Profilo biografico
di padre Guglielmo Gattiani
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concluso il processo diocesano di beatificazione -
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L’infanzia di padre
Guglielmo, nato a Badi il giorno 11 novembre 1914 (Oscar fu il nome di
battesimo), fu all’insegna della cultura di un piccolo paese di montagna
dell’Alta valle del Reno.
Non fu difficile per il parroco don Pio Mazzetti
rilevare in quel fanciullo che tanto spesso entrava in chiesa a pregare i segni
di una vocazione, che trovò il suo percorso presso i Cappuccini, presenti a
Porretta Terme.
Il giovane Oscar mostrò nei primi anni del collegio
un temperamento combattivo, ma nello stesso tempo rivelò una grande bontà di
cuore. Si vedeva in lui la gioia di essere tra i frati e la determinazione a
continuare il percorso intrapreso, che sempre più si chiariva alla sua
riflessione e alla sua scelta.
Giunse ai voti solenni, poi all’ordinazione
sacerdotale il 22 maggio 1938.
Avvezzo all’esame di se stesso fissò poco dopo - 15
settembre 1938 - in un foglietto un rigoroso programma di vita. Sul medesimo
foglietto il 16 novembre 1938 tracciava altri importanti punti, in particolare
si nota questa preghiera: “Ah, Signore! Io non posso sperare di attuare in
me le sublimi ascensioni dei santi (come debbo <sono sacerdote cappuccino
francescano>) se prima non ho: a) vinto la passione dominante; b) purificato
la natura corrotta e riparato con la contrizione”.
Questo biglietto lo conservò sino al termine della
sua vita.
I primi incarichi che Padre Guglielmo ebbe furono
nell’assistenza ai giovani in cammino verso il noviziato e nell’insegnamento
scolastico della geometria e matematica.
Fermo ad una vita di grande ritiratezza, padre
Guglielmo cominciò ad essere in contatto aperto con le realtà fuori del
convento durante il passaggio del fronte a Cesena nel novembre del 1944, quando
si impegnò totalmente nel soccorso dei feriti sotto i bombardamenti e nel
visitare gli infermi nell’ospedale. Quella della visita agli infermi sarà
un’opera che condurrà per tutta la vita. Spesso sarà visto arrivare trafelato
in coro a mezzanotte per il mattutino, dopo aver fatto la salita al
convento: era andato a trovare degli ammalati.
I superiori, nel maggio del 1946, gli assegnarono il
compito di maestro dei novizi nel convento di Cesena. Determinante in quegli
anni per la formazione francescana di padre Guglielmo fu un aureo libro: “L’ideale
di san Francesco”, di padre Ilarino Felder; libro che conservò sempre.
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Come per il passato padre Guglielmo non lesinò nella pratica della penitenza, specie del digiuno, tanto che venne costretto dai superiori all’obbedienza di nutrirsi sufficientemente. Quanto al sonno se lo sottraeva abitualmente, e per giaciglio aveva due o tre assicelle per terra. Spesso portò il cilicio a punte di ferro, cosicché la cinta dei sui fianchi venne marcata da cicatrici.
Il 19 marzo 1952 andò, accodandosi a mons. Carlo Baronio di Cesena, a San Giovanni Rotondo da padre Pio. L’incontro con lo stimmatizzato del Gargano gli diede una viva percezione della santità. Aveva visto un grande innamorato di Dio dal vivo. Dal vivo, perché padre Guglielmo, secondo le raccomandazioni delle Costituzioni leggeva le vite dei santi e li ammirava; ma li vedeva pur sempre attraverso una biografia. Da quel momento si accentuò in lui il desiderio di una vita ancor più conforme all’ideale francescano. Non esitò: spesso si mise a mendicare un po’ di cibo a varie porte, da consumare segretamente nella sosta meridiana alle Cappuccine, che andava a confessare.
Questi gesti non incontrarono sempre il favore dei confratelli, ma padre Guglielmo aveva imparato da tempo a non contestare, a non accusare, e andare avanti su ciò di cui era convinto. Del resto nessun divieto ebbe in merito.
Nell’estate avanzata del 1963 padre Guglielmo ebbe l’occasione di ritornare a San Giovanni Rotondo. Nel matroneo di destra della nuova chiesa padre Guglielmo incontrò padre Pio e gli manifestò il suo proposito di vivere l’altissima povertà così come la presentava la regola di Francesco. Padre Pio accolse quel desiderio benedicendolo. Per padre Gugliemo quella benedizione divenne un punto fermissimo del suo cammino. Di lì a poco i confratelli e la gente lo videro con un abito tutto a toppe. Le critiche fraterne non mancarono, ma padre Guglielmo non ritornò indietro se non con una qualche moderazione delle toppe. Cercava non l’esibizione, ma il disprezzo, il comparire vile, padre Guglielmo; ma inaspettatamente per lui quelle toppe erano
il meglio per il mondo giovanile.
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Il documento invitava gli Istituti e i religiosi a scoprire meglio l’autenticità del proprio carisma e nel contempo li invitava ad un ripensamento, ad rinnovamento delle forme in cui il carisma era stato finora vissuto.
Un giorno, all’indomani della promulgazione del decreto Perfectae Caritatis, chiese a don Giuseppe Dossetti relatore di un brillante intervento sul decreto: “Cosa avrebbe fatto san Francesco oggi?”. La risposta fu che avrebbe fatto quello che fece allora. Parole queste che si fondavano sulla perennità delle parole del Vangelo circa la missione dei discepoli: “Non due tuniche, ecc”. Quelle parole non potevano essere valide solo per il tempo di Cristo o di san Francesco. Certo andavano ancor più comprese nel quadro della missione dei discepoli, ma restavano.
Così sintetizzava, padre Gugliemo, il 15 luglio 1968, la sua comprensione del decreto Perfectae Caritatis pochi mesi prima che fossero promulgate
ad experimentum le nuove Costituzioni dell'Ordine dei Cappuccini: “Si tratta di adattare la norma pratica a ragionevoli esigenze nuove, ma non di rilassare lo spirito della regola antica, né di contraddirne la lettera”.
Padre Guglielmo trovò nelle Costituzioni, promulgate il 26 novembre 1968, il grande punto: “pluriformità nell’unità”. Punto miliare, questo, perché nelle Costituzioni passate si parlava invece di “uniformità”. Poteva dunque portare avanti quelle forme radicali di povertà in cui credeva, senza essere in nulla fuori dalle nuove Costituzioni.
Il post-concilio, padre Guglielmo, lo visse col cuore, nell’esperienza della preghiera, e non con un semplice fare intellettuale. Lo soffrì, fu per lui un vero
itinere spirituale e psicologico, senza fughe in avanti; un
itinere a momenti doloroso di fronte a tante interpretazioni superficiali. |
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Ben presto si formò in lui il pensiero di dare vita ad una piccola fraternità di testimonianza, di fermento, nella sua Provincia religiosa. Non era solo ad avere in quel tempo questa idea. Già le suore Cappuccine avevano dato il via, a Lagrimone (Parma), ad un monastero di vita francescana improntata alla radicalità. A Fabriano nelle Marche i Francescani Osservanti avevano dato vita ad una fraternità dello stesso tipo; un altro esempio si aveva a Napoli. Il Capitolo Provinciale del 14-19 luglio 1969 aveva visto come augurabile la formazione in provincia di una fraternità di forte testimonianza.
A padre Guglielmo parve che a Lagrimone, in relazione al monastero delle Cappuccine, qualcosa germogliasse nel senso da lui voluto, cioè una piccola fraternità, che pensò essere poi assorbita dall’Ordine dei Cappuccini. Ma il risultato non fu in quel senso e si ebbe invece la fondazione di una piccola fraternità di terziari di impronta eremitica. Lagrimone, tuttavia, fu per padre Guglielmo l’occasione per incontrare centinaia di giovani, che attirati dal fascino della sua persona, così dolce e nello stesso tempo austera, vedevano in lui un grande punto di riferimento.
All’esperienza viva di Lagrimone, dove si recava per una settimana al mese quale confessore delle religiose, seguì un pellegrinaggio a sosta indeterminata in Terra Santa. Lo spinse a questo innanzitutto l’amore per Cristo e per san Francesco, che tanto aveva amato la terra di Gesù; poi il bisogno di fare il punto del suo cammino e infine la necessità di sottrarsi all’assillo di un giovane, che aveva raggiunto punte preoccupanti.
La Provvidenza lo tenne fermo per quattro mesi a Gerico, presso la casa di don Giuseppe Dossetti, dove si rese utile facendo lo sguattero, partecipando in tutto alla vita della Comunità. Dalla Comunità di Gerico imparò molto sui padri del deserto. L’obbedienza lo richiamò ben presto in Italia, mentre era a Nazaret. Doveva far parte della fraternità di Faenza per essere a disposizione dei pellegrini al santuario, sia per consigli e per una tradizionale benedizione, sia per le confessioni. Obbedì prontamente, con accenti di gratitudine verso il Signore. |
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Quando il 18 ottobre 1980 andò a Faenza, padre Guglielmo era lo stesso di prima, eppure era diverso, di una mitezza ancor più marcata di quella che già aveva conquistato lavorando su se stesso. Era bellissimo avvicinarlo: ci si sentiva inondati di pace.
Il suo servizio lo sviluppò innanzitutto come accoglienza. Al santuario del SS. Crocifisso da tempo faceva capo tanta gente, che con la venuta di padre Guglielmo di colpo aumentò in modo impressionante. Era gente semplice o anche istruita, con qualifiche professionali; ma sempre gente con angustie, con problemi. Da lui andavano esauriti, persone frustrate, casalinghe, gente economicamente con le spalle al muro, persone di precaria salute. Un’umanità dolorante, spesso, che accoglieva con grande dolcezza, dalla quale non pretendeva
rapidi cambiamenti conciliari, ma che rispettava facendo fare loro il gradino di cui erano capaci, senza cedere a compromessi. Per ore e ore restava in piedi nella cappella del SS. Crocifisso. Mai ha usato di uno sgabello per alleviare la fatica.
Poi ore in ginocchio alla sera per accogliere al telefono le ansie, i dolori, le incertezze, gli smarrimenti della gente.
Obbediente sempre al superiore, vivo nella carità fraterna, padre Guglielmo mostrava alla gente il volto di un vero frate di Francesco.
Non che non fosse capace di avere toni severi con chi meritava la terapia di una forte scossa, che diverse volte adottò, ma padre Guglielmo guardava sempre gli altri come un capolavoro. Vedeva gli altri in Dio e Dio negli altri. Sempre cercava di vedere il positivo, tanto che la gente si meravigliava sentendosi trattata con tanto impegno.
Ma padre Guglielmo sapeva trattare anche coi “grandi del mondo”, come ben si vide nel rapporto di amicizia con Raul Gardini e sua moglie Idina. Quando a palazzo Dario di Venezia venne chiamato dalla signora Idina Gardini per benedirlo, padre Guglielmo, toppe e zoccoli, modi umili e vivi, sembrava un vero principe sotto la luce dei lampadari di Murano. |
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Accanto, e ancor prima, al suo servizio di accoglienza festosa e di sapiente consiglio, padre Guglielmo metteva la preghiera e la penitenza, come sempre aveva fatto. Le ore di sonno si limitavano a due o tre, il resto della notte lo passava in preghiera davanti al Tabernacolo o davanti al SS. Crocifisso. Tante volte il Parroco, che dalle opere parrocchiali entrava in convento passando per la chiesa, inciampò in padre Guglielmo prostrato a terra in adorazione.
Come forme penitenziali aveva fatto anche lui l’aggiornamento. Finito l’obbligo della disciplina (flagellazione) comune, trovò la forma penitenziale di dire il rosario con le mani sotto le ginocchia.
Non mancò di essere parsimonioso nel cibo e continuò a dormire sul pavimento.
Aveva un giorno di riposo alla settimana, ma padre Guglielmo lo trasformò in un giorno di maggior lavoro andando a Cesena a confessare le Cappuccine e ad accogliere tanta gente che lo voleva incontrare; poi andava a Città di Castello a confessare mons. Pellegrino Ronchi, e anche qui gente.
La formazione permanente, dovere di ogni frate e sacerdote, padre Guglielmo la faceva. Partecipava ai corsi di aggiornamento, seguiva gli avvenimenti ecclesiali nell’Osservatore Romano. Camminava. E così da un prima posizione negativa avuta negli anni sessanta circa la televisione - ma va notato che era relativa al tenore di diverse trasmissioni e all’ingresso nei conventi come pericolo di divagazione e non come mass-media in sé - passò a considerane l’opportunità di dare vita ad una “televisione mondiale del Papa”. Chiese luce ai superiori, chiese parere alla Santa Sede, e poi sapendo che era stata istituita TelePace decise di appoggiarla in tutto. Fondò quindi a Faenza un’Associazione per TelePace la quale riuscì a trovare le somme necessarie per mettere i ponti di TelePace in tutta l’Emilia Romagna.
Fu una grande festa per lui quando Giovanni Paolo II andò a Cesena e poi passò per Faenza. Riuscì ad incontrarlo nell’Abbazia del Monte a Cesena il 9 maggio 1986 e gli consegnò una somma di denaro e il suo impegno per la “Televisione del Papa”. Grande amore aveva padre Guglielmo per il Papa, ne seguiva i discorsi e lo accompagnava con la preghiera nei suoi viaggi planetari. |
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Fermo nel suo proposito di vita radicalmente povera, padre Guglielmo, non aveva nulla da dire sul denaro come mezzo di scambio. Fece la questua del denaro, oltre che di materiali edili, per la costruzione del Convento delle Cappuccine sia a Cesena che a Lagrimone, e sia per la costruzione della casa di accoglienza a Lagrimone chiamata “Casa del Padre”. Ma al di là di questo cercò sempre di esserne distante. Ma fu un problema che lo assillò sempre, quello del denaro; vedendo che poi tra le mani il denaro qualche volte inevitabilmente gli finiva. Questo suo proposito, a cui corrispondeva una sincerità profonda, ebbe sempre la piena comprensione dai suoi superiori, e a suo conforto anche la condivisione di suor Chiara Scalfi, fondatrice del monastero di Lagrimone, di padre Natale Montalti e di frà Lino Giorgi. Erano “i suoi tre”, come usava dire, e lasciarono la terra uno dopo l’altro nel mese di aprile del 1998.
La salute di padre Guglielmo accusava ormai gravi problemi, soprattutto aveva problemi di cuore, poi sorse un “pemfigoide bolloso” che lo colpì in tutto il corpo. Nonostante questo andava avanti.
Poi arrivò l’epilogo della sua vita. La mattina del 15 gennaio dopo aver confessato tre persone si sentì male. Venne portato dai confratelli in una stanza al piano terreno. Venne chiamata l’ambulanza, mentre il superiore gli amministrava l’olio degli infermi. Sussurrò alcune parole: “E’ il Getsemani”; “Offro la mia vita per il Papa, per la Chiesa, per tutti”: (era questa un’offerta non del momento, ma fatta in tutta la sua vita); poi disse: “Perché il Papa possa arrivare al prossimo millennio”. Ai confratelli disse: “Vi benedico”. Alle ore 7,15 del 15 dicembre 1999, steso sul pavimento, proprio come aveva trascorso le sue notti, emise il suo ultimo respiro e lasciò la terra. |
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Ti ringraziamo, Dio padre onnipotente,
per averci dato in padre Guglielmo
un tuo servo fedele, che ha vissuto
con austerità e coerenza la fede in te.
Con evangelica e francescana disponibilità
ha accolto le persone che a lui andavano
per ricevere luce e conforto:
a tutti indicava la via che conduce a Gesù,
l’uno che può saziare ogni desiderio
di bene e di vita.
Lo Spirito che lo guidava
ci aiuti a seguire i suoi consigli
e i suoi esempi. Amen.
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Cronologia di padre Guglielmo
11 novembre 1914: nasce a Badi, nel comune di Castel di Casio (BO), da Dionisio Gattiani e Maria Puzzarini
15 novembre 1914: riceve il Battesimo con il nome di Oscar e come secondo nome Luciano
27 luglio 1923: riceve la Cresima dal card. Giovanni Battista Nasalli Rocca
Fine di settembre 1924: fa ingresso nel convento di Faenza come “fratino”
Fine di settembre 1925: entra nel seminario minore di Imola
15 novembre 1929: entra nel noviziato di Cesena
17 novembre 1930: fa la professione temporanea ed è inviato al convento di Lugo per proseguire gli studi
Metà agosto del 1932: passa al convento di Forlì per gli studi di filosofia
Luglio del 1935: passa allo studentato di Bologna per gli studi teologici
8 dicembre 1935: a Bologna (festa dell'Immacolata) fa la professione solenne
29 febbraio 1936: riceve la tonsura a chierico a cui seguirono i quattro ordini minori: ostiariato, lettorato, esorcistato, accolitato
18 dicembre 1937: riceve il suddiaconato
12 marzo 1938: riceve l'ordinazione diaconale
22 maggio 1938 riceve l'ordinazione sacerdotale nella chiesa di S. Giuseppe a Bologna da mons. Gherardo Sante Menegazzi, vescovo di Comacchio
Settembre 1938: frequenta il corso annuale di sacra eloquenza presso lo studentato del convento di Bologna
2 agosto 1939: viene inviato al convento di Faenza con l'incarico di vicedirettore dei ragazzi e di insegnante di matematica e geometria
22 agosto 1940: viene trasferito al convento di Lugo con gli stessi incarichi, ma con ragazzi della quarta e quinta ginnasio
15 luglio 1941: viene inviato al convento di Ravenna quale insegnante e vicedirettore
23 agosto 1942: viene nominato vicario del convento di Ravenna
2 gennaio 1944: viene assegnato alla fraternità di Cesena con l'incarico di insegnante del liceo
Poco dopo l'ingresso delle truppe alleate a Cesena (21 ottobre 1944): padre Guglielmo viene ricoverato all'ospedale Almerici di Cesena per avere contratto il tifo
18 luglio 1945: ritorna al convento di Ravenna con l'incarico di direttore e insegnate degli studenti di liceo
Maggio 1946: viene inviato al convento di Cesena quale maestro dei novizi
Estate 1950: viene ricoverato in ospedale per polmonite
9 marzo 1952: padre Guglielmo si reca con don Baronio di Cesena da padre Pio da Pietrelcina
4 ottobre 1955: incontro con madre Chiara Scalfi del monastero di Ferrara. Presidente della federazione dei Monasteri delle Cappuccine
1957: eletto extra gremium Capituli quarto definitore provinciale
Fine estate 1963: secondo incontro con padre Pio
26 agosto 1964: cessa di essere maestro dei novizi, rimanendo però padre spirituale degli stessi, questo fino al 1875
Novembre 1965: incontro con don Dossetti durante un'esposizione della perfectae caritatis
Fine 1965: a San Giovanni Rotondo, solo un biglietto a padre Pio
Primi giorni del 1966: quinta visita a padre Pio
26 settembre 1968: presente in preghiera davanti alla salma di padre Pio
Fine luglio 1969: confessore delle cappuccine di Lagrimone con permesso di sostare una settimana al mese presso il Monastero
8 luglio 1974: si ammalò di herpes zoster che gli paralizzò il braccio sinistro. Gravemente debilitato venne ricoverato prima all'ospedale Toniolo, quindi presso l'infermeria del convento di Bologna
Fine 1974: comincia ad essere confessore delle suore clarisse di Sant'Agata Feltria
3 ottobre 1976: viene inaugurata a Lagrimone “La casa del Padre”
10 aprile 1980: partenza per la Terra Santa sulle orme di san Francesco
18 ottobre 1980: viene trasferito a Faenza per il ministero di accoglienza presso la cappella del Crocifisso
8 dicembre 1985: formula il progetto per una televisione mondiale del Papa, che concretizzerà poi nel sostegno efficace di Telepace
9 maggio 1986: nell'abbazia della Madonna del Monte incontra Giovanni Paolo II
15 dicembre 1999, ore 7,15: padre Guglielmo lascia la terra per il cielo
4 novembre 2006: apertura del processo diocesano per la causa di beatificazione e canonizzazione
10 dicembre 2011: conclusione del processo diocesano |
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