Testo e commento
 
Capitolo   1   2   3   4   5  
La presenza di Pietro a Roma
La lettera si presenta subito come scritta da Pietro (1,19): “Pietro, apostolo di Gesù Cristo”. Questo è un dato sicuro che la tradizione ha sempre affermato. Colpisce subito l’affinità della lettera con i discorsi di Pietro negli Atti degli Apostoli.
Pietro dovette fare più viaggi a Roma. Si è ipotizzata una prima visita a Roma dopo la prigionia per mano di Agrippa I (Cf. At 12,17). Da Roma sarebbe ripartito poco dopo a causa dell’editto di Claudio (49), che scacciò i Giudei e giudeo-cristiani da Roma (At 18,2). Certamente fu presente, poco dopo, a Gerusalemme, per il primo Concilio (autunno 51).
Dopo il Concilio, Pietro passò per Corinto (53/55), poiché nella Comunità cristiana si era formato un gruppo che parteggiava per lui (1Cor 1,12; 3,22: 56/57 d.C.), come ce n’era uno che parteggiava per Paolo e uno per Apollo. Da Corinto non c'erano problemi per raggiungere in nave l'Italia.
Mentre Paolo rimase prigioniero, probabilmente avendo qualche libertà, fino alla comparizione davanti a Nerone dove testimoniò Cristo, Pietro fu libero per un po’ di tempo durante la persecuzione. La data del martirio di Pietro è accettata generalmente intorno al 67, cioè dopo circa tre anni dall’inizio della persecuzione di Nerone (luglio 64).
Pietro fu crocefisso nel circo di Nerone nell’area dell’attuale Basilica di San Pietro. Adiacente al circo c’era una necropoli, dove venne sepolto. La tomba di Pietro è stata ritrovata sulla verticale dell’altare maggiore, secondo l’ininterrotta tradizione [1].

L’obelisco posto sulla spina centrale del circo, lungo circa 500 m. e largo circa 100, era stato fatto trasportare da Caligola a Roma da Eliopoli in Egitto, nel 37 d.C. Ora l’obelisco è al centro di Piazza san Pietro, fatto collocare il quel punto nel 1586 da papa Sisto V.

1] Margherita Guarducci, “La tomba di san Pietro”, ed. Rusconi, 1989.


Roma come Babilonia
La prima lettera di Pietro è indirizzata ai cristiani dell’Asia minore, cioè nell’area dove il cristianesimo era stato impiantato diffusamente.
Babilonia, fuori di ogni dubbio, è Roma. Roma è detta Babilonia, come nuova capitale del male, in vari scritti apocrifi: "Oracoli sibillini, 5,143.158" (2 e 1 sec. a.C.); "Apocalisse di Baruc, 11,1" (fine del 1sec. d.C.); "IV libro di Esdra 3,1" (fine del 1 sec. d.C.). Sempre Babilonia è stata identificata con Roma: Papia, Clemente Alessandrino, san Girolamo; san Beda; Ecumenio; Teofilatto; le Catene Bibliche Greche. Va tenuto presente che al tempo di Pietro, secondo la testimonianza di Strabone, di Plinio e di Pausania, l’antica Babilonia di Mesopotamia era un deserto di rovine; mentre Strabone riferisce che la Babilonia di Egitto era solo una stazione militare.
C’era veramente da impressionarsi di fronte al montante atteggiamento trionfale di Nerone, che subito dopo l’inizio della persecuzione aveva dato inizio a una costruzione immensa: la Domus Aurea. La Domus Aurea fu edificata su 80 ettari ottenuti anche con espropri e demolizioni di case e edifici pubblici, e venne a occupare quasi tutto il centro di Roma. Pietro vide l’imponente cantiere svilupparsi con il lavoro di 30.000 schiavi, mentre la persecuzione contro i cristiani continuava a mietere vittime.
Chiamare Roma Babilonia era molto di più di un indovinato parallelo letterario (Cf. Dn 3,1s).

La data della lettera
La persecuzione di Nerone, qualche tempo dopo l'incendio di Roma del luglio del64, doveva essere già in atto se Pietro chiama Roma Babilonia.
E’ un argomento falso dire che Pietro raccomanda nella lettera la sottomissione all’autorità umana di Nerone e dei vari governatori delle provincie che lo rappresentavano, perché ancora non c’è la persecuzione, quasi che a persecuzione iniziata cadesse il riconoscimento delle autorità civili, e non si cercasse invece di renderle giuste mediante la preghiera e la testimonianza (2,13).

Lingua e stile della lettera
Pietro inizialmente non doveva avere conoscenza del greco poiché era un illetterato (At 4,13), ma in seguito dovette raggiungere dei risultati spinto dalle necessità dell’evangelizzazione, anche perché nella Palestina era ampiamente usato il greco. E’ però probabile che Pietro non potesse raggiungere il livello letterario che la lettera presenta, da qui la necessità di un interprete-scriba, come la lettera sembra dichiarare citando il nome di Silvano, che va identificato con Sila poiché è presentato come persona molto nota nelle chiese di Asia (At 15,22s; 2 Cor 1,19; 1Tess 1,1; 2Tess 1,1; ecc.). Silvano dovette essere anche l’inviato di Pietro per la consegna della lettera nelle Chiese dell’ Asia.
Lo stile è quello di un grande comunicatore. La prima lettera di Pietro è ricca di concretezza, di calore, di metafore, di paragoni; fluente, incisiva, elevante, tonificante. Di fronte a ciò si è percorsa la strada di individuare nella lettera spezzoni di catechesi battesimali primitive e riassunti di omelie, rilevando pure una dossologia (4,11) che sembrerebbe creare una cesura nello scritto. Queste individuazioni non sono però di carattere decisivo per infirmare l’unità della lettera.
La lettera, infatti, ha l’unità di un discorso vivo e coinvolgente, con rilanci, angolature nuove, elevazioni oranti, citazioni bibliche.
Il greco della lettera, senza essere di stile classico, è molto buono e si avvicina molto a quello della Traduzione dei LXX circa il libro della Sapienza, e dei due libri dei Maccabei. Il vocabolario è assai ricco. Ci sono in particolare 485 vocaboli che si trovano nella traduzione dei LXX e 408 nelle lettere di san Paolo. Gli hapax legomena (detto una sola volta) sono 62. Nella lettera non mancano alcune forme semitizzanti.
San Gerolamo (Lettera a Edibia, 150) elaborò l’ipotesi che la lettera fosse stata scritta da Pietro in aramaico e poi tradotta in greco, ma quest’opinione non è stata seguita da nessuno. Quello che invece si può dire è che Pietro dettasse in greco, come lo sapeva, e lo scriba vi ponesse un miglioramento senza perdere il vigore della parola. Lo stesso si deve dire della seconda lettera di Pietro, a lui attribuita dalla tradizione. Uno scriba migliorava stilisticamente quanto Pietro dettava. Con ciò viene annullata l'obiezione preconcettuale che lo stile della lettera è troppo fluente per risalire a Pietro.

Autenticità della lettera
L’autenticità della prima lettera di Pietro è affermata dalla tradizione della Chiesa. San Clemente Romano cita la lettera “Sua (attribuita) prima lettera ai Corinti 30,2 = 1Pt 5,3; 49,5 = 1Pt 4,8”; Appia l’ha riconosciuta: Eusebio, “Storia ecclesiastica, 3,39”; san Policarpo “Ai Filippesi, 1, 2, 3, ecc.”; la “Didaché 1,4”; sant’Ireneo “Contro le eresie, 4,9.16”; Tertulliano “De Scorpiace, 12”; Clemente Alessandrino “Paedagogus 1,6” - “Stromateis, 3,18”); Origene citato da Eusebio “Storia ecclesiastica 6,25”; san Cipriano “De Bono patientiae 9”; Eusebio riconosce la lettera come universalmente accettata “Storia ecclesiastica 3,25”.
Le difficoltà contro l’origine petrina della prima lettera di Pietro, avanzate dai razionalisti (Julicher, Harnak, ecc.), sono inconsistenti.
Immotivato, in particolare, spostare la persecuzione che riguarda le Chiese a cui Pietro indirizza la lettera (4,12) da quella di Nerone a quella di Domiziano (81 - 96), poichè se la persecuzione di Nerone era limitata a Roma è errore storico non considerare che promosse ondate di ostilità contro i cristiani nelle provincie dell'impero (Cf. Karl Bihlmeyer - Hermann Tuechle, "Storia della Chiesa", Morcelliana, Brescia 1960, vol. 1, p. 94-95; § 14, 2-3; p. 99 § 15,1). Il discredito contro i cristiani, trovava concordi i Giudei creando così una rete di ostilità.

Scopo
La prima lettera di Pietro si rivolge alle comunità cristiane presenti nel Ponto, nella Galazia, nella Cappadocia, Nell’Asia e nella Bitinia. Da quanto è dato capire sono comunità cristiane prevalentemente venute dal paganesimo (2,10). La persecuzione di Nerone, limitata a Roma, aveva dei riflessi su di esse, mentre le comunità giudaiche non erano oggetto di attacchi. La situazione era difficile perché agli occhi dei Giudei le ostilità contro i cristiani parevano mandate da Dio, e, di conseguenza, intensificavano la loro pressione sulle comunità cristiane. Pietro vuole comunicare forza a queste comunità portandole all’accettazione coraggiosa delle difficoltà, senza mai venire meno alla carità. Il modello perfetto di questo è Gesù. La Chiesa non deve temere gli assalti del mondo perché è compatta attorno alla pietra viva che è Cristo. Alla pietra angolare, che rende compatto l’edificio della Chiesa, e chi vuole buttare via la pietra angolare inciampa in essa e cade. Combattere Cristo non dà nessuna vittoria, ma solo sconfitta, rovina a breve o a lungo periodo. I cristiani, anche se perseguitati, non devono venire meno al riconoscimento delle autorità civili. La via della sommossa, della ribellione a Cesare, deve essere loro del tutto estranea. Chi li accusa di ribellione all’imperatore in quanto capo civile dell’impero deve rimanere smentito. I Giudei già usarono con Cristo e con Paolo l’accusa di ribellione alle leggi di Roma, ma ciò deve essere smentito. Anche i Giudei non ammettevano minimamente che Cesare fosse un dio, ma pur con ciò non erano perseguitati. “
Onorate il re”, esortazione questa a non contrapporsi alle autorità civili (2,13s). Sottomissione pure di fronte ai padroni esigenti, per evitare ribellioni inutili e attuare la conquista per mezzo di Cristo (2,18s). La stessa posizione la ritroviamo in san Paolo (Rm 13,1s; 1Tm 2,1s; Fm), ma qui nella prima di Pietro è ancora più accentuata data la presenza di azioni persecutorie, con la conseguente tentazione di ribellioni.

Indirizzo e saluto
1 1 Pietro, apostolo di Gesù Cristo, ai fedeli che vivono come stranieri, dispersi nel Ponto, nella Galazia, nella Cappadocia, nell’Asia e nella Bitinia, scelti 2 secondo il piano stabilito da Dio Padre, mediante lo Spirito che santifica, per obbedire a Gesù Cristo e per essere aspersi dal suo sangue: a voi grazia e pace in abbondanza.

Che vivono come stranieri, dispersi nel Ponto, nella Galazia, nella Cappadocia, nell’Asia e nella Bitinia”. Il tema dell’essere stranieri è ripreso da Pietro (1,17; 2,11) e si accompagna (2,11) con quello del pellegrinaggio verso la patria celeste. Il cristiano è straniero in quanto non appartiene al mondo, inteso come compagine di peccato, ma pur cammina nel mondo cercando di smantellare con la verità e la carità le fortezze di peccato.
I cristiani sono dispersi perché posti ovunque. Essi non sono una nazione con un proprio territorio nazionale, ma sono dispersi come il lievito nella pasta (Mt 13,33); Lc 3,20).
Scelti secondo il piano stabilito da Dio Padre, mediante lo Spirito che santifica”.
Pietro, presentando l’eterno disegno del Padre, afferma l’eterna iniziativa salvifica di Dio in Cristo. La salvezza, e quindi la giustificazione, non parte dall’iniziativa dell’uomo mediante le opere che può fare, ma procede dall’iniziativa di Dio, che chiede l’adesione dell’uomo nella volontà di obbedire alla Parola, così da operare, con l’aiuto dello “
Spirito che santifica”, opere animate dall’amore. Il fariseismo pensava di avere accesso alla giustificazione delle colpe, in base alle opere della Torah, legalisticamente compiute, riducendo nei fatti Dio a puro legislatore, non come Padre amoroso e misericordioso, che ha attuato in Cristo l’iniziativa della salvezza, e quindi della giustificazione, non solo delle colpe attuali, ma anche della colpa originale.
La vocazione alla grazia è rigorosamente universale, e gli uomini di buona volontà già prima di ricevere l’annuncio di Cristo vivono, nella loro condizione di uomini di buona volontà (sotto la Legge: Giudei, o sotto la legge della coscienza: Gentili), con l’aiuto della grazia, la quale sempre procede dai meriti di Cristo. Gli uomini di buona volontà (giudei o pagani) sono conosciuti da Dio da tutta l’eternità, e chiamati mediante l’annuncio del Vangelo ad essere conformi al Cristo quali veri figli adottivi del Padre (1Gv 3,2), aderendo alla chiamata. Il dono gratuito della fede in Cristo può essere però rifiutato, e coloro che si pongono in stato di rifiuto, rivelano il loro essere corrotti (Lc 2,34) non possono essere scelti, eletti (Cf. Mt 22,14) ad essere conformi a Cristo, e rimangono nelle tenebre (Mc 16,15), anzi in maggiori tenebre perché (Mt 13,12): “A chi ha sarà dato e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha”. Essi non potranno dire che la salvezza non ha bussato alla loro porta, poiché nonostante che la misericordia di Dio abbia bussato incessantemente (Ap 3,20) alla porta del loro cuore, non hanno voluto aprire. Loro stessi, assurdamente, si dichiarano indegni della vita eterna (Cf. At 13,46).
“Per obbedire a Gesù Cristo e per essere aspersi dal suo sangue”. La chiamata alla salvezza vuole che si obbedisca a Cristo, cioè si metta in pratica la sua legge di carità scritta non su tavole di pietra, ma sulla sua carne divina mediante il suo sangue divino. “Aspersi dal suo sangue”, indica che il cristiano viene a far parte della nuova ed eterna alleanza (Cf. Es 2,4,2).

Azione di grazia
3 Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, 4 per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi, 5 che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, in vista della salvezza che sta per essere rivelata nell’ultimo tempo.

Nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti
”. La misericordia di Dio è detta grande, poiché ha elevato gli uomini a sé rigenerandoli nella morte e risurrezione di Cristo. Pietro pone l’accento sulla risurrezione poiché è l’autentica più forte della divinità di Cristo (At 17,30; 1Cor 15,17).
Per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce”. La rigenerazione attuata nel Battesimo è aperta ad un futuro glorioso atteso con speranza viva, cioè attiva, il che vuol dire desiderare, tendere al futuro glorioso promesso. L’eredità eterna non è qualcosa di terreno che si corrompe come la corona di fiori data al vincitore di una gara. Non si macchia perché non sarà più soggetta a contaminazione, né a corruzione perché la risurrezione renderà il corpo immortale, cioè sottratto alla morte.
Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede”. “Essa”, è l’eredità eterna, che, promessa, non muta, non è ritirata, come avverrebbe se Dio lasciasse l’uomo in balia del male. Dio è fedele e niente potrà prevalere su quelli che credono in lui (Rm 8,35).
In vista della salvezza che sta per essere rivelata nell’ultimo tempo”. L’ultimo tempo è quello segnato dalla prima venuta di Cristo. La salvezza verrà rivelata in tutta la sua potenza nella manifestazione finale dei figli di Dio (Rm 8,19; 1Gv 3,2).

La gioia della fede
6 Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere, per un po’ di tempo, afflitti da varie prove, 7 affinché la vostra fede, messa alla prova, molto più preziosa dell’oro - destinato a perire e tuttavia purificato con fuoco - torni a vostra lode, gloria e onore quando Gesù Cristo si manifesterà. 8 Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, 9 mentre raggiungete la mèta della vostra fede: la salvezza delle anime.
10 Su questa salvezza indagarono e scrutarono i profeti, che preannunciavano la grazia a voi destinata; 11 essi cercavano di sapere quale momento o quali circostanze indicasse lo Spirito di Cristo che era in loro, quando prediceva le sofferenze destinate a Cristo e le glorie che le avrebbero seguite. 12 A loro fu rivelato che, non per se stessi, ma per voi erano servitori di quelle cose che ora vi sono annunciate per mezzo di coloro che vi hanno portato il Vangelo mediante lo Spirito Santo, mandato dal cielo: cose nelle quali gli angeli desiderano fissare lo sguardo.

Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere, per un po’ di tempo, afflitti da varie prove”. La prospettiva della apoteosi finale in Cristo fa si che le sofferenze presenti sono poca cosa (Rm 8,18). La gioia di cui i fedeli sono ricolmi pur in mezzo alle difficoltà nasce dall’amore a Cristo. Essi sono uniti a Cristo che vive in loro e perciò sostengono le prove in unione a Cristo, completando, a favore della Chiesa, quanto manca alle sofferenze di Cristo (Col 1,24). La gioia nasce dall’amore, e le sofferenze uniscono a Cristo e fanno crescere l’azione di Cristo per mezzo dello Spirito che infiamma i cuori. E’ la perfetta letizia di cui parla san Giacomo (1,2). Le parole di Pietro vogliono rendere consapevoli i credenti che essi hanno nel centro più centro del loro cuore una ineffabile gioia e che perciò non possono dare spazio a colpevoli tristezze, essendo giuste soltanto la perdita dei cari, la visione dei peccatori che si perdono, e di Dio offeso; ma di fronte a ciò il credente sa che i suoi cari li rivedrà, prega per la conversione dei peccatori e ripara le offese fatte a Dio e con ciò esprime il suo amore a Dio e agli uomini, e Dio, che nessuno mai potrà neppure lontanamente battere in amore, lo inonderà del fuoco del suo amore (Rm 5,5). Anche Paolo era preoccupato che la tristezza non entrasse nel cuore dei credenti (Fil 3,1; 4,4).
Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre raggiungete la mèta della vostra fede: la salvezza delle anime”. Credere senza pretendere di vedere è beatitudine, poiché ciò è frutto di un cuore convertito e permeato dalla fede in Cristo. Ciò è a fondamento della perfetta letizia, che è “indicibile”, cioè che non può essere espressa a parole né con paragoni umani.
Su questa salvezza indagarono e scrutarono i profeti, che preannunciavano la grazia a voi destinata”. La salvezza che già ora opera nei credenti in Cristo è un dono sul quale indagarono i profeti sulla base delle parole loro date da Dio, ma non la poterono vedere attuarsi in essi: solo l’attesero, la desiderarono. Pietro dice che il Vecchio Testamento non dava la salvezza che ora opera nei credenti in Cristo. Anche se essi erano nella salvezza per mezzo del futuro donarsi di Cristo fino alla morte di croce, non ne poterono gustare la sua forza trasformante.
Essi cercavano di sapere quale momento o quali circostanze indicasse lo Spirito di Cristo che era in loro, quando prediceva le sofferenze destinate a Cristo e le glorie che le avrebbero seguite”. Pietro allude alla ricerca sulle settanta settimane del profeta Daniele (Dn 9,24s), ma la cosa viene generalizzata ed esprime la viva attesa degli eventi della salvezza, che presentavano le sofferenze di Cristo (Is 53,4s; Dn 9,26). Pietro ribadisce che le sofferenze di Gesù morto sulla croce erano state annunciate e che perciò i Giudei erravano dicendo che Gesù non poteva essere il Messia perché crocifisso. Ma accanto alle sofferenze di Cristo i profeti avevano annunciato la gloria della risurrezione, la gloria della nuova ed eterna alleanza. “Lo Spirito di Cristo che era in loro”, non era in loro come lo fu nei discepoli per la Pentecoste, ma era in loro in quanto agente del loro essere profeti. Pietro dice pure che quello era “Lo Spirito di Cristo”, cioè lo Spirito Santo agiva in virtù di Cristo. Anche le grazie concesse agli uomini prima di Cristo scaturiscono dal sacrificio di Cristo.
Vi sono annunciate per mezzo di coloro che vi hanno portato il Vangelo mediante lo Spirito Santo, mandato dal cielo”. Le verità annunciate dai profeti si ritrovano negli evangelizzatori, che agiscono mediante l’azione dello Spirito Santo inviato dal cielo.
Cose nelle quali gli angeli desiderano fissare lo sguardo”. I credenti in Cristo devono ben sapere l’altezza del dono di essere in Cristo, dal momento che gli angeli “desiderano fissare lo sguardo” sul mistero di Cristo capo della Chiesa e centro del disegno del Padre (Cf. 1Cor 4,9). “Fissare lo sguardo” non vuol dire indagare per scoprire, ma deliziarsi nella contemplazione delle grandi opere di Dio, che lo Spirito Santo illumina loro con palpiti di fuoco.


La corrispondenza all'amore di Dio

13 Perciò, cingendo i fianchi della vostra mente e restando sobri, ponete tutta la vostra speranza in quella grazia che vi sarà data quando Gesù Cristo si manifesterà. 14 Come figli obbedienti, non conformatevi ai desideri di un tempo, quando eravate nell’ignoranza, 15 ma, come il Santo che vi ha chiamati, diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta. 16 Poiché sta scritto: Sarete santi, perché io sono santo.

17 E se chiamate Padre colui che, senza fare preferenze, giudica ciascuno secondo le proprie opere, comportatevi con timore di Dio nel tempo in cui vivete quaggiù come stranieri. 18 Voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta, ereditata dai padri, 19 ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia. 20 Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo, ma negli ultimi tempi si è manifestato per voi; 21 e voi per opera sua credete in Dio, che lo ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria, in modo che la vostra fede e la vostra speranza siano rivolte a Dio.


"Perciò, cingendo i fianchi della vostra mente e restando sobri”.

La mente non va lasciata vagare in vani sogni, ma deve esercitarsi nella meditazione delle grandi cose operate da Cristo, per poterle conseguire. La sobrietà è necessaria alla riflessione, perché il dominio della carne fa si che questa non domini lo spirito.

Ponete tutta la vostra speranza in quella grazia che vi sarà data quando Gesù Cristo si manifesterà”. La speranza va tutta rivolta alla grazia della risurrezione nella gloria, quando Cristo si manifesterà: è la parusia. Non bisogna investire la propria esistenza in vane speranze, non bisogna disperdere la speranza in rivoli vani, ma “tutta la vostra speranza” deve essere rivolta a Cristo.

Come figli obbedienti, non conformatevi ai desideri di un tempo, quando eravate nell’ignoranza, ma, come il Santo che vi ha chiamati, diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta”. “Il Santo” è Dio, che ha chiamato a salvezza gli uomini mediante Cristo. In Cristo gli uomini hanno accesso ad essere figli adottivi di Dio. I figli devono essere obbedienti per rimanere nella loro dignità. Se i figli di Dio si ribellano a lui, cessano di essere stirpe di Dio e diventano stirpe del demonio (Cf. Gn 3,15; Gv 8,44). I pagani che sono stati chiamati erano peccatori, con desideri vani, ma non corrotti fino al punto di essere insensibili alle chiamate di Dio alla fede. Pietro non è duro con loro, anche se peccatori e dediti agli dei, poiché erano nell’ignoranza.

E se chiamate Padre colui che, senza fare preferenze, giudica ciascuno secondo le proprie opere, comportatevi con timore di Dio nel tempo in cui vivete quaggiù come stranieri”. Dio giudica ogni uomo senza favoritismi, per cui non si può sperare che per i cristiani vi sia un metro di giustizia diverso, non fondato sul merito. Dono di Dio è la salvezza, l’adozione a figli, ma ciò implica che il dono venga fatto fruttificare. Ora il cristiano ha ricevuto molto e gli sarà chiesto molto (Cf. Lc 12,48).

Pietro afferma che i cristiani devono essere come stranieri (2,11) riguardo al mondo, ma con ciò non sono esentati dal fare il bene per il mondo, poiché essi sono luce del mondo e sale della terra (Mt 5,13.14).

Voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta, ereditata dai padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia”. La liberazione dalla schiavitù di una vuota condotta morale, cioè senza consistenza, è stata effettuata non con un riscatto di oro o di argento, come poteva avvenire per uno schiavo, ma per mezzo del vero Agnello pasquale che ha liberato gli uomini dalle catene che li legavano al faraone infernale. Il sangue dell’agnello pasquale dell’Esodo era stato posto sugli architravi e gli stipiti delle porte a salvezza dall’angelo distruttore inviato da Dio a colpire l’Egitto. Ora, nel sangue dell’Agnello col quale nel Battesimo sono segnati i credenti, essi vengono liberati dal potere del faraone infernale, i cui adepti al contrario sono travolti a breve o a lunga scadenza dalla sconfitta. Il sangue dell’Agnello è “prezioso” poiché il suo valore salvifico è infinito, essendo il sangue dell’Uomo. Cristo è l’Agnello “senza difetti e senza macchia”, innocente e perfetto davanti agli uomini e davanti a Dio, anzi tanto perfetto davanti al Padre da accettare la morte per potere essere il conquistatore degli uomini, dando loro la possibilità in lui di essere figli adottivi del Padre (Gv 20,17).

Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo, ma negli ultimi tempi si è manifestato per voi, e voi per opera sua credete in Dio, che lo ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria, in modo che la vostra fede e la vostra speranza siano rivolte a Dio”. Da tutta l’eternità Dio ha conosciuto i peccati degli uomini e da tutta l’eternità ha decretato l’incarnazione del Figlio. L’Incarnazione ha dato inizio agli “ultimi tempi”. Il Verbo con l’Incarnazione si è manifestato nella sua infinita carità obbedendo al Padre a favore degli uomini, cosicché, “autore e perfezionatore della fede” (Eb 12,2) gli uomini avessero accesso nella fede e quali figli a Dio Padre. “La vostra fede e l vostra speranza siano rivolte a Dio”: L’uomo non può fare a meno di esercitare la fede umana nelle persone che ritiene degne di questo; non può fare a meno di avere speranze. Ma ciò che è esercizio umano deve essere sempre sostenuto e preceduto dalla fede e speranza in Dio, poiché altrimenti l’uomo diventa facile preda dell’uomo.


La carità fraterna

22 Dopo aver purificato le vostre anime con l’obbedienza alla verità per amarvi sinceramente come fratelli, amatevi intensamente, di vero cuore, gli uni gli altri, 23 rigenerati non da un seme corruttibile ma incorruttibile, per mezzo della parola di Dio viva ed eterna. 24 Perché

ogni carne è come l’erba

e tutta la sua gloria come un fiore di campo.

L’erba inaridisce, i fiori cadono,

25 ma la parola del Signore rimane in eterno.

E questa è la parola del Vangelo che vi è stato annunciato.


Dopo aver purificato le vostre anime con l’obbedienza alla verità per amarvi sinceramente come fratelli, amatevi intensamente, di vero cuore, gli uni gli altri”. L’anima si purifica mediante l’obbedienza alla verità, così come al contrario si sporca scegliendo la disobbedienza alla verità e accogliendo così la menzogna. La purificazione ha il suo segno di realtà e concretezza nell’amore fraterno. Amore fraterno che deve essere intenso, “di vero cuore”, cioè senza finzioni (Cf. Rm 12,9), perdonando di cuore (Mt 18,35).

Rigenerati non da un seme corruttibile ma incorruttibile, per mezzo della parola di Dio viva ed eterna”. “Seme corruttibile”, è una dottrina di uomo, una ritualità mitologica, una costruzione ideologica. Da Cristo invece il seme incorruttibile, che è la sua parola divina, “viva ed eterna” (Cf. Gv 6,63; Mt 24,35).

L’erba inaridisce, i fiori cadono”. Le dottrine umane rivelano presto le loro inconsistenze, dopo un breve apparire.

Ma la parola del Signore rimane in eterno”. Le dottrine umane passano, poiché sono imperfette e venate di errori gravi, ma la parola del Signore, cioè il Vangelo che gli apostoli hanno annunciato, non cesserà mai di essere viva ed eterna.


La pietra d'angolo
2
1 Allontanate dunque ogni genere di cattiveria e di frode, ipocrisie, gelosie e ogni maldicenza. 2 Come bambini appena nati desiderate avidamente il genuino latte spirituale, grazie al quale voi possiate crescere verso la salvezza, 3 se davvero avete gustato che buono è il Signore. 4 Avvicinandovi a lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, 5 quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo.
6 Si legge infatti nella Scrittura:
Ecco, io pongo in Sion
una pietra d’angolo, scelta, preziosa,
e chi crede in essa non resterà deluso.

7 Onore dunque a voi che credete; ma per quelli che non credono
la pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata pietra d’angolo

8 e sasso d’inciampo, pietra di scandalo.
 Essi v’inciampano perché non obbediscono alla Parola. A questo erano destinati.
9 Voi invece siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa. 10 Un tempo voi eravate non-popolo, ora invece siete popolo di Dio; un tempo eravate esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia.

Come bambini appena nati desiderate avidamente il genuino latte spirituale, grazie al quale voi possiate crescere verso la salvezza, se davvero avete gustato che buono è il Signore”. L’immagine del bambino che avidamente succhia il latte poiché da esso trae il nutrimento per crescere è efficace pre far comprendere che il cristiano deve crescere, deve desiderare di crescere. Le parole di Gesù (Mt 18,2): “Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini non entrerete nel regno dei cieli”, rimandano alla semplicità, alla fiducia che hanno i bambini, ma c’è anche l’aspetto che il bambino vuole crescere. Il cristiano non potrà mai dire sono “abbastanza a posto”, appena lo dicesse cesserebbe di essere a posto, per quel po’ che lo era, cadrebbe nel quietismo. Quando si è “gustato che buono è il Signore”, allora si desidera “il genuino latte spirituale”, che è la Parola e la Grazia, per crescere secondo il modello perfetto che è Cristo.
Avvicinandovi a lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale”. Cristo è “pietra viva”, termine che trova il suo fondamento in quanto Pietro presenta subito dopo. “Pietra viva” rifiutata dagli uomini, ma nel disegno di Dio pietra scelta, cioè accuratamente preparata, come può fare un buon costruttore; preziosa, perché capace di dare bellezza e compattezza a tutto l’edificio spirituale composto di “pietre vive”, connesse con la pietra angolare.
Per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo”. In Cristo i fedeli accedono ad un sacerdozio santo che offre sacrifici, non materiali, ma spirituali, graditi a Dio, per mezzo del sommo ed eterno pontefice che è Cristo.
A questo erano destinati”. Cristo è venuto quale salvatore, ma rifiutare il Salvatore ha delle conseguenze conosciute da Dio. Conseguenze non volute da Dio, ma di fronte alle qual Dio si pone come Giudice. Rifiutare il Salvatore, scegliendo l’abominio dei peccati, che sono disprezzo del disegno di Dio, è perdizione, di fronte alla quale Dio non si lascia travolgere. La pietra angolare se è rifiutata, scartata, e quindi non accolta per l’edificio spirituale che da lei procede, diventa pietra d’inciampo che fa rotolare in rovina coloro che non si sono voluti elevare (Lc 2,34).
Voi invece siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui”. Coloro che hanno accolto Cristo diventano “stirpe eletta”, cioè figli adottivi di Dio. Sono un “sacerdozio regale”, perché è quello che procede da Cristo Re. E’ il sacerdozio nuovo secondo l’ordine di Melchidesech (Eb 6,20) e non più secondo l’ordine di Aronne. “Nazione santa”, che non ha un territorio specifico, ma ha come territorio tutta la terra e che ha unità in Cristo Re, a cui fa capo, animata dal suo Spirito, una struttura gerarchica. “Popolo che Dio si è acquistato”, liberandolo per mezzo della croce del Figlio dalle tenebre del peccato e dalla schiavitù del faraone infernale. Tale popolo è chiamato a proclamare nel mondo “le opere ammirevoli” di Dio. Non è perciò un popolo ripiegato in se stesso o che in espansione ricorre alle armi e alla sopraffazione, ma che libera ed eleva con la potenza delle verità e della carità.
Un tempo voi eravate non-popolo, ora invece siete popolo di Dio”. Pietro si rivolge ai cristiani venuti dal paganesimo, il che vuol dire che la lettera in generale è rivolta a loro. Prima erano “non-popolo” perché ognuno seguiva le proprie strade (Cf At 14,16), ora sono popolo di Dio perché in Cristo sono innestati nell’olivo buono dei patriarchi e dei profeti.
Un tempo eravate esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia”. I pagani non erano esclusi dalla misericordia di Dio (libro di Giona; At 14,16, ecc.) se non dalla falsa visione dei Giudei, ma i pagani hanno ora ottenuto la piena misericordia, quella che li ha elevati a parte viva del popolo di Dio che è la Chiesa, mentre Israele, secondo la carne (Gal 6,15; 1Cor 10,18), ne è rimasto fuori, ma anche Israele secondo la carne otterrà la piena misericordia quando tutte le genti saranno entrate a far parte della Chiesa (Rm 11,23s.32).

La testimonianza tra i pagani
11 Carissimi, io vi esorto come stranieri e pellegrini ad astenervi dai cattivi desideri della carne, che fanno guerra all’anima. 12 Tenete una condotta esemplare fra i pagani perché, mentre vi calunniano come malfattori, al vedere le vostre buone opere diano gloria a Dio nel giorno della sua visita.

“Carissimi, io vi esorto come stranieri e pellegrini ad astenervi dai cattivi desideri della carne, che fanno guerra all’anima”. La tentazione di ritornare ai vizi di un tempo doveva presentarsi forte di fronte alle emarginazioni delle ventate di persecuzione, ma i desideri della carne sono contro l’anima e la vorrebbero priva della grazia di Dio e morta nelle sue risorse naturali al bene.
Tenete una condotta esemplare fra i pagani perché, mentre vi calunniano come malfattori, al vedere le vostre buone opere diano gloria a Dio nel giorno della sua visita”. Non bisogna essere vacillanti entrando in compromesso con la carne, perché coloro che accusano i cristiani di nefandezze devono vedere comportamenti esemplari, secondo il Vangelo. Di fonte a ciò i calunniatori sono invitati a cambiare e a dare gloria a Dio, che ha concesso agli uomini che accolgono Cristo di vivere nel piano alto da terra, quello del Vangelo. “Nel giorno della sua visita”, è il giorno in cui Dio manifesta la sua riprensione contro coloro che perseguitano i cristiani. I calunniatori di fronte alla constatazione del fallimento delle loro prospettive di superbia, considerando la esemplare condotta dei cristiani, avranno la strada aperta a dare gloria a Dio. La prospettiva è che il potere romano si aprirà a Dio, dopo essere stato vinto dalla esemplarità dei cristiani e dalla potenza degli interventi di Dio.

Doveri verso le autorità civili
13 Vivete sottomessi ad ogni umana autorità per amore del Signore: sia al re come sovrano, 14 sia ai governatori come inviati da lui per punire i malfattori e premiare quelli che fanno il bene. 15 Perché questa è la volontà di Dio: che, operando il bene, voi chiudiate la bocca all’ignoranza degli stolti, 16 come uomini liberi, servendovi della libertà non come di un velo per coprire la malizia, ma come servi di Dio. 17 Onorate tutti, amate i vostri fratelli, temete Dio, onorate il re.

Vivete sottomessi ad ogni umana autorità per amore del Signore: sia al re come sovrano, 14 sia ai governatori”. La sottomissione “ad ogni autorità umana” deve avvenire “per amore del Signore”, perché spesso l’autorità umana viene mal gestita, anzi a volte diventa persecutoria. Solo nel caso in cui ci fossero situazioni di iniquità gravi e la possibilità reale di successo si può tentare un urto frontale come una rivoluzione. Nel caso specifico, la possibilità di fare una rivoluzione contro Cesare era non solo impossibile, ma neppure pensabile nonostante l’ingiustizia feroce della persecuzione, dunque “per amore del Signore“ che ha sostenuto gravissime ingiustizie (2,22s), ma ha vinto rimettendo la sua causa al Padre. La sottomissione non deve essere mai disgiunta dalla forza della testimonianza cristiana e dalla ricerca del rispetto dei diritti dell’uomo, altrimenti è acquiescenza e viltà.
La prima origine dell’autorità è Dio (Rm 13,1). La definizione dell’istituto sociale è lasciata all’uomo (monarchia, repubblica, monarchia democratica, oligarchia, democrazia con vari sistemi di partecipazione), che la deve ispirare secondo il rispetto della dignità umana, e migliorarla, e in questo Dio gli concede la luce, la sensibilità per farlo secondo verità e giustizia, dovendo poi rendere conto a lui.
Sia al re come sovrano, sia ai governatori come inviati da lui per punire i malfattori e premiare quelli che fanno il bene”. Il re “basileus” è l’imperatore romano. Bisogna rispettare anche l’autorità dei governatori inviati da Roma, con le loro prerogative, per smentire gli accusatori dei cristiani, che li ritenevano nemici dell’ordine costituito. Questa è stata l’accusa fatta dal Sinedrio a Pilato contro Gesù. La stessa è quella che i Giudei fecero contro Paolo all’autorità romana. L’accusa inventata da Nerone contro i cristiani era quella di essere “odiatori di tutto il genere umano”, semplicemente perché si rifiutavano di considerarlo un dio, e di conseguenza “salvatore del mondo”, come si faceva definire. Rifiutare lui quale “salvatore del mondo” era odiare tutti gli uomini.
Perché questa è la volontà di Dio: che, operando il bene, voi chiudiate la bocca all’ignoranza degli stolti. L’ignoranza degli stolti non può essere vinta che con gli esempi di vita coerente con quanto si professa. Un confronto con parole non porta a risultati se non è corredato dalla testimonianza della vita. In un confronto puramente verbale non si chiuderà mai la bocca ad alcuno (chiudere la bocca non è esercitare violenza, ma arrivare a convincere, in modo tale che subentrino domande sulla speranza (3,15) che è nei cristiani).
Come uomini liberi, servendovi della libertà non come di un velo per coprire la malizia, ma come servi di Dio”. La libertà portata da Cristo deve servire per non essere afferrati dal male. Se si credesse che la libertà portata da Cristo rimane anche quando si fa il male si cadrebbe in un pauroso errore, ben conosciuto dagli gnostici,, che credevano che l’assecondare la carne non avesse riflessi sullo spirito, che ritenevano accidentalmente unito alla carne (dualismo manicheo), e al riparo dal male per una conoscenza (gnosi) esoterica. Lo stesso presenta Paolo in Galati (5,13).
Onorate tutti, amate i vostri fratelli, temete Dio, onorate il re”. Nessun atteggiamento di disprezzo verso chicchessia deve avere il cristiano. Nessuna aria di arroganza che intimidisca e condizioni. Tutti vanno onorati, cioè rispettati. Con i fratelli poi occorre che ci sia l’amore fraterno in Cristo. Sempre umili e vigilanti mossi dal timore di Dio, che non deve essere timore servile, ma santo timore, cioè timore di offendere lui, infinitamente amabile. Pietro invita pure onorare il re (basileus). Non bisogna intendere immediatamente l’imperatore romano, ma i governatori locali che facevano capo a Roma. Con loro i cristiani avevano contatti immediati e frequenti. Onorando loro si onorava Cesare che essi rappresentavano.

Doveri verso i padroni esigenti
18 Domestici, state sottomessi con profondo rispetto ai vostri padroni, non solo a quelli buoni e miti, ma anche a quelli prepotenti. 19 Questa è grazia: subire afflizioni, soffrendo ingiustamente a causa della conoscenza di Dio; 20 che gloria sarebbe, infatti, sopportare di essere percossi quando si è colpevoli? Ma se, facendo il bene, sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito davanti a Dio. 21 A questo infatti siete stati chiamati, perché anche Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme: 22 egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca; 23 insultato, non rispondeva con insulti, maltrattato, non minacciava vendetta, ma si affidava a colui che giudica con giustizia. 24 Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti. 25 Eravate erranti come pecore, ma ora siete stati ricondotti al pastore e custode delle vostre anime.

Domestici, state sottomessi con profondo rispetto ai vostri padroni, non solo a quelli buoni e miti, ma anche a quelli prepotenti”. In nessun modo i cristiani impegnati quali domestici presso i pagani devono fare azioni eversive, ma pazientare in Cristo che il cuore dei padroni prepotenti muti in meglio. La schiavitù non poteva essere combattuta con ribellioni, tutto si sarebbe risolto in massacri di schiavi.
Questa è grazia: subire afflizioni, soffrendo ingiustamente a causa della conoscenza di Dio; che gloria sarebbe, infatti, sopportare di essere percossi quando si è colpevoli?”. Pietro afferma che è grazia quando si è colpiti perché credenti in Dio, manifestatosi nel Figlio Gesù Cristo. Ciò è partecipazione alla passione di Cristo, e ciò è vittoria contro le forze del male. Essendo vittoria è gloria, perché non si dà gloria senza la vittoria. Se si è colpiti perché colpevoli non c’è gloria, perché si ha solo la giusta punizione.
Ma se, facendo il bene, sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito davanti a Dio”. Le ondate di persecuzione devono essere sopportate con pazienza, non solo sopportate, ma sopportate con pazienza, cioè positivamente, con amore verso Dio e verso i persecutori. Questo è gradito a Dio Padre, poiché ciò viene fatto nell’esempio e nell’aiuto del Figlio, che si attua nell’azione dello Spirito Santo. Infatti: “A questo infatti siete stati chiamati, perché anche Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme”.

Doveri dei coniugi cristiani
3
1 Allo stesso modo voi, mogli, state sottomesse ai vostri mariti, perché, anche se alcuni non credono alla Parola, vengano riguadagnati dal comportamento delle mogli senza bisogno di discorsi,
2 avendo davanti agli occhi la vostra condotta casta e rispettosa. 3 Il vostro ornamento non sia quello esteriore - capelli intrecciati, collane d’oro, sfoggio di vestiti - 4 ma piuttosto, nel profondo del vostro cuore, un’anima incorruttibile, piena di mitezza e di pace: ecco ciò che è prezioso davanti a Dio. 5 Così un tempo si ornavano le sante donne che speravano in Dio; esse stavano sottomesse ai loro mariti, 6 come Sara che obbediva ad Abramo, chiamandolo signore. Di lei siete diventate figlie, se operate il bene e non vi lasciate sgomentare da alcuna minaccia.
7 Così pure voi, mariti, trattate con riguardo le vostre mogli, perché il loro corpo è più debole, e rendete loro onore perché partecipano con voi della grazia della vita: così le vostre preghiere non troveranno ostacolo.

Allo stesso modo voi, mogli, state sottomesse ai vostri mariti, perché, anche se alcuni non credono alla Parola, vengano riguadagnati dal comportamento delle mogli senza bisogno di discorsi, avendo davanti agli occhi la vostra condotta casta e rispettosa”. La sottomissione ai mariti era un grande valore attribuito alle donne, specie là dove la donna romana con il suo fascino allargava i suoi spazi fino a condizionare l’uomo. La famiglia è una piccola società e come tale non può che essere una società ordinata secondo l’ordine dell’amore, nella valorizzazione dei reciproci ruoli insiti nell’essere uomo e donna. La dignità dei due è uguale, il che vuol dire che la sottomissione non può condurre la moglie a essere silenziosa, senza diritto di esprimere il suo pensiero, poiché in tal caso verrebbe meno l’aiuto all’uomo sancito dal Creatore (Gn 2,18). Prescindere dal disegno di Dio iscritto nei due sessi è dare alla famiglia delle devianze autoritarie o oppressive; di disimpegno o di mancanza di unità.
La parola sottomissione, precisata nel suo contenuto cristiano, non risulta sottomissione senza comunicazione d’amore, e riconoscimento della pari dignità.
La ragione per sottolineare la sottomissione della donna al marito va vista nelle conseguenze del peccato originale. Dice il testo biblico che l’ordine d’amore era perfetto nel Giardino, ma poi subentrò il disordine, e il peccato originale ha avuto, ovviamente, riflessi differenziati nei due sessi (Gn 3,16): “
Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ed egli ti dominerà”. La donna vorrà soggiogare il marito attirandolo con la sua seduzione. Il marito vorrà invece dominarla con la sua forza. Da qui le raccomandazione di sottomissione di Pietro e di Paolo alla donna, ma anche di amore e rispetto del marito per la moglie (1Cor 11,3; Ef 5,21-25; Col 3,18-19; 1Tm 2,12). Cristo Salvatore ha istituito il Sacramento del matrimonio, così esso è una scuola di elevazione sostenuta dalla grazia. Così la piccola società che è la famiglia diventa chiesa domestica.
Il vostro ornamento non sia quello esteriore - capelli intrecciati, collane d’oro, sfoggio di vestiti - ma piuttosto, nel profondo del vostro cuore, un’anima incorruttibile, piena di mitezza e di pace: ecco ciò che è prezioso davanti a Dio”. Gli ornamenti servono per abbellire e anche per aumentare il potere si seduzione sull’uomo, ma il vero ornamento che attira ed eleva è la mitezza, la pace del cuore. Così si piace a Dio perché così si elevano gli uomini a Dio.
Come Sara che obbediva ad Abramo, chiamandolo signore. Di lei siete diventate figlie, se operate il bene e non vi lasciate sgomentare da alcuna minaccia”. Imitando Sara le donne già pagane diventano come figlie di Sara, e quindi parte come già per la fede in Cristo del popolo di Abramo, quello della fede (Gal 3,7). Le minacce non devono trovare le mogli pronte a cedere, ma esse devono essere intrepide nel rifiutare ogni compromesso, ogni cedimento come già Susanna (Dn 13,1s).
Così pure voi, mariti, trattate con riguardo le vostre mogli, perché il loro corpo è più debole”. Ecco le magnifiche parole di Pietro: Il marito deve usare della sua forza non per opprimere la moglie, ma per sollevarla dalle fatiche più gravose.
Rendete loro onore perché: così le vostre preghiere non troveranno ostacolo”. I mariti devono rendere onore alle mogli perché “partecipano con voi della grazia della vita”. La raccomandazione è vitale poiché altrimenti le loro preghiere non verranno accettate.

La concordia fraterna 
8 E infine siate tutti concordi, partecipi delle gioie e dei dolori degli altri, animati da affetto fraterno, misericordiosi, umili. 9 Non rendete male per male né ingiuria per ingiuria, ma rispondete augurando il bene. A questo infatti siete stati chiamati da Dio per avere in eredità la sua benedizione.
10 Chi infatti vuole amare la vita
e vedere giorni felici
trattenga la lingua dal male
e le labbra da parole d’inganno,
11 eviti il male e faccia il bene,
cerchi la pace e la segua,

1
2 perché gli occhi del Signore sono sopra i giusti
e le sue orecchie sono attente alle loro preghiere;
ma il volto del Signore è contro coloro che fanno il male.


E infine siate tutti concordi, partecipi delle gioie e dei dolori degli altri, animati da affetto fraterno, misericordiosi, umili”. Pietro presenta come l’amore fraterno debba giungere alla partecipazione sentita delle sofferenze e delle gioie degli altri. Con ciò l’invidia non può avere minimo spazio, poiché l’invidia è la porta dell’anticarità.
Non rendete male per male né ingiuria per ingiuria, ma rispondete augurando il bene”. I fedeli non devono avere spirito di vendetta. Nel Vecchio Testamento c’era “occhio per occhio e dente per dente”, ma nel Nuovo questo non esiste assolutamente più (Mt 5,38s).

Fedeltà a Dio nelle persecuzioni
13 E chi potrà farvi del male, se sarete ferventi nel bene? 14 Se poi doveste soffrire per la giustizia, beati voi! Non sgomentatevi per paura di loro e non turbatevi, 15 ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. 16 Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché, nel momento stesso in cui si parla male di voi, rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo. 17 Se questa infatti è la volontà di Dio, è meglio soffrire operando il bene che facendo il male, 18 perché anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito. 19 E nello spirito andò a portare l’annuncio anche alle anime prigioniere, 20 che un tempo avevano rifiutato di credere, quando Dio, nella sua magnanimità, pazientava nei giorni di Noè, mentre si fabbricava l’arca, nella quale poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell’acqua. 21 Quest’acqua, come immagine del battesimo, ora salva anche voi; non porta via la sporcizia del corpo, ma è invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza, in virtù della risurrezione di Gesù Cristo. 22 Egli è alla destra di Dio, dopo essere salito al cielo e aver ottenuto la sovranità sugli angeli, i Principati e le Potenze.

E chi potrà farvi del male, se sarete ferventi nel bene?”. Nessuna cosa o situazione può fare del male a chi è fervente nel bene.
Se poi doveste soffrire per la giustizia, beati voi!”. Il male cerca di condurre i fedeli a separarsi da Cristo, ma mentre il male dà dolore, c’è la beatitudine di coloro che rimangono nella giustizia che è data da Cristo (Mt 5,11; Rm 8,31). La giustizia è la legge di Cristo, ben superiore a quella degli scribi e dei farisei paga solo del fatto formale (Mt 8,20).
Non sgomentatevi per paura di loro e non turbatevi, ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori”. La forza per non lasciarsi prendere dallo sgomento viene dall’adorare Cristo presente nel cuore, nella cella interiore del cuore. Sgomentarsi di fronte alla crudeltà dei persecutori, potrebbe portare ad abiurare. Ciò non deve essere e non sarà se si rimane uniti a Cristo. Egli è presente sacramentalmente nel cuore nella Comunione, ma anche dopo che è cessata la sua presenza sacramentale - Corpo e Sangue di Cristo sotto le specie del pane e del vino - Cristo è presente con la sua Persna, poiché Dio, che è Uno e Trino, inabita nel cuore del Battezzato.
Pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi”. Bisogna essere sempre pronti a dare testimonianza a Cristo davanti a coloro che sono interessati alla novità della vita cristiana. E anche pronti a testimoniare di fronte ai persecutori che indagano sull’identità del cristiano.
Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché, nel momento stesso in cui si parla male di voi, rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo”. Non bisogna inveire contro i persecutori, non maledirli, ma cercare di conquistarli a Cristo. Questo fino ad accettare dure sofferenze: “Se questa infatti è la volontà di Dio, è meglio soffrire operando il bene che facendo il male”.
Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito”. “Cristo è morto una volta per sempre”, non si ha affatto un ciclo rituale mitologico legato alla vegetazione come nei miti pagani, ma un evento storico: Cristo è morto una sola volta. “Reso vivo nello spirito”. Nella passione ci fu un momento dove Cristo non ebbe più la visione beatifica del Padre; è ciò che rivelano le parole: “Dio mio; Dio mio perché mi hai abbandonato?”. L’anima di Cristo aveva piena coscienza nella visione beatifica (Cf. Gv 3,13) di essere unita alla divinità, ma la visone beatifica venne ritirata e l’anima di Cristo si aggrappò alla fede, mantenendo la coscienza che prima aveva, e per l’anima di Cristo fu come una morte tale separazione dal Padre. Dopo la morte l’anima di Cristo riebbe la visione beatifica, gloriosa senza misura, cioè fu “Reso vivo nello spirito”.
E nello spirito andò a portare l’annuncio anche alle anime prigioniere, che un tempo avevano rifiutato di credere, quando Dio, nella sua magnanimità, pazientava nei giorni di Noè, mentre si fabbricava l’arca, nella quale poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell’acqua”. Cristo discese negli inferi portando l’annuncio di salvezza a quelli che non avevano preso in considerazione la costruzione dell’arca per prepararsi anche essi. Ora, certo, la moltitudine degli uomini era perversa, ma c’erano dei buoni, che però si illudevano che la pazienza di Dio continuasse a lasciare in vita le genti, così che non considerarono il segno della costruzione dell’arca da parte di Noè.
Il diluvio non fu soltanto soppressione dei perversi, ma anche salvezza spirituale per i buoni, che pur anch’essi perirono, essendosi salvati dall’acqua solo otto persone in tutto. Senza il diluvio questi buoni, colpevoli di non avere creduto all’azione profetica di Noè, avrebbero ceduto di fronte al male dilagante. Pietro presenta con chiarezza come nell’azione del diluvio c’era l’intenzione salvifica di Dio per molti. L’acqua salvò molti, ed è per questo che l’acqua del diluvio Pietro la presenta come “
immagine del Battesimo”.  
Quest’acqua, come immagine del Battesimo, ora salva anche voi; non porta via la sporcizia del corpo, ma è invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza, in virtù della risurrezione di Gesù Cristo”. L’acqua del diluvio - come immagine del Battesimo - ora è salvifica “in virtù della risurrezione di Gesù Cristo”. La risurrezione presuppone, ovviamente, la morte, ma la risurrezione è il sigillo della vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte. Il Battesimo degli adulti presupponeva una loro invocazione di salvezza. Il Battesimo dei bambini presuppone l’invocazione dei genitori.
Egli è alla destra di Dio, dopo essere salito al cielo e aver ottenuto la sovranità sugli angeli, i Principati e le Potenze”. La sovranità di Cristo si estende non solo sulla terra, ma anche nel cielo, sulle schiere angeliche. I falsi dottori, denunciati nelle lettere ai Colossesi e agli Efesini, volevano innalzare gli angeli come mediatori con Dio, oscurando la sovranità di Cristo.

Esortazione alla santità
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1 Avendo Cristo sofferto nel corpo, anche voi dunque armatevi degli stessi sentimenti. Chi ha sofferto nel corpo ha rotto con il peccato,
2 per non vivere più il resto della sua vita nelle passioni umane, ma secondo la volontà di Dio. 3 È finito il tempo trascorso nel soddisfare le passioni dei pagani, vivendo nei vizi, nelle cupidigie, nei bagordi, nelle orge, nelle ubriachezze e nel culto illecito degli idoli. 4 Per questo trovano strano che voi non corriate insieme con loro verso questo torrente di perdizione, e vi oltraggiano. 5 Ma renderanno conto a colui che è pronto a giudicare i vivi e i morti. 6 Infatti anche ai morti è stata annunciata la buona novella, affinché siano condannati, come tutti gli uomini, nel corpo, ma vivano secondo Dio nello Spirito.

Chi ha sofferto nel corpo ha rotto con il peccato, per non vivere più il resto della sua vita nelle passioni umane, ma secondo la volontà di Dio”. Chi ha sofferto nel corpo a causa dalla testimonianza, oppure ha fatto penitenza umiliando la carne, ha rotto con il peccato, perché non è più legato alle passioni rivolte al soddisfacimento della carne, e quindi ha intrapreso decisamente una vita secondo la Volontà di Dio. Va notato che presso altre religioni si hanno duri ascetismi, ma la realtà è che tali ascetismi colpiscono la carne per la carne.
Per questo trovano strano che voi non corriate insieme con loro verso questo torrente di perdizione, e vi oltraggiano”. Per i pagani rinunciare ai vizi era irragionevole, e sentendosi rimproverati delle loro azioni, oltraggiavano i cristiani.
Ma renderanno conto a colui che è pronto a giudicare i vivi e i morti. Infatti anche ai morti è stata annunciata la buona novella, affinché siano condannati, come tutti gli uomini, nel corpo, ma vivano secondo Dio nello Spirito”. La “buona novella” è stata annunciata anche ai morti, cioè a quei pagani che di fronte al Vangelo non vogliono convertirsi. Questo li condurrà alla rovina quanto al corpo, cioè alla morte, che è comune a tutti gli uomini, ma che per loro avverrà travolti dalle sventure, e questo perché giungano ad avere pentimento e salvezza; così il Vangelo annunciato a loro non è annunciato invano. Ogni intervento di Dio nella storia rivolto a sgretolare gli impianti idolatrici offre anche un contenuto salvifico per “i morti”. La lettera non presenta dettagli al proposito, ma solo una verità.
La fine del mondo, in questo senso, sarà dunque un evento salvifico: di liberazione dei credenti dalla pressione degli ingiusti, e per quelli sedotti dai corrotti della terra, un invito al pentimento e alla salvezza.

Il pensiero del ritorno del Signore
7 La fine di tutte le cose è vicina. Siate dunque moderati e sobri, per dedicarvi alla preghiera. 8 Soprattutto conservate tra voi una carità fervente, perché la carità copre una moltitudine di peccati. 9 Praticate l’ospitalità gli uni verso gli altri, senza mormorare. 10 Ciascuno, secondo il dono ricevuto, lo metta a servizio degli altri, come buoni amministratori della multiforme grazia di Dio. 11 Chi parla, lo faccia con parole di Dio; chi esercita un ufficio, lo compia con l’energia ricevuta da Dio, perché in tutto sia glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo, al quale appartengono la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen!

“La fine di tutte le cose è vicina”. Pietro dice che la fine del mondo è vicina, avendo già detto che sarà un evento salvifico oltre che di annientamento dei nemici di Dio. Per quelli rimasti sedotti dalle vane speranze dei perversi sarà un invito alla salvezza. La fine del mondo è “vicina”, ma (2Pt 3,8): “Davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno”.
Siate dunque moderati e sobri, per dedicarvi alla preghiera”. La preghiera ha bisogno per essere veramente tale di sobrietà di vita, di moderazione nell’uso delle realtà terrene. E’ lo stare coi “fianchi cinti e le lucerne accese” (Lc 12,35).
Soprattutto conservate tra voi una carità fervente, perché la carità copre una moltitudine di peccati”. La carità è adesione in Cristo agli altri. Essa, non è l’elemosina, ma un comportamento che richiede generoso rinnegamento di sé (Mt 16,24) e perciò ripara le mancanze commesse, cioè purifica il cuore e con ciò toglie, unitamente alla misericordia dell’indulgenza di Dio, le pene da scontare in purgatorio.
Praticate l’ospitalità gli uni verso gli altri, senza mormorare”. Ognuno può avere accesso alla casa di un altro per uno scambio di parole, per conforto reciproco, per pregare, ma non per mormorare, cioè mettere in cattiva luce qualcuno.
Ciascuno, secondo il dono ricevuto, lo metta a servizio degli altri, come buoni amministratori della multiforme grazia di Dio”. I doni di Dio sono contraddistinti dalla finalità del servizio per l’edificazione comune e per l’evangelizzazione. Tanti sono i doni che Dio dà ai suoi fedeli, poiché “multiforme” è la grazia di Dio. Sono doni e perciò nessuno può appropriarsene come cosa propria, fare questo è operare un furto che termina nel nulla perché il dono viene subito ritirato, e può subentrare il Maligno con le sue contraffazioni facendo credere che il dono in qualche modo è rimasto. Ognuno ha dei doni che deve far fruttare come un buon amministratore, come dice la parabola dei talenti (Mt 25,14s).
Chi parla, lo faccia con parole di Dio”. La parola dell’evangelizzatore deve scaturire dall’obbedienza alla Parola e dall’unione con Dio, che suggerisce, per mezzo dello Spirito Santo, le parole giuste ed opportune (Mt 10,20).
Chi esercita un ufficio, lo compia con l’energia ricevuta da Dio, perché in tutto sia glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo”. L’ufficio è un servizio verso i poveri, o di organizzazione degli incontri liturgici, o di soccorso agli ammalati, o di governo di una comunità, o di mantenimento delle relazioni con l’autorità civile, o di superamento delle eventuali controversie.

Le sofferenzee rendono simili a Cristo
12 Carissimi, non meravigliatevi della persecuzione che, come un incendio, è scoppiata in mezzo a voi per mettervi alla prova, come se vi accadesse qualcosa di strano. 13 Ma, nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare. 14 Beati voi, se venite insultati per il nome di Cristo, perché lo Spirito della gloria, che è Spirito di Dio, riposa su di voi. 15 Nessuno di voi abbia a soffrire come omicida o ladro o malfattore o delatore. 16 Ma se uno soffre come cristiano, non ne arrossisca; per questo nome, anzi, dia gloria a Dio.
17
È questo il momento in cui ha inizio il giudizio a partire dalla casa di Dio; e se incomincia da noi, quale sarà la fine di quelli che non obbediscono al vangelo di Dio? 18 E se il giusto a stento si salverà, che ne sarà dell’empio e del peccatore? 19 Perciò anche quelli che soffrono secondo il volere di Dio, consegnino la loro vita al Creatore fedele, compiendo il bene.


"Carissimi, non meravigliatevi della persecuzione che, come un incendio, è scoppiata in mezzo a voi per mettervi alla prova, come se vi accadesse qualcosa di strano”. La persecuzione di Nerone era limitata alla sola Roma, ma venne estesa anche altrove. I fedeli non devono meravigliarsi o restare sgomenti come se accadesse una anomalia rispetto all’annuncio di salvezza del Vangelo. Il Vangelo non promette l’assenza di persecuzioni da parte del mondo, e seguire Cristo vuol dire percorrere la strada da lui percorsa (Gv 15,20). La persecuzione è soltanto una prova e ogni prova è orientata ad un innalzamento nella santità.
Ma, nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare”. La partecipazione alle sofferenze di Cristo, a seconda della corrispondenza alla grazia, varia di misura, e perciò di frutto di gloria (Mt 13,8; Mc 4,8; Lc 8,8). Con ciò il fedele di fronte alla persecuzione non deve pensare ad una rovina senza senso, ma a una prospettiva di esultanza eterna nella rivelazione della gloria del Signore, che si avrà prima con l’anima, nel cielo e, poi, al ritorno glorioso del Signore, nella risurrezione.
Beati voi, se venite insultati per il nome di Cristo, perché lo Spirito della gloria, che è Spirito di Dio, riposa su di voi”. Lo Spirito della gloria è lo Spirito Santo che comunica la forza della vittoria a coloro che seguono Cristo. La gloria è data al vincitore, e la vittoria si ha nell’imitazione di Cristo nella forza dello Spirito della gloria. Lo Spirito della gloria riposa, cioè rimane stabilmente, sui militi di Cristo, infondendo loro forza cosicché essi passano di vittoria in vittoria sul mondo sulla carne e sul Demonio (2Cor 3,18). Lo Spirito Santo è anche Spirito della gloria perché sarà esso a rendere eternamente gloriosi i corpi dei risorti.
Nessuno di voi abbia a soffrire come omicida o ladro o malfattore o delatore”. Già Pietro ha espresso questo punto (2,20), ma lo vuole ribadire, perché soffrire per i propri misfatti non ha nessun esito di gloria. “Ma se uno soffre come cristiano, non ne arrossisca; per questo nome, anzi, dia gloria a Dio”. Chi soffre come cristiano non deve arrossire imbarazzato di fronte agli insulti (Rm 1,16), ma anzi “dia gloria a Dio”, che gli dona la grazia di patire per la causa di Cristo (Fil 1,29; 2 Ts 1,5s).
È questo il momento in cui ha inizio il giudizio a partire dalla casa di Dio”. La persecuzione fa emergere le virtù e anche le carenze, perciò si ha “il giudizio a partire dalla casa di Dio”, che è la Chiesa (2,5).
E se incomincia da noi, quale sarà la fine di quelli che non obbediscono al vangelo di Dio?”. Il giudizio che porterà a rovina il mondo idolatra ha inizio con il giudizio sulla Chiesa basato sulla gloria che viene data di fronte alle accuse del mondo e del Demonio (Ap 12,10). Ma se sui credenti c’è giudizio sarà ben terribile quello che aspetta i malvagi che “non obbediscono al vangelo di Dio”.
E se il giusto a stento si salverà, che ne sarà dell’empio e del peccatore?”. E’ la citazione di un versetto dei Proverbi (11,31: traduzione dei LXX). Bisogna dunque essere vigilanti, attendere alla propria salvezza “con timore e tremore” (Fil 2,12). La porta è infatti stretta, mentre la porta che conduce alla perdizione è larga e spaziosa (Mt 7,14).
Perciò anche quelli che soffrono secondo il volere di Dio, consegnino la loro vita al Creatore fedele, compiendo il bene”. Anche quelli che soffrono secondo il volere di Dio e quindi sono sulla via giusta, possono deviare e perciò “consegnino la loro vita al Creatore fedele, compiendo il bene”. Infatti “chi crede di stare in piedi badi di non cadere” (1Cor 10,12), e “chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato” (Mt 24,13).

Esortazione ai presbiteri

5 1 Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro, testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi: 2 pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, 3 non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge. 4 E quando apparirà il Pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce.

Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro, testimone delle sofferenze di Cristo”. Pietro si presenta ai presbiteroi responsabili delle varie comunità, come presbiteros responsabile della “comunità che vive in Babilonia” (5,13). Pietro è testimone delle sofferenze di Cristo e da queste trae forza per pascere il gregge che gli è stato affidato. Pietro è il pastore universale, ma si presenta come vescovo della comunità che è nell’epicentro della persecuzione di Nerone.
Partecipe della gloria che deve manifestarsi”. Pietro è partecipe della gloria che “deve manifestarsi” perché rigenerato in Cristo quale figlio adottivo del Padre, e come tale erede (Gal 4,7; Rm 8,17) della gloria futura, che avrà in Cristo. Chi è in Cristo è una nuova creatura (Cf. 2Cor 5,17) ed è, per questo, predestinato alla gloria eterna. Pietro può dirsi partecipe della gloria che “deve manifestarsi”, pur non essendone ancora partecipe (Col 3,4).
Pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge”. Non per costrizione si deve pascere il gregge di Dio, costrizione che sarebbe dovere compiuto, ma senza amore. Non per vergognoso interesse, cioè cercando onori e denari. Non come padroni delle persone esercitando un’autorità senza pastoralità. Occorre invece farsi “modelli del gregge”, guardando a Gesù Cristo povero umile e crocifisso.
E quando apparirà il Pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce”. Gli anziani sono pastori, ma lo sono in totale subordinazione al “Pastore supremo”, che li ha chiamati e che darà loro la corona di vittoria che non appassisce (1Cor 9,25).


La forza della fede
5 Anche voi, giovani, siate sottomessi agli anziani. Rivestitevi tutti di umiltà gli uni verso gli altri, perché Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili. 6 Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, affinché vi esalti al tempo opportuno, 7 riversando su di lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi. 8 Siate sobri, vegliate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare. 9 Resistetegli saldi nella fede, sapendo che le medesime sofferenze sono imposte ai vostri fratelli sparsi per il mondo. 10 E il Dio di ogni grazia, il quale vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo Gesù, egli stesso, dopo che avrete un poco sofferto, vi ristabilirà, vi confermerà, vi rafforzerà, vi darà solide fondamenta. 11 A lui la potenza nei secoli. Amen!

Anche voi, giovani, siate sottomessi agli anziani”. Se gli anziani devono essere sottomessi al Pastore supremo, anche “i giovani”, cioè i fedeli neofiti, che spesso hanno entusiasmi, che rischiano di perderli, devono essere sottomessi agli anziani. La sottomissione agli anziani non risulta affatto una realtà lesionante, una sottomissione psicologica, ma religiosa in Cristo, e quindi salvifica.
Rivestitevi tutti di umiltà gli uni verso gli altri, perché Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili”. L’umiltà fa si che uno sia servo dell’altro. Chi ha un ufficio non ha il diritto di innalzarsi sugli altri, ma ha il dovere di servire gli altri nella carità. Senza l’umiltà non è possibile avere la carità e perciò viene annullata la comunione. Il superbo avrà di fronte a sé la resistenza di Dio, ma l’umile avrà forza da Dio per compiere la missione che gli è stata donata.
Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, affinché vi esalti al tempo opportuno”. Di fronte allo scatenarsi delle avversità non bisogna pensare che i malvagi stiano vincendo, poiché la “potente mano di Dio” può sempre prevalere sugli uomini. Occorre invece pensare al disegno vittorioso e glorioso che Dio ha attuato per mezzo dell’obbedienza del Figlio (Fil 2,6s). Alla umiltà dell’obbedienza corrisponderà la gloriosa esaltazione (Mt 23,12; Lc 14,11; 18,14).
Riversando su di lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi”. Le preoccupazioni portano con la consapevolezza di incognite. Ora tutto deve essere presentato a Dio che sempre ha cura di noi. Così si passa dall’ansietà (che ha incidenza varia a secondo dei temperamenti) alla fiducia in Dio.
Siate sobri, vegliate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare”. Gesù disse nell’orto degli ulivi (Mt 26,41): “Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione, lo spirito è pronto, ma la carne è debole”. L’immagine del leone ruggente che va in giro affamato è fortemente efficace. Il leone sonnecchia di giorno, ma agisce quando il sole è tramontato, sfruttando il buio. Così Satana cerca di mimetizzarsi per potere agire meglio, ma chi è sobrio e vigilante avverte subito il suo fiato nauseabondo.
Resistetegli saldi nella fede, sapendo che le medesime sofferenze sono imposte ai vostri fratelli sparsi per il mondo”. Satana cerca di scalzare la fede portando al dubbio circa l’amore di Dio. Una volta inoculato il dubbio la persona crede di avere ragioni sufficienti per aderire alla tentazione. La fede in Dio che è amore (1Gv 4,8) è il baluardo contro la tentazione, e fa vedere che non c’è nessunissima ragione per peccare. Non bisogna mai pensare di essere i soli ad essere tribolati, perché tutti hanno le loro sofferenze, imposte dall’odio del mondo e di Satana, ma vinte nella forza di Cristo.
E il Dio di ogni grazia, il quale vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo Gesù, egli stesso, dopo che avrete un poco sofferto, vi ristabilirà, vi confermerà, vi rafforzerà, vi darà solide fondamenta”. Dio non delude nessuno. Egli ha chiamato i fedeli ad un cammino di vittoria, che avrà il premio della “gloria eterna”, non ad un cammino assurdo e vana speranza. Dopo le tribolazioni, che colpiscono e sconvolgono la nostra povera umanità, ma non il centro più centro del nostro cuore, poiché ivi è Cristo, c’è il tempo della primavera (Ct 2,11s). Cristo, che è ”degno di fede e veritiero” (Ap 3,14), dopo la sofferenza, sempre poca rispetto a quello che ha sofferto lui, ristabilirà nella pace la persona, confermandola così nella fede in lui. Non esiste confermazione in grazia, così che uno non si possa più peccare, ma esistono le varie attestazioni dell’amore fedele di Dio, che confermano l’anima in lui. Al momento della tempesta che sembrava scalzare tutto subentra una solidità maggiore, che rende capaci di affrontare le tempeste scatenate dal mondo e dal Demonio.

Ultimo invito e saluto
12 Vi ho scritto, come io ritengo, brevemente, per mezzo di Silvano, fratello fedele, per esortarvi e attestarvi che questa è la vera grazia di Dio. In essa state saldi! 13 Vi saluta la comunità che vive in Babilonia e anche Marco, figlio mio. 14 Salutatevi l’un l’altro con un bacio d’amore fraterno. Pace a voi tutti che siete in Cristo!

La nuova traduzione CEI (2008) traduce: “
Vi ho scritto brevemente per mezzo di Silvano, che io ritengo fratello fedele”. Ma pare più precisa quella dell’edizione precedente: “Vi ho scritto, come io ritengo, brevemente, per mezzo di Silvano”. Infatti, secondo la traduzione del 2008, sembrerebbe che Pietro non fosse certo del tutto di Silvano, il che non può essere.
Vi saluta la comunità che vive in Babilonia e anche Marco, figlio mio”. Babilonia è con sicurezza la Roma di Nerone persecutore. Marco è qualificato come figlio suo, il che lo avvalora come evangelista che ha tratto notizie proprio da Pietro.