Testo e
commento
Capitolo
1 2 3 4 5
6
Tutta l'antica tradizione (Frammento Muratoriano, sant'Ireneo, Clemente Alessandrino, Tertulliano, la
grande maggioranza degli antichi codici, tutte le antiche versioni, afferma che la lettera agli Efesini fu originariamente scritta alla
comunità di Efeso. Ma è un fatto che l'indirizzo “a Efeso” non sia
presente in tutti i manoscritti antichi, e ovviamente ci si è domandato il
perché.
Si è
ipotizzato, vista l'assenza del destinatario in diversi autorevoli antichi
manoscritti (P46: Papiro Chester Beatty: la copia più antica contenente le
lettere di san Paolo; il codice onciale Vaticano, il codice onciale
Sinaitico, citazioni di Origene, san Basilio, san Gerolamo: In Eph. 1,1),
che la lettera agli Efesini sia una lettera circolare per più destinatari,
con uno spazio vuoto dove potere apporre il nome degli stessi. Chi
simpatizza per l'ipotesi
della lettera
circolare (la maggior parte dei critici protestanti, ma anche molti
cattolici) conclude che
la lettera ai Laodicesi
(Col 4,16) è andata persa, ma è difficile pensarlo visto che certamente i
Colossesi ne dovettero conservare una copia. L'ipotesi della circolare
non spiega come mai alcuni manoscritti rimasero senza nome. Poi il
procedimento dello spazio vuoto non ha riscontri, e si dovrebbe pensare alla
preliminare formazione di numerose copie che poi venivano corredate del nome
dei destinatari. I manoscritti senza desitinatari sarebbero delle copie in
eccesso, il che non è pensabile. Ma poi ci dovrebbero essere pervenuti manoscritti intestati alla chiesa di Gerapoli, o ad altra, e ciò non è.
Si è ipotizzato che la lettera agli Efesini
venne scritta alla Chiesa di Efeso e alle Chiese dell'Asia, ma in questo
caso la lettera avrebbe dovuto avere la chiara dichiarazione di essere
indirizzata anche alle chiesa d'Asia, come si ha nella lettera ai Galati
indirizzata alle Chiese della Galazia.
Diversi autori hanno
sottolineato come la lettera ai Colossesi (4,16) inviti a leggere la
lettera da Laodicea, e con ciò concludono per l'ipotesi che
la lettera agli Efesini fosse di passaggio a Laodicea e quindi si
avrebbe un punto a favore dell'ipotesi della primaria destinazione
agli Efesini, oppure della lettera circolare.
Ma l'argomento non ha consistenza poiché l'espressione
da Laodicea non vuol dire necessariamente che non fosse scritta
ai Laodicesi.
Si è
pensato così che la lettera agli Efesini sia in realtà quella
spedita alla comunità di Laodicea (Col 4,16). Già l'eretico Marcione
(85-160) l'aveva proposto come riporta Tertulliano (Adv. Marc.
5,17).
Questa attribuzione ai Laodicesi si avvale del fatto che non appare
che Paolo abbia scritto ad una comunità che lo aveva conosciuto
direttamente (1,15; 2,20; 3,1-2; 3,2; 4,21). E anche Timoteo, molto
più conosciuto ad Efeso che a Colosse, nel saluto iniziale della
lettera agli Efesini non compare, come invece in quella ai Colossesi
(At 19,22; 1Tim 1,3).
Johann Jakob Wettstein
(“Novum Testamentum”, II, Amsterdam, 1752, pag. 258s)
espresse anche lui il pensiero che la lettera agli Efesini sia
quella scritta ai Laodicesi. Secondo la sua visione, la lettera
venne portata dai cristiani profughi di Laodicea a Efeso in seguito
ad un terremoto, e con ciò venne attribuita alla Chiesa di Efeso. Ma
a una tale opinione si oppone subito il fatto che il terremoto del
60 d.C., che colpì, oltre Laodicea, Colossi e Gerapoli, non fu tale
da distruggere le tre città.
Adolf von Harnack (“Die Adresse des
Epheserbriefes des Paulus”, in
Sitzungsberichte der K. Preuss. Akademie der Wissensch, Phil. Hist.
Classe, 37 (1910), pag. 696-709)
presenta l'opinione che il nome di Laodicea venne omesso per una
specie di "damnatio memoriae", in seguito alla riprovazione
presente nell'Apocalisse (3,14).
Ma la "damnatio memoriae",
sulla base di (Ap 3,14), non ha accolto consensi. Più giusto, a mio
parere, pensare che la Chiesa di Efeso volle togliere alla Chiesa di
Laodicea il vanto di essere stata destinataria di una lettera di
Paolo. Vanto, si può supporre, accompagnato da un'aspirazione di
autonomia dalla sede metropolita della regione, che era Efeso. Il
titolo per questa pretesa sarebbe stato che Laodicea avrebbe avuto
una lettera di san Paolo, mentre Efeso no. Se così fu, la risposta
non poteva che essere l'affermazione che la lettera apparteneva a
tutte le Chiese, e da qui la reazione di considerarla indirizzata
anche, e poi senza anche,
agli Efesini. Ciò indubbiamente innestava tra i copisti il problema
di quale dei due era il vero destinatario, e così diversi
preferirono non metterne nessuno, giungendo ad una tautologia (I
santi sono tali perché in Cristo): “ai santi che sono in Cristo
Gesù”. Alla fine prevalse l'attribuzione alla chiesa di Efeso,
sotto il movente, ma secondario, della "damnatio memoriae"
ipotizzata da Adolf von Harnack.
Concludendo credo che si possa accogliere l'opinione di
coloro che dicono che la lettera agli Efesini è quella scritta ai Laodicesi (Col 4,16).
Certamente Paolo era prigioniero quando scrisse la lettera agli
Efesini. Molti pensano che la
lettera fu scritta durante la prima prigionia a Roma (La seconda
prigionia a Roma avvenne dopo una nuova presenza di Paolo in
Oriente, secondo la testimonianza delle lettere Pastorali). Tale
indicazione poggierebbe sulla ragione che Paolo, prigioniero a
Cesarea, non avrebbe avuto una sufficiente libertà di azione per
scrivere la lettera, ma al contrario a Cesarea ebbe una certa
libertà (At 24,23) di contatti e di azione, tanto che il governatore
Antonio Felice (At 24,26) si aspettava che Paolo potesse dargli una
somma di denaro, indubbiamente in cambio di una richiesta di
libertà.
La
lettera agli Efesini ha affinità di stile e anche di contenuti con
la lettera ai Colossesi, per cui le due lettere sono state scritte
nel medesimo arco di tempo e probabilmente nel medesimo luogo, cioè
Cesarea.
Le
recenti difficoltà circa l'autenticità paolina della lettera,
fondate su argomenti eruditi e sottili, non sono state giudicate
irrefutabili per cui vale inalterato il dato della tradizione che
designa Paolo come autore. L'ipotesi di un autore diverso è fondata
principalmente sul fatto che la lettera in diversi passi sembra
dipendere dalla lettera ai Colossesi quasi che l'autore abbia
accettato un tale modo di procedere, essendo nello stesso tempo un
pensatore geniale e originale come san Paolo. Si avrebbe, in tale
ipotesi, una curiosa personalità ibrida: geniale, e nello stesso
tempo servile. Difficile è pensare ad un autore diverso da Paolo con
una situazione esistenziale uguale. L'autore si presenta infatti
prigioniero a causa della sua missione presso i pagani, e afferma
che per rivelazione Dio gli fatto conoscere il mistero di cui ha
scritto brevemente nella prima parte della lettera, e che ciò è noto
(3,1-3). Pensare ad altro personaggio con queste note
caratterizzanti (Gal 1,12; 2Cor 12,1.7) non è francamente possibile.
I recenti studiosi disposti al compromesso con l'ipotesi di un
autore diverso da Paolo calibrano la loro posizione affermando che
l'autenticità paolina della lettera "è l'ipotesi più probabile"
(Cf. "Bibbia di Gerusalemme", EDB, 2008, pag. 2672). La
posizione di ritardare al II secolo la composizione della lettera
risale alla maggior parte dei razionalisti (De Wette, Baur,
Moffat, Dibelius, M. Goguel, ecc.), ma le loro motivazioni non
hanno trovato accoglienza, anche da non pochi critici razionalisti
di spicco (B. A. HarnacK, A. Deissman, A. Julicher, ecc.).
La
lettera agli Efesini è centrata sull'ecclesiologia e sul rapporto di
riconciliazione in Cristo tra Giudei e pagani. Quella ai Colossesi è
centrata a rimuovere gli errori pregnostici diffusi da
giudeo-cristiani nell'area di Colosse e Laodicea, sulla base di
un'angelologia che oscurava il primato di Cristo su tutte le cose,
menomando, quindi, il suo essere Figlio di Dio, capo delle schiere
angeliche e capo della Chiesa (Col 2,18-19).
Indirizzo e saluto
1
1
Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, ai santi che sono a Èfeso
credenti in Cristo Gesù:
2 grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo.
“Paolo,
apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, ai santi che sono a Èfeso credenti
in Cristo Gesù”. In alcuni antichi manoscritti si legge: “ai santi che sono
credenti in Gesù Cristo”. L'evidente troncatura dopo il “sono”, apre la
possibilità di ipotizzare che origi che il “che sono” sia un'aggiunta e
che perciò in origine la lettera avesse questo tenore: “ai santi in Efeso
credent nariamente la lettera si riferisse: “ai santi che sono a Laodicea
credenti in Cristo Gesù”. Alcuni sostengono i in Cristo Gesù”, il che può
essere benissimo, ma non ha dimostrazione.
La Bible de Jerusalem ha adottato la soluzione drastica di omettere “che sono
a Efeso”, ma in tal modo non è indirizzata a nessuno in particolare, mentre
un destinatario, al contrario, compare (3,2).
Inno al Padre nel cui Figlio si ha la elevazione a figli adottivi nel sigillo
dello Spirito Santo
3
Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo,
che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo.
4
In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo
per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità,
5
predestinandoci a essere per lui figli adottivi
mediante Gesù Cristo,
secondo il disegno d’amore della sua volontà,
6
a lode dello splendore della sua grazia,
di cui ci ha gratificati nel Figlio amato.
7
In lui, mediante il suo sangue,
abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe,
secondo la ricchezza della sua grazia.
8
Egli l’ha riversata in abbondanza su di noi
con ogni sapienza e intelligenza,
9
facendoci conoscere il mistero della sua volontà,
secondo la benevolenza che in lui si era proposto
10
per il governo della pienezza dei tempi:
ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose,
quelle nei cieli e quelle sulla terra.
11
In lui siamo stati fatti anche eredi,
predestinati - secondo il progetto di colui
che tutto opera secondo la sua volontà -
12
a essere lode della sua gloria,
noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo.
13
In lui anche voi,
dopo avere ascoltato la parola della verità,
il Vangelo della vostra salvezza,
e avere in esso creduto,
avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso,
14
il quale è caparra della nostra eredità,
in attesa della completa redenzione
di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria.
“Ogni
benedizione spirituale nei cieli in Cristo”. Ai
credenti in Cristo giunge ogni benedizione.
“In
lui ci ha scelti prima della creazione del mondo”. Dio
Padre da sempre ha conosciuto quanti avevano un cuore aperto a lui, sotto la
Legge o sotto la sola legge della coscienza (Rm 2,16), e li ha mossi
all'accoglienza di Cristo (Gv 35,44): "Nessuno può
venire a me se non lo attira il Padre".
L'iniziativa salvifica è sempre di Dio, ed è libera, sovrana, decisa con decreto
eterno, "prima della
creazione del mondo".
Questi giusti, peccatori ma pur di buona volontà, già erano aiutati dalla grazia
ad essere orientati alla Verità, e sono chiamati ad avere accesso all'elezione (eklogè,
da ek-légomai: "radunare da") di essere in Cristo tempio dello
Spirito Santo. Dai giusti di Israele e dai giusti tra i Gentili, Dio ha formato
il popolo della nuova alleanza, cioè la Chiesa.
Con ciò non cessa di bussare alla porta del cuore di coloro che sono nelle
tenebre dell'errore, affinché apertasi possano udire la chiamata ad essere
eletti ("scelti") per il grande disegno di Dio, che è Cristo e la Chiesa.
Da sempre “ci ha scelti”, cioè
eletti in Cristo alla vita secondo lo Spirito Santo. Tutti sono chiamati alla
salvezza in Cristo, ma non tutti accolgono Cristo diventando con ciò degli
eletti, infatti “molti
sono chiamati, ma pochi eletti” (Mt
22,14), cioè molti rimangono allo stato di chiamati, rifiutando la proposta
contenuta nella chiamata. Chi lo accoglie non è stato lui in primis a scegliere Cristo, ma è stato prima chiamato, poiché (Gv 6,44): “Nessuno può venire a me, se il Padre che mi ha mandato non lo attira”. L’iniziativa di Dio è su tutti, ma è accolta da chi è orientato alla verità, anche in maniera nebulosa e con il peso dei peccati, ma non da chi segue volutamente la menzogna. Paolo agì con durezza contro i cristiani, ma perché era in uno stato di ignoranza, e quando incontrò la Verità la accolse (1Tm 1,13). La scelta di Dio in Cristo non avviene per una aprioristica selezione di Dio, fatta per escludere qualcuno.
“Predestinandoci
a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo”.
Tutti gli uomini sono predestinati alla grazia di essere rigenerati in Cristo,
ma non tutti la accolgono e per questo rimangono nelle loro colpe (Gv 8,21).
Quelli però che lo accolgono diventano in Cristo figli adottivi del Padre, nel
dono dello Spirito Santo (Gv 1, 12) e diventano con ciò predestinati alla gloria
(Rm 8, 30). Un cristiano può cadere nel peccato grave e con ciò viene sospesa la
sua predestinazione alla gloria (Mt 24,13; Lc 21,19; 1Cor 10,12); ritornando in
grazia di Dio il cristiano riattiva la sua predestinazione alla gloria.
“In lui,
mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, secondo
la ricchezza della sua grazia”. La
salvezza viene dal sacrificio di Cristo. La salvezza è la salvezza dal peccato
le cui catene sono in mano al Maligno.
“Egli l’ha
riversata in abbondanza su di noi con ogni sapienza e intelligenza...”. La
grazia, cioè l'essere figli di Dio in Cristo nel dono dello Spirito Santo. Tale
grazia porta con sé l'abbondanza di ogni sapienza e intelligenza, cioè la
capacità di cogliere nella fede il mistero dell'opera salvifica di Cristo e di
approfondirne gli aspetti, senza tuttavia poter esaurirne sulla terra la
comprensione. Solo in cielo tutto sarà svelato nella visione beatifica di Dio.
“Ricondurre al
Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra”.
Nella lettera ai Colossesi si legge (1,20): “per mezzo di
lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose”. Ciò
vuol dire che il Padre ha riconciliate a sé tutte le cose per mezzo del sangue
pacificatore (Col 1,20) del Figlio, che ha costituito capo di tutte le cose, “quelle
nei cieli” (le
schiere angeliche) e “quelle
sulla terra”
(Chiesa, suo corpo mistico; e anche le nazioni essendo egli il Re dei re e il
Signore dei signori (Ap 19,16).
Rendimento di grazie e intenzioni di preghiera
15
Perciò anch’io, avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù e
dell’amore che avete verso tutti i santi,
16 continuamente
rendo grazie per voi ricordandovi nelle mie preghiere,
17 affinché
il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito
di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui;
18
illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha
chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi
19
e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi, che
crediamo, secondo l’efficacia della sua forza e del suo vigore.
“Quale
tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi”.
“Fra
i santi”:
l'eredità gloriosa della salvezza ci viene data nell'appartenenza ad un solo
corpo (Col 3,15), cioè la Chiesa.
“Secondo
l’efficacia della sua forza e del suo vigore”. Tre
sostantivi quasi sinonimi (efficacia, forza, vigore) esprimono come la potenza
di Dio, cioè l'azione dello Spirito, sia efficace, operante con risultato
vittorioso a meno che l'uomo non vi si opponga.
La supremazia di Cristo
20
Egli la manifestò in Cristo,
quando lo risuscitò dai morti
e lo fece sedere alla sua destra nei cieli,
21
al di sopra di ogni Principato e Potenza,
al di sopra di ogni Forza e Dominazione
e di ogni nome che viene nominato
non solo nel tempo presente ma anche in quello futuro.
22
Tutto infatti egli ha messo sotto i suoi piedi
e lo ha dato alla Chiesa come capo su tutte le cose:
23
essa è il corpo di lui,
la pienezza di colui che è il perfetto compimento di tutte le cose.
La grazia della salvezza nella fede in Cristo
2
1
Anche voi eravate morti per le vostre colpe e i vostri peccati,
2
nei quali un tempo viveste, alla maniera di questo mondo, seguendo il principe
delle Potenze dell’aria, quello spirito che ora opera negli uomini ribelli.
3
Anche tutti noi, come loro, un tempo siamo vissuti nelle nostre passioni carnali
seguendo le voglie della carne e dei pensieri cattivi: eravamo per natura
meritevoli d’ira, come gli altri.
4 Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci
ha amato,
5 da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo:
per grazia siete salvati.
6 Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in
Cristo Gesù,
7
per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua
grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù.
8
Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è
dono di Dio;
9 né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene.
10
Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha
preparato perché in esse camminassimo.
“Il
principe delle Potenze dell’aria”. Le “potenze
dell'aria”
sono i demoni i quali hanno un principe: Satana. Sono dette “potenze
dell'aria” perché gli angeli hanno un potere di azione non legato alla
terra, sebbene agisca sulla terra. I demoni sono stati precipitati nell'abisso (Cf.
Lc 8,31; 2Pt 2,4; Ap 20,1) tuttavia ne escono per tentare gli uomini, e se non
respinti giungono ad esercitare un potere sugli uomini, diventando così “potenze
dell'aria”.
“Ci
ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù”. Non è ciò
che ora è, ma è ciò che certamente avverrà se si rimarrà fedeli a Cristo, che ci
ha risuscitati dalla morte del peccato. Alla risurrezione spirituale operata nel
Battesimo seguirà la risurrezione del corpo e quindi lo stare regalmente per
sempre nel regno dei cieli: “sedere nei cieli”.
“Ciò
non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere”.
La fede è un dono di Dio. Dono che non è dato in conseguenza delle opere, ma
dono che precede le opere che vanno fatte. Opere mosse e informate dalla carità
e non dal legalismo dei farisei.
“Che
Dio ha preparato”. Non sono un elenco di opere che l'uomo deve eseguire
passivamente, ma le opere che l'inventiva della carità gli presenta. Posta la
carità seguono le opere ispirate e informate dalla carità e queste non sono
dentro delle rubriche preordinate. La carità muove l'inventiva, rimanendo sempre
nel concreto delle situazioni della vita.
La distruzione del muro di divisione tra i popoli
11
Perciò ricordatevi che un tempo voi, pagani nella carne, chiamati non circoncisi
da quelli che si dicono circoncisi perché resi tali nella carne per mano d’uomo,
12
ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza
d’Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio nel
mondo.
13 Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete
diventati vicini, grazie al sangue di Cristo.
14
Egli infatti è la nostra pace,
colui che di due ha fatto una cosa sola,
abbattendo il muro di separazione che li divideva,
cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne.
15
Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti,
per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo,
facendo la pace,
16
e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo,
per mezzo della croce,
eliminando in se stesso l’inimicizia.
17
Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani,
e pace a coloro che erano vicini.
18
Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri,
al Padre in un solo Spirito.
19
Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei
santi e familiari di Dio,
20 edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo
come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù.
21 In lui
tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore;
22
in lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per
mezzo dello Spirito.
“Pagani
nella carne”. La distinzione operata dai Giudei sui Gentili era sulla base
della circoncisione. Essi erano i “non circoncisi”
e quindi non partecipi dell'Alleanza. Ma i circoncisi “resi
tali nella carne per mano d’uomo”, non lo erano poi nel
cuore (Cf. Lv 26,41) dal momento che avevano rifiutato Gesù Cristo.
“Eliminando
in se stesso l’inimicizia”. I contrasti tra Pagani
e Giudei non si sono sanati con un'azione violenta da parte di Dio, che nulla
avrebbe potuto, ma attraverso il sacrificio di Cristo. Gli operatori di pace
sono tali perché seguono l'esempio di Cristo.
“Così
dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e
familiari di Dio”. I Pagani credenti in Dio nei confronti dei Giudei non sono più
come degli stranieri o degli ospiti in terra altrui (era lo stato dei timorati
di Dio: At 10,2; 13,16), ma in Cristo dei concittadini, uguali in tutto ai
santi, cioè a coloro che, sia Giudei che Pagani, sono rigenerati in Cristo e
fanno parte della famiglia di Dio.
“Edificati
sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo
stesso Cristo Gesù”. La Chiesa è tempio dello Spirito, stabilita sul fondamento degli
apostoli (Cf. Ap 21,14) e dei profeti (3,5; 4,11; At 11,27), che costituiscono
con gli apostoli la forza del primo slancio apostolico della Chiesa. Cristo è la
pietra angolare del tempio vivo che è la Chiesa, “abitazione
di Dio per mezzo dello Spirito”.
Paolo ministro del Vangelo
3
1
Per questo io, Paolo, il prigioniero di Cristo per voi pagani...
2
penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me
affidato a vostro favore:
3 per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero, di cui vi ho
già scritto brevemente.
4
Leggendo ciò che ho scritto, potete rendervi conto della comprensione
che io ho del mistero di Cristo.
5
Esso non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è
stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito:
6
che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a
formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo
del Vangelo,
7 del quale io sono divenuto ministro secondo il dono della grazia di
Dio, che mi è stata concessa secondo l’efficacia della sua potenza.
8
A me, che sono l’ultimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia:
annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo
9
e illuminare tutti sulla attuazione del mistero nascosto da secoli in Dio,
creatore dell’universo,
10
affinché, per mezzo della Chiesa, sia ora manifestata ai Principati e
alle Potenze dei cieli la multiforme sapienza di Dio,
11
secondo il progetto eterno che egli ha attuato in Cristo Gesù nostro Signore,
12
nel quale abbiamo la libertà di accedere a Dio in piena fiducia mediante la fede
in lui.
13
Vi prego quindi di non perdervi d’animo a causa delle mie tribolazioni per voi:
sono gloria vostra.
“Per
questo io, Paolo, il prigioniero di Cristo per voi pagani”.
La prigionia di Paolo nasce dal suo essere annunciatore di Cristo chiamato ad
essere tale a favore dei pagani (Gal 2,7).
“Penso
che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a
vostro favore”. Questo passo lascia intendere che i destinatari della lettera
non fossero a conoscenza personale di Paolo. Se la lettera fosse stata scritta
agli Efesini non si comprenderebbero tali parole. Si dovrebbe ricorrere al
pensiero che Paolo si rivolga ai nuovi cristiani di Efeso che non lo hanno
potuto vedere, ma evidentemente questo non è: Paolo si rivolge ad una Chiesa
intera e non ai nuovi cristiani, di questa Chiesa; dire poi che la prima
generazione dei cristiani di Efeso fosse ormai deceduta, è cosa del tutto
improponibile anche se si pensasse che la lettera sia stata scritta a Roma e non
a Cesarea.
“Per
rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero”.
Paolo afferma nella lettera ai Galati (1,12) di avere ricevuto il messaggio
cristiano direttamente da Cristo sia nella visione di Damasco (At 9,3) sia nelle
visioni avute anni prima di andare a Gerusalemme (2Cor 12,1) ed esservi
riconosciuto apostolo fra i Gentili (Gal 2,1).
Il vangelo di Paolo non va inteso come tutto il complesso dell'annuncio
evangelico, che in questo dipende indubbiamente da Barnaba e dagli apostoli, ma
particolarmente come annuncio che anche i pagani sono chiamati alla salvezza
mediante la fede, formando un solo popolo con i cristiani provenienti dal
giudaismo (3,6).
“Di
cui vi ho già scritto brevemente”: (1,3s; 1,20s; 2,14s).
“Per mezzo della Chiesa, sia ora manifestata ai Principati e alle Potenze dei
cieli la multiforme sapienza di Dio”.
I Principati e
le Potenze dei cieli sono le gerarchie celesti. Gli angeli vedono nella
Chiesa l'attuarsi del disegno di Dio centrato in Cristo. Essi leggono nella
Chiesa le ricchezze della multiforme sapienza di Dio, che l'ha costituita tempio
dello Spirito per mezzo del Figlio. La Chiesa è la mistica continuazione
dell'incarnazione del Figlio, poiché è il suo corpo mistico. San Pietro nella
prima lettera dice (1,12): “Cose nelle quali gli
angeli desiderano fissare lo sguardo”.
“Sono
gloria vostra”; Paolo soffre, ma le sue tribolazioni sono per la Chiesa (Fil
1,29; Col 1,24), e i fedeli le devono vedere non come oscuramento e sconfitta
della sua persona, ma come loro gloria.
Preghiera di Paolo
14
Per questo io piego le ginocchia davanti al Padre,
15 dal
quale ha origine ogni discendenza in cielo e sulla terra,
16 perché
vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente
rafforzati nell’uomo interiore mediante il suo Spirito.
17 Che il
Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati
nella carità,
18
siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la
lunghezza, l’altezza e la profondità,
19 e di conoscere
l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la
pienezza di Dio.
20
A colui che in tutto ha potere di fare
molto più di quanto possiamo domandare o pensare,
secondo la potenza che opera in noi,
21
a lui la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù
per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli! Amen.
“Per
questo io piego le ginocchia davanti al Padre”. Paolo si
eleva in preghiera davanti al Padre ponendosi in ginocchio, come gesto di
umiltà, di gratitudine, di sottomissione gioiosa e liberante. Probabilmente non
si è inginocchiato realmente durante la dettatura della lettera, ma nel cuore
aveva queste disposizioni.
“Dal quale ha origine ogni discendenza in cielo e sulla terra”.
La parola “discendenza” rende il termine greco
patria
(patrìa), che
significa famiglia, etnia, gruppo, che costituito di figli fanno capo ad un
padre.
Le
patria
del cielo sono
le schiere angeliche. Gli angeli sono figli di Dio in quanto hanno accolto il
futuro Figlio unigenito incarnato. Il Verbo si sarebbe incarnato anche in
assenza del peccato degli uomini, e ciò venne presentato agli angeli. Satana si
ribellò a questo disegno di Dio e trascinò nella riprovazione altri angeli che
divennero come lui dei demoni. Quelli che accolsero il disegno di Dio vennero
elevati alla gloria della visione beatifica dell'Essenza divina. Così, nel
Figlio incarnato le schiere angeliche divennero
patria
del Padre. In modo molto più forte gli uomini e quindi i raggruppamenti umani
divennero
patria del Padre, poiché redenti dall'Unigenito del Padre incarnatosi nel
grembo verginale di Maria. Nel Cristo, vero uomo e vero Dio, i credenti in lui
diventano figli adottivi del Padre, nel dono dello Spirito Santo e
nell'appartenenza all'unica Chiesa, espressa nelle Chiese locali.
Le
patria
del cielo e
della terra sono in Cristo accumunate.
Paolo è ministro in Cristo di questa opera, fino ad essere fondatore di
comunità, per cui piega le ginocchia, pieno di gratitudine e commozione, davanti
al Padre, che lo ha chiamato fin dal seno di sua madre (Cf. Ger 1,5; Gal
1,15), cioè da sempre, anche se poi la chiamata avverrà sulla via di Damasco.
“La
ricchezza della sua gloria”, è la gloria che il
Padre ha ricevuto dall'azione obbediente del Figlio; obbediente fino alla morte
di Croce.
Esortazione all'unità
4
1
Io dunque, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera
degna della chiamata che avete ricevuto, 2 con ogni
umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore,
3
avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della
pace.
4
Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete
stati chiamati, quella della vostra vocazione; 5
un solo
Signore, una sola fede, un solo battesimo.
6
Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per
mezzo di tutti ed è presente in tutti.
La differenza dei doni di ministero nell'unità
7
A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono
di Cristo.
8
Per questo è detto (Ps 67/68,19):
“Asceso in alto, ha portato con sé prigionieri,
ha distribuito doni agli uomini”.
9
Ma cosa significa che ascese, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra?
10
Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per
essere pienezza di tutte le cose.
11
Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad
altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri,
12
per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il
corpo di Cristo,
13
finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del
Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della
pienezza di Cristo.
14
Così non saremo più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e
là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che
trascina all’errore.
15
Al contrario, agendo secondo verità nella carità, cerchiamo di
crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è il capo, Cristo.
16
Da lui tutto il corpo, ben compaginato e connesso, con la collaborazione di ogni
giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, cresce in modo da edificare
se stesso nella carità.
“A
ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di
Cristo”.
L'unità nella Chiesa non vuol dire livellamento. Ci sono doni, che sono compiti
per l'utilità comune, ai quali corrisponde la grazia necessaria per attuarli con
frutto. Ma la grandezza non sta precisamente nei compiti, ma nel modo in cui
questi vengono svolti, poiché il vincolo della perfezione è la carità (3,17; Col
3,14).
La nuova vita in Cristo nel dono dello Spirito Santo
17
Vi dico dunque e vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani
con i loro vani pensieri,
18
accecati nella loro mente, estranei alla vita di Dio a causa
dell’ignoranza che è in loro e della durezza del loro cuore.
19
Così, diventati insensibili, si sono abbandonati alla dissolutezza e,
insaziabili, commettono ogni sorta di impurità.
20
Ma voi non così avete imparato a conoscere il Cristo,
21
se
davvero gli avete dato ascolto e se in lui siete stati istruiti, secondo la
verità che è in Gesù,
22
ad abbandonare, con la sua condotta di prima, l’uomo vecchio che si corrompe
seguendo le passioni ingannevoli,
23 a
rinnovarvi nello spirito della vostra mente
24
e a rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e
nella vera santità.
25 Perciò, bando alla menzogna e dite ciascuno la verità al suo
prossimo, perché siamo membra gli uni degli altri.
26
Adiratevi, ma non peccate; non tramonti il sole sopra la vostra ira,
27
e non date spazio al diavolo.
28 Chi rubava non rubi più, anzi lavori operando il bene con le proprie
mani, per poter condividere con chi si trova nel bisogno.
29
Nessuna parola cattiva esca dalla vostra bocca, ma piuttosto parole buone che
possano servire per un’opportuna edificazione, giovando a quelli che ascoltano.
30
E non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, con il quale foste segnati
per il giorno della redenzione.
31 Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con
ogni sorta di malignità.
32
Siate invece
benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come
Dio ha perdonato a voi in Cristo.
“E
non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio”; da
ciò nasce il santo timor di Dio, diverso dal timore servile che è paura del
castigo di Dio. Il santo timor di Dio è timore di rattristare Dio,
infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa.
5
1
Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi,
2
e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se
stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore.
3
Di fornicazione e di ogni specie di impurità o di cupidigia neppure si parli fra
voi - come deve essere tra santi -
4 né di
volgarità, insulsaggini, trivialità, che sono cose sconvenienti. Piuttosto
rendete grazie!
5
Perché, sappiatelo bene, nessun fornicatore, o impuro, o avaro - cioè
nessun idolatra - ha in eredità il regno di Cristo e di Dio.
6
Nessuno vi inganni con parole vuote: per queste cose infatti l’ira di Dio viene
sopra coloro che gli disobbediscono.
7 Non abbiate
quindi niente in comune con loro.
8
Un tempo infatti eravate tenebra, ora siete luce nel Signore.
Comportatevi perciò come figli della luce;
9 ora il
frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità.
10 Cercate
di capire ciò che è gradito al Signore.
11 Non partecipate alle opere delle tenebre, che non danno frutto, ma
piuttosto condannatele apertamente.
12 Di
quanto viene fatto da costoro in segreto è vergognoso perfino parlare,
13
mentre tutte le cose apertamente condannate sono rivelate dalla luce: tutto
quello che si manifesta è luce.
14
Per questo è detto (Is 26,19; 60,1):
“Svegliati, tu che dormi,
risorgi dai morti
e Cristo ti illuminerà”.
15
Fate dunque molta attenzione al vostro modo di vivere, comportandovi non da
stolti ma da saggi,
16
facendo buon uso del tempo, perché i giorni sono cattivi.
17
Non siate perciò sconsiderati, ma sappiate comprendere qual è la volontà del
Signore.
18
E non ubriacatevi di vino, che fa perdere il controllo di sé; siate invece
ricolmi dello Spirito,
19 intrattenendovi fra voi con salmi, inni, canti ispirati, cantando e
inneggiando al Signore con il vostro cuore,
20
rendendo
continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù
Cristo.
“Nessuno
vi inganni con parole vuote: per queste cose infatti l’ira di Dio viene sopra
coloro che gli disobbediscono”; sono le
vuote parole di coloro che ricordano solo la misericordia, dimenticando che
presso Dio c'è misericordia e ira (Sir 5,4): “Non essere
troppo sicuro del perdono tanto da aggiungere peccato a peccato. Non dire: <La
sua compassione è grande; mi perdonerà i molti peccati>, perché presso di lui
c'è misericordia e ira, e il suo sdegno si riverserà sui peccatori”.
L'ordine nelle famiglie
21
Nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri:
22
le mogli lo siano ai loro mariti, come al Signore;
23
il marito
infatti è capo della moglie, così come Cristo è capo della Chiesa, lui che è
salvatore del corpo.
24 E come la Chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siano
ai loro mariti in tutto.
25
E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha
dato se stesso per lei,
26
per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante
la parola,
27 e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia
né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata.
28
Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi
ama la propria moglie, ama se stesso.
29 Nessuno infatti
ha mai odiato la propria carne, anzi la nutre e la cura, come anche Cristo fa
con la Chiesa,
30
poiché siamo membra del suo corpo.
31 Per questo
l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due
diventeranno una sola carne.
32 Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla
Chiesa!
33
Così anche voi: ciascuno da parte sua ami la propria moglie come se
stesso, e la moglie sia rispettosa verso il marito.
“Nel
timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri:
le mogli lo siano ai loro mariti, come al Signore;
il marito infatti è capo della moglie”. Innanzi tutto c'è
l'invito ad essere sottomessi gli uni gli altri, il che equivale a porsi in
stato di servizio verso gli altri, e quindi di non asservire gli altri a sé.
Dopo questo invito generale, Paolo entra nel merito della famiglia. Essa è una
piccola società e come tale è una società ordinata e dunque ha un capo, che è il
marito, il quale tuttavia deve avere quello spirito di servizio verso la
felicità della moglie quale l'ebbe Cristo verso la Chiesa.
“Questo
mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!”.
Paolo prende l'immagine nuziale dal V.T. (Os 1,2; 2,4-15.21-22; Ger 2,2.23s; Ez
16,1s; 23,1s; Is 54,5; 62,5; Ct). Cristo è lo Sposo che ha attirato a sé la
Sposa, che è la Chiesa, con vincolo indissolubile stabilito nel rito di sangue
della croce.
6
1 Figli, obbedite ai vostri genitori nel Signore, perché questo è
giusto.
2 Onora tuo padre e tua madre! Questo è il primo comandamento
che è accompagnato da una promessa:
3
perché tu sia felice e goda di una lunga vita sulla terra.
4
E voi,
padri, non esasperate i vostri figli, ma fateli crescere nella disciplina e
negli insegnamenti del Signore.
La carità nella condizione della schiavitù
5
Schiavi, obbedite ai vostri padroni terreni con rispetto e timore, nella
semplicità del vostro cuore, come a Cristo,
6 non servendo
per farvi vedere, come fa chi vuole piacere agli uomini, ma come servi di
Cristo, facendo di cuore la volontà di Dio,
7 prestando servizio volentieri, come chi serve il Signore e non gli
uomini.
8
Voi sapete infatti che ciascuno, sia schiavo che libero, riceverà dal Signore
secondo quello che avrà fatto di bene.
9
Anche voi, padroni, comportatevi allo stesso modo verso di loro, mettendo da
parte le minacce, sapendo che il Signore, loro e vostro, è nei cieli e in lui
non vi è preferenza di persone.
Paolo non fa una lotta contro la schiavitù, ma sa che il Vangelo è lievito che
cambierà la storia a partire proprio dalla carità che è in Cristo e dal
principio che davanti a Dio tutti gli uomini sono uguali: “In lui non vi è
preferenza di persone”.
La battaglia spirituale
10
Per il resto, rafforzatevi nel Signore e nel vigore della sua potenza.
11
Indossate l’armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo.
12
La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i
Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro
gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti.
13
Prendete dunque l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno cattivo
e restare saldi dopo aver superato tutte le prove.
14
State saldi, dunque: attorno ai fianchi, la verità; indosso, la corazza della
giustizia;
15 i piedi, calzati e pronti a propagare il vangelo della pace.
16
Afferrate sempre lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutte le
frecce infuocate del Maligno;
17 prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è
la parola di Dio.
18 In ogni occasione, pregate con ogni sorta di preghiere e di
suppliche nello Spirito, e a questo scopo vegliate con ogni perseveranza e
supplica per tutti i santi.
19 E pregate anche
per me, affinché, quando apro la bocca, mi sia data la parola, per far conoscere
con franchezza il mistero del Vangelo,
20 per il quale sono ambasciatore in catene, e affinché io possa
annunciarlo con quel coraggio con il quale devo parlare.
“La
nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i
Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro
gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti”.
Dietro gli uomini che in Cristo vanno amati, anche se persecutori, c'è l'azione
di Satana. Paolo vede nelle sue catene le macchinazioni di Satana per portalo
allo scoraggiamento e portare i fedeli a non ritenere Cristo vincente nei suoi
apostoli. Per questo Paolo avvisa i fedeli che devono leggere le sue catene su
di un piano diverso da quello di un'azione degli uomini. Si tratta della lotta
tra la Luce e le tenebre, e Paolo sta vivendo quello che Cristo ha predetto per
i suoi. Vincerà Cristo in lui, ma per mezzo dell'accettazione della croce.
Tichico inviato di Paolo e benedizione finale
21
Tìchico - fratello carissimo e fedele ministro nel Signore - vi darà notizie di
tutto quello che io faccio, affinché sappiate anche voi ciò che mi riguarda.
22
Ve lo mando proprio allo scopo di farvi avere mie notizie e per confortare i
vostri cuori.
23
Ai fratelli pace e carità con fede da parte di Dio Padre e del Signore Gesù
Cristo.
24
La grazia sia con tutti quelli che amano il Signore nostro Gesù
Cristo con amore incorruttibile.
“Quelli
che amano il Signore nostro Gesù Cristo con amore incorruttibile”.
L'amore corruttibile è quello che nasce dalla carne e dal sangue, intriso
di passioni.
L'”amore
incorruttibile”
è quello che rimarrà in
eterno (1Cor 13,8), ed è la carità dono, in Cristo, dello Spirito Santo (Rm
5,5). |