Autenticità
della lettera Non ci sono dubbi sull’autore della terza lettera, cioè Giovanni apostolo, anzi si deve dire che l’affinità con la seconda lettera è tanta da poter dire che sono state scritte nello stesso tempo. (vedi
introduzione alla seconda
lettera di Giovanni)
La situazione presentata dalla lettera
La lettera presenta quattro persone: Il Presbiterio, Gaio, Diòtrefe, Demetrio. Il Presbitero è lo scrivente e possiede una grande autorità ecclesiale potendo inviare missionari in aree lontane. Gaio è il destinatario della lettera e viene apprezzato dal Presbitero per la sua ospitalità data ai missionari. Si può pensare che Gaio fosse una persona facoltosa. Diòtrefe è con ogni probabilità un presbitero, che ha ostacolato e ostacola la presenza dei missionari, mosso dall’ambizione di avere il primo posto “tra di loro”, cioè nella Chiesa locale alla quale appartiene: in specifico nel collegio dei presbiteri alla guida di quella Chiesa. Non l’episcopato perché, al contrario di quanto stava facendo, avrebbe dovuto ingraziarsi l’apostolo dal quale dipendeva la sua ordinazione episcopale. Assolutamente non si può pensare che Diòtrefe fosse un vescovo, perché non avrebbe aspirato ad avere “il primo posto tra loro”, avendolo già.
Demetrio gode invece di tutta la considerazione del Presbitero unitamente a quella del popolo, e dello Spirito, che è la verità.
Con ciò si delinea la situazione che in una Chiesa locale un presbitero, Diòtrefe, vuole primeggiare e per questo cerca di accattivarsi il popolo affinché elegga lui, e rifiuta i missionari che fanno capo al Presbitero, sapendo che il Presbitero ha un alto nome da porre a capo del collegio dei presbiteri: Demetrio. Il capo del collegio dei presbiteri poteva venire eletto dal popolo, ma doveva trovare anche l’approvazione del primate territoriale, che era l’apostolo Giovanni. Diòtrefe cominciò a non ospitare più i missionari inviati da Giovanni nel timore che comunicassero tra il popolo il nome gradito al Presbitero. Giovanni aveva scritto una lettera circa la mancata accoglienza dei missionari, che però era stata ignorata.
Il Presbitero scrisse allora a Gaio, presentandogli la situazione e avanzando il nome di Demetrio, stimato da
lui e dal popolo e indicato dallo Spirito. Demetrio non va visto come il semplice latore della lettera, se lo fu. La triplice testimonianza del Presbitero, del popolo e dello Spirito sono una serie di credenziali che sorpassano enormemente il ruolo di un latore di lettera.
Con questa lettera, l’azione pastorale di Giovanni si manifestava prudente ed efficace. Non chiese a Gaio di riprendere Diòtrefe, questo lo farà lui, che ne ha l’autorità, ma di comunicare ai tanti amici i suoi saluti, e con ciò poi il contenuto del la lettera, e quindi il nome di Demetrio.
L’ecclesiologia
Uomini, all’interno delle Chiese, si agitano con disobbedienze e ambizioni, ma la Chiesa, per la forza dello Spirito e dell’orazione, ha la capacità di liberarsi dalle paralisi indotte da tali uomini.
La missiologia Nell’evangelizzazione missionaria è necessario non cadere in nessuna collusione con il mondo, se si vuole che esso riconosca la novità di Cristo. I missionari devono, tuttavia, poter contare sull’appoggio logistico dei fedeli delle comunità più prossime alle aree di nuova evangelizzazione. Non si tratta dunque di semplice cortesia di ospitalità, ma di collaborazione con la verità.
1
1 Io, il Presbìtero, al carissimo Gaio, che amo nella verità.
2 Carissimo, mi auguro che in tutto tu stia bene e sia in buona salute, come sta bene la tua anima.
3 Mi sono molto rallegrato, infatti, quando sono giunti alcuni fratelli e hanno testimoniato che tu, dal modo in cui cammini nella verità, sei veritiero.
4 Non ho gioia più grande di questa: sapere che i miei figli camminano nella verità.
5 Carissimo, tu ti comporti fedelmente in tutto ciò che fai in favore dei fratelli, benché stranieri.
6 Essi hanno dato testimonianza della tua carità davanti alla Chiesa; tu farai bene a provvedere loro il necessario per il viaggio in modo degno di Dio.
7 Per il suo nome, infatti, essi sono partiti senza accettare nulla dai pagani.
8 Noi perciò dobbiamo accogliere tali persone per diventare collaboratori della verità.
9 Ho scritto qualche parola alla Chiesa, ma Diòtrefe, che ambisce il primo posto tra loro, non ci vuole accogliere.
10 Per questo, se verrò, gli rinfaccerò le cose che va facendo, sparlando di noi con discorsi maligni. Non contento di questo, non riceve i fratelli e impedisce di farlo a quelli che lo vorrebbero e li scaccia dalla Chiesa.
11 Carissimo, non imitare il male, ma il bene. Chi fa il bene è da Dio; chi fa il male non ha veduto Dio.
12
A Demetrio tutti danno testimonianza, anche la stessa verità; anche noi gli diamo testimonianza e tu sai che la nostra testimonianza è veritiera.
13 Molte cose avrei da scriverti, ma non voglio farlo con inchiostro e penna.
14 Spero però di vederti presto e parleremo a viva voce.
15 La pace sia con te. Gli amici ti salutano. Saluta gli amici a uno a uno.
“Io, il Presbìtero, al carissimo Gaio, che amo nella verità”. Il Presbitero non ha bisogno di altre indicazioni per essere riconosciuto. Egli è il Presbitero per eminenza, che ha autorità apostolica. Esso va identificato senza incertezze con l’apostolo Giovanni (vedi
introduzione alla seconda lettera di Giovanni) Il Presbitero si rivolge a Gaio, amato “nella verità”, cioè senza finzioni, opportunismi, ma in Cristo, quale fratello.
“Carissimo, mi auguro che in
tutto tu stia bene e sia in buona salute, come sta bene la tua anima”.
Il Presbitero si augura - non di augurio convenzionale - che Gaio stia
bene, che non abbia disagi nelle cose come nella salute, così come sta
bene nell’ anima per una buona coscienza. Per quanto la croce sia
importante ed essenziale nel cammino cristiano, chi ama il fratello in
Cristo desidera che stia bene. Dio non gode affatto delle nostre
sofferenze, pur sapendo che da esse, accettate in Cristo, ne
scaturiscono nuovi vertici di amore. Probabilmente, era passato già
del tempo da quando l’apostolo aveva ricevuto informazioni su Gaio per
cui si augurava che fosse in salute e senza situazioni incresciose.
“Mi sono molto rallegrato,
infatti, quando sono giunti alcuni fratelli e hanno testimoniato che tu,
dal modo in cui cammini nella verità, sei veritiero”.
L’apostolo ha ricevuto buona testimonianza su Gaio dai missionari che
aveva ospitato. Gaio cammina nella verità, cioè le sue azioni, le sue
parole sono modellate sulla verità, e perciò non cede a compromessi col
mondo. “Non ho gioia più
grande di questa: sapere che i miei figli camminano nella verità”.
Figli significa di più che fedeli soggetti alla giurisdizione del
Presbitero; significa che li ha generati in Cristo mediante il Vangelo.
Gaio così doveva essere stato convertito a Cristo da Giovanni. “Carissimo,
tu ti comporti fedelmente in tutto ciò che fai in favore dei fratelli,
benché stranieri”. Il senso della
Chiesa universale vuole che le Chiese particolari siano mutuamente
concordi nel promuovere l’evangelizzazione. “Essi
hanno dato testimonianza della tua carità davanti alla Chiesa; tu farai
bene a provvedere loro il necessario per il viaggio in modo degno di Dio”.
La Chiesa presieduta dal Presbitero è secondo la tradizione quella di
Efeso. Il Presbitero invita Gaio a continuare la sua opera di ospitalità
e di aiuto ai missionari, nonostante l’azione negativa di Diòtrefe.
“Per il suo nome, infatti, essi
sono partiti senza accettare nulla dai pagani”.
C’erano dei pagani che offrivano appoggio ai missionari, ma con spirito
sincretista creando con ciò confusione. Purtroppo, c’erano casi dove si
favoriva il sincretismo. “Noi
perciò dobbiamo accogliere tali persone per diventare collaboratori
della verità”. L’accoglienza dei
missionari autentici rende “collaboratori
della verità”. Con ciò
l’accoglienza non deve essere fatta in nome dell’uomo, ma nel nome della
Verità e quindi volentieri e con disinteresse. “Ho
scritto qualche parola alla Chiesa, ma Diòtrefe, che ambisce il primo
posto tra loro, non ci vuole accogliere”.
Poiché la collaborazione nella diffusione della verità è essenziale alla
vita delle Chiese, l’apostolo Giovanni scrisse alla Chiesa alla quale
appartiene Gaio, ma dove agisce Diòtrefe ostacolando l’ospitalità e
l’aiuto dei missionari. Diòtrefe non era un collaboratore della verità.
Il suo movente era quello di primeggiare nella Chiesa. La valutazione
della lettera porta a pensare che volesse diventare il capo del collegio
dei presbiteri, con elezione da parte del popolo. “Per
questo, se verrò, gli rinfaccerò le cose che va facendo, sparlando di
noi con discorsi maligni”. Per
giungere a questo Diòtrefe ostentava capacità, modi cortesi,
proponendosi pure. Ovviamente, sparlava di chi lo contrastava nella sua
ambizione, cioè l’apostolo Giovanni. Quindi,, lo screditava per
allontanare il popolo dalla sua autorità. Diòtrefe non è palesemente un
eretico, ma uno scismatico. “Non
contento di questo, non riceve i fratelli e impedisce di farlo a quelli
che lo vorrebbero e li scaccia dalla Chiesa”.
L’azione di Diòtrefe giunse a interrompere ogni informazione che venisse
dai missionari sul suo conto. “Carissimo,
non imitare il male, ma il bene”.
Gaio è esortato a non imitare il male, ma il bene. Diòtrefe
evidentemente cercava di attirare a sé anche Gaio. “Chi fa il bene è da
Dio; chi fa il male non ha veduto Dio”.
Questa frase scultorea esprime
il giudizio sulla situazione. Chi fa il male, creando divisioni e
fomentando calunnie, non è da Dio. Diòtrefe cercava di farsi passare
quale giusto, devoto, ma non aveva visto col lume della fede e lo
sguardo della carità Dio. “A
Demetrio tutti danno testimonianza, anche la stessa verità; anche noi
gli diamo testimonianza e tu sai che la nostra testimonianza è veritiera”.
Giovanni presenta Demetrio oggetto di una triplice testimonianza. Le
informazioni giunte a Giovanni su di lui sono altamente positive “tutti
danno testimonianza” che agisce
bene. La stessa verità, cioè lo Spirito Santo, gli da testimonianza
illuminando Giovanni. E Giovanni stesso ne dà testimonianza e la sua - “nostra”
dice per unirsi a tutti i vescovi successori degli apostoli - è
veritiera, perché fondata su Cristo. “Molte
cose avrei da scriverti, ma non voglio farlo con inchiostro e penna.
Spero però di vederti presto e parleremo a viva voce”.
La lettera termina con la presentazione di Demetrio, ma l’apostolo si
ripromette quando verrà e rimprovererà Diòtrefe di comunicare a Gaio
altre cose, che non vuole affidare a “inchiostro
e penna”, per prudenza. “La
pace sia con te. Gli amici ti salutano. Saluta gli amici a uno a uno”.
La lettera termina con l’augurio di pace. Il saluto degli amici di
Efeso, e l’invito a salutare gli amici che ha nella Chiesa ad “uno
a uno”, il che voleva dire
riguardo per ciascuno, ma anche presentazione adeguata della situazione
creata da Diòtrefe
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