Un
cappuccino ritirato
Fra
Guglielmo fece la professione temporanea dei voti il 17 novembre 1930:
aveva 16 anni.
Dal noviziato venne inviato al convento di Lugo per proseguire gli
studi.
Direttore degli studi era padre Leonardo da Mercato Saraceno; laureato
in diritto canonico, egli univa la scienza ad una intensa
santità di vita.
Fu
con lui che fra Guglielmo approfondì i contenuti della sua
vocazione alla vita cappuccina, sulla scorta di un testo che padre
Leonardo aveva sempre tra le mani: “L’ideale
di San Francesco” scritto nel 1924 da padre Ilarino
Felder, cappuccino. Il testo tradotto in italiano aveva avuto una
ristampa nel 1925 a Bagnacavallo, cittadina limitrofa a Lugo.
L’opportunità
di stare con padre Leonardo non durò molto per fra
Guglielmo, perché il rettore, eletto ministro provinciale
nel 1931, dovette trasferirsi nel convento di Bologna e poi nel 1932,
eletto consigliere del ministro generale dell’Ordine, dovette
trasferirsi a Roma.
A
Lugo, finalmente, fra Guglielmo ebbe una visita dei suoi:
la mamma, lo zio Biagio e il fratellino Mario. Per
l’occasione lo zio Biagio scattò una foto ricordo.
Secondo lo schema dell’epoca nessuno sorride. Il volto di fra
Guglielmo lascia trasparire un animo risoluto, forte, compreso
totalmente nel cammino che stava facendo, con un pizzico di
inconsapevole orgoglio romantico.
L’incontro fu scarno, essenziale. La mamma non cessava di
guardarlo: suo figlio sembrava addirittura cambiato biologicamente, e,
quanto alla statura, lo era effettivamente. Mario, invece, badava ad
altro, tutto preso a mangiare i ranocchi fitti che il convento
passò loro per il pranzo. Chi cercò di
“inventare” il momento fu lo zio Biagio.
Fra Guglielmo lasciò il convento di Lugo l’11
agosto del 1932, trasferito a Forlì, dove seguì
gli studi di filosofia che gli fecero bene, liberandolo da quel pizzico
di romanticismo al quale era sensibile.
A Forlì gli giunsero non felici notizie da casa. La
situazione economica del negozio non andava bene. Papà
Dionisio, nella sua bontà, aveva concesso molti crediti alla
gente, specie ai boscaioli di Monte di Badi e non tutti avevano onorato
i loro debiti. Alla fine nel retro del negozio si era formata una pila
di quaderni dei crediti. Era la fine di un sogno: era lo spettro del
fallimento economico.
Dionisio nel 1934 dovette chiudere il negozio e si trasferì
in una casa al Poggiolino, vicino a Pavana, paese sulla strada che da
Porretta Terme conduce a Pistoia. L’immobile di Badi venne
consegnato al figlio Guerrino, che si era sposato con una ragazza di
Poggiolino, i cui genitori diedero a Dionisio la loro casa.
Nel luglio del 1935, fra Guglielmo passò agli studi di
teologia nel convento di Bologna.
Era serio, impegnato, amante della ritiratezza, così come
predicava il diffusissimo libro di meditazione “Il
cappuccino ritirato”, di padre Gaetano da Bergamo.
Il suo amore per la solitudine, il silenzio, lasciava sconcertati
molti, visto che fra Guglielmo giunse a chiedere di essere esonerato
dal partecipare alle passeggiate ricreative, cosa che ottenne. Qualcuno
arrivò addirittura a considerarlo un misantropo, ma solo
perché incapace di comprenderlo.
In realtà fra Guglielmo era sereno, equilibrato, studioso e
anche sorridente. Venne ammesso senza alcuna difficoltà alla
professione solenne dei voti. L’evento che lo legava a Cristo
e a San Francesco per sempre avvenne l’8 dicembre 1935,
solennità dell’Immacolata Concezione.
Alla professione partecipò padre Leonardo da Mercato
Saraceno, che consegnò a fra Guglielmo un santino con sopra
scritto:
Santuario
di S. Giuseppe Cappuccini-Bologna
Bologna, 8 dicembre 1935
A ricordo della vostra professione religiosa solenne.
Mistica Crocifissione in Cristo. Queste le parole
del libro secondo (ultimo capitolo) dell’Imitazione di
Cristo, che desidero portiate
scolpite nel cuore.
- In cruce salus - In cruce vita
-
In cruce protectio ab ostibus
- In cruce infusio supernae suavitatis
- In cruce robur mentis
- In cruce gaudium spiritus
- In cruce summa virtutum
- In cruce perfectio sanctitatis!
Fra Leonardo da Mercato Saraceno.
Cento caselle da sbarrare
Il
29 febbraio 1936 fra Guglielmo ricevette la tonsura a chierico.
Seguiranno i quattro “ordini minori”
(ostiariato, lettorato, esorcistato, accolitato). Il 18 dicembre 1937
ricevette il suddiaconato.
Ormai fra Guglielmo era vicino alla grande meta
dell’ordinazione sacerdotale.
Provava un’intima gioia, piena di gratitudine a Dio e per
coloro che lo avevano guidato. Tra questi c’era don Pio
Mazzanti al quale, il 19 dicembre 1937, indirizzò una
sentita lettera in cui si dichiarava debitore per quello che egli aveva
fatto per la sua vocazione:
”Mi perdoni se ho il coraggio di scriverle, perché
sono tanto contento e sento di esserle tanto debitore che non posso
farne a meno. A questo non avevo mai pensato sul serio; ma adesso, che
mi vedo così vicino al Sacerdozio, riconosco proprio che il
merito di questa grazia infinita dopo il Signore la debbo ascrivere a
lei.
Si, fu proprio lei che colla sua benevolenza verso di me, povero
bambino, e coi suoi esempi santi, gettò nella mia anima quel
piccolo germe, di piccola comprensione, di piccolo grande amore verso
la vita religiosa e verso il Sacerdozio, che ora forma la mia
felicità e il mio respiro quotidiano. Ah, io non le
sarò mai abbastanza riconoscente, io voglio cantare in
eterno questa sua bontà!
Ieri mattina il Signore mi ha usato la misericordia infinita di farmi
suo Suddiacono. Per noi religiosi sembra che non abbia tutta
quell’importanza decisiva che ha per i seminaristi; ma altro
è avere già gli obblighi che porta con
sé il Suddiaconato, altro è adempirli
perfettamente. Per me l’ho considerato un richiamo
preziosissimo a cominciare davvero a servire il Signore per prepararmi
ad essere suo santo Sacerdote.
Io desidero con tutta l’anima mia di divenire Sacerdote, ma
non la voglio, questa grazia infinita, se il Signore non
l’accompagna con quella di essere suo santo
Sacerdote”.
Per
vivere bene, con piena comprensione, il cammino che gli restava da
percorrere fino al giorno dell’ordinazione sacerdotale, fra
Guglielmo, a metà gennaio del 1938, prese una lunga striscia
di carta su cui tracciò cento caselle da sbarrare giorno
dopo giorno. Il 12 marzo sbarrò una casella con particolare
emozione: era il giorno della sua ordinazione diaconale. Poi
sbarrò quella del 22 maggio: la sua ordinazione sacerdotale.
Una sua “prima Messa” la volle
celebrare a Badi.
Erano 14 anni che non aveva più visto il suo paese. Una cosa
impressionante: il paesaggio era rivoluzionato dall’imponente
bacino di Suviana inaugurato nel 1932.
Tanti gli incontri emozionanti. Poi, con più pace, il
ricordo della sua infanzia, la sua stanzetta all’ultimo piano
sulla sinistra del fabbricato ora di Guerrino. Le ore di preghiera nel
silenzio della chiesa, le parole di don Pio, che abbracciò
commosso.
Alla Messa erano presenti papà Dionisio, mamma Maria,
Guerrino, Mario, Elsa.
Un po’ di festa dopo la Messa, poi la visita alla casa del
Poggiolino.
Infine padre Guglielmo ritornò al convento di S. Giuseppe
tonificato e responsabilizzato a migliorare.
La passione dominante
Il
15 settembre 1938, su di un fogliettino tracciò il suo piano
di vita spirituale.
Passione
predominante: vinta è vinto tutto. Con tutte le forze.
Continuamente mirare a questo.
Medicine: Silenzio per la meditazione della Passione del Signore e
delle sofferenze di Maria.
Come si comportava Gesù, come si comportava Maria?
La coroncina dell’Immacolata, le genuflessioni con grande
devozione per consacrare tutto a lei.
Rinnovazione dei voti nella meditazione della mattina e della sera.
Continua rigorosissima mortificazione di tutti i sensi interni ed
esterni.
Meditare queste virtù.., i suoi pregi, le sue bellezze,
specialmente alla luce di Maria immacolata.
L’umiltà è la difesa incrollabile di
queste virtù.
Da
questo programma si ricavano i tratti della spiritualità
tutta francescana di padre Guglielmo centrata sulla contemplazione
della passione del Signore, nella volontà di parteciparvi,
nell’accoglienza del dono della Madre, fino alla consegna di
tutto se stesso a lei contemplata nello splendore della sua Immacolata
Concezione e della sua perfetta partecipazione ai dolori del Figlio.
Tutta francescana la meditazione sulle varie virtù colte
direttamente nel comportamento di Gesù e di Maria.
Francescana la riflessione sulle virtù
nell’aspetto non soltanto negativo (mortificazione), ma anche
in quello positivo: “i suoi pregi, la sua
bellezza”.
La passione dominante, sulla quale padre Guglielmo lavorava a partire
dall’umiltà “difesa
incrollabile di queste virtù”, era la
sua combattività. Essa non aveva che rare manifestazioni
esterne, ma dentro scatenava fierissime battaglie.
Due
mesi dopo, il 16 novembre, sulla parte opposta del foglietto
vergò altre punti programmatici.
Passione predominante:
L’esame di coscienza innanzitutto deve riguardare questa.
La confessione: idem.
Tutta la vita, tutte le mortificazioni, tutte le preghiere, devono
avere questi
Tre propositi:
a) vincere la passione predominante.
b) purificare la natura corrotta, dalla passione predominante.
Per questo la mortificazione di tutti i sensi, degli occhi, della
lingua, curiosità, tatto, in tutto.
Per questo la mortificazione del cuore, volontà,
intelligenza, fantasia. Vedi i propositi per il suddiaconato.
Non sempre mortificazione negativa; la positiva (amare Iddio)
è la più bella.
Ah, Signore! Io non posso sperare di attuare in me le sublimi
ascensioni dei santi (come debbo "Sono sacerdote cappuccino
francescano") se prima non ho:
a) vinto la passione dominante
b) purificato la natura corrotta
c) riparato colla contrizione.
L’obbiettivo
di padre Guglielmo era quello di vivere secondo la sapienza che viene
dall’alto di cui parla san Giacomo (3,17), che è “pacifica,
mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti”.
Forte era il proposito della mortificazione e della “contrizione
delle colpe”, cioè il cammino
penitenziale della conversione; piena era la consapevolezza della forza
positiva, purificatrice, elevante, dell’amore di Dio.
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