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La
geologia
L'isola sorge su di un'ampia e variegata piattaforma vulcanica
sottomarina che è espressione del vulcanesimo eoliano che risale a
un milione di anni fa, nel Pleistocene. Il cono vulcanico che forma
l'isola di Panarea si innalzò da questa base vulcanica tra i 330.000
e i 160.000 anni fa, con una elaborazione geologica terminata 10.000
anni fa. Alla stessa
piattaforma appartengono spuntoni rocciosi che emergono dal mare
attorno all'isola formando un piccolo arcipelago. La piattaforma
sottomarina ha carattere accidentato e va da profondità di poche
decine di metri vicino alla costa fino a 100 metri giungendo anche a
circa 500 metri per poi calare a profondità di 1000 e quindi 3000 metri,
quale è quella del Tirreno. Il cono vulcanico dell'isola di
Stromboli, poco distante da Panarea, si innalza sul livello
dell'acqua per circa 929 metri, mentre sotto il livello del mare
giunge a 1700 metri di profondità.
L'isola di Panarea è la
più piccola delle isole Eolie e presenta il suo cono vulcanico
collassato in mare nella parte occidentale e settentrionale, con il
risultato di pendii scoscesi inabitabili. La parte restante
dell'isola, quella orientale e meridionale, ha parti pianeggianti.
L'altezza di quello che resta del cono vulcanico è di 421 m. Il cono
vulcanico presenta resti di crateri laterali formatisi nel tempo.
Gli speroni rocciosi quali Spinazzola, Basiluzzo, Panarelli, Dattilo, Lisca Bianca, Bottaro, Lisca
Nera, i Formiconi, sono i resti
degli edifici vulcanici che si svilupparono dall'impianto vulcanico
base sottomarino, e che andarono soggetti, nei millenni dei millenni,
a imponenti collassi e a erosioni del mare.
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Spinazzola deriva il suo
nome dall'essere uno scoglio roccioso che dà l'idea di un cespo di
spine in verticale. E' vicinissimo all'isolotto Basiluzzo. Basiluzzo deriva dal greco
basileus, che significa re, ed è quindi l'isoletta re del
piccolo arcipelago di Panarea. Panarelli, sono cinque
piccoli scogli vicini a Dattilo. Il nome è un diminutivo di Panarea. Dattilo deriva dal greco
daktylos (dito). Pare che l'imponente scoglio tragga tale
nome da un pinnacolo a forma di dito che si vede a sinistra
guardando da Panarea. Lisca Bianca deve il suo
nome all'essere piccola ed estesa orizzontalmente (una lisca), e al
colore bianco dovuto alle fumarole che ancora emergono dall'attività
vulcanica residuale sottomarina. L'acqua quando il mare è calmo
“bolle”. Bottaro deriva il suo nome
alla sua forma bombata (da botte). Vicino emergono delle fumarole. Lisca Nera, altro scoglio
che però non ha il colore bianco dato dalle fumarole. Formiconi (da formica),
sono degli scogli insidiosi perché affiorano di poco dalla
superficie del mare.
L'isola di Panarea misura 3,4 kmq con un perimetro costiero di 8 km. Valutazioni geologiche
considerano che sia stata la prima isola dell'arcipelago delle Eolie
a formarsi.
Il nome
In antico l'isola di
Panarea venne chiamata Euonùmos ed ebbe anche il nome di
Ikesia. Il nome Pagnarea compare
in uno scritto in più volumi di un geografo anonimo di Ravenna del
VI - VII secolo, ma non si può dire che l'anonimo geografo riferisca
esattamente la dizione antica, dato che dipende da diverse fonti e
non da verifiche personali. Sul nome Panarea si sono
fatte molte congetture ed è bene allora intraprendere un percorso
etimologico partendo dalla parola greca Panaràion: - "Pàn" significa "tutto,
completamente". - "Araion" corrisponde a due aggettivi
uguali ma diversamente accentati che significano l'uno "funesto,
maledetto", l'altro (aràion) "sottile, esile, angusto".
- "Euonùmos" vuol
dire "di buon nome, onorato, di buon augurio, illustre".
- "Ex euonùmou cheiròs"
significa "alla mano sinistra"; "ex euonumou", più
semplicemente, "a sinistra". Per eufemismo, per alcuni,
assume il significato di "sinistro". Tale eufemismo li ha
condotti a scegliere “araion” come “funesto, maledetto”,
poggiandosi sulla presenza di scogli pericolosi attorno all'isola,
causa di naufragi. Ma di scogli ce ne sono anche in altre isole e
quindi non sono un'esclusiva di Panarea. Se invece si considerano
le piccole dimensioni di Paranea, la più piccola isola delle Eolie,
allora si ha un nome che la distingue, così Panaràion va
intesa nella dizione di “sottile, esile, angusto”. Da
Panaràion derivò poi il nome Paraneia e Paranea. Il nome antico di
Euonùmos risulta così di gratificazione dell'isola: “di
buon nome, onorata, di buon augurio, illustre”. Ciò indica il
prestigio di Panarea all'interno delle isole Eolie, probabilmente in
gran parte dovuta ai luoghi di culto. - "Ikesia"
significa "supplicante, supplice", da mettere, appunto, in
relazione con la presenza di un qualche luogo di culto
particolarmente rinomato nelle isole. Sulla vetta dell'isola sono
state ritrovate tracce di un luogo di culto. Un altro luogo di culto
doveva essere nell'area detta Calcara come si deduce dalla presenza
di resti archeologici in un luogo molto aspro e di difficile
accesso. Nell'area della Calcara vi sono delle innocue fumarole.
La
storia
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L'isola cominciò ad essere
abitata durante il Neolitico superiore e nel medio bronzo da genti
provenienti dalla Sicilia. Di questa presenza si hanno tracce molto
eloquenti nel capo Milazzese, un promontorio a falce che include una
baia la Cala Junco. Il promontorio, chiamato capo Milazzese, è il
resto di un antico vulcano con la parete meridionale collassata in
mare. Sul promontorio si possono vedere i resti murari di 22
capanne. Il villaggio era abitato da gente che conosceva l'arte di
navigare, ovviamente con i mezzi di allora, 1500 - 1300 anni a.C,
cioè navi con chiglia tonda e con vela quadrata, munite anche di un
ordine di remi, adatte a veleggiare vicino alle coste. Questa
presenza umana venne distrutta da un popolo provenienti dalla costa
del sud italico, gli Ausoni, prima metà del XIII secolo a.C. L'isola
rimase disabitata fino all'avvento dei Greci, che prima si
stabilirono nell'isola di Lipari e poi si irradiarono nelle altre
isole. La presenza dei Greci
comincia con un gruppo che partito da Cnido e Rodi per conquistare
Lilibeo (Messina), ma, respinto, dovette ripiegare sull'isola di
Lipari. Dove era presente una popolazione di circa 500 abitanti
(Notizie tramandate da Diodoro Siculo: 90 a.C. - 27 a.C.).
Dall'isola di Lipari poi i Greci si estesero alle altre isole
rafforzandosi con una discreta flotta capace di respingere le
scorrerie piratesche degli Etruschi. I Greci soppiantarono il
dominio Fenicio sui mari. Le navi in questo tempo (600 a.C.) erano
dotate, oltre che della classica vela quadrata, anche fino a tre
ordini di remi, con 120 - 200 rematori, per avere massima mobilità
nei combattimenti. I Greci stanziati nelle isole Eolie ebbero il
controllo delle rotte commerciali che dallo stretto di Messina
giungevano per la ricerca dei metalli in Toscana, in Sardegna e
nella Spagna meridionale. Nel 252 a.C. i Romani
rasero al suolo la città di Lipari e si impadronirono di tutte le
isole Eolie, che restarono per molti decenni in stato di grave
depressione demografica ed economica. La presenza romana si stabilì
solo ottanta anni dopo con la ricostruzione della città di Lipari.
Tale presenza si estese poi a tutte le isole. Segni degli
insediamenti greci e romani sono stati ritrovati a Panarea. In particolare,
nell'isolotto di Basiluzzo vi sono i resti di una villa romana di
epoca imperiale. A quattro metri sotto il mare è visibile il pontile
di attracco delle navi. Il pontile è sommerso per fenomeni di
bradisismo. Le navi romane superarono
quelle greche in dimensioni arrivando fino a 50 - 60 metri di
lunghezza con tre o quattro o anche con cinque ordini di remi, e
aggiunsero nuove vele che le navi greche non avevano. Alla
supremazia greca sul mare subentrò quella romana.
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Dopo il dissolvimento
dell'impero romano per le invasioni barbariche le isole caddero in
un grande periodo di decadenza. Dal V al VI secolo le
isole divennero basi dei pirati saraceni per saccheggiare le coste
italiane. Uno di questi pirati, Dragut, ha dato il nome ad uno dei
tre nuclei abitati di Panarea: Drauto. La dominazione araba in
Sicilia e nelle Eolie iniziata nell'anno 827 e conclusasi nell'anno
870, cadde con la conquista da parte dell'esercito normanno giunto
in Sicilia nel 1088, guidato dal conte Ruggero d'Altavilla. La
riconquista cristiana si concluse nel 1088. Seguirono nel dominio gli
svevi, gli angioini e gli aragonesi e infine Lipari e le isole
vennero a far parte del Reno di Napoli. Poi ci furono feroci
incursioni saracene e la città di Lipari nel 1544 venne distrutta e
massacrata: 8000 suoi abitanti portati in schiavitù per essere
legati ai remi delle navi saracene. Soltanto nel 1691 la città di
Lipari venne ricostruita e ripopolata. A Panarea si stabilirono
circa 100 contadini. Nel 1800 le isole Eolie ebbero grande
prosperità perché scalo di importanti rotte commerciali
mediterranee. Il benessere venne incrinato per l'avvento della
fillossera che distrusse la maggior parte dei vigneti, con la
conseguenza che la popolazione cominciò ad emigrare all'estero. Nel 1950 cominciò il
turismo estivo, che ebbe il suo lancio negli anni 70.
La
presenza cristiana La
presenza del cristianesimo nelle isole Eolie è molto antica. Si può
dire che abbia inizio con il soggiorno (circa 526 d.C.) per
alcuni anni a Lipari di san
Calogero (Calogero significa “bel vecchio”, e i monaci eremiti
vennero detti “calogeri”. La distruzione di Lipari (circa
840) da parte saracena lasciò superstite un monastero di misere
proporzioni nella Piana dei Greci, e qualche cristiano riuscì a
riparare negli anfratti dell'isola. Il conte Ruggero d'Altavilla
nel 1098
stabilì sull'isola un monastero benedettino e nel 1131 venne
istituita la sede vescovile di Lipari, e con ciò un'azione
evangelizzatrice nelle isole. I massacri saraceni successivi non
estirparono il cristianesimo. I contadini stabilitisi nel secolo XVII a Panarea costruirono una chiesa, ora diventata con successive
elaborazioni architettoniche la chiesa dedicata all'Assunta, ma
originariamente a san Pietro, la chiesa era officiata da monaci.
La popolazione alla fine
del 1800 e ai primi del 1900 contava circa 1200 abitanti e aveva una
forte vitalità cristiana. Tanto che nel 1882 la popolazione decise
la costruzione di una chiesa più ampia alla quale venne trasferito
il titolo di san Pietro, della precedente chiesa. La chiesa venne
terminata nel 1924.
La vita
di un tempo La popolazione viveva di
agricoltura: grano, orzo, fichi, mandorle, capperi, ortaggi, uva,
limoni, arance. C'erano ovili e anche stalle con buoi, per il
mantenimento dei quali occorreva andare a prendere i foraggi nella
vicina Stromboli con una imbarcazione. C'era la pesca e tutta l'arte
di conservare i pesci per l'inverno con l'essiccazione al sole. Il
terreno era sfruttato al massimo ricorrendo ai terrazzamenti. I
bisogni di vita erano molto elementari e perciò si ricorreva al
sistema del baratto. C'erano feste e balli a
due schiere al suono delle tarantelle siciliane. Il denaro cominciò
a circolare con l'avvento del turismo che cominciò negli anni 50. La
luce elettrica giunse solo nel 1982, prima si usavano lampade a gas
mediante bombole. Per vedere la televisione c'era in un negozio un
piccolo gruppo elettrogeno che caricava le batterie necessarie.
L'acqua ora è trasportata da navi cisterna e convogliata in serbatoi
e quindi avviata alla rete idrica, ma prima si avevano solo grandi
cisterne per la raccolta dell'acqua piovana. Fino al primo dopoguerra
(1945/46) il grano veniva macinato con mole circolari a stanga
orizzontale azionate dalle donne. Le olive venivano prima
schiacciate con sasso sopra delle lastre quindi messe dentro dei
sacchi di iuta e poi spremute con i piedi: l'olio veniva messo in
orcioli. In seguito le operazioni vennero eseguite nei mulini e
frantoi della costa siciliana. Si capisce come il regista
Roberto Rossellini rimanesse affascinato da Panarea come dalla
vicina Stromboli, e producesse il film (1949): “Stromboli terra
di Dio”. E come anche il regista Michelangelo Antonioni
producesse un film (1960) ambientato a Panarea: “L'avventura”.
E il regista Pipolo (Giuseppe Moccia) abbia prodotto (1996), in un
contesto di bum turistico inoltrato il film: “Panarea”. Ora l'agricoltura è
completamente abbandonata, resta qualche orto coltivato dagli
isolani. I terreni piani sono stati
occupati da case costruite secondo l'antico modello a tetto piano.
Vige un severissimo piano
di salvaguardia ambientale per non distruggere la bellezza
dell'isola. Esistono due eliporti: uno
pubblico per il pronto soccorso presso l'ospedale di Messina,
l'altro privato per i villeggianti (danarosi) che non vogliono
dipendere dalle condizioni del mare.
Il
fascino dell'isola durante la novena di Natale
Ho condotto la novena di
Natale (2011) quando la popolazione è ridotta al minimo: una
cinquantina di persone, perché gran parte dei 200 abitanti va a
trovare i parenti durante le feste natalizie. Nessun vip, nessun
martellamento di musica dalle due discoteche, niente delle circa
2000 presenze estive. Silenzio, non la Panarea
del turismo, ma della preghiera, della lode a Dio. Il servizio fotografico
che ho fatto vuole esprime tutto questo. Le belle villette nel
verde le ho guardate nel pensiero che gli uomini potrebbero
trasformare la terra, se lo volessero, in un giardino della
redenzione, e non più in un deserto dell'invidia e spesso della
distruzione.
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