segnò la continuazione delle sua corruzione.
L’umiliazione quale insegnamento di salvezza
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11 Èfraim è una giovenca
addestrata, cui piace trebbiare il grano. Ma io farò
pesare il giogo sul suo bel collo; attaccherò Èfraim
all’aratro e Giacobbe all’erpice.
12 Seminate per voi secondo giustizia e mieterete
secondo bontà; dissodatevi un campo nuovo, perché è
tempo di cercare il Signore, finché egli venga e
diffonda su di voi la giustizia.
13 Avete arato empietà e mietuto ingiustizia, avete
mangiato il frutto della menzogna. Poiché hai riposto
fiducia nella tua forza e nella moltitudine dei tuoi
guerrieri, 14 un rumore di
guerra si alzerà contro il tuo popolo e tutte le tue
fortezze saranno distrutte. Come Salmàn devastò Bet-Arbèl
nel giorno della battaglia in cui la madre fu
sfracellata sui figli, 15
così sarà fatto a te, casa d’Israele, per la tua enorme
malvagità. All’alba sarà la fine del re d’Israele. |
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“Èfraim è una giovenca
addestrata, cui piace trebbiare il grano. Ma io farò pesare il giogo sul
suo bel collo; attaccherò Èfraim all’aratro e Giacobbe all’erpice”.
Èfraim è presentato nel vigore e nella libertà. La giovenca addestrata a
pestare il grano nell’aia è un’immagine di tranquillità, di abbondanza e
di ben poca fatica. Non sarà però ancora così per Èfraim, poiché perderà
la libertà e sarà sottoposto alla dura fatica dell’aratura. Giacobbe,
che indica tutto Israele, sarà anche lui sotto il peso della fatica di
frantumare le zolle dell’aratura tirando l’erpice. “Seminate
per voi secondo giustizia e mieterete secondo bontà; dissodatevi un
campo nuovo, perché è tempo di cercare il Signore, finché egli venga e
diffonda su di voi la giustizia”.
L’immagine del lavoro dei campi non ha in sé niente di triste se fatto
nella libertà. L’immagine viene usata per invitare a seminare nella vita
la giustizia, e allora si raccoglieranno frutti di bontà. Ci sarà la
ripresa tanto da dissodare campi nuovi. Dio offre ancora conversione: “E’
tempo di cercare il Signore”.
Egli verrà a diffondere la giustizia: è uno squarcio sui futuri tempi
messianici. Dio non cessa di portare avanti il suo disegno d’amore e
offre ancora una volta la sua benevolenza. “Avete
arato empietà e mietuto ingiustizia, avete mangiato il frutto della
menzogna”. Ma le offerte di
ritorno non vengono raccolte e così di nuovo l’accusa di infedeltà. In
Israele si ara l’empietà rendendola capace di accogliere e far crescere
le ingiustizie, e i frutti saranno gli amari frutti della menzogna.
“Come Salmàn devastò Bet-Arbèl nel
giorno della battaglia in cui la madre fu sfracellata sui figli, così
sarà fatto a te, casa d’Israele, per la tua enorme malvagità”.
Salmàn è probabilmente il re moabita Salamanu, contemporaneo di
Tiglat-Pilèser III. Bet-Arbèl devastata da Salmàn si trovava nel Gàlaad.
Viene citato il fatto perché i Moabiti commisero atrocità inaudite che
verranno ripetute dagli Assiri (14,1). “All’alba
sarà la fine del re d’Israele”. “All’alba”,
cioè repentinamente scomparirà il re di Samaria (Israele), cioè Osea,
che venne preso (724) e messo in prigione con catene da Salmanàssar. Poi
(722/721) verrà presa la città di Samaria assediata dall’anno 724.
La reazione dell’amore misconosciuto
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11
1 Quando Israele era fanciullo,
io l’ho amato
e dall’Egitto ho chiamato mio figlio.
2 Ma più li chiamavo,
più si allontanavano da me;
immolavano vittime ai Baal,
agli idoli bruciavano incensi.
3 A Èfraim io insegnavo a camminare
tenendolo per mano,
ma essi non compresero
che avevo cura di loro.
4 Io li traevo con legami di bontà,
con vincoli d’amore,
ero per loro
come chi solleva un bimbo alla sua guancia,
mi chinavo su di lui
per dargli da mangiare.
5 Non ritornerà al paese d’Egitto,
ma Assur sarà il suo re,
perché non hanno voluto convertirsi.
6 La spada farà strage nelle loro città,
spaccherà la spranga di difesa,
l’annienterà al di là dei loro progetti.
7 Il mio popolo è duro a convertirsi:
chiamato a guardare in alto,
nessuno sa sollevare lo sguardo. |
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“Quando Israele era fanciullo, io l’ho amato”. La fanciullezza di Israele è da vedersi nei primi tempi felici della presenza di Israele in Egitto. Poi non ci fu la limpidezza del fanciullo, ma contaminazioni come presenta il libro del profeta Ezechiele (23,19-21). L’oppressione in Egitto avvenne per i cedimenti di Israele in quella terra
“e dall’Egitto ho chiamato mio
figlio”. Osea sa che l’Esodo
è liberazione, ma non il compimento della liberazione. Solo nei tempi
messianici ci sarà il pieno compimento con la liberazione dalla
schiavitù dei peccati; schiavitù che la Legge non riusciva e non poteva
vincere. Osea si riferisce a Israele (Es 4,22), ma tutto il suo libro ha
un indubbio sguardo sulla liberazione messianica. Questo passo è
utilizzato dall’evangelista Matteo (2,15) perché il fondamento salvifico
dell’Esodo era Cristo, e Paolo lo presenta (1Cor 10,2-4); e il
compimento di quella liberazione è Cristo. Matteo fa così una citazione
profondissima del passo di Osea. Quel figlio chiamato dall’Egitto [non
liberato si noti] aveva in sé Cristo. “Ma
più li chiamavo, più si allontanavano da me; immolavano vittime ai Baal,
agli idoli bruciavano incensi”.
Dal singolare si passa al plurale e con ciò alla situazione di
corruzione a partire da Baal-Peor (9,10). Si usa il verbo chiamare nel
senso di attirare a sé: è il linguaggio dello sposo che vuole
riconquistare la sposa infedele. Il soggetto di chiamare di per sé non è
presente. Si avrebbe (Bible Jérusalem): “Ma più li si chiamava, più
si allontanavano”. Dio chiamava per mezzo dei profeti (Cf. Is 6,10;
Ger 7,25-26). “A Èfraim io
insegnavo a camminare tenendolo per mano, ma essi non compresero che
avevo cura di loro”. Dio educava
e curava Èfraim come un premuroso papà. Il risultato era però il
misconoscimento di tanto amore. “Io
li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore, ero per loro come
chi solleva un bimbo alla sua guancia, mi chinavo su di lui per dargli
da mangiare”. Dio si
adoperava per conquistare il cuore di Israele con “legami
di bontà, con vincoli d’amore”.
La tenerezza di Dio è come quella di una madre, anzi, senza misura, più
di quella di una madre (Is 66,13; Sir 4,10) “Non
ritornerà al paese d’Egitto, ma Assur sarà il suo re, perché non hanno
voluto convertirsi”.
Ritornare in Egitto era pensato come un rifugio che riprendeva l’antica
discesa di Abramo e di Giacobbe in Egitto. Non ci sarà questo, ma il
dominio degli Assiri, in avanzata e conquista. “La
spada farà strage nelle loro città, spaccherà la spranga di difesa,
l’annienterà al di là dei loro progetti”.
Nulla resisterà all’invasione Assira. L’annientamento sarà oltre i
limiti pensati da Israele. Non ci saranno trattative mitiganti, ma solo
feroce distruzione. “Il mio
popolo è duro a convertirsi: chiamato a guardare in alto, nessuno sa
sollevare lo sguardo”.
Sollevare in alto lo sguardo significa essere capaci di non lasciarsi
imprigionare dalle cose terrene, rinunciando a sollevare lo sguardo
verso l’alto.
L’amore pur misconosciuto non si spegne
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8 Come
potrei abbandonarti, Èfraim, come consegnarti ad altri,
Israele? Come potrei trattarti al pari di Adma, ridurti
allo stato di Seboìm? Il mio cuore si commuove dentro di me,
il mio intimo freme di compassione.
9 Non darò sfogo
all’ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Èfraim,
perché sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te
e non verrò da te nella mia ira.
10 Seguiranno il
Signore ed egli ruggirà come un leone: quando ruggirà,
accorreranno i suoi figli dall’occidente,
11
accorreranno come uccelli dall’Egitto, come colombe
dall’Assiria e li farò abitare nelle loro case. Oracolo
del Signore. |
|
“Come potrei abbandonarti,
Èfraim, come consegnarti ad altri, Israele? Come potrei trattarti al
pari di Adma, ridurti allo stato di Seboìm?”.
Adma e Seboim sono due città della pentapoli, che come le altre (Sodoma
e Gomorra) vennero distrutte (Gn 10,19, 14,2.8; Dt 29,22) “Il
mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione.
Non darò sfogo all’ardore della mia ira, non tornerò a distruggere
Èfraim, perché sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te e non
verrò da te nella mia ira”. Gli
Assiri hanno agito con una ferocia senza pari, andando oltre il castigo
che Dio voleva per Èfraim. Dio non gode delle sofferenze prodotte
dai suoi castighi: “sono Dio e non
un uomo”; non è mosso da rabbia
quando deve correggere mediante la giustizia. Israele non verrà
annientato: “non tornerò a
distruggere Èfraim”. Disperso in
mezzo alle nazioni, conoscerà la ricomposizione. “Seguiranno
il Signore ed egli ruggirà come un leone: quando ruggirà, accorreranno i
suoi figli dall’occidente, accorreranno come uccelli dall’Egitto, come
colombe dall’Assiria e li farò abitare nelle loro case. Oracolo del
Signore”. I figli di Israele nel
futuro “seguiranno il Signore”,
ed egli come un leone, che nulla può fermare, li libererà dalle mani
degli aguzzini. Essi “accorreranno”
veloci come uccelli nella Terra del Signore e potranno “abitare
nelle loro case”. La prospettiva
dell’oracolo è quella del ritorno dalle deportazioni.
L’amore di Dio eluso con menzogne
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12
1 Èfraim mi raggira con menzogne
e la casa d’Israele con frode.
Ma Giuda è ancora con Dio
e resta fedele al Santo.
2 Èfraim si pasce di vento e insegue il vento d’oriente,
ogni giorno moltiplica menzogne e violenze;
fanno alleanze con l’Assiria
e portano olio in Egitto. |
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“Èfraim mi raggira con menzogne e la casa d’Israele con frode. Ma Giuda è ancora con Dio e resta fedele al Santo”. Giuda è ancora fedele, e ciò porta a considerare l’influsso positivo del re di Giuda, Iotam (740 - 736) (2Re 15,34).
“Èfraim si pasce di vento e insegue il vento d’oriente, ogni giorno moltiplica menzogne e violenze; fanno alleanze con l’Assiria e portano olio in Egitto”. Doppio gioco del re di Israele Osea (732 - 724) (2Re 17,1s).
In causa contro Giuda
|
3 Il Signore è in causa con Giuda
e punirà Giacobbe per la sua condotta,
lo ripagherà secondo le sue azioni.
4 Egli nel grembo materno soppiantò il fratello
e da adulto lottò con Dio,
5 lottò con l’angelo e vinse,
pianse e domandò grazia.
Lo ritrovò a Betel
e là gli parlò.
6 Signore, Dio degli eserciti,
Signore è il nome con cui celebrarlo.
7 Tu ritorna al tuo Dio,
osserva la bontà e la giustizia
e poni sempre nel tuo Dio la tua speranza.
|
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“Il Signore è in causa con Giuda e punirà Giacobbe per la sua condotta, lo ripagherà secondo le sue azioni”. “Con Giuda”; si pensa che originariamente fosse menzionato Israele (12,1), ma non si hanno elementi certi a favore di questa ipotesi.
Si ha che (12,1) segnala un fatto momentaneo; infatti a Ezechia subentrò quale re di Giuda, Acaz (736 - 716), che non si comportò bene (2Re 16,3). Acaz è contemporaneo al re Osea (732 - 724),
Si ha così Giuda e Giacobbe inteso, quest’ultimo, come tutto Israele. Giuda viene tuttavia distinto in base alle promesse fatte a Davide.
“Egli nel grembo materno soppiantò il fratello e da adulto lottò con Dio lottò con l’angelo e vinse, pianse e domandò grazia”. Giacobbe era oggetto di vanto, specie nel regno del Nord (Cf. Gv 4,12), ma Osea ne ridimensiona la grandezza. Lo stesso farà il Deutero Isaia (48,8).
Giacobbe fu sleale fin dal grembo materno (Gn 25,26).
Giunto all’età adulta osò resistere a Dio (Gn 32,25s). La vittoria di Giacobbe non fu nell’aver vinto nella lotta l’angelo, perché fu l’angelo che alla fine gli dimostrò come poteva benissimo prevalere su di lui in ogni momento (Gn 32,26). La vittoria di Giacobbe è solo nell’aver ottenuto la benedizione richiesta; benedizione che Osea presenta per il pentimento di aver creduto di poter vincere l’angelo: “pianse e domandò grazia”. Con ciò Osea presenta una delucidazione più profonda della lotta con l’angelo (Gn 33,28). Per Osea Il nome Israele, dato a Giacobbe, è legato all’apparizione di Betel (Cf. Gn 35,10).
“Lo ritrovò a Betel e là gli
parlò”. Osea segue una tradizione
diversa poiché l’incontro con Dio a Betel il libro della Genesi lo
presenta avvenuto prima (Gn 28,10), mentre era in cammino verso Carram,
per Osea l’incontro avvenne dopo, quando Giacobbe era plasmato
dall’umiltà. “Signore, Dio
degli eserciti, Signore è il nome con cui celebrarlo”.
La forza di Israele non sta nei suoi guerrieri, che trovavano orgoglio
in Giacobbe, ma la forza sta in Jhavéh, “Dio
degli eserciti”. L’etimologia del
nome Israele è spiegato sia con “Dio si mostri forte”, sia con
“è stato forte contro Dio” come si potrebbe dedurre, popolarmente, dalla
narrazione del libro della Genesi (32,29). “Tu
ritorna al tuo Dio, osserva la bontà e la giustizia e poni sempre nel
tuo Dio la tua speranza”. Un
nuovo appello di Osea a Israele affinché ponga la sua fiducia in Jhavéh.
La colpevole illusione di essere senza colpa
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8 Canaan tiene in mano bilance
false, ama frodare. 9
Èfraim ha detto: ‹Sono ricco, mi sono fatto una fortuna;
malgrado tutti i miei guadagni, non troveranno in me una
colpa che sia peccato›. |
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“Canaan
tiene in mano bilance false, ama frodare”.
Israele è paragonato a Canaan. Il culto a Baal e Astarte, essendo
menzogna, produce attitudine alla menzogna, alla frode. “Èfraim
ha detto: ‹Sono ricco, mi sono fatto una fortuna; malgrado tutti
i miei guadagni, non troveranno in me una colpa che sia peccato›”.
Èfraim mente anche a se stesso. Disonesto si illude di non essere
passibile di peccato, poiché pensa che la frode, l’usare bilance false,
sia abilità commerciale.
Pur sdegnato Dio continua ad amare il suo popolo
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10 Eppure io
sono il Signore, tuo Dio, fin dal paese d’Egitto. Ti
farò ancora abitare sotto le tende, come ai giorni
dell’incontro nel deserto. 11 Io parlerò ai profeti,
moltiplicherò le visioni e per mezzo dei profeti parlerò con
parabole”. 12 Se Gàlaad è una iniquità, i suoi abitanti
non sono che menzogna; in Gàlgala si sacrifica ai tori [si
sacrificano tori], perciò i loro altari saranno come
mucchi di pietre nei solchi dei campi.
13 Giacobbe fuggì
nella regione di Aram, Israele prestò servizio per una donna
e per una donna fece il guardiano di bestiame.
14 Per
mezzo di un profeta il Signore fece uscire Israele
dall’Egitto, e per mezzo di un profeta lo custodì.
15
Èfraim provocò Dio amaramente, il Signore gli farà ricadere
addosso il sangue versato e lo ripagherà della sua
offesa.
|
|
“Eppure io sono il Signore,
tuo Dio, fin dal paese d’Egitto. Ti farò ancora abitare sotto le tende,
come ai giorni dell’incontro nel deserto”.
Le ingiustizie commesse da Israele sono disprezzo di Dio, che prima di
dare la Legge del Sinai lo ha liberato dall’Egitto. Di nuovo Israele
abiterà nel deserto, nelle tende, segno del cammino della purificazione.
“Io parlerò ai profeti,
moltiplicherò le visioni e per mezzo dei profeti parlerò con parabole”.
Dio moltiplicherà i suoi interventi d’amore parlando ai profeti che
susciterà. Si ha un riferimento ai futuri tempi messianici (2,16). “Se
Gàlaad è una iniquità, i suoi abitanti non sono che menzogna”.
Osea torna a rinominare Gàlaad come esempio di inquità, per il
sacrificio umano fatto da Iefte (Gd 11,30s) e l’ostilità durissima dello
stesso contro gli Èfraimiti (Gd 12,1-6). Iefte aveva un passato molto
complesso essendo il figlio di una prostituta (Gd 11,1). Gàlaad era in
un territorio molto adatto all’allevamento del bestiame (Nm 26,29).
Gàlaad aveva così un passato iniquo, e il presente non era migliore.
“In Gàlgala si sacrifica ai tori,
perciò i loro altari saranno come mucchi di pietre nei solchi dei campi”.
Gàlgala (cerchio di pietre) era situata tra il Giordano e
Gerico. Era il luogo di un antico santuario (Gs 5,8-10). A Gàlgala, Saul
commise il peccato di disobbedienza offrendo un olocausto (1Sam 13,9-13)
che Samuele aveva riservato a sé (10,8). A Gàlgala c’era indubbiamente
un luogo cultuale con sacrifici. “Si
sacrifica ai tori”, è traduzione
di congettura. Il testo masoretico ha: “sacrificano
tori”. L’esito sarà che gli
altari di Gàlaad e di Gàlgala saranno ridotti a mucchi di pietre come
quelli che i contadini fanno ammucchiando i sassi dei campi durante
l’aratura. “Giacobbe fuggì
nella regione di Aram, Israele prestò servizio per una donna e per una
donna fece il guardiano di bestiame”.
Aram è la terra montuosa tra il Tigri e l’Eufrate. Precisamente a Carram
(Gn 27,43; 28,10). La fuga fu di fronte a Esaù del quale aveva comprato
la primogenitura e ottenuta con uno stratagemma. Osea continua la
demitizzazione di Giacobbe mitizzato come radice gloriosa dalle tribù
del regno del Nord, come la loro radice gloriosa. Osea lo presenta
disposto a fare il mandriano pur di ottenere da Labano la donna
desiderata. Niente di male, ma per Osea questo fu un atto non
precisamente glorioso. “Per
mezzo di un profeta il Signore fece uscire Israele dall’Egitto, e per
mezzo di un profeta lo custodì”.
Il profeta per mezzo del quale Dio fece uscire Israele dall’Egitto è
Mosé. Il profeta che lo custodì va identificato con Samuele. A Osea non
piaceva che i re avessero preso dopo Samuele il sopravvento sui profeti.
Il peccato di Saul è riconducibile alla sua pretesa autosufficienza da
Samuele. “Èfraim provocò Dio
amaramente, il Signore gli farà ricadere addosso il sangue versato e lo
ripagherà della sua offesa”. La
storia di Èfraim è piena di peccato. La giustizia divina farà sì che il
sangue dei miseri oppressi, sia ripagato con il sangue, e che l’offesa a
Dio venga ripagata con la rovina totale del regno del Nord.
La prostituzione dell’idolatria
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13
1 Quando Èfraim parlava, incuteva terrore,
era un principe in Israele.
Ma si è reso colpevole con Baal
ed è decaduto.
2 Tuttavia continuano a peccare e con il loro argento si sono fatti statue fuse,
idoli di loro invenzione,
tutti lavori di artigiani.
Dicono: “Offrite loro sacrifici”,
e mandano baci ai vitelli.
3 Perciò saranno come nube del mattino,
come rugiada che all’alba svanisce,
come pula lanciata lontano dall’aia,
come fumo che esce dalla finestra. |
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“Quando Èfraim parlava, incuteva terrore, era un principe in Israele. Ma si è reso colpevole con Baal ed è decaduto”. Èfraim era la tribù principe per potenza militare e ricchezza. La sua parola era autorevole fino al punto da incutere terrore a chi la volesse contraddire. Da tanta gloria Èfraim è caduto perché ha seguito il culto a Baal camuffato da culto a Jhavéh, fino a identificare l’uno con l’altro.
“Tuttavia continuano a peccare e con il loro argento si sono fatti statue fuse, idoli di loro invenzione, tutti lavori di artigiani”. Pur con i segni della perdita di prestigio, gli Èfraimiti continuano a peccare fabbricando “idoli di loro invenzione”.
La Bibbia sottolinea sempre che gli idoli sono opera umana; fatti di pietra, di legno o di metallo. Si sa che per gli idolatri la divinità era pensata immanente all’idolo, fino al punto di una identificazione con l’idolo, la cui materia stessa era pensata divina, avendo come fonte i corpi di dei affrontatisi in una colossale lotta: cosmogonia.
La contestazione biblica è estremamente sapiente perché parte sia dal fatto che sono opera umana, sia dal fatto che sono di pietra o legno o metallo. Queste contestazioni dichiarano che la materia non ha nulla di divino, ma è realtà creata da Dio, e che la forma dell’idolo è opera umana. Con ciò viene squalificato totalmente l’opera dell’idolo, che non ode e non parla, e anche viene squalificata l’identificazione dell’idolo con una divinità immanente poiché Dio è trascendente la materia da lui creata.
L’immanenza, il Dio con noi, si avrà soltanto nel mistero dell’Incarnazione, dove va precisato che le due nature (umana e divina) sono rigorosamente distinte, pur unite nell’unica Persona il Verbo.
“Dicono: ‹Offrite loro sacrifici› e mandano baci ai vitelli›”. I potenti di Israele conducono il popolo agli idoli facendo loro credere che da essi verrà pace e prosperità (1Re 12,28).
“Perciò saranno come nube del mattino, come rugiada che all’alba svanisce, come pula lanciata lontano dall’aia, come fumo che esce dalla finestra”. I potenti e coloro che si sono lasciati sedurre saranno dissolti senza che possano opporre resistenza.
L’amore offeso dall’ingratitudine
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4 Eppure io sono il Signore, tuo Dio,
fin dal paese d’Egitto,
non devi conoscere altro Dio fuori di me,
non c’è salvatore fuori di me. 5 Io ti ho protetto nel deserto,
in quella terra ardente. 6 Io li ho fatti pascolare,
si sono saziati e il loro cuore si è inorgoglito,
per questo mi hanno dimenticato. 7 Perciò io sarò per loro come un leone,
come un leopardo li spierò per la via,
8 li assalirò come un’orsa privata dei figli,
spezzerò la corazza del loro cuore,
li divorerò come una leonessa;
li sbraneranno le bestie selvatiche. |
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“Eppure io sono il Signore, tuo Dio, fin dal paese d’Egitto, non devi conoscere altro Dio fuori di me, non c’è salvatore fuori di me”. Dio presenta il punto fondamentale dell’alleanza, che Israele (regno del Nord e del Sud), ha violato (Es 20,2; 34,14; Dt 5,6).
“Io ti ho protetto nel deserto, in quella terra ardente. Io li ho fatti pascolare, si sono saziati e il loro cuore si è inorgoglito, per questo mi hanno dimenticato”. Presenta con quanta cura lo ha difeso dall’attacco degli Amaleciti ( ), dalla fame e dalla sete. Presenta come li ha fatti entrare nella Terra Promessa, conducendoli ai beni della terra. L’ingratitudine prese il sopravvento sulla gratitudine fino ad estinguerla: “per questo mi hanno dimenticato”. “Perciò io sarò per loro come un leone, come un leopardo li spierò per la via, li assalirò come un’orsa privata dei figli, spezzerò la corazza del loro cuore, li divorerò come una leonessa; li sbraneranno le bestie selvatiche”. L’ingratitudine spinta fino al tradimento non avrà altro esito che un’azione inarrestabile di Dio, che non darà loro scampo (5,14). L’immagine delle fiere in attacco e che sbranano dice che non ci sarà scampo, e sarà l’orrore che avrà ragione della “corazza del loro cuore”. L’immagine della corazza del cuore che viene spezzata ha in sé uno spiraglio di salvezza per quanti, sotto la sferza assira, r
iconosceranno la loro superbia e si apriranno al pentimento.
La rovina di Samaria
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9 Israele, tu sei rovinata e solo io ti posso aiutare!
10 Dov’è ora il tuo re, che ti possa salvare?
Dove sono i capi in tutte le tue città
e i governanti di cui dicevi:
‹Dammi un re e dei capi›?
11 Ti ho dato un re nella mia ira e con sdegno te lo riprendo.
12 L’iniquità di Èfraim è chiusa in luogo sicuro,
il suo peccato è ben custodito.
13 I dolori di partoriente lo sorprenderanno,
ma egli è figlio privo di senno,
non si presenterà a suo tempo
pronto a uscire dal seno materno.
14 Li strapperò di mano agli inferi, li riscatterò dalla morte?
Dov’è, o morte, la tua peste?
Dov’è, o inferi, il vostro sterminio?
La compassione è nascosta ai miei occhi.
15 Èfraim prosperi pure in mezzo ai fratelli:
verrà il vento d’oriente,
si alzerà dal deserto il vento del Signore
e farà inaridire le sue sorgenti,
farà prosciugare le sue fonti,
distruggerà il tesoro e ogni oggetto prezioso.
14
1 Samaria sconterà la sua pena,
perché si è ribellata al suo Dio.
Periranno di spada,
saranno sfracellati i bambini;
le donne incinte sventrate. |
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“Israele, tu sei rovinata e solo io ti posso aiutare!”. Israele, l’adultera, è alla rovina e solo un ritorno a Dio la può salvare.
“Dov’è ora il tuo re, che ti
possa salvare? Dove sono i capi in tutte le tue città e i governanti di
cui dicevi: ‹Dammi un re e dei capi›?”. I capi delle tribù avevano voluto un re pensando che questa fosse la mossa vincente per la grandezza della nazione, ma non fu così: la monarchia cominciò a vacillare subito con Saul, poi con Salomone, che diede spazio agli idoli adorati dalle sue numerose mogli. Poi lo scisma politico e religioso di Geroboamo.
Chiedendo un re Israele veniva ad oscurare la sovranità di Jhavéh.
La monarchia volle sopravanzare sul sacerdozio istituito da Dio, umiliandolo per spingerlo al compromesso con gli idoli.
“Ti ho dato un re nella mia ira e con sdegno te lo riprendo”. Dio aveva accettato che Israele avesse un re, pur sapendo che in tale richiesta c’era il rifiuto di lui (1Sm 8,7). Così l’aver dato un re era come dare una fonte di rovina, ma era ciò che voleva Israele. Ora il regno del Nord spera nel re, ma gli viene tolto (10,15; 2Re 17,4).
“L’iniquità di Èfraim è chiusa in luogo sicuro, il suo peccato è ben custodito”. Èfraim è giunto al punto da considerare la sua iniquità come realtà da custodire, da difendere (5,4).
“I dolori di partoriente lo sorprenderanno, ma egli è figlio privo di senno, non si presenterà a suo tempo pronto a uscire dal seno materno”. I dolori di partoriente lo sorprenderanno (le prime calamità assire: 734 - 732), ma non uscirà “dal seno materno”, cioè dall’iniquità che lo ha formato, per ricevere la luce che lo può salvare. “Li strapperò di mano agli inferi, li riscatterò dalla morte? Dov’è, o morte, la tua peste? Dov’è, o inferi, il vostro sterminio?”. La volontà di Dio è volontà di salvezza, e vorrebbe salvare Èfraim, ma Èfraim non vuole. “La compassione è nascosta ai miei occhi”, Èfraim ha sepolto nel suo cuore (13,12) la compassione per i fratelli (13,15): Dio non la vede.
“Èfraim prosperi pure in mezzo ai fratelli: verrà il vento d’oriente, si alzerà dal deserto il vento del Signore e farà inaridire le sue sorgenti, farà prosciugare le sue fonti, distruggerà il tesoro e ogni oggetto prezioso”. Èfraim è ancora nella prosperità tra le tribù (13,1) compreso Giuda, ma avrà sventure.
La sventura verrà con la forza del vento d’oriente portatore di calore e di siccità (4,19). Baal, divinità agraria, rivelerà il suo nulla di fronte al “vento del Signore”, che porterà carestia (5,6), e con ciò “distruggerà il tesoro e ogni oggetto prezioso”, poiché le ricchezze non avranno valore per supplire alla carestia.
“Samaria sconterà la sua pena, perché si è ribellata al suo Dio. Periranno di spada, saranno sfracellati i bambini; le donne incinte sventrate”. Alla carestia, segno dell’impotenza di Baal, si aggiungerà l’azione degli Assiri, con le loro atrocità (10,14).
L’appassionato Invito al ritorno
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2 Torna dunque, Israele, al Signore, tuo Dio,
poiché hai inciampato nella tua iniquità.
3 Preparate le parole da dire e tornate al Signore;
ditegli: “Togli ogni iniquità,
accetta ciò che è bene:
non offerta di tori immolati,
ma la lode delle nostre labbra.
4 Assur non ci salverà, non cavalcheremo più su cavalli,
né chiameremo più dio nostro
l’opera delle nostre mani,
perché presso di te l’orfano trova misericordia”.
5 Io li guarirò dalla loro infedeltà, li amerò profondamente,
poiché la mia ira si è allontanata da loro.
6 Sarò come rugiada per Israele; fiorirà come un giglio
e metterà radici come un albero del Libano,
7 si spanderanno i suoi germogli e avrà la bellezza dell’olivo
e la fragranza del Libano.
8 Ritorneranno a sedersi alla mia ombra,
faranno rivivere il grano,
fioriranno come le vigne,
saranno famosi come il vino del Libano.
9 Che ho ancora in comune con gli idoli, o Èfraim? Io l’esaudisco e veglio su di lui;
io sono come un cipresso sempre verde,
il tuo frutto è opera mia. |
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“Torna dunque, Israele, al Signore, tuo Dio, poiché hai inciampato nella tua iniquità”. Di fronte all’annuncio di una tale catastrofe, Israele, che ha inciampato nella sua iniquità, dovrebbe tornare a Dio. Dio attende il ritorno dopo aver minacciato la rovina di Israele.
“Preparate le parole da dire e tornate al Signore; ditegli: ‹Togli ogni iniquità, accetta ciò che è bene: non offerta di tori immolati, ma la lode delle nostre labbra”. Il profeta Osea invita ad un’azione penitenziale di ritorno a Dio. Osea segue la linea dei profeti che condannava le ritualità ipocrite “non offerta di tori immolati” per sacrifici di lode: “ma la lode della nostre labbra”. “Assur non ci salverà, non cavalcheremo più su cavalli, né chiameremo più
l’opera delle nostre mani, perché presso di te l’orfano trova misericordia›”. Nell’esposizione penitenziale si deve riconoscere che Assur non salverà, e neppure salverà la forza dei cavalli. Si deve pure rigettare l’idolatria, nella fede che presso Dio si trova misericordia.
“Io li guarirò dalla loro
infedeltà, li amerò profondamente, poiché la mia ira si è allontanata da
loro. Sarò come rugiada per Israele; fiorirà come un giglio…”.
Dio non rinuncia al suo disegno di salvezza. Se Israele si convertirà “fiorirà
come un giglio”. “Ritorneranno
a sedersi alla mia ombra, faranno rivivere il grano, fioriranno come le
vigne, saranno famosi come il vino del Libano”.
Il libro si conclude con una prospettiva positiva che riguarda il post
esilio. “Io l’esaudisco e
veglio su di lui; io sono come un cipresso sempre verde, il tuo frutto è
opera mia”. E’ l’impegno della
fedeltà di Dio all’alleanza del Sinai, che guarda alla nuova ed eterna
alleanza attuatasi con Cristo.
Invito del compilatore del libro
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10 Chi è saggio comprenda
queste cose, chi ha intelligenza le comprenda; poiché
rette sono le vie del Signore, i giusti camminano in esse,
mentre i malvagi v’inciampano. |
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