L'autore della lettera
L’autore si presenta come “Giuda, servo di Gesù Cristo e fratello di Giacomo”, questa presentazione per i destinatari di allora era sufficiente per identificarlo.
Luca riferisce di Giuda di Giacomo. (Lc 6,16):
“Quando
fu giorno, Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai
quali diede il nome di apostoli: Simone, al quale diede nome di Pietro;
Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo,
Tommaso; Giacomo figlio di Alfeo (Giacomo d’Alfeo: testo originale); Simone, detto
Zelota; Giuda figlio di Giacomo (Giuda di Giacomo, testo originale); e Giuda Iscariota,
che divenne il traditore”.
Giuda sembrerebbe figlio di Giacomo, alla stessa stregua di Giacomo figlio d’Alfeo.
Ma con ciò, si ha subito la difficoltà di trovare chi sia Giacomo, a cui viene rapportato Giuda come figlio. Infatti, Giuda di Giacomo non può essere figlio del Giacomo menzionato in (Mt 13,53): “E i suoi fratelli (cuginetti) Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda”, poiché l’età pone un divieto assoluto. L’espressione “Giuda
di Giacomo” può così essere intesa come
fratello di Giacomo, il minore, figlio di Alfeo. Matteo e Marco pongono questa concatenazione (Mt 10,2; Mc 3,17): “Giacomo, figlio di Zebedeo e Giovanni fratello di Giacomo”. Il fratello maggiore (Giacomo) viene nell’elenco prima del minore (Giovanni) e gli fa da riferimento di indicazione.
Il genitivo, per l’indicazione parentale fraterna, pur raro, è presente nei testi biblici (Cf. Tb 1,14; 4,20). Giacomo il minore era molto in vista a Gerusalemme avendo la presidenza della comunità cristiana, come si ricava da san Gerolamo (“De viris illustribus, 2”), che attinge al “Vangelo degli Ebrei”, apocrifo perduto. Esusebio (“Storia Ecclesiastica” 2,1.2) riprese la notizia da san Gerolamo. Nel Concilio di Gerusalemme (49/50), Giacomo ebbe un ruolo di primaria importanza (At 15,1-35; Gal 2,9). Nel 57/58 Giacomo fu ancora figura preminente in Gerusalemme (At 21,17-25). Giacomo morì martire a Gerusalemme nel 61/62.
A favore dell'interpretazione di fratello va ricordato Origene (“Ad Rom. 5,1: PG 14,1016”); Tertulliano (“De cultu foeminarum. I,3 PL 1,1422”); sant’Agostino (De civ. Dei, 18, c.38: PL 41,598). Altri padri non si esprimono e parlano solo di una lettera di Giuda: Cirillo di Gerusalemme, Gregorio Nazianzeno, Ambrogio, Eusebio. Il Concilio di Trento si è collegato alla tradizione che vede l’autore della lettera in Giuda apostolo.
La persona di Giuda
Il nome Giuda (Juda) deriva da Jehudȃh (loderò Jahveh). Solo Luca e Giovanni usano il nome Giuda. Marco e Matteo hanno ripugnanza nel chiamarlo Giuda, perché il nome ricordava quello del traditore e lo chiamano Taddeo. Giovanni (14,22) deve precisare che Giuda non è Giuda l’Iscariota. Taddeo deriva dal termine aramaico
tedà, che indica il petto e così si ha: coraggioso, audace, magnanimo. Alcuni manoscritti (D, K, Origene, ecc.) al posto di Taddeo mettono Lebbeo. In altri si ha “Taddeo soprannominato Lebbeo”. Lebbeo deriva dall’ebraico lebh, che significa cuore. Taddeo era un nome conosciuto presso gli ebrei. Probabilmente fu un secondo nome dato a Giuda, per distinguerlo dall’Iscariota: il nome del traditore era ormai inviso. Lebbeo risulta invece un soprannome.
Taddeo e Lebbeo qualificano Giuda come persona di cuore, coraggiosa, impetuosa, generosa.
Alcuni pensano che Taddeo derivi dall’abbreviazione del greco Teodosio e Teodoto o Teodoreto (dono di Dio), ma la cosa non è fondata avendo Taddeo la corrispettiva radice nell’aramaico
tedà.
Data della composizione
L’attribuzione della lettera a Giuda apostolo confina la datazione entro l’anno 70, data probabile del suo martirio, e anche data della distruzione di Gerusalemme. Comunemente gli studiosi ritengono che la lettera di Giuda preceda la seconda lettera di Pietro, che ne avrebbe ripreso gran parte,
mitigandone però i tratti aspri e abolendo le citazioni apocrife. Questa opinione è però principalmente interessata a porre la seconda lettera di Pietro come postuma alla vita dell'apostolo, facendone un caso di pseudonimia. Esiste la corrente che non esclude che la lettera di Giuda sia stata scritta dopo la seconda di Pietro. 1]
Circa l’opinione della precedenza della seconda lettera di Pietro va notato il fatto che nella seconda lettera di Pietro l’infiltrazione di falsi maestri è vista in atto e nello stesso tempo ne è profetata la diffusione. (2Pt 2,1): “Ci saranno in mezzo a voi falsi maestri”. Giuda, diversamente, non ne profetizza la diffusione. (Gd v. 4): “Si sono infiltrati infatti in mezzo a voi alcuni individui”; (Gd v. 12): “Mangiano con voi senza ritegno”. Ciò porta a dire che la lettera di Giuda presenta l’infiltrazione dei falsi maestri come un fatto già esteso. Venne scritta come un “avviso antieretico”, quasi un volantino, che richiamava avvisi profetici conosciuti tra i giudeo-cristiani.
Giuda al v.17 scrive: “Ricordatevi delle cose che furono predette dagli apostoli del Signore nostro Gesù Cristo”. Gli apostoli di cui scrive Giuda non si riferiscono a tutto il collegio apostolico, ma a quelli tra di loro - comprendendo anche la possibilità di apostoli intesi in senso più ampio (Rm 16,7; 1Cor 12,28; Ef 2,20; 3,5; 4,14) -, che evangelizzarono le terre dei destinatari della lettera e fecero previsioni sui pericoli futuri. Tra questi oltre Pietro, come indica la seconda lettera a lui attribuita, certamente l'apostolo Paolo. Paolo a Mileto, nell’imminenza della sua prima prigionia, profetò l’avvento dei falsi maestri (At 20,29): “Io so che dopo la mia partenza verranno fra voi lupi rapaci”. Lo stesso Paolo nella prima lettera a Timoteo (4,1): “Lo Spirito dice apertamente che negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dalla fede, dando retta a spiriti ingannatori e a dottrine diaboliche”. Ma ancora prima nella seconda lettera ai Tessalonicesi Paolo aveva scritto sul “mistero dell’iniquità” (2Ts 2,7s).
Infine pensare che la lettera di Giuda sia stata ripresa dalla seconda di Pietro vuol dire che su di lei è stata esercitata una censura circa i passi apocrifi, e questo sarebbe una censura di quanto ha ispirato lo Spirito Santo.
Nella lettera è molto presente l’aspetto propositivo di una vita cristiana autentica, senza la quale non si fa argine all’eresia. Forte il riferimento alla misericordia divina, e al Cristo Giudice (v. 4.6.14s) davanti al quale ogni uomo comparirà. Incisivo l’invito a costruire se stessi sopra la santissima fede e a pregare “nello Spirito Santo” (v. 20) 1]
Alfred Robert Clare Leaney, The letters of Peter and Jude: a
commentary, in The Cambrige Bible Commentary, 1969
I destinatari
LeLe comunità destinatarie
dovevano essere composte in maggioranza di giudeo cristiani, dal momento
che la lettera fa largo uso dell’A.T e di apocrifi giudaici, perciò
bisogna orientarsi verso le aree della Palestina e della Siria, anche
considerando che tali aree non erano le destinatarie della seconda
lettera di Pietro.
Circostanze della composizione
Giuda voleva già scrivere una lettera
alle comunità Palestinesi e dell’area Antiochena (v.3), ma l’impulso
determinante lo ebbe di fronte all’infiltrarsi in esse di falsi
cristiani. Questi perversi maestri prima erano ai confini delle comunità
perché molto compatte, ma poi camuffandosi si erano infiltrati fino a
partecipare alle agapi fraterne. La loro identità, così come la presenta
la lettera, è affine a quella dei Nicolaiti (Ap 2,6). Questi falsi
maestri pretendevano di dominare i demoni con gli insulti e non con la
potenza di Cristo; e poiché scendevano nel terreno dell’odio, rimanevano
vittime dei demoni. Questi perversi maestri negavano la divinità di
Cristo e aprivano alla licenziosità della carne professando il dualismo
manicheo, intendendo che i peccati della carne non contaminano lo
spirito, poiché esso è dotato della conoscenza (gnosi).
Caratteristiche
letterarie L’autore è chiaramente di origine giudaica, ma conosce bene
la lingua greca. La lettera è piena di vivacità, energia autorevole che
gli proviene, considerandola posteriore alla seconda di Pietro,
dall’autorevolezza di quella lettera, oltre che dal temperamento
dell’autore che doveva essere impetuoso, e perciò molto diverso dal mite
Giacomo il minore al quale si attribuisce la “Lettera di Giacomo”. La
padronanza della lingua greca potrebbe far considerare che Giuda si sia
servito di uno scriba che abbia migliorato il suo dettato.
Canonicità
La
lettera è stata riconosciuta canonica dopo un lungo percorso di
riflessione. La Lettera si trova inserita tra gli scritti ispirati nel
Canone muratoriano e viene menzionata da Tertulliano, che la usava però
per difendere il valore complessivo dell’apocrifo “Libro di Enoc”. San
Gerolamo riferisce che parecchi rifiutavano la Lettera di Giuda per il
credito che sembrava dare all’apocrifo; ma, tenendo conto dell’uso delle
varie Chiese, conclude ritenendola ispirata. Clemente Alessandrino e
Origene la menzionano più volte. Sant’Atanasio la pone tra le Sacre
Scritture. Didimo l’ha conosciuta e spiegata, pur conoscendo la
perplessità di alcune Chiese. Cirillo di Gerusalemme la considerò
ispirata. Eusebio, personalmente favorevole, la pone come discussa. Il
Concilio di Trento eliminò gli ultimi dubbi.
Indirizzo e augurio
1
1
Giuda, servo di Gesù Cristo e fratello di Giacomo, a coloro che sono prediletti, amati in Dio Padre e custoditi da Gesù Cristo, 2 a voi siano date in abbondanza misericordia, pace e carità.
“Giuda, servo di Gesù Cristo e fratello di Giacomo”.
Giuda, come il fratello Giacomo il minore, ama definirsi solo “servo
di Gesù Cristo” (Gc 1,1). Giuda
non presenta la sua autorità di apostolo, ma si qualifica come servo di
Gesù Cristo. La ragione di questo va ricercata nel fatto che non vuole
proporre nuove speculazioni dottrinali, o disposizioni disciplinari, ma
avvisare dei pericoli causati dall’infiltrarsi degli eretici i fedeli.
La sua lettera è un servire umile, che si appoggia sull’autorità di
altri. Anche la lettera di Giacomo il minore non è dottrinale, ma
pastorale, pur contenendo la gemma dell’unzione degli infermi, poiché
tale gemma Giacomo l’ha ricevuta direttamente da Cristo e l’ha
promulgata (Con. Trento, 25/11/1551, “Denzinger, n° 1716”).
“A coloro che sono prediletti,
amati in Dio Padre e custoditi da Gesù Cristo”.
I “prediletti”
sono i cristiani che corrispondono con generosità all’amore
infinitamente generoso di Dio. “Prediletti”
dunque si diventa con la corrispondenza. “Amati
in Dio Padre”; chi li ama “in
Dio Padre” è Gesù Cristo, che ha
ottenuto, in obbedienza d’amore al disegno del Padre, di costituire i
credenti in lui figli adottivi di Dio, che anche custodisce affinché la
loro elevazione giunga a compimento nella gloria del cielo. “A
voi siano date in abbondanza misericordia, pace e carità”.
Questo augurio di Giuda Taddeo è stupendo, così centrato tutto sulla
misericordia di Dio, dalla quale discende la nostra comunione fraterna,
che si attua nella vincolo della carità e della pace (Ef 4,3).
Motivazione della lettera
3
Carissimi, avendo un gran desiderio di scrivervi riguardo alla nostra
comune salvezza, sono stato costretto a farlo per esortarvi a combattere
per la fede, che fu trasmessa ai santi una volta per sempre.
4
Si sono infiltrati infatti in mezzo a voi alcuni individui, per i quali
già da tempo sta scritta questa condanna, perché empi, che stravolgono
la grazia del nostro Dio in dissolutezze e rinnegano il nostro unico
padrone e signore Gesù Cristo.
“Carissimi, avendo un gran
desiderio di scrivervi riguardo alla nostra comune salvezza, sono stato
costretto a farlo per esortarvi a combattere per la fede, che fu
trasmessa ai santi una volta per sempre”.
Giuda per affetto avrebbe voluto scrivere una lettera alle comunità
Palestinesi e Siriache “riguardo
alla nostra comune salvezza”,
cioè una lettera di comunione fraterna, ma ora vi è costretto dalla
necessità di esortare a “combattere
per la fede” di fronte a gravi
insidie contro di essa. La fede venne trasmessa “una
volta per sempre”, il che vuol
dire che l’annuncio cristiano non è soggetto a novità, essendo quello
definitivo e completo. Gli eretici cercavano invece di introdurre novità
che minavano la dottrina della fede ricevuta e professata dai santi,
cioè dai viventi in Cristo. “Si
sono infiltrati infatti in mezzo a voi alcuni individui, per i quali già
da tempo sta scritta questa condanna”.
Si tratta di infiltrati e quindi di individui penetrati all’interno
delle comunità, spacciandosi come uomini in ricerca, ma con il fine di
attirare denaro verso di loro. Non è possibile identificare questi
infiltrati se non mettendoli in parallelo coi Nicolaiti, che
probabilmente coincidono con i seguaci della dottrina di Balaam (Ap 2,6;
2,14), ai quali Giuda fa riferimento (v.11). Giuda dice che con questi
tali non bisogna avere titubanze dettate da stolte speranze di una loro
conversione, perché la loro condanna è scritta da tempo.
L’organizzazione di questi falsi agnelli (Mt 7,15) doveva disporre di
considerevoli beni economici e altri ne volevano con il pretesto di
opere di bene, che poi non erano controllabili. L’origine di questo
movimento ereticale viene fatta risalire al diacono Nicola, un proselito
di Antiochia (At 6,5) (Nicolaiti), ma con probabilità era una menzogna
per essere più insidiosi. Certo questi falsi dottori procedevano dal
giudaismo e avevano elaborato idee gnostiche. “Stravolgono
la grazia del nostro Dio in dissolutezze e rinnegano il nostro unico
padrone e signore Gesù Cristo”.
Questi negavano la divinità di Cristo, e poiché avevano radici
dualistiche manichee ritenevano che i peccati della carne - realtà per
loro proveniente da un principio cattivo - non contaminassero lo
spirito, proveniente da un principio buono, e pensato salvo dalla
conoscenza (gnosi) iniziatica che propinavano e che stravolgeva il
Vangelo.
I falsi dottori e i loro antenati
5
A voi, che conoscete tutte queste cose, voglio ricordare che il Signore,
dopo aver liberato il popolo dalla terra d’Egitto, fece poi morire
quelli che non vollero credere
6
e tiene in catene eterne, nelle tenebre, per il giudizio del grande
giorno, gli angeli che non conservarono il loro grado ma abbandonarono
la propria dimora.
7
Così Sodoma e Gomorra e le città vicine, che alla stessa maniera si
abbandonarono all’immoralità e seguirono vizi contro natura, stanno
subendo esemplarmente le pene di un fuoco eterno.
8
Ugualmente anche costoro, indotti dai loro sogni, contaminano il proprio
corpo, disprezzano il Signore e insultano gli angeli.
9
Quando l’arcangelo Michele, in contrasto con il diavolo, discuteva per
avere il corpo di Mosè, non osò accusarlo con parole offensive, ma
disse: Ti condanni il Signore!
10
Costoro invece, mentre insultano tutto ciò che ignorano, si corrompono
poi in quelle cose che, come animali irragionevoli, conoscono per mezzo
dei sensi.
“A
voi, che conoscete tutte queste cose, voglio ricordare che il Signore,
dopo aver liberato il popolo dalla terra d’Egitto, fece poi morire
quelli che non vollero credere”.
I cristiani non devono temere questi corrotti perché finiranno
distrutti, come lo furono quelli che si ribellarono a Dio nel deserto
per attirare a sé il popolo del Signore. I ribelli del deserto perirono
perché si chiusero alla fede in Dio e così sarà dei falsi dottori che,
chiusi all’annuncio di Cristo e negatori di Cristo, si fingono
interessati. Giuda presenta la necessità di essere risoluti con questi
falsi agnelli, che continuamente sono interessati a conoscere il
messaggio cristiano, ma per minarlo con le loro diaboliche obiezioni
(Cf. Mt 7,6). “Tiene in catene
eterne, nelle tenebre, per il giudizio del grande giorno, gli angeli che
non conservarono il loro grado ma abbandonarono la propria dimora”. Gli
angeli decaduti, che “abbandonarono la propria dimora”
nel cielo perché ribelli, ora agiscono cercando di avviluppare gli
uomini nelle spire delle menzogne, ma sono incatenati e non possono
tentare gli uomini se non con il permesso di Dio e con la misura da Dio
permessa (Gb 1,1s). Solo se gli uomini si danno a loro allora essi hanno
libero campo d’azione. Ora essi sono “nelle
tenebre”, cioè nella privazione
assoluta di Dio e saranno giudicati nel “grande
giorno” quando terminerà il loro
sollazzo satanico di condurre alla rovina gli uomini. Di questo
renderanno conto a Dio, e la condanna si aggiungerà alla condanna che
già subiscono. E saranno giudicati non solo da Cristo, ma anche dai
risorti nella gloria (1Cor 6,3). “Così
Sodoma e Gomorra e le città vicine, che alla stessa maniera si
abbandonarono all’immoralità e seguirono vizi contro natura, stanno
subendo esemplarmente le pene di un fuoco eterno”.
I demoni sono nelle “pene di un
fuoco eterno”, e anche le città
(Sodoma e Gomorra), che si “abbandonarono
all’immoralità” come i falsi
dottori infiltrati a cui spetta la stessa condanna poiché si sono dati
all’immoralità, sono nel fuoco eterno. “Ugualmente
anche costoro, indotti dai loro sogni, contaminano il proprio corpo,
disprezzano il Signore e insultano gli angeli”.
I corrotti, mossi dalle loro morbosità (“i
loro sogni”) e disprezzando la
parola del Signore, e quindi lui stesso, contaminano i loro corpi con la
lussuria. Essi “insultano gli
angeli” (Cf. 2Pt 2,10): “le
glorie” letteralmente. E’
difficile riuscire a dare un’interpretazione a queste parole, ma
considerando l’esempio della disputa tra l’arcangelo Michele e il
demonio, dove l’Arcangelo “non osò
accusarlo con parole offensive”,
si può concludere che coloro che si abbandonavano all’immoralità
credevano di avere il dominio sui demoni mediante gli insulti. Ciò,
invece, non era, e non è, un segno di dominio sui demoni, ma di
schiavitù ai demoni, perché mentre li insultano non fanno altro che
essere come loro, che sono odio. I demoni vanno vinti con la fede, con
l’obbedienza alla parola di Dio, e con il rifugiarsi orante nella
potenza del Signore. “Quando
l’arcangelo Michele, in contrasto con il diavolo…”.
L’autore utilizza un particolare della tradizione giudaica a commento di
Dt 34,5s. Il “Targum di Gerusalemme I” (VII sec. d.C.)
commentando Dt 34,5s parla di angeli tra i quali Michele, che per ordine
di Dio, provvedono a seppellire il corpo di Mosè. Lo stesso afferma
Filone a conclusione della vita di Mosé. Clemente Alessandrino (“Adumbrationes
in epistolas canonicas: GCS III”), Origene (“De principiis,
III,2,1: PG II,303”) e Didimo (“In Epistolam B. Iudae Apostoli
enarratio: PG 39,1815”) riferiscono che nell’apocrifo “Assunzione
di Mosé”, che era unito all’apocrifo “Testamento di Mosè”,
si parlava di una disputa tra Michele e Satana. L’apocrifo ”Assunzione
di Mosè” è andato perduto. Quello che si può dire è che Giuda ha
fatto riferimento a una tradizione giudaica, preoccupata della sepoltura
di Mosè scomparso sul monte Nebo. Una buona ipotesi sul contenuto della
disputa è che Satana non volesse che Mosè fosse sepolto in punizione di
un suo sbaglio (Nm 20,12; 27,14; Dt 32,51), mentre Michele voleva la
sepoltura; e vinse Michele.
La perversione dei falsi dottori: il castigo
incombe si di loro
11
Guai a loro! Perché si sono messi sulla strada di Caino e, per guadagno,
si sono lasciati andare alle seduzioni di Balaam e si sono perduti nella
ribellione di Core.
12
Essi sono la vergogna dei vostri banchetti, perché mangiano con voi
senza ritegno, pensando solo a nutrire se stessi. Sono nuvole senza
pioggia, portate via dai venti, o alberi di fine stagione senza frutto,
morti due volte, sradicati;
13
sono onde selvagge del mare, che schiumano la loro sporcizia; sono astri
erranti, ai quali è riservata l’oscurità delle tenebre eterne.
14
Profetò anche per loro Enoc, settimo dopo Adamo, dicendo: “Ecco, il
Signore è venuto con migliaia e migliaia dei suoi angeli
15
per sottoporre tutti a giudizio, e per dimostrare la colpa di tutti
riguardo a tutte le opere malvagie che hanno commesso e a tutti gli
insulti che, da empi peccatori, hanno lanciato contro di lui”.
16
Sono sobillatori pieni di acredine, che agiscono secondo le loro
passioni; la loro bocca proferisce parole orgogliose e, per interesse,
circondano le persone di adulazione.
“Guai
a loro! Perché si sono messi sulla strada di Caino e, per guadagno, si
sono lasciati andare alle seduzioni di Balaam e si sono perduti nella
ribellione di Core”. La “strada
di Caino” è l’odio verso l’altro
avendo come movente l’invidia. Gli infiltrati odiano la pace dei fedeli,
perché non la posseggono, ma non la vogliono avere rimanendo nella
superbia. Il superbo odia chi disturba le sue illusioni, ed è serrato in
un groviglio sozzo e abominevole. Per attirare a sé consensi e quindi
denari gli impostori si erano “lasciati
andare alle seduzioni di Balaam”
che suggerì al popolo di darsi alle idolatriche donne di Moab (Nm
31,16); quindi favorivano la frequentazione delle prostitute pagane
chiedendo un corrispettivo in denaro. “Si
sono perduti nella ribellione di Core”
(Nm 16,1s; 26,9; Sir 45,18), poiché gli infiltrati erano legati tra di
loro dal complotto di snaturare completamente, con la presa del comando
delle comunità, il messaggio cristiano. “Essi
sono la vergogna dei vostri banchetti, perché mangiano con voi senza
ritegno, pensando solo a nutrire se stessi”.
Gli infiltrati erano già arrivati a partecipare alle agapi fraterne, che
così diventavano vergognose. Nessun edificazione veniva da essi, che
pensavano “solo a nutrire se
stessi”, senza alcuna volontà di
comunione, usando dell’agape per insinuare dubbi e incertezze e per
avere adepti che rimanevano come loro occulti nei loro propositi. “Sono
nuvole senza pioggia, portate via dai venti, o alberi di fine stagione
senza frutto, morti due volte, sradicati; sono onde selvagge del mare,
che schiumano la loro sporcizia; sono astri erranti, ai quali è
riservata l’oscurità delle tenebre eterne”.
Il linguaggio di Giuda amplifica la veemenza di quello di Pietro (2Pt
2,17). Le immagini sono drammatiche: “nuvole
senza pioggia, portate via dai venti”,
che perciò nulla danno in beneficio; “alberi
di fine stagione senza frutto”,
cioè non capaci di dare frutto e ciò senza speranza per alcuno perché la
stagione è finita; “morti due
volte, sradicati”, non solo
incapaci di dare frutto perché morti nella loro produttività, ma anche
morti perché sradicati dal suolo, cioè incapaci di trarre acqua e
sostanze dal suolo; “sono onde
selvagge del mare, che schiumano la loro sporcizia”,
cioè onde violente, anomale, che rimuovono il fondo fangoso e lo
schiumano infangando; “sono astri
erranti, ai quali è riservata l’oscurità delle tenebre eterne”,
cioè astri senza collocazione nel cielo, senza orbita e in caduta libera
e paurosa verso “l’oscurità delle
tenebre eterne” da essi scelte.
“Profetò anche per loro Enoc,
settimo dopo Adamo. ‹Ecco, il Signore è venuto con migliaia e migliaia
dei suoi angeli 15 per sottoporre tutti a giudizio…›”.
L’autore della lettera si riferisce ad una tradizione giudaica entrata a
far parte del “Lbro di Enoc”, un apocrifo. La citazione non
avvalora assolutamente il libro di Enoc: solo il punto riportato viene a
far parte dell’ispirazione. L’uso che Giuda ne fa è per presentare
l’antichità della profezia (Il Libro di Enoc era popolarmente
ritenuto il primo libro scritto della storia). Giuda, infatti,
poteva ricorrere ad altri testi, come il salmo 67/68 (v.18) da cui il
passo del libro di Enoc dipende: “I
carri di Dio sono miriadi, migliaia gli arcieri: il Signore è tra loro”;
(v. 22): “Si, Dio schiaccerà il
capo dei suoi nemici”. l
libro di Enoc risale dal 161 ca. al 64 ca a.C. e venne scritto
originariamente in aramaico, poi tradotto in greco e ebraico, di queste
traduzioni si hanno solo dei frammenti. Dal greco venne poi tradotto in
lingua ge’ez, antica lingua etiopica (V/VI sec. d.C.). Il testo
completo che ci è giunto è quello etiopico. Il libro non è omogeneo,
presentandosi come una raccolta di opere letterarie. Il testo presentato
da Giuda lo si ritrova nell’opera, ma non è possibile sapere se Giuda
abbia preso il passo dall’opera che conosciamo o da uno stadio
antecedente, oppure se il testo di Giuda, formulato sulla base
dell’istruzione rabbinica della Sinagoga, sia stato poi immesso nel
testo da autori cristiani. Il libro di Enoc venne apprezzato in area
cristiana, ma non entrò nell’elenco dei libri canonici. Gli ebrei lo
esclusero dal loro canone nel Concilio di Jamnia (fine I sec. d.C). Le
Chiese cristiane, fecero l’uguale non inserendolo nell’elenco dei libri
ispirati che venne compilato all’inizio del IV secolo. Con ciò il “Libro
di Enoc” cadde presto in disuso. Solo la Chiesa Copta lo ritiene
canonico. Tradizioni del giudaismo si ritrovano in Stefano (At
7,15s; 7,22), Paolo (Gal 3,19; cf. Eb 2,2; At 7,38.53; Tm 3,8; Eb
11,37). “Sono sobillatori
pieni di acredine, che agiscono secondo le loro passioni; la loro bocca
proferisce parole orgogliose e, per interesse, circondano le persone di
adulazione”. Giuda continua ad
accendere le parole di Pietro (2Pt 2,18). “Sobillatori,
pieni di acredine”, cioè astuti
agitatori che si nascondevano, fomentando, pieni di invidia, di
insubordinazione, di astio, il tutto commisto all’adulazione, la
ribellione alla verità perché gli uomini seguissero le loro falsità.
Esortazione a rimanere nell’insegnamento
degli apostoli
17
Ma voi, o carissimi, ricordatevi delle cose che furono predette dagli
apostoli del Signore nostro Gesù Cristo.
18
Essi vi dicevano: ‹Alla fine dei tempi vi saranno impostori, che si
comporteranno secondo le loro empie passioni›.
19
Tali sono quelli che provocano divisioni, gente che vive di istinti, ma
non ha lo Spirito.
“Ma
voi, o carissimi, ricordatevi delle cose che furono predette dagli
apostoli del Signore nostro Gesù Cristo. Essi vi dicevano…”.
Gli apostoli del Signore non avevano omesso di mettere in guardia le
comunità dai futuri pericoli, cosicché quando fossero sopraggiunti non
rimanessero disorientate. “Tali
sono quelli che provocano divisioni, gente che vive di istinti, ma non
ha lo Spirito”. “Tali
sono”, vuol dire che essi
rientrano in quelli denunciati dalle profezie, non sono solo quelli del
tempo di Giuda, ma anche quelli che ci saranno dopo, perché non
cesseranno i tentativi degli empi di infiltrarsi nella Chiesa per
svuotarla della Verità e della sua forza. E’ “il
mistero dell’iniquità” (2Ts 2,7s)
che opera nascosto, ma che poi affiorerà pubblicamente, gradualmente
fino all’apparire dell’empio, del falso profeta (1Gv 2,18; 4,3; 2Gv v.7;
Ap 2,2; 19,20; 20,10).
Invito alla misericordia verso i vacillanti
20
Voi invece, carissimi, costruite voi stessi sopra la vostra santissima
fede, pregate nello Spirito Santo,
21
conservatevi nell’amore di Dio, attendendo la misericordia del Signore
nostro Gesù Cristo per la vita eterna.
22
Siate misericordiosi verso quelli che sono indecisi
23
e salvateli strappandoli dal fuoco; di altri infine abbiate compassione
con timore, stando lontani perfino dai vestiti, contaminati dal loro
corpo.
“Voi
invece, carissimi, costruite voi stessi sopra la vostra santissima fede”.
C’è un’eco della prima lettera di Pietro (2,5). La fede, portata da
Cristo e accolta in Cristo, è la forza base di ogni edificio spirituale.
Chi vuole costruire se stesso sulla menzogna non fa altro che
destrutturare se stesso anche quanto alle risorse naturali dell’anima.
Chi crede in Cristo mettendone in pratica la parola si attua, invece,
come uomo e come figlio adottivo di Dio. “Pregate
nello Spirito Santo”, cioè non
con una preghiera in cui è assente l’amore, poiché la preghiera è azione
d’amore. Essa perciò avviene nello Spirito Santo, che unisce a Cristo,
nell’apertura al Padre e nell’appartenenza viva alla Chiesa, ed è
l’animatore operante e cooperante della nostra preghiera (Cf Rm 5,5;
8,26). “Conservatevi nell’amore
di Dio, attendendo la misericordia del Signore nostro Gesù Cristo per la
vita eterna”. “Conservatevi
nell’amore di Dio”, è esortazione
che corrisponde alla parola di Cristo (Gv 15,9-10): “Rimanete
nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio
amore”. Non si rimane nell’amore
di Dio, che “è stato riversato nei
nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”
(Rm 5,5), se non obbedendo alla sua Parola. "Attendendo la misericordia del Signore nostro Gesù Cristo per la vita eterna".
La visione beatifica è il premio dato a chi corrisponde alla grazia di Cristo (1Cor 9,24; Fil 3,14; Col 2,18), cioè alla misericordia di Cristo, morto e risorto per noi. Tale premio procede - in radice e nel suo attuarsi - dalla misericordia di Cristo. Attendere la misericordia del Signore Gesù è attendere "la vita eterna", che è il compimento eterno della misericordia di Cristo . “Siate
misericordiosi verso quelli che sono indecisi e salvateli strappandoli
dal fuoco”. Con quelli che
seguono Cristo con indecisioni bisogna essere misericordiosi, cioè
pazienti. Essere duri con loro non li porta a Cristo, ma l’esempio del
perdono, della misericordia è quello che li salverà. La Chiesa ha un
solo modo di stupire: perdonare sempre, di cuore. “Di
altri infine abbiate compassione con timore, stando lontani perfino dai
vestiti, contaminati dal loro corpo”.
Non odio verso gli empi, ma compassione con timore; cioè una compassione
che non può essere disgiunta dalla vigilanza, poiché si tratta di
persone piene di menzogne e che possono seminare dubbi e menzogne.
Addirittura Giuda dice che bisogna stare lontano anche dai vestiti “contaminati
dal loro corpo” per non subire un
influsso psicologico di contaminazione. La compassione che bisogna avere
è dunque quella di vederli nell’infelicità e nella via della dannazione.
Dossologia
24
A colui che può preservarvi da ogni caduta e farvi comparire davanti
alla sua gloria senza difetti e colmi di gioia,
25
all’unico Dio, nostro salvatore, per mezzo di Gesù Cristo nostro
Signore, gloria, maestà, forza e potenza prima di ogni tempo, ora e per
sempre. Amen.
“A
colui che può preservarvi da ogni caduta e farvi comparire davanti alla
sua gloria senza difetti e colmi di gioia”.
La forza per vincere le insidie del mondo viene data da Dio, che ha a
cuore di fare comparire davanti alla “sua
gloria”, cioè nella visione
beatifica di lui, i suoi figli “senza
difetti e colmi di gioia”. La
perfezione alla quale Dio ci ha chiamati avrà il suo compimento quando
in cielo saremo alla presenza della sua gloria. Ora nel cammino siamo
nel già, e nel non ancora.
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