Testo e commento

 

Capitolo   10   11   12   13   14   16   20   21   22   23   24   25   31  

 

Il libro dei Numeri (censimenti) comprende dati relativi a due censimenti e numerosi ordinamenti relativi al culto e alla vita sociale. Questo lavoro si interessa della narrazione del cammino nel deserto dopo l’alleanza del Sinai. Il popolo partì e ben presto si lamentò che non aveva altro che la manna, “che andava attorno a raccoglierla”, da mangiare e voleva carne, e le quaglie si abbatterono sull’accampamento. Il popolo arriva a Kades nel deserto di Zin, adiacente a quello di Paran. Qui Israele si trovò di fronte ad un rapporto scoraggiante degli esploratori inviati nel paese di Canann. Ne seguì una rivolta contro Mosè ed Aronne. Gli Israeliti esordirono in un attacco senza tener conto delle parole di Mosè, che rimase nell’accampamento con l’arca. L’impresa bellica era contro una postazione di Amaleciti e Cananei collocata su di un monte. Il risultato fu una sconfitta gravissima degli armati di Israele, che vennero inseguiti fino a Corma. Poi ci fu la rivolta di Core, di Datan e di Abiram, contro Mosè; la rivolta si concluse con l’apertura di una voragine che inghiottì i ribelli e con un fuoco dal cielo - un crollo di grotte sotterranee e una probabile emissione ed esplosione di gas. A Kades ci fu un’insurrezione a causa dell’assenza di acqua. Il popolo poi si trovò impedito il passaggio attraverso il territorio di Edom. Segue la morte di Aronne al monte Cor. Poi una vittoria Israelita contro un re cananeo, nel Negheb, che aveva attaccato Israele. Non potendo passare per Edom gli Israeliti ripiegarono verso il Mar Rosso per aggirare quel territorio; e il popolo mormorò ancora, così scegliendo lui il cammino si trovò in mezzo ad un territorio infestato da serpenti velenosi dai quali si sottrasse attraverso il vessillo di un serpente di bronzo elevato su di un’asta. Il cammino proseguì fino a Beer dove ci fu per la terza volta il miracolo dello sgorgare dell’acqua. Seguì la conquista della Transgiordania, terra degli Amorrei. Quindi Israele giunse nelle steppe di Moab, verso Gerico, ma dalla parte opposta al Giordano rispetto a quella da cui partirà Giosuè per l’attacco a Gerico. Segue l’episodio di Balaam interpellato dal re di Edom per maledire Israele. Poi un cedimento del popolo con le Moabite e anche le Madianite, che li indussero all’idolatria a Baal-Peor. Poi un’azione bellica punitiva contro i Madianiti, coinvolti nella defezione idolatrica a Baal-Peor. Si apre quindi una sezione che presenta l’elenco delle tappe di Israele nel deserto a partire dall’uscita del paese d’Egitto. Seguono disposizioni su come comportarsi nella conquista di Canaan e quali saranno le loro frontiere.

Nelle sezioni degli ordinamenti compare con chiarezza la tradizione sacerdotale. Nel testo compaiono pure i tratti della tradizione jahvista ed elohista che presentano difficoltà di individuazione tra di loro. Le tre correnti di tradizione scompaiono dal Pentateuco dopo il libro dei Numeri, ma sono ancora presenti in Giosuè e nell’inizio del libro dei Giudici. Una loro presenza si ha anche nei capitolo 31 e 43 del libro del Deuteronomio, col quale compare la tradizione deuteronomista e si chiude il Pentateuco.

La data della composizione del libro dei Numeri è pensabile nell’ambito dell’attività letteraria al tempo di Salomone, essendovi presenti molti punti legislativi e cultuali importanti per il tempio; con questo non si debbono escludere successive aggiunte (Cf. Pr 25,1), anche nel postesilio.

  

La partenza dal monte Sinai

10 (33-36) 33 Così partirono dal monte del Signore e fecero tre giornate di cammino; l’arca dell’alleanza del Signore si muoveva davanti a loro durante le tre giornate di cammino, per cercare loro un luogo di sosta. 34 La nube del Signore era sopra di loro durante il giorno, quando partivano dall’accampamento. 35 Quando l’arca partiva, Mosè diceva:

<Sorgi, Signore,

e siano dispersi i tuoi nemici

e fuggano da te coloro che ti odiano>.

36 Quando sostava, diceva:

<Torna, Signore,

alle miriadi di migliaia di Israele>".

Non si ha più la colonna di nubi che precedeva Israele, ma una nube che sta sopra i popolo: “la nube del Signore”. Tale nube significante la Gloria del Signore era scesa sulla tenda del convegno come segno della presa di possesso della tenda, la Dimora: (Es 40,34-38): 34 "Allora la nube coprì la tenda del convegno e la gloria del Signore riempì la Dimora. 35 Mosè non poté entrare nella tenda del convegno, perché la nube sostava su di essa e la gloria del Signore riempiva la Dimora.

36 Per tutto il tempo del loro viaggio, quando la nube s’innalzava e lasciava la Dimora, gli Israeliti levavano le tende. 37 Se la nube non si innalzava, essi non partivano, finché non si fosse innalzata. 38 Perché la nube del Signore, durante il giorno, rimaneva sulla Dimora e, durante la notte, vi era in essa un fuoco, visibile a tutta la casa d’Israele, per tutto il tempo del loro viaggio".

L’assetto del popolo è quello di un’organizzazione da campagna militare.

 

Lamenti

11 (1-3) 1 Ora il popolo cominciò a lamentarsi aspramente agli orecchi del Signore. Li udì il Signore e la sua ira si accese: il fuoco del Signore divampò in mezzo a loro e divorò un’estremità dell’accampamento. 2 Il popolo gridò a Mosè; Mosè pregò il Signore e il fuoco si spense. 3 Quel luogo fu chiamato Taberà, perché il fuoco del Signore era divampato fra loro. 

 

Non è detta la causa di questa mormorazione, ma probabilmente il popolo voleva essere libero da quell’ordine liturgico di marcia che Mosè aveva impresso in ordine alla preparazione del popolo alla guerra di conquista della terra di Canaan. L’aggettivo malamente indica la perversità del rifiuto della disciplina liturgica di guerra.

Il testo presenta che da Dio stesso uscì il fuoco divoratore (Cf. Lv 10,1s); ma si è propensi a pensare a fulmini, e nel caso della rivolta di Core, Datan e Abiram (Nm 16,35) ad una emissione, causata da Dio, di gas dal sottosuolo, che sappiamo ricco di idrocarburi, visto che il fuoco è accompagnato dalla formazione di una voragine nel terreno.

Diversamente, per il fuoco dell’altare si deve pensare ad un fuoco direttamente creato da Dio. Ciò accadde ad Aronne (Lv 9,24), a Davide (1Cr 21,26), a Salomone (2Cr 7,1) e ad Elia (1Re 18,20s).

Dio, che aveva usato misericordia ad Israele liberandolo dall’Egitto e gli aveva dato il dono dell’alleanza si mostrava al popolo non gestibile, piegabile, come si faceva con un dio pagano.

E’ la seconda volta (Cf. Nm 11,33) dopo l’alleanza del Sinai che Dio colpisce il popolo.

Nel caso del vitello d’oro furono le spade dei figli di Levi schierate con Mosè a colpire gli idolatri (Es 32,28). Ma i figli di Levi ora si stanno allontanando da Mosè per la probabile indolenza a seguire la liturgia di guerra; e la cosa sfocerà nella ribellione di Core, un capo dei figli di Levi (Nm 16,1s).

 

Lamenti per la monotonia del cibo

(4-6) 4 La gente raccogliticcia, in mezzo a loro, fu presa da grande bramosia, e anche gli Israeliti ripresero a piangere e dissero: "Chi ci darà carne da mangiare? 5 Ci ricordiamo dei pesci che mangiavamo in Egitto gratuitamente, dei cetrioli, dei cocomeri, dei porri, delle cipolle e dell’aglio. 6 Ora la nostra gola inaridisce; non c’è più nulla, i nostri occhi non vedono altro che questa manna".

 

La narrazione presenta come tra gli Israeliti ci fosse gente “raccogliticcia”, cioè gente non disposta al sacrificio, alla preghiera, alla fedeltà a Dio, ma che era uscita dall’Egitto nella speranza di una vita in breve tranquilla e comoda. Questa gente “raccogliticcia” è il focolaio di infezione delle mormorazioni che attraversano Israele nel deserto.

Ancora la manna, senza mai carne, e questo nonostante l’arca dell’alleanza, la tenda del convegno!”. Il popolo arriva ad una mormorazione buia, menzognera; infatti in Egitto prima che Mosè agisse erano già oppressi dal faraone. In fondo la mormorazione dice che dovevano cercare il favore del faraone, giungere ad un compromesso con l’Egitto, dove c’era abbondanza di cibo, di cui un tempo avevano goduto. Il loro Dio, il Dio dell’alleanza li stava deludendo: sempre la manna!

 

Una struttura di governo al servizio del popolo

(16-18.24-30) 16 Il Signore disse a Mosè: "Radunami settanta uomini tra gli anziani d’Israele, conosciuti da te come anziani del popolo e come loro scribi, conducili alla tenda del convegno; vi si presentino con te. 17 Io scenderò e lì parlerò con te; toglierò dello spirito che è su di te e lo porrò su di loro, e porteranno insieme a te il carico del popolo e tu non lo porterai più da solo.
18 Dirai al popolo: <Santificatevi per domani e mangerete carne, perché avete pianto agli orecchi del Signore, dicendo: Chi ci darà da mangiare carne? Stavamo così bene in Egitto! Ebbene, il Signore vi darà carne e voi ne mangerete (...)>".
24 Mosè dunque uscì e riferì al popolo le parole del Signore; radunò settanta uomini tra gli anziani del popolo e li fece stare intorno alla tenda. 25 Allora il Signore scese nella nube e gli parlò: tolse parte dello spirito che era su di lui e lo pose sopra i settanta uomini anziani; quando lo spirito si fu posato su di loro, quelli profetizzarono, ma non lo fecero più in seguito. 26 Ma erano rimasti due uomini nell’accampamento, uno chiamato Eldad e l’altro Medad. E lo spirito si posò su di loro; erano fra gli iscritti, ma non erano usciti per andare alla tenda. Si misero a profetizzare nell’accampamento. 27 Un giovane corse ad annunciarlo a Mosè e disse: "Eldad e Medad profetizzano nell’accampamento". 28 Giosuè, figlio di Nun, servitore di Mosè fin dalla sua adolescenza, prese la parola e disse: "Mosè, mio signore, impediscili!". 29 Ma Mosè gli disse: "Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!". 30 E Mosè si ritirò nell’accampamento, insieme con gli anziani d’Israele.

 

Dio dice a Mosè di darsi una struttura di governo; questo fu anche il consiglio avuto da Ietro, suo suocero (Cf. Es 19,21-23).

Lo “spirito” che è su di Mosè è lo spirito di giustizia, di saggezza (Cf. Es 28,3; Dt 34,9); non è ancora la designazione dello Spirito Santo. Lo spirito è visto come un’azione più o meno permanente di Dio sul soggetto scelto; un’azione che costituisce l’uomo in profeta. Solo nel Nuovo Testamento si parlerà dello Spirito Santo e dei suoi doni.

Lo spirito che è su Mosè passa sui settanta; essi dunque partecipano del dono di Mosè, ma in grado subordinato. Dio investì i settanta con un’azione carismatica episodica – profetizzarono: parlarono, nella glorificazione di Dio, di lui, dell’alleanza, della legge - allo scopo di accreditarli davanti a tutto il popolo e di dare loro il senso preciso del loro compito; fu un’azione di iniziazione alla quale seguì un andamento ordinario.

I due uomini che non erano andati alla tenda del convegno, ma erano scritti nella lista, si misero anch’essi a profetare. Questo episodio suscitò una reazione di casta da parte di quelli che erano andati alla tenda. (La casta è quella situazione di gruppo che rivolge il proprio potere al mantenimento di se stesso e non al servizio della comunità). Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!”; queste parole, mentre spezzano l’insorgente spirito di casta, guardano già al futuro del popolo di Dio nei tempi messianici (Cf. Is 32,15; Ez 39,29; Gl 3,1)

 

Flagello sull’ingordigia del popolo

(31-35) 31 Un vento si alzò per volere del Signore e portò quaglie dal mare e le fececadere sull’accampamento, per la lunghezza di circa una giornata di cammino da un lato e una giornata di cammino dall’altro, intorno all’accampamento, e aun’altezza di circa due cubiti sulla superficie del suolo. 32 Il popolo si alzò e tutto quel giorno e tutta la notte e tutto il giorno dopo raccolse le quaglie. Chi neraccolse meno ne ebbe dieci homer; le distesero per loro intorno all’accampamento. 33 La carne era ancora fra i loro denti e non era ancora statamasticata, quando l’ira del Signore si accese contro il popolo e il Signore percosse il popolo con una gravissima piaga. 34 Quel luogo fu chiamato Kibrot-Taavà, perché là seppellirono il popolo che si era abbandonato all’ingordigia. 35 Da Kibrot-Taavà il popolo partì per Caseròt e a Caseròt fece sosta.

 

La gravissima piaga che colpisce il popolo preso dall’ingordigia lo pone in parallelo a quanto capitò all’Egitto (Cf. Dt 28,27). Cosa fosse esattamente la gravissima piaga non si sa, ma il testo la pone in connessione con la voracità con la quale gli Israeliti si misero a mangiare le quaglie. Quindi, probabilmente, si trattò di una gastroenterite che colpì gli ingordi, non più abituati alla carne e all’abbondanza.

 

12 (16) 16 Poi il popolo partì da Caseròt, e si accampò nel deserto di Paran (a Kades; Cf. 13,25).

 

Il disfattismo degli esploratori

13 (1-3.21-33) 1 Il Signore parlò a Mosè e disse: 2 "Manda uomini a esplorare la terra di Canaan che sto per dare agli Israeliti. Manderete un uomo per ogni tribù dei suoi padri: tutti siano prìncipi fra loro". 3 Mosè li mandò dal deserto di Paran, secondo il comando del Signore; quegli uomini erano tutti capi degli Israeliti.

21 Salirono dunque ed esplorarono la terra dal deserto di Sin fino a Recob, all’ingresso di Camat. 22 Salirono attraverso il Negheb e arrivarono fino a Ebron, dove erano Achimàn, Sesài e Talmài, discendenti di Anak. Ebron era stata edificata sette anni prima di Tanis d’Egitto. 23 Giunsero fino alla valle di Escol e là tagliarono un tralcio con un grappolo d’uva, che portarono in due con una stanga, e presero anche melagrane e fichi. 24 Quel luogo fu chiamato valle di Escol a causa del grappolo d’uva che gli Israeliti vi avevano tagliato.
25 Al termine di quaranta giorni tornarono dall’esplorazione della terra 26 e andarono da Mosè e Aronne e da tutta la comunità degli Israeliti nel deserto di Paran, verso Kades; riferirono ogni cosa a loro e a tutta la comunità e mostrarono loro i frutti della terra. 27 Raccontarono: "Siamo andati nella terra alla quale tu ci avevi mandato; vi scorrono davvero latte e miele e questi sono i suoi frutti. 28 Ma il popolo che abita quella terra è potente, le città sono fortificate e assai grandi e vi abbiamo anche visto i discendenti di Anak. 29 Gli Amaleciti abitano la regione del Negheb; gli Ittiti, i Gebusei e gli Amorrei le montagne; i Cananei abitano presso il mare e lungo la riva del Giordano". 30 Caleb fece tacere il popolo davanti a Mosè e disse: "Dobbiamo salire e conquistarla, perché certo vi riusciremo". 31 Ma gli uomini che vi erano andati con lui dissero: "Non riusciremo ad andare contro questo popolo, perché è più forte di noi". 32 E diffusero tra gli Israeliti il discredito sulla terra che avevano esplorato, dicendo: "La terra che abbiamo attraversato per esplorarla è una terra che divora i suoi abitanti; tutto il popolo che vi abbiamo visto è gente di alta statura. 33 Vi abbiamo visto i giganti, discendenti di Anak, della razza dei giganti, di fronte ai quali ci sembrava di essere come locuste, e così dovevamo sembrare a loro".

 

Il disfattismo degli esploratori è il segno della continuità di un ostracismo mai sopito.

 

La testimonianza di Giosuè e di Caleb

14 (1-10) 1 Allora tutta la comunità alzò la voce e diede in alte grida; quella notte il popolo pianse. 2 Tutti gli Israeliti mormorarono contro Mosè e contro Aronne e tutta la comunità disse loro: "Fossimo morti in terra d’Egitto o fossimo morti in questo deserto! 3 E perché il Signore ci fa entrare in questa terra per cadere di spada? Le nostre mogli e i nostri bambini saranno preda. Non sarebbe meglio per noi tornare in Egitto?". 4 Si dissero l’un l’altro: "Su, diamoci un capo e torniamo in Egitto".
5 Allora Mosè e Aronne si prostrarono con la faccia a terra dinanzi a tutta l’assemblea della comunità degli Israeliti. 6 Giosuè, figlio di Nun, e Caleb, figlio di Iefunnè, che erano stati tra gli esploratori della terra, si stracciarono le vesti 7 e dissero a tutta la comunità degli Israeliti: "La terra che abbiamo attraversato per esplorarla è una terra molto, molto buona. 8 Se il Signore ci sarà favorevole, ci
introdurrà in quella terra e ce la darà: è una terra dove scorrono latte e miele. 9 Soltanto, non vi ribellate al Signore e non abbiate paura del popolo della terra, perché ne faremo un boccone; la loro difesa li ha abbandonati, mentre il Signore è con noi. Non ne abbiate paura".
10 Allora tutta la comunità parlò di lapidarli; ma la gloria del Signore apparve sulla tenda del convegno a tutti gli Israeliti.

 

La sommossa arrivò al punto di lapidare i due onesti esploratori, come fomentatori di rovina. La gloria di Jahwe che scese sulla tenda intimorì il popolo e impedì il linciaggio.

 

L’intercessione di Mosè

(11-25) 11 Il Signore disse a Mosè: "Fino a quando mi tratterà senza rispetto questo popolo? E fino a quando non crederanno in me, dopo tutti i segni che ho compiuto in mezzo a loro? 12 Io lo colpirò con la peste e lo escluderò dall’eredità, ma farò di te una nazione più grande e più potente di lui".
13 Mosè disse al Signore: "Gli Egiziani hanno saputo che tu hai fatto uscire di là questo popolo con la tua potenza 14 e lo hanno detto agli abitanti di questa terra. Essi hanno udito che tu, Signore, sei in mezzo a questo popolo, che tu, Signore, ti mostri loro faccia a faccia, che la tua nube si ferma sopra di loro e che cammini davanti a loro di giorno in una colonna di nube e di notte in una colonna di fuoco. 15 Ora, se fai perire questo popolo come un solo uomo, le nazioni che hanno udito la tua fama, diranno: 16 <Siccome il Signore non riusciva a condurre questo popolo nella terra che aveva giurato di dargli, li ha massacrati nel deserto>. 17 Ora si mostri grande la potenza del mio Signore, secondo quello che hai detto: 18 <Il Signore è lento all’ira e grande nell’amore, perdona la colpa e la ribellione, ma non lascia senza punizione; castiga la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione>. 19 Perdona, ti prego, la colpa di questo popolo, secondo la grandezza del tuo amore, così come hai perdonato a questo popolo dall’Egitto fin qui".

20 Il Signore disse: «Io perdono come tu hai chiesto; 21 ma, come è vero che io vivo e che la gloria del Signore riempirà tutta la terra, 22 tutti gli uomini che hanno visto la mia gloria e i segni compiuti da me in Egitto e nel deserto e tuttavia mi hanno messo alla prova già dieci volte e non hanno dato ascolto alla mia voce, 23 certo non vedranno la terra che ho giurato di dare ai loro padri, e tutti quelli che mi trattano senza rispetto non la vedranno. 24 Ma il mio servo Caleb, che è stato animato da un altro spirito e mi ha seguito fedelmente, io lo introdurrò nella terra dove già è stato; la sua stirpe la possederà. 25 Gli Amaleciti e i Cananei abitano nella valle; domani incamminatevi e tornate indietro verso il deserto, in direzione del Mar Rosso".

 

Mosè presenta ancora (Cf. Es 32,11s) che le genti avrebbero interpretato l’annientamento di Israele come il frutto dell’incapacità di Jahwe di condurre il suo popolo alla conquista della terra promessa.

 

Quarant’anni nel deserto

(26-35) 26 Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse: 27 "Fino a quando sopporterò questa comunità malvagia che mormora contro di me? Ho udito le mormorazioni degli Israeliti contro di me. 28 Riferisci loro: “Come è vero che io vivo, oracolo del Signore, così come avete parlato alle mie orecchie io farò a voi! 29 I vostri cadaveri cadranno in questo deserto. Nessun censito tra voi, di quanti siete stati registrati dai venti anni in su e avete mormorato contro di me, 30 potrà entrare nella terra nella quale ho giurato a mano alzata di farvi abitare, a eccezione di Caleb, figlio di Iefunnè, e di Giosuè, figlio di Nun. 31 Proprio i vostri bambini, dei quali avete detto che sarebbero diventati una preda di guerra, quelli ve li farò entrare; essi conosceranno la terra che voi avete rifiutato. 32 Quanto a voi, i vostri cadaveri cadranno in questo deserto. 33 I vostri figli saranno nomadi nel deserto per quarant’anni e porteranno il peso delle vostre infedeltà, finché i vostri cadaveri siano tutti quanti nel deserto. 34 Secondo il numero dei giorni che avete impiegato per esplorare la terra, quaranta giorni, per ogni giorno un anno, porterete le vostre colpe per quarant’anni e saprete che cosa comporta ribellarsi a me”. 35 Io, il Signore, ho parlato. Così agirò con tutta questa comunità malvagia, con coloro che si sono coalizzati contro di me: in questo deserto saranno annientati e qui moriranno".

 

Il popolo in quelle condizioni di chiusura a Dio non avrebbe potuto conquistare la Terra Promessa, per cui dovette essere purificato dalla generazione che aveva consumato tante ribellioni.

 

Il popolo vuole forzare una postazione nemica a dispetto di Dio

(39-45) 39 Mosè riferì quelle parole a tutti gli Israeliti e il popolo ne fu molto afflitto. 40 Si alzarono di buon mattino per salire sulla cima del monte, dicendo: "Eccoci pronti a salire verso il luogo a proposito del quale il Signore ha detto che noi abbiamo peccato". 41 Ma Mosè disse: "Perché trasgredite l’ordine del Signore? La cosa non vi riuscirà. 42 Non salite, perché il Signore non è in mezzo a voi; altrimenti sarete sconfitti dai vostri nemici! 43 Infatti di fronte a voi stanno gli Amaleciti e i Cananei e voi cadrete di spada, perché avete abbandonato il Signore e il Signore non sarà con voi".
44 Si ostinarono a salire verso la cima del monte, ma l’arca dell’alleanza del Signore e Mosè non si mossero dall’accampamento. 45 Allora gli Amaleciti e i Cananei che abitavano su quel monte discesero e li percossero e li fecero a pezzi fino a Corma.

 

Israele tentò di entrare nella terra di Canaan, ma il tentativo di annullare una fortificazione Amalecita e Cananea posta su di un monte finì in una disfatta. Gli inseguitori di Israele si fermarono a livello della città Cananea di Corma. La città verrà conquistata solo dopo il passaggio del Giordano (Gdc 1,17) dalle tribù di Giuda e di Simone, che la raggiunsero dal deserto di Giuda: l’episodio della presa di Corma è riportato fuori posizione in Nm 21,1-2.

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La ribellione di Core, Datan e Abiram

16 (1-19) 1 Ora Core, figlio di Isar, figlio di Keat, figlio di Levi, con Datan e Abiràm, figli di Eliàb, e On, figlio di Pelet, figli di Ruben, presero altra gente 2 e insorsero contro Mosè, con duecentocinquanta uomini tra gli Israeliti, prìncipi della comunità, membri del consiglio, uomini stimati; 3 si radunarono contro Mosè e contro Aronne e dissero loro: "Basta con voi! Tutta la comunità, tutti sono santi e il Signore è in mezzo a loro; perché dunque vi innalzate sopra l’assemblea del Signore?".
4 Quando Mosè ebbe udito questo, si prostrò con la faccia a terra; 5 poi parlò a Core e a tutta la gente che era con lui, dicendo: "Domani mattina il Signore farà conoscere chi è suo e chi è santo e se lo farà avvicinare: farà avvicinare a sé colui che egli avrà scelto. 6 Fate questo: prendetevi gli incensieri tu, Core, e tutta la gente che è con te; 7 domani vi metterete il fuoco e porrete incenso davanti al Signore; colui che il Signore avrà scelto sarà santo. Basta con voi, figli di Levi!". 8 Mosè disse poi a Core: "Ora ascoltate, figli di Levi! 9 È forse poco per voi che il Dio d’Israele vi abbia separato dalla comunità d’Israele, facendovi avvicinare a sé per prestare servizio nella Dimora del Signore e stare davanti alla comunità, esercitando per essa il vostro ministero? 10 Egli ha fatto avvicinare a sé te e, con te, tutti i tuoi fratelli, figli di Levi, e ora voi pretendete anche il sacerdozio? 11 Per questo tu e tutta la gente che è con te siete convenuti contro il Signore! E chi è Aronne, perché vi mettiate a mormorare contro di lui?".
12 Mosè mandò a chiamare Datan e Abiràm, figli di Eliàb; ma essi dissero: "Noi non verremo. 13 È troppo poco per te l’averci fatto salire da una terra dove scorrono latte e miele per farci morire nel deserto, perché tu voglia elevarti anche sopra di noi ed erigerti a capo? 14 Non ci hai affatto condotto in una terra dove scorrono latte e miele, né ci hai dato in eredità campi e vigne! Credi tu di poter privare degli occhi questa gente? Noi non verremo". 15 Allora Mosè si adirò molto e disse al Signore: «Non gradire la loro oblazione; io non ho preso da costoro neppure un asino e non ho fatto torto ad alcuno di loro».
16 Mosè disse a Core: "Tu e tutta la tua gente trovatevi domani davanti al Signore: tu e loro con Aronne; 17 ciascuno di voi prenda il suo incensiere, vi metta l’incenso e porti ciascuno il suo incensiere davanti al Signore: duecentocinquanta incensieri. Anche tu e Aronne avrete ciascuno il vostro". 18 Essi dunque presero ciascuno un incensiere, vi misero il fuoco, vi posero l’incenso e si fermarono all’ingresso della tenda del convegno, come pure Mosè e Aronne.
19 Core convocò contro di loro tutta la comunità all’ingresso della tenda del convegno. E la gloria del Signore apparve a tutta la comunità.

 

La ribellione fu di carattere religioso e partì dal levita Core e dai laici  Datan e Abiran. Si volle togliere il comando a Mosè attraverso una secessione religiosa: è il massimo dell’astuzia dell’ostracismo.

 

La fine dei ribelli

(20-35) 20 Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne dicendo: 21 "Allontanatevi da questa comunità e io li consumerò in un istante". 22 Essi si prostrarono con la faccia a terra, e dissero: "Dio, Dio degli spiriti di ogni essere vivente! Un uomo solo ha peccato, e vorresti adirarti contro tutta la comunità?". 23 Il Signore parlò a Mosè dicendo: 24 "Parla alla comunità e ordinale: <Ritiratevi dalle vicinanze della dimora di Core, Datan e Abiràm>".

25 Mosè si alzò e andò verso Datan e Abiràm; gli anziani d’Israele lo seguirono. 26 Egli parlò alla comunità dicendo: "Allontanatevi dalle tende di questi uomini malvagi e non toccate nulla di quanto loro appartiene, perché non periate a causa di tutti i loro peccati". 27 Così quelli si ritirarono dal luogo dove stavano Core, Datan e Abiràm. Datan e Abiràm uscirono e si fermarono all’ingresso delle loro tende con le mogli, i figli e i bambini.
28 Mosè disse: "Da questo saprete che il Signore mi ha mandato per fare tutte
queste opere e che io non ho agito di mia iniziativa. 29 Se questa gente muore come muoiono tutti gli uomini, se la loro sorte è la sorte comune a tutti gli uomini, il Signore non mi ha mandato. 30 Ma se il Signore opera un prodigio, e se la terra spalanca la bocca e li ingoia con quanto appartiene loro, di modo che essi scendano vivi agli inferi, allora saprete che questi uomini hanno disprezzato il Signore". 31 Come egli ebbe finito di pronunciare tutte queste parole, il suolo si squarciò sotto i loro piedi, 32 la terra spalancò la bocca e li inghiottì: essi e le loro famiglie, con tutta la gente che apparteneva a Core e tutti i loro beni. 33 Scesero vivi agli inferi essi e quanto loro apparteneva; la terra li ricoprì ed essi scomparvero dall’assemblea. 34 Tutto Israele che era attorno a loro fuggì alle loro grida, perché dicevano: "La terra non inghiottisca anche noi!".
35 Un fuoco uscì dal Signore e divorò i duecentocinquanta uomini che offrivano l’incenso.

 

Lo sprofondamento del terreno fu dovuto al crollo di una cavità sotterranea; questo per intervento di Dio, il quale fece separare dal posto il popolo. Il segno dello sprofondamento di uomini vivi nelle profondità della terra era quanto di più impressionante poteva accadere.

Dio è infinitamente misericordioso, ma c’è una misura, conosciuta da lui solo, oltre la quale la sua tolleranza diventerebbe la rovina del suo popolo. E’ quanto afferma il Salmo 124/125 “Non resterà lo scettro dei malvagi sull'eredità dei giusti, perché i giusti non tendano le mani a compiere il male".

Tutto il casato dei ribelli è coinvolto nella rovina, perché solidale nell’aderire alla ribellione dei capi clan. Certo ognuno aveva una responsabilità personale.

Il fuoco che esce dalla presenza del Signore e colpisce gli uomini con l’incensiere sul quale c’è un fuoco illegittimo (Cf. Lv 10,1-2) dimostra che il loro omaggio a Dio è falso. La realtà di quel fuoco è pensabile in una fuga ed esplosione di gas dal sottosuolo in concomitanza col terremoto che fece crollare la cavità sotterranea.

L’immagine della terra che inghiottisce vivi gli avversari di Dio è ripresa nell’Apocalisse a proposito dell’annientamento dell’Anticristo (Ap 20,20).

 

L'impulsività di Mosè e Aronne

20 (1-13) 1 Ora tutta la comunità degli Israeliti arrivò al deserto di Sin il primo mese, e il popolo si fermò a Kades. Qui morì e fu sepolta Maria.
2 Mancava l’acqua per la comunità: ci fu un assembramento contro Mosè e contro Aronne. 3 Il popolo ebbe una lite con Mosè, dicendo: "Magari fossimo morti quando morirono i nostri fratelli davanti al Signore! 4 Perché avete condotto l’assemblea del Signore in questo deserto per far morire noi e il nostro bestiame? 5 E perché ci avete fatto uscire dall’Egitto per condurci in questo luogo inospitale? Non è un luogo dove si possa seminare, non ci sono fichi, non vigne, non melograni, e non c’è acqua da bere".

6 Allora Mosè e Aronne si allontanarono dall’assemblea per recarsi all’ingresso della tenda del convegno; si prostrarono con la faccia a terra e la gloria del Signore apparve loro. 7 Il Signore parlò a Mosè dicendo: 8 «Prendi il bastone; tu e tuo fratello Aronne convocate la comunità e parlate alla roccia sotto i loro occhi, ed essa darà la sua acqua; tu farai uscire per loro l’acqua dalla roccia e darai da bere alla comunità e al loro bestiame». 9 Mosè dunque prese il bastone che era davanti al Signore, come il Signore gli aveva ordinato.
10 Mosè e Aronne radunarono l’assemblea davanti alla roccia e Mosè disse loro: "Ascoltate, o ribelli: vi faremo noi forse uscire acqua da questa roccia?". 11 Mosè alzò la mano, percosse la roccia con il bastone due volte e ne uscì acqua in abbondanza; ne bevvero la comunità e il bestiame.
12 Ma il Signore disse a Mosè e ad Aronne: "Poiché non avete creduto in me, in modo che manifestassi la mia santità agli occhi degli Israeliti, voi non introdurrete quest’assemblea nella terra che io le do". 13 Queste sono le acque di Merìba, dove gli Israeliti litigarono con il Signore e dove egli si dimostrò santo in mezzo a loro.

 

C’è differenza con l’episodio di Es 14,11 ed è nel comportamento di Mosè ed Aronne di fronte al popolo. Mosè invece di edificare il popolo manifestandosi servo della gloria di Dio si lasciò prendere dalla rabbia verso il popolo. Mosè doveva rivolgersi alla roccia con una parola di imperio in nome di Dio. E invece ecco parole dure, di sfida al popolo, e due colpi - non uno - di bastone contro la roccia. Il Salmo 105,32-33 così esprime la mancanza di Mosè: “Lo irritarono anche alle acque di Meriba e Mosè fu punito per causa loro: poiché avevano amareggiato il suo spirito ed egli aveva parlato senza riflettere"

 

(14-28) Mosè chiese poi di attraversare il territorio di Edom, ma gli venne rifiutato. Israele si mise così in cammino per aggirare il territorio di Edom. Giunse al monte Cor dove Aronne morì. Al suo posto subentrò Eleazaro, figlio di Aronne.

 

I serpenti velenosi

21 (4-9) 4 Gli Israeliti si mossero dal monte Or per la via del Mar Rosso, per aggirare il territorio di Edom. Ma il popolo non sopportò il viaggio. 5 Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: "Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero". 6 Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì. 7 Il popolo venne da Mosè e disse: "Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti". Mosè pregò per il popolo. 8 Il Signore disse a Mosè: "Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita". 9 Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita.

 

Non si deve pensare che il deserto fosse una distesa di sabbia, era invece una steppa con radi cespugli. L’acqua era di difficile approvvigionamento, ma esisteva; ma certo tutto era difficile, disagevole. Il popolo ancora se la prese con Dio e con Mosè, con la conseguenza di optare per un ritorno all’Egitto, finendo alla fine in una zona infestata da serpenti velenosi: un dramma. Il popolo si vide perduto e ricorse a Mosè dichiarando di avere peccato.

Siamo nell’area delle miniere di rame dell’Araba, nell’avvallamento che continua quello del golfo di Aqaba fino al Mar Morto.

Mosè su indicazione del Signore fece un serpente di rame e lo mise sopra un’asta.

Nella zona mineraria sono stati rinvenuti parecchi piccoli serpenti di rame, di poco più di una decina di centimetri, che sicuramente erano stati usati da minatori egizi quale idolatrica protezione dai serpenti.

Comunque, il serpente di rame innalzato da Mosè su comando di Dio, aveva una sua netta autonomia di significato, poiché era l’eco della vittoria del bastone di Aronne diventato serpente e sui i bastoni del maghi d’Egitto diventati serpenti per le loro magie. Il serpente di rame sull’asta era il segno della potenza del Dio d’Israele, che salvava; che liberava dal morso dei serpenti, come già aveva liberato dal morso del faraone.          

 

In cammino verso la Transgiordania

(10-15) 10 Gli Israeliti si mossero e si accamparono a Obot; 11 partiti da Obot si accamparono a Iie-Abarìm, nel deserto che sta di fronte a Moab, dal lato dove sorge il sole. 12 Di là si mossero e si accamparono nella valle di Zered. 13 Si mossero di là e si accamparono sull’altra riva dell’Arnon, che scorre nel deserto e proviene dal territorio degli Amorrei; l’Arnon infatti è la frontiera di Moab, fra Moab e gli Amorrei. 14 Per questo si dice nel libro delle Guerre del Signore:

«Vaèb in Sufa e i torrenti,
l’Arnon 15 e il pendio dei torrenti,
che declina verso la sede di Ar
e si appoggia alla frontiera di Moab».

 

Il terzo episodio dell'acqua

(16-20) “Di là andarono a Beer. Questo è il pozzo di cui il Signore disse a Mosè: <Raduna il popolo e io gli darò l’acqua>. Allora Israele cantò questo canto:

<Sgorga, o pozzo: cantatelo!

Pozzo che i principi hanno scavato,

Che i nobili del popolo hanno perforato

Con lo scettro, con i loro bastoni>.

Poi dal deserto andarono a Mattana, da Mattana a Nacaliel, da Nacaliel a Bamot e da Bamot alla valle che si trova nelle steppe di Moab presso la cima del Pisga, che è di fronte al deserto”.

 

Il pozzo venne scavato dai capitribù in territorio Amorreo. Da quanto si può dedurre lo scavo del pozzo non andò a buon esito, non trovando alcuna falda acquifera. L’intervento di Dio avvenne a quel punto: “Sgorga, o pozzo: cantatelo!”.

Beer, significa pozzo: la località prese nome dal pozzo scavato.

Il deserto è quello di Giuda nel lato nord-occidentale del Mar Morto.

 

(21-35) Conquista della Transgiordania.

 

L’asina di Balaam

22 (27-33)  “L’asina vide l’angelo del Signore e si accovacciò sotto Balaam; l’ira di Balaam si accese ed egli percosse l’asina con il bastone. Allora il Signore aprì la bocca all’asina ed essa disse a Balaam: <Che ti ho fatto perché tu mi percuota per la terza volta?>. Balaam rispose all’asina: <Perché ti sei beffata di me! Se avessi una spada in mano, ti ammazzerei subito>. L’asina disse a Balaam: <Non sono io la tua asina sulla quale hai sempre cavalcato fino ad oggi? Sono forse abituata ad agire così?>. Ed egli rispose: <No>. Allora il Signore aprì gli occhi a Balaam ed egli vide l’angelo del Signore, che stava sulla strada con la spada sguainata. Balaam si inginocchiò e si prostrò con la faccia a terra. L’angelo del Signore gli disse: <Perché hai percosso  la tua asina già tre volte? Ecco io sono uscito ad ostacolarti il cammino, perché il cammino davanti a me va in precipizio. Tre volte l’asina mi ha visto ed è uscita di strada davanti a me; se non fosse uscita di strada davanti a me, certo io avrei già ucciso te e lasciato in vita lei>”.

 

L’episodio dell’asina di Balaam giunse allo scrittore sacro carico di interpretazione popolare. Le cose infatti non dovettero andare proprio così, cioè che l’asina si fermasse perché aveva visto un angelo; ma perché un angelo la fece fermare agendo su di lei. Poi circa l’asina che si mise a parlare, le cose vanno viste come il riflettere personale di Balaam sul suo infierire sulla bestia. Resta però autentica l’apparizione dell’angelo a Balaam.

Non è impossibile poi che Dio possa far sembrare che un animale pronunci parole; questo lo può fare anche una natura angelica.

 

Balaam non può non benedire Israele

23 (20-24)“Ecco di benedire ho ricevuto il comando e la benedizione io non potrò revocare. Non si scorge iniquità in Giacobbe, non si vede affanno in Israele. Il Signore suo Dio è con lui e in lui risuona l’acclamazione per il re. Dio, che lo ha fatto uscire dall’Egitto, è per lui come le corna del bufalo. Perché non vi è sortilegio contro Giacobbe e non vi è magia contro Israele: a suo tempo vien detto a Giacobbe e a Israele che cosa opera Dio. Ecco un popolo che si leva come leonessa e si erge come un leone; non si accovaccia, finché non abbia divorato la preda e bevuto il sangue degli uccisi”.

 

24 (5-7) “Come sono belle le tue tende, Giacobbe, le tue dimore, Israele! Sono come torrenti che si diramano, come giardini lungo un fiume, come àloe, che il Signore ha piantati, come cedri lungo le acque. Fluirà l’acqua dalle sue secchie e il suo seme come acqua copiosa.

 

(9b.17) Chi ti benedice sia benedetti e chi ti maledice sia maledetto!”.  “Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele, spezza le tempie di Moab e il cranio dei figli di Set”.

 

Balaam viene chiamato dal re di Moab come “un esperto” in maledizioni e benedizioni; quello che benedice prospera, quello che maledice si dissolve. Ma le arti di Balaam di fronte ad Israele sono inoperanti, e deve benedire nonostante che fosse stato incaricato di maledire.

L’arte di Balaam consisteva nel piegare a sé una divinità, trarla dalla propria parte attraverso offerte, sacrifici, formule, e una volta avutala in proprio potere, in nome della divinità particolare, catturata e poi obbedita, maledire. Dentro la magia c’è un obbedienza totalmente assorbita dalla magia: maledire in nome della divinità. Balaam doveva dunque trarre dalla propria parte il Dio di Israele, di cui è venuto a saperne nome, cosa questa necessaria alla magia per influire sulla divinità, e poi nel nome di Jahvéh maledire Israele. Ma il nome di Jahvéh vuol dire “Egli è”; è cioè che Egli è l’Essere eterno che non dipende da nessun essere: Egli è sufficiente in se stesso, beatissimo in se stesso, luce a se stesso, e dunque non bisognoso di un olocausto, di un’offerta. Egli è colui che si dona liberissimamente. Egli è colui che non è catturabile. Per Balaam conoscere il nome Jahvéh era il primo invito a desistere. E le magie rigorosamente non funzionano per Balaam, e, nel momento dell’obbedienza all’impulso della divinità, si trova a dover benedire e non maledire. Dio interviene sovrano e Balaam vede che le sue magie non possono nulla su Dio, sul vero Dio. Dio non cambia il suo amore per il suo popolo. Dio non è comprabile con un olocausto. La sua iniziativa non può mai essere depotenziata nella sua assoluta libertà.

E’ chiaro che l’efficacia delle arti magiche di Balaam era dovuta ai demoni, al culto reso ai demoni, celati dietro l’idolatria. Ma Israele è del tutto al riparo da queste magie: Israele ha stretto alleanza con Colui che di sua sovrana e assoluta libertà ha voluto l’alleanza.

 

L’infedeltà a Peor

25 (1-9) “Israele si stabilì a Sittim e il popolo cominciò a trescare  con le figlie di Moab. Esse invitarono il popolo ai sacrifici offerti ai loro dei; il popolo mangiò e si prostrò davanti ai loro dei. Israele aderì al culto di Baal-Peor e l’ira del Signore si accese contro Israele.

Il Signore disse a Mosè: <Prendi tutti i capi del popolo e fa appendere al palo i colpevoli, davanti al Signore, al sole, perché l’ira ardente del Signore si allontani da Israele>. Mosè disse ai giudici d’Israele: <Ognuno di voi uccida dei suoi uomini coloro che hanno aderito al culto di Baal-Peor>.

Ed ecco uno degli Israeliti venne e condusse ai suoi fratelli una donna madianita, sotto gli occhi di Mosè e di tutta la comunità degli Israeliti, mentre essi stavano piangendo all’ingresso della tenda del convegno. Vedendo ciò, Pincas figlio di Eleazaro, figlio del sacerdote Aronne, si alzò in mezzo alla comunità, prese in mano una lancia, seguì quell’uomo di Israele nella tenda e li trafisse tutti e due, l’uomo di Israele e la donna, nel basso ventre. E il flagello cessò tra gli Israeliti. Di quel flagello morirono ventiquattromila persone”.

 

Balaam poi cercò di portare lontano da Dio Israele, e suggerì alle prostitute sacre di Peor, certamente numerose, (Cf. Nm 31 16) di corrompere con la lussuria gli Israeliti.

Il popolo cadde nel peccato e così si scatenò l’ira del Signore. Quale fosse il flagello che portò il popolo a piangere all’ingresso della tenda del convegno, non viene detto, ma è logico pensare a malattie a trasmissione sessuale dilaganti in breve.

L’ordine di Mosè fu quello di mettere a morte per impiccagione quei capi che avevano aderito all’idolatria e permettendo al popolo di seguirla.

Di fronte a questo provvedimento ci fu un Israelita che se ne volle far beffa, portando una donna dentro la sua tenda, davanti a tutti. Una sfida che si concluse con la morte dell’uomo e della donna trafitti dalla lancia di Pincas.

I morti dell’epidemia furono 24.000, ma certamente la cifra è gonfiata in armonia  con quella sul numero degli Israeliti al momento dell’Uscita dall’Egitto.  

Sittim è la base di partenza dalla quale Giosuè mandò gli esploratori a Gerico (Gs 2,1).

 

La vendetta contro Madian

31 (1-12) “Il Signore disse a Mosè: <Compi la vendetta degli Israeliti contro i Madianiti, poi sarai riunito ai tuoi antenati<: Mosè disse la popolo: <Mobilitate fra di voi uomini per la guerra e marcino contro Madian per eseguire la vendetta del Signore su Madian. Manderete in guerra  mille uomini per tribù di tutte le tribù d’Israele>.Così furono forniti, dalle migliaia d’Israele, mille uomini per tribù, cioè dodicimila uomini armati per la guerra. Mosè mandò in guerra quei mille uomini per tribù e con loro Pincas, figlio del sacerdote Eleazaro, il quale portava gli oggetti sacri e aveva in mano le trombe dell’acclamazione. Marciarono dunque contro Madian come il Signore aveva ordinato a Mosè, e uccisero tutti i maschi. Uccisero anche, oltre ai loro caduti, i re di Madian Evi, Rehem, Sur, Ur e Reba cioè cinque re di Madian; uccisero anche di spada Balaam figlio di Beor. Gli Israeliti fecero prigioniere le donne di Madian e i loro fanciulli e depredarono tutto il loro bestiame, tutti i loro greggi e ogni loro bene; appiccarono il fuoco a tutte le città che quelli abitavano e a tutti i loro attendamenti e presero tutto il bottino e tutta la preda, gente e bestiame. Poi condussero i prigionieri, la preda e il bottino a Mosè, al sacerdote Eleazaro e alla comunità degli Israeliti, accampati nelle steppe di Moab, presso il Giordano di fronte a Gerico”.

 

Madian si era reso colpevole di avere indotto, mediante le proprie prostitute sacre, Israele al culto di Baal-Peor. Balaam venne ucciso di spada (Nm 31,8).

Dopo la spedizione Israele continuò a sostare a Sittim, fino al momento in cui Giosuè, dopo la morte di Mosè, prese il comando organizzando l’ingresso nella Terra Promessa.

Mosè morì sul monte Nebo da dove vide il paese di Canaan (Dt 32,48s). Il monte Nebo non è distante dal punto in cui Israele attraversò il Giordano.