Libro del profeta Isaia
 
 
Testo e commento

Capitoli   7   e   8

Isaia (765 circa - dopo 700), Jesha'jahu, cioè Jahvé salva. Era figlio di Amoz (non il profeta Amos). La sua vocazione profetica iniziò con una visione nel tempio (6,1s), per cui avendo accesso al tempio era un levita. La sua predicazione si svolse sotto i successori di Ozia: Iotam (740 - 736), Acaz (736 - 716) e Ezechia (716 - 687), per oltre quarant'anni.
La sua vocazione profetica (6,1s) avvenne nel 740, anno della morte del re Ozia (6,1), nello HêkāI del tempio, che precedeva il Qodesh ha-Qodashim: il Santo dei Santi. Con ciò Isaia era indubbiamente un levità, quindi non della tribù di Giuda. Era sposato. La moglie viene designata quale profetessa (8,3), probabilmente solo perché moglie di Isaia. Era padre di almeno due figli (7,3; 8,3). Dopo le vicende del 700 non si hanno più notizie su di lui. Una tradizione talmudica lo presenta martire sotto il regno di Manasse (687 - 642), segato in due. Tale tradizione è accennata nella lettera agli Ebrei (11,37).
Il libro che porta il suo nome va diviso in tre parti poiché oltre a Isaia, vi sono due altri autori, che sono ignoti. Primo Isaia (cap. 1 - 39; 740 - 700, contesto dell’azione del profeta: guerra siro-efraimita e la pressione assira); Deutero Isaia (cap. 40 - 55; 550 -539, contesto dell'esilio Babilonese), Trito Isaia (cap. 56 - 66; 537 - 520, contesto dopo il ritorno dall’esilio).
Il libro del profeta Isaia si è formato a partire da raccolte di oracoli scritti da Isaia (primo Isaia), con raggruppamenti dello stesso Isaia, non escludendo raccolte dei discepoli del profeta.
Si nota che il libro segue sommariamente l’ordine cronologico dell’azione del profeta, ma non trascura di essere attento alla concatenazione dei contenuti degli oracoli.
Indubbiamente il cap. 7, dove si hanno due interventi del profeta, forma una unità. Tale capitolo è uno dei più affascinanti del primo Isaia, e non ci si può sottrarre di farne un esame per riceverne la ricchezza del messaggio.

L’alleanza di Resin, re di Aram, e Pekach, re di Israele contro Acaz, re di Giuda
7 1 Nei giorni di Acaz, figlio di Iotam, figlio di Ozia, re di Giuda, Resin, re di Aram, e Pekach, figlio di Romelia, re d’Israele, salirono contro Gerusalemme per muoverle guerra, ma non riuscirono a espugnarla. 2 Fu dunque annunciato alla casa di Davide: “Gli Aramei si sono accampati in Èfraim”. Allora il suo cuore e il cuore del suo popolo si agitarono, come si agitano gli alberi della foresta per il vento.
3 Il Signore disse a Isaia: “Va’ incontro ad Acaz, tu e tuo figlio Seariasùb, fino al termine del canale della piscina superiore, sulla strada del campo del lavandaio. 4 Tu gli dirai: ‹Fa’ attenzione e sta’ tranquillo, non temere e il tuo cuore non si abbatta per quei due avanzi di tizzoni fumanti, per la collera di Resin, degli Aramei, e del figlio di Romelia. 5 Poiché gli Aramei, Èfraim e il figlio di Romelia hanno tramato il male contro di te, dicendo: 6 Saliamo contro Giuda, devastiamolo e occupiamolo, e vi metteremo come re il figlio di Tabeèl. 7 Così dice il Signore Dio: Ciò non avverrà e non sarà! 8aPerché capitale di Aram è Damasco e capo di Damasco è Resin. 9aCapitale di Èfraim è Samaria e capo di Samaria il figlio di Romelia. 8bAncora sessantacinque anni ed Èfraim cesserà di essere un popolo. 9bMa se non crederete, non resterete saldi›”.
  7 Così dice il Signore Dio: Ciò non avverrà e non sarà!
8a Perché capitale di Aram è Damasco
e capo di Damasco è Resin.
9a Capitale di Èfraim è Samaria
e capo di Samaria il figlio di Romelia.
8b Ancora sessantacinque anni
ed Èfraim cesserà di essere un popolo.
9b Ma se non crederete, non resterete saldi›”.
 

Una ricostruzione degli eventi, anche se non può raggiungere una garantita precisione cronologica, è di aiuto al commento esegetico.
Gli alleati, “
Resin, re di Aram, e Pekach, figlio di Romelia, re d’Israele”, avevano il disegno di conquistare Giuda: “salirono contro Gerusalemme per muoverle guerra, ma non riuscirono a espugnarla”. La ragione prossima del loro livore contro Gerusalemme era che non aveva voluto fare alleanza con loro per porsi contro l’Assiria. I due re, pieni di collera, si accamparono nel territorio di Èfraim, pronti all’invasione.
Qui si inserisce il primo intervento di Isaia presso il re Acaz (736 - 716), che avvenne “
sulla strada del campo del lavandaio”, presente il primo figlio di Isaia Seariasùb (Un resto ritornerà); nome profetico, di speranza. Giuda non scomparirà, perché un resto ritornerà a Dio.
Dio afferma che se si avrà fiducia in lui la spedizione di Resin e di Pekach non avrà esito positivo, rimanendo tutto come prima: “
Perché capitale di Aram è Damasco e capo di Damasco è Resin. Capitale di Èfraim è Samaria e capo di Samaria il figlio di Romelia”.
Ancora sessantacinque anni ed Èfraim cesserà di essere un popolo”. La data porterebbe a circa l’anno 670, ma Èfraim (Regno del Nord) sarà conquistato e deportato nel 721. Si ritiene che la data sia l’aggiunta improvvida di un copista; ma si può avanzare l’ipotesi che, dopo un 50 anni (due generazioni o tre) dalla deportazione, Èfraim sarebbe giunto alla perdita della sua identità di popolo - “cesserà di essere un popolo” - dissolvendosi tra le nazioni, come poi avvenne. Non ci sarà per Èfraim un resto che ritornerà dall’esilio assiro. Solo qualche famiglia di Èfraim e di Manasse (1Cr 9,3) ritornò coi deportati di Giuda (538), dimorando a Gerusalemme, senza alcuna rilevanza rispetto alla tribù di Giuda. Beniamino, ridotto a poca consistenza, era già assorbito dalla tribù di Giuda prima dell’esilio. Va aggiunto qualche membro della tribù di Aser (Lc 2,36).
Ma se non crederete, non resterete saldi”, cioè sarete vinti e sottomessi ai vincitori.
Un secondo intervento del Signore, per mezzo di Isaia, presentò a Acaz la richiesta di un segno nel cielo o nel profondo degli inferi, che lo rendesse certo dell’intervento di Dio: “
Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto”.
Acaz rispose che non voleva tentare Dio, mostrandosi così credente (Dt 6,16), ma nel senso che aveva un suo disegno che voleva pensare che venisse da Dio, cioè entrare in battaglia con i due re e vincerli.

Isaia presentò, a suo credito, un segno riguardante la nascita di un suo figlio (8,1s), che concepito nel 735, avrebbe saputo dire “
papà” e “mamma”, circa nel 733, prima che i due eserciti assalitori finissero svuotati di forza dal re Assiro (8,3).

Il segno presentato da Isaia risulterà verissimo. Nel 732 Damasco venne espugnata e deportata; nello stesso tempo Tiglat-Pilèser tolse a Pekach la Galilea e il Galaad, a cui seguì una deportazione (2Re 15,29).

Acaz avrebbe dovuto confidare in Dio, che avrebbe difeso il suo popolo.
Volle invece lo scontro armato, puntando sulle proprie forze, e il risultato fu disastroso (2Cr 28,5s). Dopo la sconfitta si prospettò, inevitabilmente, la presa di Gerusalemme, e Acaz cominciò a sbandare verso i nulli dei di Damasco, ritenuti da lui più potenti di Dio, affinché cessassero la loro protezione su Resin (2Cr 28,23) e la dirigessero su di lui.
Nelle guerre di allora gli dei erano chiamati in causa, e si poteva usare la mossa strategica di cercare il favore degli dei del nemico per invitarli ad abbandonarlo, dando la possibilità di prevalere su di lui: solo Dio è fedele al suo popolo. Acaz diventò un idolatra, arrivando a sacrificare suo figlio in un rituale del fuoco (2Re 16,3).
Parallelamente a questa ricerca di accaparramento del favore degli dei del nemico, Acaz pensò di avvicinarsi a Tiglat-Pilèser.
Isaia intervenne allora davanti alla corte del re  Acaz, alla “
casa di Davide” presentando il segno dell’Emmanuele.
Acaz, però, inviò messaggeri (2Re 16,7) a Tiglat-Pilèser, dichiarandosi (734) suo alleato, in atteggiamento servile: “
Io sono tuo servo e figlio” (2Re 16,7).
Alleandosi con l’Assiria, Acaz credeva di rinsaldare il suo regno, non solo contro Damasco e Samaria, ma anche con legami di alleanza con l’Assiria, per questo coi messaggeri dovette inviare un contingente militare a Tiglat-Pilèser, come era rigorosa usanza, per l’assedio di Damasco.
A conquista di Damasco avvenuta, Acaz andò di persona da Tiglat-Pilèser per rendergli omaggio (2Re 16,10), e vide nella città l’altare del grande tempio di Damasco, dedicato al dio Rimmon (2Re 5,18). Per un riconoscimento alla divinità che pensava avesse consegnato la città a Tiglat-Pilèser e, indubbiamente, al suo contingente giudaico, fece il disegno dell’altare e lo fece costruire a Gerusalemme, ponendolo al posto dell’altare di bronzo di Salomone (1Re 8,64; 9,25).
Con la sconfitta di Resin e di Pekach l’alleanza Arameo-Èfraimita (2Re 16,5) svanì, ma Acaz pagò subito il suo protagonismo con tributi esosi a Tiglat-Pilèser (2Cr 28,21.24), e con il peso dell’influenza assira sulla Giudea (2Cr 29,20), che, dopo la conquista di Samaria (721) si trasformerà in invasione (701) al tempo di Ezechia (716 - 687) da parte di Sennacherib (2Re 18,13s; 2Cr 31,1s). Gerusalemme, in quell’invasione, sarà salva per il determinante intervento di Isaia (2Re 19,1; Is 37,1s).

L’oracolo dell’Emmanuele
10 Il Signore parlò ancora ad Acaz: 11 Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto”. 12 Ma Acaz rispose: “Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore”. 13 Allora Isaia disse: “Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? 14 Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele. 15 Egli mangerà panna e miele finché non imparerà a rigettare il male e a scegliere il bene. 16 Poiché prima ancora che il bimbo impari a rigettare il male e a scegliere il bene, sarà abbandonata la terra di cui temi i due re. 17 Il Signore manderà su di te, sul tuo popolo e sulla casa di tuo padre giorni quali non vennero da quando Èfraim si staccò da Giuda: manderà il re d’Assiria”.

Signore parlò ancora ad Acaz: ‹Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto›”. La parola del Signore contiene una prova rivolta a suscitare un atto di fede nella Legge, e Acaz rispose da buon fedele: “Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore”, secondo la Legge (Dt 6,16). Acaz, tuttavia, aveva un suo disegno: dare battaglia a Resin e a Pekach, e vincerli nel nome del Signore degli eserciti. Ma, dopo la sconfitta in campo aperto (2Cr 28,5s), Acaz cominciò a invocare gli dei di Aram (2Cr 28,20), e qui va trovato lo stancare gli uomini e Dio. Tra la richiesta di un segno proposta a Acaz e l’oracolo del dono di un segno da parte di Dio, non può che esserci un triste sbandamento di Acaz, altrimenti non si comprende come la risposta ortodossa di Acaz, abbia stancato Isaia e Dio.
Isaia, stanco dell’incredulità di Acaz, si presentò davanti alla corte di Acaz, pronunciando l’oracolo dell’Emmanuele.
Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio?”. La pervicacia di Acaz e dei suoi consiglieri era stancante non solo per Isaia, ma anche per Dio. “Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele”.

L’Emmanuele non è Ezechia, figlio di Acaz. Infatti Ezechia è nato nel 731 (2Re 8,1; 2Cr 29,1) e prima del 726/27 circa, adottando l’opinione esegetica che il bambino avrebbe agito dopo l’età della ragione, sarebbe avvenuta la sconfitta dei due re - “
sarà abbandonata la terra di cui temi i due re” -, ma la sconfitta avvenne nel 732.
La Vergine”; è del tutto immaginario considerala semplicemente come almàh [giovane donna] presente, infatti dovrebbe essere ben esplicitato il suo titolo famigliare, per essere in quel consesso di vertice. Invece “La Vergineconcepirà e partorirà in una data non definita: solo il futuro conoscerà la Vergine e l’Emmanuele.
Il testo ebraico ha (ha-almàh), che vuol dire (la giovane), tradotta dai LXX con (e parthènos), cioè (la vergine); traduzione seguita da Matteo (1,23), ma con nuova ricchezza di contenuto.
Avendo l’ebraico il termine (betulàh), che vuol dire (vergine) bisogna rispondere al perché non sia stato usato (betulàh) al posto di (almàh).
La risposta al quesito è che il termine (betulàh) è usato non come termine di identificazione personale, ma di una qualità di una persona, cioè la verginità. Il termine in tale senso lo si trova bene espresso in più punti.

(Gn 24,16.43.55): Rebecca viene chiamata (naaràh) (v.16), che significa giovane in età di matrimonio, non includendo, in specifico, la qualità di vergine, che infatti viene subito specificata con (betulàh) (v.16). Poi, prima di andare sposa a Isacco, viene chiamata (almàh) (v.43), e il termine, ovviamente, include la verginità.
(Gn 34,12): Dina violentata è detta (naaràh). (Gdc 19,3): una donna da poco sposata come concubina è detta (naaràh). La serva di Naaman il Siro (2Re 5,2) è detta (naaràh); ugualmente per le ancelle (Pr 9,3). (Rut 2,6): Rut, vedova, è detta (naaràh), che indica cosi una giovane donna sposata.
(Lv 21,14): La verginità era una qualità richiesta per la sposa del sommo sacerdote, che quindi non poteva sposare una vedova, una divorziata, una violentata, una prostituta. Per cui doveva sposare una (betulàh).
(Dt 22,13-15): La donna (issàh) prima del matrimonio doveva essere (betulàh). Dopo è detta (naaràh), anche nel caso di già strettamente impegnata per il matrimonio, come si vede per il caso di Rebecca (Gn 24,45).
Le ragazze o fanciulle (1Sam 9,11-13) sono designate con (nearòt). In (Ps 68,26) sono anche designate con (almòt). Nel Cantico dei Cantici le ragazze ugualmente dette (almòt), in un contesto di consenso entusiasta per il re-sposo (1,3-4), presentato anche con mogli e concubine (6,8).
Esiste il caso di (Pr 30,19) che viene usato per dire che (almàh) poteva essere usato anche per una giovane sposata. “
La via dell’aquila nel cielo, la via del serpete sulla roccia, la via della nave in alto mare, la via dell’uomo in una giovane donna (almàh)”.
Il commento più giusto è che l’autore è poeticamente stupito dal percorso dell’aquila nell’aria senza lasciare traccia, del serpente sulla roccia e della nave nel mare, perché tutti e tre non lasciano traccia. “
La via dell’uomo nell’almàh”; qui la via non si ha senza lasciare traccia se la donna è vergine, ma l’autore considera arduo comprendere il profondo significato sponsale-relazionale della deflorazione della donna vergine. Ne segue che anche in questo caso (almàh) ha in sé la qualità di vergine.
Concludendo la parola (almàh) include sempre la verginità.
La traduzione dei LXX, che traduce (ha-almàh) con (e parthènos), non è altro che la precisazione del termine ebraico almàh,
La traduzione dei LXX che piega l’oracolo a dire che il figlio sarà di Acaz, avrebbe dovuto tradurre con (néa gynaíka).

Il vangelo di Matteo (1,23) segue la traduzione dei LXX (e parthènos), ma bisogna porre delle differenze di contenuto. Infatti nel Vecchio Testamento non esiste la designazione personale di vergine, poiché era solo concepito il matrimonio, e la verginità, non conclusa nel matrimonio, era addirittura un’infelicità (Gdc 11,37). La designazione di vergine nel Nuovo Testamento, non è solo designazione di una qualità della giovane, poiché ha pure il concetto di consacrazione, e tutti noi leggiamo Matteo aggiungendovi questo senso, confermato dalle parole di Maria all’angelo (Lc 1,34): “
Come avverrà questo, poiché non conosco uomo”. La Chiesa sia negli scritti dei padri che dei teologi, sia in numerosi interventi del magistero ha affermato la perpetua verginità di Maria. Questo, con valore dogmatico inequivocabile, nel Sinodo Lateranense (649) presieduto da Martino I (Canone 3; Denzingher 503).
Così i LXX non intesero esprimere l’idea della consacrazione verginale, poiché non l’avevano; vollero solo esplicitare che la (almàh) andava intesa con la qualità di vergine. Matteo, invece, intende esprimere l’identità di uno stato verginale permanentemente scelto davanti a Dio.
Il testo dei LXX forzatamente legge: “Tu gli metterai nome…”, indirizzando l’attenzione verso Acaz. Il testo ebraico, invece, fa chiamare il bambino Emmanuele dalla (almàh); (Is 7,14): “
Ecco: la vergine (ha-almàh) concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele”. Matteo accentua il riconoscere l’identità del bambino, ponendo non solo la madre, ma una moltitudine delle genti. (Mt 1,23): “Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce (partorirà) un figlio; a lui sarà dato il nome di Emmanuele”. In Matteo Emmanuele è inteso come nome di caratterizzazione, poiché il nome proprio sarà Gesù, nome simbolico, già usato (Es 17,8; Esd 3,2: Yᵉhôšua’ = YHWH salva), ma che diventa pure nome di caratterizzazione.
Il testo ebraico pone Emmanuele come nome proprio simbolico del bambino, ma, indubbiamente, anche come nome di caratterizzazione (Is 8,8; 9,5).
Egli mangerà panna e miele finché non imparerà a rigettare il male e a scegliere il bene”. Panna e miele è un assortimento molto buono, ma è cibo costante dei poveri (7,22); non di chi abita un palazzo regale, ma di piccoli allevatori. Il miele è quello dell’apicultura, ma anche miele selvatico. L’immagine è di una vita lontano dalle dinamiche cittadine.
Rigettare il male e scegliere il bene”, non può trattarsi dell’età della ragione, ma di qualcosa di ben più grande, regale, messianico (9,5-6). E’ l’impresa regale dell’Emmanuele, preparata nella vita nascosta di Nazareth (Lc 2,40): “Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui”. “Rigettare il male”, che alberga nel cuore dell’uomo e contemporaneamente “scegliere il bene”, per liberare l’uomo. E per questo scegliere il bene, cioè la volontà del Padre, contro le voci della debolezza della carne, pur santa in lui (Mt 26,41), giunse sulla croce, a quella perfezione d’amore redentore voluta dal Padre (Eb 6,8-9).
Poiché prima ancora che il bimbo impari a rigettare il male e a scegliere il bene, sarà abbandonata la terra di cui temi i due re”. L’evento devastante che Acaz teme di fronte ai due re, Resin e Pekach, non ci sarà, perché prima dell’azione regale del bambino “sarà abbandonata la terra di cui temi i due re”, cioè sarà distrutta Damasco con una deportazione a Kir della popolazione (2Re 16,9), e sottratta a Pekach la Galilea e il Galaad, a cui seguì la deportazione (2Re 15,29).
Acaz non ascoltò Isaia, e volle ricorrere ai nulli dei di Damasco e a Tiglat-Pilèser.
Il Signore manderà su di te, sul tuo popolo e sulla casa di tuo padre giorni quali non vennero da quando Èfraim si staccò da Giuda: manderà il re d’Assiria”. Le calamità contro Giuda saranno capaci di sconvolgerne l’assetto politico, come lo fu la separazione di Èfraim da Giuda (931 ca). L’evento (1Re 11,26s; 12,20s) riguardò lo stabilirsi di una serie di dinastie nel Nord, inglobando dieci tribù - la tribù di Beniamino era praticamente assorbita dalla tribù di Giuda -, rimanendo alla dinastia davidica solo il regno di Giuda, con grande umiliazione.
Tiglad-Pilèser, (2Cr 29,20) non sarà di aiuto a Acaz, ma vorrà esercitare un opprimente controllo sul regno di Giuda. In seguito, nel 701, l’Assiria, con Sennacherib (7,18; 8,7), essendo re di Giuda il figlio di Acaz, Ezechia (716 - 687), invaderà il territorio di Giuda, senza però arrivare a conquistare Gerusalemme (Is 37,36; 2Re 20,35; 2Cr 32,21). Ci sarà, poi, non a lunga scadenza (626), per Traslatio imperi (Erodoto), l’emergere dell’onda babilonese - Isaia la predice a Ezechia (2Re 21,16; Is 13,1s) -, che, come quella Assira, dilagherà dall’Eufrate nel regno di Giuda, arrivando a distruggere Gerusalemme (587/86).
Quello che Acaz temeva, cioè la perdita dell’indipendenza politica, sarà, e con essa l’interruzione della successione regale, ma non verranno meno le promesse fatte a Davide: L’oracolo dell’Emmanuele è in questa prospettiva.

L’oracolo della devastazione della terra di Giuda
  18 Avverrà in quel giorno:
il Signore farà un fischio alle mosche
che sono all’estremità dei canali d’Egitto
e alle api che si trovano in Assiria.
19 Esse verranno e si poseranno tutte
nelle valli scoscese,
nelle fessure delle rocce,
su ogni cespuglio e su ogni pascolo.
20 In quel giorno il Signore raderà
con rasoio preso a nolo oltre il Fiume,
con il re d’Assiria,
il capo e il pelo del corpo,
anche la barba toglierà via.
21 Avverrà in quel giorno:
ognuno alleverà una giovenca e due pecore.
22 Per l’abbondanza del latte che faranno,
si mangerà la panna;
di panna e miele si ciberà
ogni superstite in mezzo a questa terra.
23 Avverrà in quel giorno:
ogni luogo dove erano mille viti
valutate mille sicli d’argento,
sarà preda dei rovi e dei pruni.
24 Vi si entrerà armati di frecce e di arco,
perché tutta la terra sarà rovi e pruni.
25 In tutti i monti,
che erano vangati con la vanga,
non si passerà più
per paura delle spine e dei rovi.
Serviranno da pascolo per armenti
e da luogo battuto dal gregge.
 

Avverrà in quel giorno: Il Signore farà un fischio alle mosche che sono all’estremità dei canali d’Egitto e alle api che si trovano in Assiria”. Questo oracolo esordisce dicendo che le alleanze con Egitto e Assiria, che di volta in volta si tenteranno, si ritorceranno contro il regno di Giuda. A breve, in “quel giorno” (701), ci sarà l’imponente invasione di Sennacherib, re di Assiria (2Re 18,13s; 20,35s). L’invasione, venne preceduta dalla conquista della Samaria (721). L’appoggio cercato presso l’Assiria, si evolverà nella ricerca di un appoggio contro l’Assiria (703) dal re Ezechia. Si interpellerà il re di Babilonia, Merodac-Baladàn, ma sarà una scelta catastrofica (2Re 20,12s). che avrà come futuro esito la conquista Babilonese (2Re 21,16).
Si guarderà anche all’Egitto per cercare alleanze contro l’Assiria, ma le alleanze con l’Egitto saranno funeste, perché l’Egitto farà alleanza con l’Assiria (2Re 23,28.34), per arginare l’insorgente impero Babilonese. Il re di Giuda, Giosia (640 - 609), rimarrà vittima (609) del faraone Necao (2Re 23,29) e la terra di Giuda da tributaria dell’Assiria divenne tributaria dell’Egitto.
In quel giorno il Signore raderà con rasoio preso a nolo oltre il Fiume, con il re d’Assiria, il capo e il pelo del corpo, anche la barba toglierà via”. L’immagine indica la devastazione della terra di Giuda, una devastazione umiliante: “anche la barba toglierà via”.
Avverrà in quel giorno: ognuno alleverà una giovenca e due pecore. Per l’abbondanza del latte che faranno, si mangerà la panna; di panna e miele si ciberà ogni superstite in mezzo a questa terra”. L’invasione di Sennacherib si fermerà davanti a Gerusalemme, ma per il resto di Giuda fu distruzione e deportazione. I superstiti avranno risorse di sostentamento ristrette a poco: “Una giovenca e due pecore”. L’agricoltura sarà devastata completamente.
Una delle azioni dei vincitori era quella di azzerare le risorse di un popolo: tagliare gli alberi da frutto, ostruire le sorgenti d’acqua, mettere sassi nei campi (2Re 3,19.25). Rimaneva per la sussistenza l’allevamento di poco bestiame.
Avverrà in quel giorno: ogni luogo dove erano mille viti valutate mille sicli d’argento, sarà preda dei rovi e dei pruni”. Le vigne erano le coltivazioni più pregiate, quelle che più ispiravano allegria, ma saranno devastate.
Vi si entrerà armati di frecce e di arco, perché tutta la terra sarà rovi e pruni. Serviranno da pascolo per armenti e da luogo battuto dal gregge”. Una freccia poteva arrivare a circa 200 metri di gittata. L’uso dell’arco richiedeva abilità, così nei casolari, formati da più famiglie, dovevano esserci degli esperti al tiro. Lo scopo non era quello della caccia, che non è segnalata come fonte di sussistenza ed era poi cosa per ricchi, ma della difesa, di se stessi e degli animali condotti al pascolo, da eventuali assalti di leoni, leopardi, lupi, che potevano spingersi dai boschi tra la vegetazione selvatica i “rovi e i pruni”.
In tutti i monti, che erano vangati con la vanga, non si passerà più per paura delle spine e dei rovi. Serviranno da pascolo per armenti e da luogo battuto dal gregge”. Le “spine e i rovi” impediranno il passare sui monti. Gli armenti e i greggi saranno nelle alte zone. Ancora si presenta l’economia agricola devastata. Va tenuto presente che Giuda si era affidato ai nulli dei della pioggia e della prosperità agricola (Baal, Hadad-Rimmon, Astarte), ma ecco la realtà: essi sono nulla.

Il secondo figlio di Isaia
8 1 Il Signore mi disse: “Prenditi una grande tavoletta e scrivici con caratteri ordinari: ‹A Maher-salal-cas-baz”›. 2 Io mi presi testimoni fidati, il sacerdote Uria e Zaccaria, figlio di Ieberechìa. 3 Poi mi unii alla profetessa, la quale concepì e partorì un figlio. Il Signore mi disse: “Chiamalo Maher-salalcas-baz”, 4 poiché prima che il bambino sappia dire ‹papà› e ‹mamma› le ricchezze di Damasco e le spoglie di Samaria saranno portate davanti al re d’Assiria”.

Maher-salalcas-baz”, vuol dire “Bottino-pronto-saccheggio-prossimo”. Questo figlio di Isaia concepito con la profetessa nel 735 cominciò a dire le prime parole nel 733 circa. Damasco venne assediata dal 734 al 732. Tiglat-Pilèser sottrasse a Pekach la Galilea e il Galaad (734) e attuò una grande deportazione (2Re 15,29). Samaria venne presa da Sargon II 722.

L’onda travolgente dell’invasione assira
  5 Il Signore mi disse di nuovo:
6 ”Poiché questo popolo ha rigettato
le acque di Sìloe, che scorrono piano,
e trema per Resin e per il figlio di Romelia,
7 per questo, ecco,
il Signore farà salire contro di loro
le acque del fiume,
impetuose e abbondanti:
cioè il re d’Assiria con tutto il suo splendore,
irromperà in tutti i suoi canali
e strariperà da tutte le sue sponde.
8 Invaderà Giuda,
lo inonderà e lo attraverserà
fino a giungere al collo.
Le sue ali distese copriranno
tutta l’estensione della tua terra, Emmanuele.
9 Sappiatelo, popoli: sarete frantumati.
Ascoltate voi tutte, nazioni lontane,
cingete le armi e sarete frantumate,
cingete le armi e sarete frantumate.
10 Preparate un piano, sarà senza effetti;
fate un proclama, non si realizzerà,
perché Dio è con noi”.
 

Poiché questo popolo ha rigettato le acque di Sìloe, che scorrono piano, e trema per Resin e per il figlio di Romelia”. E’ un nuovo oracolo sull’invasione dell’Assiria. “Le acque di Siloe” sono prese a simbolo della pace che Dio donava a Gerusalemme. Il re di Giuda, invece, ha preferito trovare garanzia di pace nell’Eufrate (Assiria), ed ecco che dal fiume irromperà la devastazione. “Il Signore farà salire contro di loro le acque del fiume, impetuose e abbondanti: cioè il re d’Assiria con tutto il suo splendore”. La potenza Assira, come un’onda inarrestabile, si avventerà in tutto il territorio di Giuda. La politica delle alleanze con i popoli stranieri, che coinvolgerà anche Ezechia, figlio di Acaz (2Re 20,14-19), è segno della sfiducia in Dio, e Dio lascia che il suo popolo ne sperimenti l’errore. Ezechia, cercò alleanza con il re di Babilonia, e in tal modo aprì la porta alle voglie di Babilonia, per cui l’invasione Babilonese può essere considerata un riflesso di quella Assira. Sarà ancora più drammatica poiché arriverà alla distruzione di Gerusalemme e alla interruzione della successione dinastica davidica (587 - 586).

Irromperà in tutti i suoi canali e strariperà da tutte le sue sponde. Invaderà Giuda, lo inonderà e lo attraverserà fino a giungere al collo”. L’onda nemica “strariperà” da tutte le sponde dell’Eufrate e riempirà tutti i canali di Giuda, che strariperanno a loro volta, fino a un livello d’acqua che raggiunge il collo.
Le sue ali distese copriranno tutta l’estensione della tua terra, Emmanuele”. L’oracolo si rivolge all’Emmanuele, già visto esistente, e che sarà presente.
Sappiatelo, popoli: sarete frantumati. Ascoltate voi tutte, nazioni lontane, cingete le armi e sarete frantumate, cingete le armi e sarete frantumate”. L’Emmanuele vincerà le nazioni spezzandole “con scettro di ferro, come vasi d’argilla” (Ps 2,9).
Preparate un piano, sarà senza effetti; fate un proclama, non si realizzerà, perché Dio è con noi”. La presenza del “Dio con noi”, cioè dell’Emmanuele, non farà più temere il suo popolo diventato Chiesa.