Spiegazione teologica delle quattro Preghiere Eucaristiche (Canoni):
Messale romano, III edizione CEI
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CANONE I |
CANONE II |
CANONE III |
CANONE IV |
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Preghiera Eucaristica I
o Canone Romano
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La Preghiera Eucaristica venne designata nella tradizione orientale con il termine ἀναϕορά (anaphora: offerta), mentre nella tradizione romana, probabilmente nel passaggio dalla lingua greca a quella latina, venne designata con il termine Canon Missae.
Del Canone romano non si hanno dati sulla sua origine, ma dovette essere prima composto in greco e poi tradotto in latino, e avere uno stadio di fluidità formale iniziale. Da indizi documentali lo si può collocare, nella sua versione latina, tra il III e il IV secolo.
Esso, inoltre, va collocato al momento del passaggio dalla fase dell’improvvisazione a quella di formule fisse.
Ciò venne dettato dal fatto che non sempre l’improvvisazione superava mediocri livelli: inoltre, in una concelebrazione - sempre esistita nella Chiesa come segno forte dell’unità gerarchica del presbiterio con il suo vescovo, nonché segno dell’unità del sacerdozio ministeriale nell’unico e supremo sacerdozio di Cristo -, era necessario un testo stabile e condiviso dai concelebranti.
Il Canone romano possiede una continuità formale, che a partire dagli inizi del VII secolo, non ha subito ritocchi di rilievo. La riforma liturgica dovuta al Concilio Vaticano II ha lasciato il Canone romano nella sua integrità storica.
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V/. Il Signore sia con voi.
R/. E con il tuo spirito.
V/. In alto i nostri cuori.
R/. Sono rivolti al Signore.
V/. Rendiamo grazie al Signore nostro Dio.
R/. È cosa buona e giusta.
Sanctus dei prefazi
Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell’universo.
I cieli e la terra sono pieni della tua gloria.
Osanna nell’alto dei cieli.
Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Osanna nell’alto dei cieli
Padre clementissimo,
noi ti supplichiamo e ti chiediamo
per Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore,
di accettare
e benedire questi doni,
queste offerte, questo sacrificio puro e santo.
Noi te l’offriamo anzitutto
per la tua Chiesa santa e cattolica,
perché tu le dia pace,
la protegga, la raduni
e la governi su tutta la terra
in unione con il tuo servo
il nostro papa [...],
il nostro vescovo [...]. [con me indegno tuo servo]
e con tutti quelli che custodiscono
la fede cattolica,
trasmessa dagli apostoli.
Il Canone romano comincia con l’invocazione al “Padre clementissimo…” perché benedica “questi doni, queste offerte, questo sacrificio”.
Doni, offerte, sacrificio sono in sequenza: I doni (pane e vino) vengono dalla bontà di Dio per mezzo del lavoro dell’uomo; diventano offerte perché presentate a Dio; sono sacrificio “puro e santo”, perché immessi nell’azione sacrificale che avrà il suo culmine nella trasformazione del pane e del vino, per opera della potenza divina, nel Corpo e Sangue di Cristo presente, ora in modo incruento, nel suo unico sacrificio della croce, e offerto dai sacerdoti ministeriali, in suo nome, al Padre. Per questo si chiede che siano benedetti, cioè separati da ogni antecedente profano. Purezza e santità dovranno essere anche nel celebrante, che deve essere separato da quanto può afferrarlo e trattenerlo nella mondanità.
La benedizione invocata già si accompagna alla supplica di intercessione per la “Chiesa santa e cattolica”.
Si chiede che le venga data “pace” fermando i suoi nemici e estinguendo i dissidi umani al suo interno; “la protegga” dagli assalti del male; “la raduni”,
cioè la mantenga nella pace dell’unità; “la governi”, cioè la regga, nel cammino di santità, tra i pericoli esterni e interni. Ciò per mezzo della gerarchia, segno di unità al cui centro c’è il papa: “In unione con il tuo servo il nostro papa”.
Intercessione per i vivi
Ricordati, Signore, dei tuoi fedeli [… e …].
Ricordati di tutti coloro che sono qui riuniti,
dei quali conosci la fede e la devozione:
per loro ti offriamo
e anch’essi ti offrono questo sacrificio di lode,
e innalzano la preghiera a te, Dio eterno, vivo e vero,
per ottenere a sé e ai loro cari
redenzione, sicurezza di vita e salute.
Memoria dei santi
In comunione con tutta la Chiesa,
ricordiamo e veneriamo anzitutto
la gloriosa e sempre Vergine Maria,
Madre del nostro Dio e Signore Gesù Cristo,
san Giuseppe, suo sposo,
i tuoi santi apostoli e martiri:
Pietro e Paolo, Andrea,
[Giacomo, Giovanni,
Tommaso, Giacomo, Filippo, Bartolomeo,
Matteo, Simone e Taddeo;
Lino, Cleto, Clemente, Sisto,
Cornelio e Cipriano, Lorenzo, Crisogono,
Giovanni e Paolo, Cosma e Damiano]
e tutti i tuoi santi:
per i loro meriti e le loro preghiere
donaci sempre aiuto e protezione.
Accetta con benevolenza, o Signore,
questa offerta che ti presentiamo
noi tuoi ministri e tutta la tua famiglia:
disponi nella tua pace i nostri giorni,
salvaci dalla dannazione eterna,
e accoglici nel gregge dei tuoi eletti.
L’uomo sa di non potere svolgere un’azione cultuale imponendola a Dio, per cui si ha ancora una supplica di accettazione del pane e del vino: “Accetta con benevolenza, o Signore, questa offerta…”.
Già, come introduzione al momento consacratorio, si ha un’anamnesi, che avrà un prolungamento successivo; e già si chiede
pace e ogni bene, il primo dei quali è la salvezza “dalla dannazione eterna” e l’accoglienza in cielo “nel gregge degli eletti”.
Epiclesi di consacrazione
Santifica, o Dio, questa offerta
con la potenza della tua benedizione,
e degnati di accettarla a nostro favore,
in sacrificio spirituale e perfetto,
perché diventi per noi il Corpo e il Sangue
del tuo amatissimo Figlio,
il Signore nostro Gesù Cristo.
Il celebrante pone le mani sulle offerte come per le
epiclesi (invocazione) delle altre tre preghiere eucaristiche, ma il Canone Romano non ha come gli altri tre una epiclesi con la menzione dello Spirito Santo: esso presenta invece la “potenza della tua benedizione”. “La potenza” della benedizione, indica l’intervento onnipotente di Dio Padre, che renderà infinitamente accetta a lui l’offerta della Chiesa, poiché, per il miracolo della
transustanziazione, il pane e il vino diventeranno il Corpo e il Sangue di Cristo.
Il Corpo, per concomitanza naturale, è unito al sangue, all’anima e alla divinità; e così, per concomitanza naturale, il Sangue.è unito al corpo,
e quindi all'anima e alla divinità (Denzinger 1640).
Il termine transustanziazione è stato affermato dal Concilio Tridentino come “appropriatissimo” (Denzinger 1652). Con ciò la Chiesa non ha inteso abbracciare il linguaggio di una determinata scuola teologica. (Mysterium fidei, Paolo VI, 3 settembre 1965): “Non si può tollerare che un privato qualunque (ndr. teologo di tendenza scismatica) possa attentare di proprio arbitrio alle formule con cui il Concilio Tridentino ha proposto a credere il Mistero Eucaristico. Poiché quelle formule, come le altre di cui la Chiesa si serve per enunciare i dogmi di fede, esprimono concetti che non sono legati a una certa forma di cultura, non a una determinata fase di progresso scientifico, non all'una o all'altra scuola teologica, ma presentano ciò che l'umana mente percepisce della realtà nell'universale e necessaria esperienza: e però tali formule sono intelligibili per gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi“.
Parimenti, il termine sostanza, usato dal Concilio Tridentino (Denzinger 1642 - 1652) relativamente al pane e al vino, rimanda all’esperienza comune di tutti gli uomini di tutti i luoghi e di tutti tempi.
Esso fa parte del linguaggio (nel proprio delle diverse lingue) usato dagli uomini per intendersi immediatamente nella loro esperienza del reale.
La formazione del pane, in breve, è questa: esso parte dalla farina, che viene idratata con buona quantità di acqua, poi c’è l’impasto con l’attuazione di processi meccanico-fisici-chimici, e la destrutturazione dei granuli di amido (gelatinizzazione) che si completa nella cottura, poi si ha la cottura con la sua azione complessa.
Il pane ha l’unità di una lega organica eterogenea, e il vino l’unità di una
soluzione idroalcolica.
Uso la parola lega, poiché appropriata. La parola aggregato
non lo è, conducendo a supporre che ci sia una realtà
estrinseca aggregante. L’acqua, idrata l’impasto e concorre nell’azione meccanica dell’impastare alla formazione dei legami tra gli elementi (proteine, carboidrati, lipidi, zuccheri, sali, enzimi), non è
l’aggregante.
Aggregato è un torrone, dove le nocciole e il cioccolato sono veramente dei corpi, aggregati dalla pasta zuccherata. Aggregato è il calcestruzzo, dove sabbia e ghiaietto sono cementati. Aggregato è l’asfalto del nastro stradale, dove il ghiaietto è inserito nel bitume. Il pane non è un aggregato, pur essendo eterogeneo, ma una
lega, e come tale è un tutto unitario.
La parola soluzione non ha il pericolo di una immaginazione di una realtà estrinseca
aggregante.
Il pane e il vino sono due tutti unitari, cioè degli enti con una oggettiva
realtà profonda che ne determina l’esse; realtà profonda che viene chiamata
sostanza (sub-stare, stare sotto). Ciò è colto dall’intelletto immediatamente. Vengono poi dette
specie (da specere, guardare) le apparenze, che i sensi percepiscono.
Va detto che nel vivente l’unità, e quindi la sostanza, è più evidente per il fatto che ogni elemento (atomo, molecola, cellula, organo) costituente il corpo
cospira, per così dire, all’unità operativa del vivente.
Il pane e il vino hanno una unità e per questo hanno una oggettiva
realtà profonda che ne determina la natura, l’esse, ed è ciò che viene chiamato
sostanza (sub-stare, stare sotto). Ciò è colto dall’intelletto immediatamente. Vengono poi dette specie (da
specere, guardare) le apparenze, che i sensi percepiscono.
La transustanziazione è l’atto che trasforma, per prodigio mirabile dello Spirito Santo, tutta la realtà profonda
del pane e del vino, nel Corpo e nel Sangue di Cristo. Con la transustanziazione della sostanza del pane e della sostanza del vino (Denzinger 1652), l’esse del pane e del vino non esistono più, rimanendo solo le apparenze (specie); cosicché viene respinta come impossibile la
consustanzialità luterana. (Denzinger 1652): “Se qualcuno dirà che nel santissimo sacramento dell’Eucarestia con il Corpo e il Sangue di nostro Signore Gesù Cristo rimane la sostanza del pane e del vino e negherà quella meravigliosa e singolare conversione di tutta la sostanza del pane nel Corpo, e di tutta la sostanza del vino nel Sangue, mentre rimangono solamente le specie del pane e del vino, conversione che la Chiesa cattolica con termine appropriatissimo chiama transustanziazione: sia anatema”. Per rimarcare l’assoluta incompatibilità con una presenza che lasci, sia del pane che del vino, la sostanza viene detto: “tutta la sostanza” del pane e del vino.
Le apparenze (specie) del pane e del vino nella transustanziazione rimangono nell’essere per un miracolo dell’onnipotenza divina. Quando, dopo aver ricevuto la Comunione, le specie giungono alla corruzione, esse rianno la loro realtà piena per la
potenza creatrice divina.
Va aggiunto che frazionando le specie Cristo rimane tutto intero in ogni frazione (Denzinher 1653),
Inoltre, la presenza reale rimane oltre il tempo della celebrazione eucaristica (Denzinger 1954).
La Messa è il "sacrificio spirituale e perfetto”, in quanto in essa “è contenuto e immolato in modo incruento lo stesso Cristo, che si offerse una sola volta in modo cruento sull’altare della croce” (Denzinger, 1743).
Nell’annuncio del mistero dell’Incarnazione (Lc 1,35) allo Spirito Santo è attribuita la potenza dell’Altissimo. Il mistero dell’Incarnazione nel grembo di Maria per opera della potenza dello Spirito Santo è termine di riferimento delle
epiclesi consacratorie. Così anche il Canone Romano si riferisce a un’epiclesi includente lo Spirito Santo
Va notato che nelle epiclesi non si ha precisamente l’invocazione dello Spirito Santo, poiché è il Padre che viene pregato ad inviare, sui doni, lo Spirito Santo. Il termine “santifica”, indica la consacrazione.
La consacrazione non si attua in questo momento dell’epiclesi, ma quando saranno pronunciate -
in persona Christi - dal ministro consacrato le parole espresse da Gesù nell’ultima cena. La Chiesa, pur avendo ricevuto il comando del Signore di renderlo presente sull’altare,
non è padrona del miracolo della transustanziazione, per cui umilmente
chiede l’intervento della potenza della benedizione di Dio. “Degnati di accettarla a nostro favore in sacrificio spirituale e perfetto”. L’oblazione della Chiesa è gradita a Dio Padre in quanto unita a quella di Cristo, per cui si chiede umilmente che l’oblazione della Chiesa, sia fortemente unita a Cristo, “spirituale e perfetta”. La Chiesa, infatti, partecipa alle sofferenze di Cristo (Fil 3,10; 1Pt 4,5), e al loro completamento (Col 1,23), quale grazia di Cristo (Fil 2,29). Da qui non ogni celebrazione Eucaristica ha lo stesso valore: Infinito quello di Cristo, finito quello della Chiesa e non sempre uguale, a seconda della partecipazione.
sulle offerte
Racconto della cena
La vigilia della sua passione,
egli prese il pane nelle sue mani sante e venerabili,
e alzando gli occhi al cielo
a te, Dio Padre suo onnipotente,
rese grazie con la preghiera di benedizione,
spezzò il pane,
lo diede ai suoi discepoli e disse:
“La vigilia della sua passione”; queste parole continuano il fare memoria -
anamnesi - già iniziata nella preghiera di richiesta di accettazione. L’anamnesi
immette nella memoria dell’istituzione dell’Eucarestia e della Passione, preparando le parole della consacrazione, pronunciate dal celebrante “In persona Christi”.
“Rese grazie con la preghiera di benedizione”. Gesù benedice il Padre per il dono del pane, e a lui lo presenta. I Vangeli presentano questa
preghiera di benedizione improntata al rendimento di grazie (Mt 26,26; Mc 14,23; Lc 22,17; 1Cor 10,15): È la
berakhah ebraica. “Spezzò il pane”. Questa azione è segno dell’offerta di sé per tutti, che si compie nel sacrificio, dato dalla presenza del Corpo e del Sangue.
Prendete, e mangiatene tutti:
questo è il mio Corpo
offerto in sacrificio per voi.
“Offerto in sacrificio per voi”. “Per voi” non è presente in Matteo e Marco, ma solo in Luca. Tutti i vangeli sinottici presentano il valore sacrificale della morte di croce, che quindi non avrà il valore di una semplice esecuzione di morte per infrazione di una legge ebraica e romana, come esternamente poteva apparire.
Allo stesso modo, dopo aver cenato,
prese nelle sue mani sante e venerabili
questo glorioso calice,
ti rese grazie con la preghiera di benedizione,
lo diede ai suoi discepoli e disse:
Prendete, e bevetene tutti:
questo è il calice del mio Sangue,
per la nuova ed eterna alleanza,
versato per voi e per tutti
in remissione dei peccati.
Fate questo in memoria di me.
Mistero della fede
“Per voi e per tutti”. “Per voi” deriva da Luca 22,19-20) e da Paolo (1Cor 11,24). Tale espressione ha il valore di un coinvolgimento profondo degli apostoli, che faranno ciò che vedono e odono, ma non c’è nessuna chiusura per le genti, poiché la salvezza è per tutti i popoli e l’alleanza promessa ad Abramo includerà tutte le genti (Gn 12,3; 17,4-5; 22,18; 28,14; Is 25.6-12; 40, 3-5; 42,6; 45,6; 49,6; 52,7-12; 59,19; Gl 3,2; Sof 3,9; Zc 2,15; Ml 1,11; Ps 97/98,4; ecc.). Luca, fin dall’inizio del suo Vangelo (1,78; 2,31-32), pone l’universalità della salvezza. L’universalismo di Paolo è costitutivo della sua missione di portare il Vangelo alle genti.
“Tutti” è esplicitazione di “per molti”, che è espressione presente in Matteo (26,28) e in Marco (14,24), dove con “molti” si indicano “le moltitudini” in parallelo a (Is 53,12) dove il Servo di Jaweh avrà per “il suo intimo tormento (…) in premio le moltitudini”. L’esplicitazione di “per tutti” è evidente in (1Gv 2,2): “È lui la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo”.
“Fate questo in memoria di me”. Queste parole le troviamo in Luca (22,19) alla consacrazione del pane: “Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me”. Le troviamo pure in Paolo sia alla consacrazione del pane, sia alla consacrazione del vino (1Cor 11,24-25): “Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo:
‹Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo in memoria di me›”. Quello che ha fatto Gesù lo deve fare la Chiesa per mezzo dei ministri ordinati. La consacrazione del pane e del vino non può che essere strettamente rapportata a Cristo, infatti i ministri ordinati non agiscono come se la consacrazione sia prodigio da loro gestito, ma come ministri di Cristo, Sommo Sacerdote.
Fare “memoria” in senso non puramente storico è esprimere con parole e feste - ritualità - un evento passato costitutivo di una svolta storica, che si intende mantenere viva e efficace nel tempo. Se questo evento-svolta scaturisce dall’iniziativa di Dio, il fare memoria, determina la volontà di un permanere nel tempo del rapporto nuovo che si è determinato con Dio.
L’evento successivo alla chiamata di Abramo, costitutivo per vita del popolo ebraico, avvenne sempre per iniziativa di Dio, con i connotati di un dono che richiedeva una corrispondenza illuminata dalle norme con le quali amare Dio e i fratelli, nella consapevolezza della necessità di essere sostenuti dall’aiuto divino. Dio in tal modo si legò con un patto con il popolo di Abramo, che diventò suo popolo particolare.
Gli Ebrei ricordarono la liberazione dall’Egitto, e l’alleanza del Sinai, non come il ricordo storico di una liberazione da una tirannide, ma come misericordia di Dio, come evento luce per tutto un cammino che doveva condurre a un compimento, quello della nuova ed eterna alleanza.
La Pasqua ebraica, celebrata con azzimi e il sacrificio di agnelli, era un memoriale, che aveva valore se in tensione verso il compimento, cioè Cristo, liberatore non da un faraone terreno, ma dalle catene del faraone infernale, con l’accesso al dono di essere, e lo siamo realmente, figli di Dio.
Le parole di Cristo: “Fate questo in memoria di me”, indicano l’istituzione del memoriale che la Chiesa dovrà celebrare. Esso supera l’antecedente Pasqua, perché ne è il compimento, ma non sullo stesso livello di liberazione terrena dalle ingiustizie dei dominatori di Israele,
in primis l’Egitto, come scribi e farisei credettero, ma a un livello immensamente superiore, così che i contenuti del memoriale antecedente sono una figura del nuovo. Infatti il memoriale antecedente, aveva la sua ragione in Cristo (Cf. 1Cor 10, 1-4).
La novità è folgorante perché l’evento sacrificale della liberazione dalle catene del peccato, operata da Cristo, raggiunge il presente, come realtà viva della sua potenza d’amore. Certamente in Cielo Cristo intercede presso il Padre, sulla base del sacrificio avvenuto, ma nell’Eucarestia l’incendio d’amore sacrificale che Cristo ebbe sul legno della croce viene la lui riattuato. Cristo, a transustanziazione avvenuta, subito si immola, cioè rinnova gli stati interni che ebbe sulla croce. Uno solo è il sacrificio di Cristo, quello della croce issata sul Calvario, ma esso, senza i tratti cruenti, è presente sull’altare.
Quell’amore che Cristo ebbe sulla croce, e che esprimiamo nell’immagine del suo Cuore sprigionante fiamme, nell’Eucarestia ci coinvolge, trasfondendosi in noi nella comunione.
Quell’amore è per sempre, poiché sigillato da un’alleanza alla quale Cristo sarà sempre fedele: “Io sono con voi fino alla fine del mondo”. L’alleanza è eterna poiché la fedeltà di Cristo sempre sarà, ma anche perché la Chiesa, sua Sposa, è da lui sempre sostenuta e resa indefettibile nel suo essere.
“Mistero della fede”: La ricchezza del mistero dell’Eucarestia è insondabile, e solo la fede - offerta a tutti, anche se non di tutti è la fede (2Ts 3,2) - fa aderire, e percepire in oscurità luminosa, il mistero. Mistero al quale confluiscono in unità tutti i misteri della vita cristiana.
Acclamazione dell’assemblea
Annunciamo la tua morte, Signore,
proclamiamo la tua risurrezione,
nell’attesa della tua venuta.
Celebrare il “memoriale” della Pasqua del Signore è anche annunciare la passione del Signore; è dare testimonianza viva della sua passione, e ciò fino al suo ritorno, poiché egli risorto dai morti ritornerà alla fine dei tempi quale giudice glorioso. (1Cor 11,26): “Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga”.
Oppure:
Ogni volta che mangiamo di questo pane
e beviamo a questo calice,
annunciamo la tua morte, Signore,
nell’attesa della tua venuta.
Oppure:
Tu ci hai redenti con la tua croce
e la tua risurrezione:
salvaci, o Salvatore del mondo.
Memoria di Cristo e offerta
In questo sacrificio, o Padre,
noi tuoi ministri e il tuo popolo santo
celebriamo il memoriale
della beata passione,
della risurrezione dai morti
e della gloriosa ascensione al cielo
del Cristo tuo Figlio e nostro Signore;
e offriamo alla tua maestà divina,
tra i doni che ci hai dato,
la vittima pura, santa e immacolata,
pane santo della vita eterna,
calice dell’eterna salvezza.
“Il memoriale della beata passione”, deve includere la risurrezione e la gloriosa ascensione al cielo. Se risorto il Corpo è unito al Sangue e viceversa, ma nella celebrazione il Corpo e il Sangue sono
distinti, essendovi due transustanziazioni; tuttavia per concomitanza naturale al Sangue è unito il Corpo e al Corpo è unito il Sangue. Cristo è nella gloria, ma nell’Eucarestia è in stato di vittima, rinnovando egli gli stati interni che ebbe sulla croce. Inoltre è in una condizione di
kenosis, poiché si fa nostro cibo e nostra bevanda. “La vittima pura, santa e immacolata, pane santo della vita eterna, calice dell’eterna salvezza”. Cristo è in stato di vittima, ciò sotto i segni sacramentali del pane e del vino - “pane santo della vita eterna, calice dell’eterna salvezza” -, dei quali rimangono solo le
apparenze, mantenute in essere, miracolosamente, senza il proprio substrato
ontologico (subiectum), ovvero, con linguaggio corrente, la loro
realtà profonda.
Le specie sono tuttavia ancora in relazione con la reale presenza, nel senso che la
corruzione naturale di esse determina la fine della presenza reale. La corruzione delle specie del pane e del vino si accompagna con il miracolo dell’istaurarsi della realtà profonda di ciò che ne risulta.
Accettazione dell’offerta
Volgi sulla nostra offerta
il tuo sguardo sereno e benigno,
come hai voluto accettare
i doni di Abele, il giusto,
il sacrificio di Abramo, nostro padre nella fede,
e l’oblazione pura e santa
di Melchisedek, tuo sommo sacerdote.
Si supplica che Dio Padre accolga la “nostra Offerta”, che è certo Cristo in stato di vittima, realtà infinitamente gradita a Dio, ma l’Offerta deve accompagnarsi con la corrispondenza al dono dell’essere in Cristo; corrispondenza che è obbedienza alla sua parola e imitazione del suo comportamento. Senza tale corrispondenza non è possibile piacere a Dio, e la celebrazione Eucaristica non può ottenere che ben pochi doni di grazia.
“Come hai voluto accettare i doni di Abele (…), e l’oblazione pura e santa di Melchisedek, tuo sommo sacerdote”.
L’accettazione del sacrificio [doni, oblazione, sacrificio, sono sinonimi], non dipende dalla strutturazione o bellezza del rito, ma dalla disposizione dell’offerente. Abele offrì i frutti del gregge, nel riconoscimento di come Dio aveva benedetto la sua attività di pastore. Abramo arrivò fino al punto estremo di sacrificare Isacco nella fede che Dio lo avrebbe risuscitato, e fu fermato dall’intervento dell’angelo del Signore. Melchisedek, “sommo sacerdote”, offrì a Dio altissimo pane e vino, nel segno di una comunione con Abramo, che riconobbe il sacerdozio di Melchisedek, dandogli la decima di quanto aveva.
I tre sono degli esempi di offerenti graditi a Dio. Giusto è Abele; fermissimo nella fede è Abramo; testimone limpido di un sacerdozio di elezione divina, e perciò non di casato, come quello di Aronnne, è Melchisedek.
Ti supplichiamo, Dio onnipotente:
fa’ che questa offerta,
per le mani del tuo angelo santo,
sia portata sull’altare del cielo
davanti alla tua maestà divina,
perché su tutti noi che partecipiamo di questo altare,
comunicando al santo mistero
del Corpo e Sangue del tuo Figlio,
scenda la pienezza di ogni grazia
e benedizione del cielo.
Questa parte del Canone romano la si può comprendere solo se ci si rifà alle fonti bibliche, e dal punto di vista figurativo alla liturgia celeste angelica (Ap. 8,3). Si tratta, in effetti, della mediazione cultuale angelica, e non di Cristo, quale angelo dell’alleanza, o dello Spirito Santo (…), dal momento che in testi di anafore arcaiche (De sacramentis; anafora di Serapione; anafora di Marco) si parla di angeli al plurale sulla scorta del testo di Daniele (7,10). La riduzione al singolare del canone Romano riporta al testo dell’Apocalisse (8,3).
La celebrazione Eucaristica, dove si rende realmente presente, per il miracolo della transustanziazione, Cristo, rinnovante gli stati interni che ebbe sulla croce, è la ragione della lode angelica a Dio. Sia perché tutte le cose sono state (Col 1,16): “Per mezzo di lui e in vista di lui”; sia perché in Cristo sono state riconciliate le cose della terra e le cose del cielo, che erano in contrasto tra di loro a causa del peccato di Adamo (Ef 1,10): “Ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra”; (Col 1,20): “Avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli”. La Chiesa, obbediente a Cristo, offre il sacrificio di Cristo, e di sé, al Padre, e gli domanda che l’Offerta “per le mani del tuo angelo santo sia portata”
sull’immateriale - poiché è solo un’immagine - altare del cielo (Ap 6,9), che corrisponde all’altare degli olocausti (Es 27,1s;1Re 8,64). Il
portare sull’altare del cielo l’offerta non è una traslazione fisica, ma solo una traslazione spirituale a Dio del sacrificio dell’altare della Chiesa, compiuto in memoria di Cristo, ed elevato a Dio dalla Chiesa.
Nella liturgia celeste c’è pure l’altare - immateriale - dei profumi (Es 30,1s; 1Re 6,20; Ap 8,3):
“Poi venne un altro angelo e si fermò presso l’altare, reggendo un incensiere d’oro. Gli furono dati molti profumi, perché li offrisse, insieme alle preghiere di tutti i santi, sull’altare d’oro, posto davanti al trono”.
Il libro di Tobia specifica molto bene l’azione angelica (12,12-14.18); “Ebbene, quando tu e Sara eravate in preghiera, io presentavo l’attestato della vostra preghiera davanti alla gloria di Dio”.
Le umili parole oranti della Chiesa sono, così, un’invocazione a Dio onnipotente, affinché il
ministero dell’assistenza angelica, ricomposto da Cristo, porti, con i suoi aiuti, a pienezza le abbondantissime elargizioni divine. Gli aiuti degli angeli sono: guidare, confortare, illuminare, difendere dai demoni secondo le possibilità della natura angelica, e gli angeli santi usano di questa loro natura per il bene voluto da Dio.
A loro si possono fare preghiere in Cristo, affinché si abbia il loro aiuto, ma nella preghiera del Canone in esame non è presentato questo aspetto. È presentato nel “Confiteor”: “Supplico la beata sempre vergine Maria, gli angeli, i santi
e voi fratelli e sorelle, di pregare per me il Signore Dio nostro”. Tuttavia, la preghiera degli angeli, fatta in Cristo, loro capo, non ha la medesima ragione di azione di quella dei santi. Infatti, i santi hanno partecipato alla passione di Cristo. Gli angeli non hanno avuto una carne come l’uomo; una carne da dominare, da offrire nell’unione al sacrificio di Cristo.
Altro non si può dire, ma è già tutto sapere che gli angeli intervengono, per la riconciliazione attuata da Cristo (Col 1,20), nel cammino della Chiesa e dell’umanità.
Intercessione per i defunti
Ricordati, o Signore, dei tuoi fedeli [N. e N.],
che ci hanno preceduto con il segno della fede
e dormono il sonno della pace
Dona loro, o Signore,
e a tutti quelli che riposano in Cristo,
la beatitudine, la luce e la pace.
Invocazione per avere parte all’assemblea celeste
Anche a noi, tuoi ministri, peccatori,
ma fiduciosi nella tua infinita misericordia,
concedi, o Signore,
di aver parte alla comunità
dei tuoi santi apostoli e martiri:
Giovanni, Stefano, Mattia, Barnaba,
[Ignazio, Alessandro, Marcellino, Pietro,
Felicita, Perpetua, Agata, Lucia,
Agnese, Cecilia, Anastasia]
e tutti i tuoi santi;
ammettici a godere della loro sorte beata
non per i nostri meriti,
ma per la ricchezza del tuo perdono.
“Anche a noi, tuoi ministri”. Il celebrante non è una individualità isolata, perché è in unione con tutti i presbiteri, essendo uno solo il sacerdozio, quello di Cristo. Quello dei ministri è solo una partecipazione di quello unico di Cristo. Per questo sono detti chiamati sacerdoti “ministeriali”.
Per Cristo Signore nostro,
tu, o Dio, crei e santifichi sempre,
fai vivere, benedici
e doni al mondo ogni bene.
"Crei”; la creazione non è terminata, per Cristo continua nella creazione di nuove anime. Se non fosse per la salvezza portata da Cristo, Dio avrebbe dovuto distruggere Adamo ed Eva, e quindi il proseguire delle generazioni umane. “Crei”, perché anche se la creazione è terminata è sempre soggetta all’azione della provvidenza (Ps 103/104,30): “Mandi il tuo Spirito e sono creati, e tu rinnovi la faccia della terra”.
“Santifichi sempre”; Dio non cessa mai di santificare gli uomini con la grazia dello Spirito Santo, particolarmente operante nei sacramenti.
“Fai vivere, benedici e doni al mondo ogni bene”; Dio sa che l’uomo ha bisogno di sostentamento per vivere e dunque benedice il lavoro dell’uomo, regolando le stagioni, e le attività agricole, industriali, mediche, ma anche quelle culturali e artistiche, e di svago.
Dossologia
Per Cristo, con Cristo e in Cristo,
a te, Dio Padre onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo,
ogni onore e gloria
per tutti i secoli dei secoli.
Amen.
“Per Cristo, con Cristo e in Cristo”. Si offre al Padre il sacrificio di Cristo, poiché egli è presente in stato di vittima, ma unitamente a quello di Cristo si offre il sacrificio, cioè le azioni buone, le penitenze, le croci sostenute, le preghiere, dell’assemblea e del celebrante, e di tutta la Chiesa per la realtà della Comunione dei Santi.
“Nell’unità dello Spirito Santo”. L’unità è quella che si ha in Cristo nel dono dello Spirito Santo, nell’appartenenza viva alla Chiesa, e nell’apertura al Padre.
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Preghiera Eucaristica II |
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Paolo VI, mentre diede la disposizione di conservare il Canone romano, così come la storia ce l’ha consegnato, chiese che venissero composte altre due o tre anafore, tenendo conto delle antiche fonti liturgiche, molto studiate dal Movimento Liturgico. Una ricchezza che non andava chiusa nel passato, ma rivisitata e ripresa nelle parti di massimo valore.
La grande autorità dell’anafora - attribuita a sant’Ippolito - contenuta nel testo della Tradizione Apostolica, del III secolo, non poteva non essere presa in considerazione, per cui è dalla recezione dello schema di tale testo, che scaturisce il secondo Canone.
V/. Il Signore sia con voi.
R/. E con il tuo spirito.
V/. In alto i nostri cuori.
R/. Sono rivolti al Signore.
V/. Rendiamo grazie al Signore nostro Dio.
R/. È cosa buona e giusta.
Prefazio
facente parte del Canone
È veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
rendere grazie sempre e in ogni luogo
a te, Padre santo,
per Gesù Cristo, tuo amatissimo Figlio.
Egli è la tua parola vivente:
per mezzo di lui hai creato tutte le cose,
lo hai mandato a noi salvatore e redentore,
fatto uomo per opera dello Spirito Santo
e nato dalla Vergine Maria.
Per compiere la tua volontà
e acquistarti un popolo santo
egli, nell’ora della passione,
stese le braccia sulla croce,
morendo distrusse la morte
e proclamò la risurrezione.
Per questo mistero di salvezza,
uniti agli angeli e ai santi,
cantiamo a una sola voce
la tua gloria:
Canto al tre volte Santo
Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell’universo.
I cieli e la terra sono pieni della tua gloria.
Osanna nell’alto dei cieli.
Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Osanna nell’alto dei cieli.
“È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza”. Non c’è salvezza per chi dimentica la gratitudine, e ciò va sottolineato, non imposto, “Nostro dovere” non è un dovere di imposizione, ma di realtà che non può essere dimenticata. La salvezza è un dono che richiede corrispondenza. Senza la corrispondenza il dono si vanifica: dunque “Nostro dovere”.
“Rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Padre santo, per Gesù Cristo, tuo amatissimo Figlio”. Gesù Cristo, mediatore presso il Padre della salvezza dell’uomo, pone l’uomo in rendimento di grazie al Padre, che ha mandato (Mt 21,37; Mc 12,6; Lc 20,13; 1Gv 4,9) e dato (Gv 3,16) il suo “amatissimo Figlio”.
“Egli è la tua parola vivente”. Gesù Cristo è la parola vivente inviata dal Padre. Egli, il Pensiero-Persona -
il Logos - (Gv1,1) è diventato per l’Incarnazione la Parola inviata dal Padre nel mondo (Gv 1,9-11; 4,34), che va ascoltata (Mt 12,18; 17,5; Mc 9,7). La Parola, cioè il Verbo Incarnato, è unita, al Padre, e pronuncerà le parole
viste, e perciò ineffabilmente udite, presso il Padre (Gv 8,38; 12,49; 14,10; 15,15).
“Per mezzo di lui hai creato tutte le cose”. Il riferimento a (Gv 1,3; 1Cor 8,6; Col 1,15-20; Eb 1,2) è diretto. Riguarda il Cristo nella sua natura divina. L’eterno Figlio, consustanziale al Padre, creatore unitamente al Padre, è stato inviato dal Padre nel mondo, nel mistero dell’Incarnazione, per l’opera della salvezza, per la ricreazione di tutte le cose (Ef 1,10): “Per ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose”. “Lo hai mandato a noi salvatore e redentore”. L’opera della salvezza procede dal Padre, poiché “ha mandato a noi” (Gv 8,42.44s; 17,8.23; Rm 8,3; Gal 4,4) il Figlio a compiere l’opera della salvezza. È un “mandare” che è anche un “dare” (Gv 3,16-17) in quanto
“vittima di espiazione dei nostri peccati” (1Gv 4,10).
Il mandare a noi implica un discendere dal Cielo (il Credo); non perché lo abbia lasciato in quanto l’Essenza è una, ma nel senso che il Figlio ha lasciato lo splendore dell’unione d’amore che aveva presso il Padre. Rimane l’unione, rimane l’amore, con momenti di altissima e fulgida intimità (Lc 3,21-22; 9,29), ma pur sempre nell’abbassamento (kenosis) di sé (Fil 2,7-8), nel mistero dell’Incarnazione e della Passione. Egli ha umiliato il suo essere consustanziale al Padre assumendo “una condizione di servo” (Fil 2,7) e servo ha umiliato sé stesso “facendosi obbediente fino alla morte a una morte di croce” (Fil 2,8).
“Salvatore e redentore” sono sinonimi, tuttavia con sfumature diverse. Gesù è salvatore perché salva dalle conseguenze del peccato. il peccato è distruttore a tutti i livelli: sociale, ecologico, religioso. Il peccato è morte, è dolore e alla fine privazione eterna di Dio.
Gesù è Redentore in quanto liberatore dalla morsa del peccato, che fa capo a satana.
La scelta del peccato è sempre scelta libera, ma con il peccato cessa la libertà (Gv 8,34), per riaverla occorre andare a Cristo, nel cui sacrificio abbiamo il perdono dei peccati e quindi la ripresa della libertà di figli di Dio (Gv 8,36; 2Cor 3,17; Gal 5,13; Eb 3,6; Gc 1,25).
“Egli, nell’ora della passione, stese le braccia sulla croce”. “Stese le braccia sulla croce”, accettando, con atto di decisa volontà (Eb 12,2), tale morte per la salvezza del genere umano. Nel dolore di quella morte egli raggiunse la perfezione d’amore, in quanto uomo (Eb 5,8-9), voluta dal Padre, affinché fosse il Salvatore. Sempre perfetto davanti agli uomini, ma c’era una perfezione d’amore davanti al Padre che venne raggiunta e sigillata dalle parole (Gv 19,30): ”Tutto è compiuto”.
“Morendo distrusse la morte e proclamò la risurrezione”. La morte è stata distrutta dalla morte di Cristo (1Cor 15,54):
"La morte è stata inghiottita nella
vittoria". Cristo risorgendo ha proclamato la risurrezione, cioè che anche coloro che sono rigenerati in lui risorgeranno nella gloria (1Cor 15,12-20).
“Per questo mistero di salvezza, uniti agli angeli e ai santi, cantiamo a una sola voce”. È a motivo della salvezza portata da Cristo, professata e vissuta, che, in unione con l’assemblea celeste degli angeli e dei santi, l’assemblea proclama nel canto, con “una sola voce” (Rm 15,6) la Santità di Dio (Cf Is 6,3).
“Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell’universo. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria”. “Santo”, in ebraico
Qodesh, dalla radice qd, che significa “separare”; ma la nozione biblica è molto più ricca, di quella di separazione dal mondo profano, poiché la sua identità,
il suo nome, che si è rivelato nella potenza della creazione, nella provvidenza, nella fedeltà, nella giustizia,
è santo (Ps 32/33,21; Am 2,7; Lc 1,49; Ap 4,8).
È il canto finale, che inneggia con esultanza alla santità di Dio, alla sua stessa identità: trascendenza, potenza, vita, bontà, fedeltà, misericordia, giustizia, bellezza, inesauribilità, eternità. Il riferimento al canto dei cherubini nel tempio è immediato (Is 6,3).
“Osanna nell’alto dei cieli. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell’alto dei cieli”. “Osanna” viene dal greco ὡσαννά,
hōsanná, a sua volta derivato dall’ebraico הושענא, hoshana, con significato di “aiuto, sollievo, donazione di salvezza”.
È diventato per i cristiani una parola che esprime uno slancio di giubilo, di lode, di onore, di amore, di ringraziamento, di stupore, verso Dio.
Preghiera eucaristica
Epiclesi di consacrazione
Veramente santo sei tu, o Padre, fonte di ogni santità.
Ti preghiamo:
santifica questi doni con la rugiada del tuo Spirito
perché diventino per noi
il Corpo e il Sangue del Signore nostro Gesù Cristo.
“Veramente santo sei tu, o Padre, fonte di ogni santità”.
Il "Sanctus" prosegue con il rinnovato riconoscimento che il Padre è “veramente santo”. Egli è “la fonte di ogni santità”, in quanto ha inviato il Figlio nel mondo, nato da donna per opera dello Spirito Santo (Gal 4,4). Ora si chiede, in assonanza al mistero dell’Incarnazione, la sua azione sul pane e sul vino, per opera dello Spirito Santo, per la transustanziazione.
“Santifica”. In specifico, qui, santificare equivale a consacrare il pane e del vino al momento delle parole della consacrazione.
“Con la rugiada del tuo Spirito”. La rugiada è un leggero strato di acqua, da uno a tre decimi di millimetro, che si stende di notte sui campi per la condensazione del vapore acqueo dell’aria. Ciò risulta di grande utilità per il sostentamento dell’uomo in regioni con scarse piogge. Il fenomeno, ben distinto dalla dannosa brina, è assunto nella Bibbia come immagine delle elargizioni divine (Is 26,19; Os 14,6; Zc 8,12).
"La rugiada dello Spirito Santo", è un’espressione che proviene dalla liturgia antico-spagnola o mozarabica. “Missale gothicum”:
“Et Spiritus sancti tui rore perfundas”. “Le Liber mozarabicus sacramentorum et les manuscrits mozararabes”: “Estingue Sancti Spiritus rore nostrorum incentiua uitiorum”.
Si ha così una associazione, figurativa, dello Spirito Santo con la rugiada, risorsa di vita, di trasformazione della terra assetata in terra fiorente.
L’efficace azione dello Spirito Santo trasformerà - santificherà - il pane e il vino nel Corpo e Sangue di Cristo, che sono cibo e bevanda di vita (Gv 6,53).
Racconto della cena
Egli, consegnandosi volontariamente alla passione,
prese il pane, rese grazie,
lo spezzò,
lo diede ai suoi discepoli e disse:
Prendete, e mangiatene tutti:
questo è il mio Corpo offerto in sacrificio per voi.
Allo stesso modo, dopo aver cenato,
prese il calice,
di nuovo ti rese grazie,
lo diede ai suoi discepoli e disse:
Prendete, e bevetene tutti:
questo è il calice del mio Sangue,
per la nuova ed eterna alleanza,
versato per voi e per tutti
in remissione dei peccati.
Fate questo in memoria di me.
Mistero della fede
Acclamazione dell’assemblea
Annunciamo la tua morte, Signore,
proclamiamo la tua risurrezione,
nell’attesa della tua venuta.
Oppure:
Ogni volta che mangiamo di questo pane
e beviamo a questo calice,
annunciamo la tua morte, Signore,
nell’attesa della tua venuta.
Oppure:
Tu ci hai redenti con la tua croce
e la tua risurrezione:
salvaci, o Salvatore del mondo.
Memoria cultuale e offerta
Celebrando il memoriale
della morte e risurrezione del tuo Figlio,
ti offriamo, Padre,
il pane della vita e il calice della salvezza,
e ti rendiamo grazie
perché ci hai resi degni di stare alla tua presenza
a compiere il servizio sacerdotale.
“Ti offriamo, Padre, il pane della vita e il calice della salvezza”. Il pane frutto della terra e del lavoro dell’uomo è per il sostentamento del corpo; “il pane della vita” è il sostentamento dell’anima.
“Ti rendiamo grazie perché ci hai resi degni di stare alla tua presenza a compiere il servizio sacerdotale”. “Ci hai resi degni”, indica l’elezione divina; mentre: “Stare alla tua presenza”, specifica l’intera assemblea eucaristica, compreso il sacerdote, radunata attorno all’altare. È il servizio sacerdotale ordinato e quello comune dei battezzati.
Epiclesi di comunione
Ti preghiamo umilmente:
per la comunione
al Corpo e al Sangue di Cristo,
lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo.
“Lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo”. È la seconda epiclesi, quella di comunione. In modo perfetto questa epiclesi si connette alla comunione al Corpo e Sangue di Cristo, poiché lo Spirito Santo agisce per la promozione dell’unità della Chiesa, che è il Corpo mistico di Cristo (1Cor 10,16-17).
Intercessione per la Chiesa universale
Ricordati, Padre, della tua Chiesa
diffusa su tutta la terra:
e qui convocata
nel giorno in cui Cristo ha vinto la morte
e ci ha resi partecipi della sua vita immortale:
“Nel giorno in cui Cristo ha vinto la morte”: È il giorno dopo il sabato, la domenica, il giorno della risurrezione. È il giorno da lui scelto, e sottolineato nelle apparizioni ai discepoli (Gv 20,1.19.26; 1 Cor 16,2; At 20,7; Ap 1,10). “E ci ha resi partecipi della sua vita immortale”. Uniti a Cristo già ci è dato il germe della futura risurrezione.
Intenzioni per i defunti
Ricordati del nostro fratello
[della nostra sorella] […],
che [oggi] hai chiamato a te da questa vita;
e come per il Battesimo l’hai unito[a]
alla morte di Cristo, tuo Figlio,
così rendilo[a] partecipe della sua risurrezione.
Ricordati anche dei nostri fratelli e sorelle
che si sono addormentati
nella speranza della risurrezione
e, nella tua misericordia, di tutti i defunti:
ammettili alla luce del tuo volto.
Invocazione per avere parte all’assemblea celeste
Di noi tutti abbi misericordia,
donaci di aver parte alla vita eterna,
insieme con la beata Maria, Vergine e Madre di Dio,
san Giuseppe, suo sposo,
gli apostoli, [san …: santo del giorno o patrono]
e tutti i santi
che in ogni tempo ti furono graditi,
e in Gesù Cristo tuo Figlio
canteremo la tua lode e la tua gloria.
Dossologia
Per Cristo, con Cristo e in Cristo,
a te, Dio Padre onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo,
ogni onore e gloria
per tutti i secoli dei secoli.
Amen.
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Preghiera Eucaristica III |
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Questa preghiera eucaristica si ispira sia al modello antiocheno sia a quello alessandrino, e si può dire anche che la sua origine si richiami al Canone romano. L’autore del testo è l’intera commissione istituita a proposito della celebrazione eucaristica. Il lavoro della commissione, concretizzatosi con qualche difficoltà in un testo, venne sottoposto, per un pieno accordo, a Paolo VI, per cui la preghiera eucaristica III può chiamarsi “Canone Paolo VI”.
V/. Il Signore sia con voi.
R/. E con il tuo spirito.
V/. In alto i nostri cuori.
R/. Sono rivolti al Signore.
V/. Rendiamo grazie al Signore nostro Dio.
R/. È cosa buona e giusta.
Sanctus dei prefazi
Santo, Santo, Santo
il Signore Dio dell’universo.
I cieli e la terra sono pieni della tua gloria.
Osanna nell’alto dei cieli.
Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Osanna nell’alto dei cieli.
Veramente santo sei tu, o Padre,
ed è giusto che ogni creatura ti lodi.
Per mezzo del tuo Figlio,
il Signore nostro Gesù Cristo,
nella potenza dello Spirito Santo
fai vivere e santifichi l’universo,
e continui a radunare intorno a te un popolo
che, dall’oriente all’occidente,
offra al tuo nome il sacrificio perfetto.
“Fai vivere e santifichi l’universo”. Tutta la creazione è stata sottoposta alla caducità a causa della colpa di Adamo (Rm 8,20-21) e perciò conoscerà, similmente all’uomo, una morte, segnata dallo sconvolgimento dei cieli e della terra (2Pt 9,10s), prima di entrare, anch’essa, nella gloria dei figli di Dio.
Qui non si focalizza questo, ma l’azione provvidente dello Spirito Santo che dona vita agli uomini e agli animali tramite la regolazione delle stagioni, nonché azioni di guarigione. Poi ancora l’azione di assistenza morale, e del lavoro. “L’universo” indica non tanto
l’Universo, quanto ogni realtà in una visione più modesta. Comunque, visto che tutto nell’Universo è in connessione tra le parti, si può dire che Dio regola tutto l’Universo per mantenere le condizioni di vita sulla terra, altrimenti ci sarebbe la fine del mondo.
L’azione molteplice dello Spirito procede dal Padre per mezzo di Cristo, causa meritoria prima di ogni grazia.
Essa promuove la vita (Ps 103/104,30): “Tu mandi il tuo Spirito e sono creati, e tu rinnovi la faccia della terra”; ed è di santificazione continua, poiché il mondo è profanato continuamente dai peccati.
“E continui a radunare intorno a te un popolo che, dall’oriente all’occidente, offra al tuo nome il sacrificio perfetto”. Il Padre per mezzo di Cristo nella potenza dello Spirito santo, compie l’opera di radunare quali figli “intorno a te” un popolo che proviene da tutte le genti. Questo popolo, che è la Chiesa, presenta “il sacrificio perfetto”, cioè quello di Cristo, presente sugli altari con il suo Corpo e il suo Sangue, quale offerta perfetta al Padre. La Chiesa è cosi presentata come popolo e come assemblea liturgica.
“Dall’oriente”, cioè dal lato del levare del sole, “all’occidente”, cioè dal lato del tramontare del sole. Oriente e occidente sono, ovviamente, relativi alla regione geografica, considerando la rotazione della terra attorno al proprio asse. Il testo si ispira a Malachia (1,11).
Epiclesi di consacrazione
Ti preghiamo umilmente:
santifica e consacra con il tuo Spirito
i doni che ti abbiamo presentato
perché diventino il Corpo e il Sangue
del tuo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo,
che ci ha comandato
di celebrare questi misteri.
“Santifica e consacra”. I due verbi sono equivalenti nel loro significato, ma hanno un accento diverso. Essi sono congiunti costituendo un’endiadi: “Santifica” indica come il pane non apparterrà più alle realtà profane, mentre “consacra” indica l’ingresso nella sacralità. “Consacra” esplicita il “santifica”, così l’endiadi giunge a esprimere l’unico concetto, cioè la transustanziazione del pane e del vino, con maggiore forza. Nel testo originale in latino del nuovo messale al Canone III, compaiono i due verbi: “Ut hæc múnera, quæ tibi sacránda detúlimus, eódem Spíritu sanctificáre dignéris”.
Memoria della cena
Egli, nella notte in cui veniva tradito,
prese il pane,
ti rese grazie con la preghiera di benedizione,
lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli e disse:
Prendete, e mangiatene tutti:
questo è il mio Corpo
offerto in sacrificio per voi.
Allo stesso modo, dopo aver cenato,
prese il calice,
ti rese grazie con la preghiera di benedizione,
lo diede ai suoi discepoli e disse:
Prendete, e bevetene tutti:
questo è il calice del mio Sangue,
per la nuova ed eterna alleanza,
versato per voi e per tutti
in remissione dei peccati.
Fate questo in memoria di me.
Mistero della fede
Acclamazione dell’assemblea
Annunciamo la tua morte, Signore,
proclamiamo la tua risurrezione,
nell’attesa della tua venuta.
Oppure:
Ogni volta che mangiamo di questo pane
e beviamo a questo calice,
annunciamo la tua morte, Signore,
nell’attesa della tua venuta.
Oppure:
Tu ci hai redenti con la tua croce
e la tua risurrezione:
salvaci, o Salvatore del mondo.
Memoria cultuale e epiclesi di comunione
Celebrando il memoriale
della passione redentrice del tuo Figlio,
della sua mirabile risurrezione
e ascensione al cielo,
nell’attesa della sua venuta nella gloria,
ti offriamo, o Padre, in rendimento di grazie,
questo sacrificio vivo e santo.
Guarda con amore
e riconosci nell’offerta della tua Chiesa
la vittima immolata per la nostra redenzione,
e a noi, che ci nutriamo
del Corpo e del Sangue del tuo Figlio,
dona la pienezza dello Spirito Santo,
perché diventiamo in Cristo
un solo corpo e un solo spirito.
“Celebrando il memoriale della passione redentrice del tuo Figlio, della sua mirabile risurrezione e ascensione al cielo”. Nella celebrazione facciamo memoria della passione del Signore, ma anche della sua risurrezione e ascensione, perché fanno parte del mistero pasquale.
Cristo, che ha offerto se stesso sulla croce “una volta per tutte”” (Eb 7,26; 9,28), ha voluto che questo evento raggiungesse ogni uomo fino alla fine del mondo.
Per questo ha istituito per la Chiesa un sacrificio visibile (Messa), con cui venisse rappresentato, nei segni del pane e del vino, il sacrificio cruento sulla croce; non solo rappresentato, ma realmente presente, in
modo incruento, per la transustanziazione del pane e del vino nel suo Corpo e nel suo Sangue.
Gesù come si offrì al Padre a nostro favore sull’altare della croce, così ora, per il ministero dei sacerdoti, offre quello stesso sacrificio: diverso è solo il modo di offrirsi (Denzinger, 1743).
Il sacerdote compie un’azione sacrificale nel pronunciare,
in persona Christi, le parole della consacrazione, ma è Cristo che, posta la transustanziazione,
si immola (Paolo VI, Misterium fidei - 3/09/1965): “S’immola in modo incruento nel Sacrificio della Messa”.
Il che vuol dire che sull’altare, Cristo, in dipendenza dall’azione sacerdotale, da lui stesso istituita, attua in sé, per noi, gli stessi stati interiori che ebbe sulla croce (modo incruento). Il suo stato di immolazione è ben significato dalla separazione del Corpo e del Sangue, che per la realtà della risurrezione non esiste.
Ovviamente è quanto mai opportuna la proclamazione: “Mistero della fede”.
“Nell’attesa della sua venuta nella gloria”. Il memoriale avviene nel tempo ed è in tensione verso la fine del tempo, al momento del ritorno del Signore nella gloria (Mt 26,64; Gv 14,3; At 1,11; 3,20; 1Ts 4,16; 5,23; 1Cor 11,26; Col 3,4; Ap 2,25). Ogni Eucarestia aumenta il desiderio del compimento nell’eterno incontro con il Signore. Senza l’attesa del suo ritorno la Chiesa si appiatterebbe nel presente e la memoria del Signore diventerebbe un vuoto esercizio, poiché il compimento non è più vivamente atteso e dal memoriale eucaristico non ci si attende più la forza del cammino verso la meta.
“Ti offriamo, o Padre, in rendimento di grazie, questo sacrificio vivo e santo”. L’offerta della Chiesa è sacrificio “Vivo”, poiché non si ha più la presentazione del pane e del vino, quale offerta nella prospettiva della transustanziazione, ma questa è già stata compiuta. “Sacrificio vivo”, perché Cristo ne è la realtà. “Santo”, perché tale è, e non può essere contaminato dall’indegnità o malizia di chi lo offre (Denzinger, 1742). Così pure (Paolo VI,
Misterium fidei): “L'oblazione è la medesima, chiunque sia l'offerente (…), perché non gli uomini la fanno santa, ma colui che la santificò”
“Guarda con amore e riconosci nell’offerta della tua Chiesa la vittima immolata per la nostra redenzione”. Si chiede al Padre che guardi l’assemblea con amore, poiché riunita attorno all’altare di Cristo, dove egli è presente in stato di vittima. È il medesimo sacrificio della croce, ma attuato in modo incruento, per cui Cristo si immola rinnovando gli stati interni che ebbe sulla croce. La teologia del testo è quanto mai chiara circa l’immolazione incruenta di Cristo sull’altare (Concilio di Trento sess. 22, canone 4, Denzinger, 1755).
“E a noi, che ci nutriamo del Corpo e del Sangue del tuo Figlio, dona la pienezza dello Spirito Santo, perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito”. Riunita attorno all’altare, che è pure la mensa alla quale ci si nutre del Corpo e Sangue “del tuo Figlio”, l’assemblea, una con la Chiesa, chiede, quale dono, “la pienezza dello Spirito Santo”, capace di farla diventare “in Cristo un solo corpo e un solo spirito” (Ef 4,4). “Un solo corpo” nella viva appartenenza all’unico corpo di Cristo, che è la Chiesa (1Cor 12,13; Ef 1,23; ecc,). “Un solo spirito”, poiché dove c’è un solo corpo c’è anche un solo spirito che lo anima. Tale
spirito, che rende solidale dall’interno il corpo. è la carità infusa dallo Spirito Santo (Rm 5,5). “La pienezza dello Spirito Santo”, riguarda pure la ricchezza dei sui doni, affinché nulla manchi alla comunità cristiana (1Cor 1,7).
Intercessioni
Lo Spirito Santo faccia di noi
un’offerta perenne a te gradita,
perché possiamo ottenere il regno promesso con i tuoi eletti:
con la beata Maria, Vergine e Madre di Dio,
san Giuseppe, suo sposo,
i tuoi santi apostoli,
i gloriosi martiri,
[san…: santo del giorno o patrono]
e tutti i santi, nostri intercessori presso di te.
Ti preghiamo, o Padre:
questo sacrificio della nostra riconciliazione
doni pace e salvezza al mondo intero.
Conferma nella fede e nell’amore
la tua Chiesa pellegrina sulla terra:
il tuo servo e nostro papa […],
il nostro vescovo […], l’ordine episcopale,
i presbiteri, i diaconi
e il popolo che tu hai redento.
Ricongiungi a te, Padre misericordioso,
tutti i tuoi figli ovunque dispersi.
“Lo Spirito Santo faccia di noi un’offerta perenne a te gradita”.
Uniti in Cristo nella Chiesa dall’azione dello Spirito Santo, si chiede di poter diventare un’offerta perenne a Dio gradita (Rm 15,16). La celebrazione eucaristica è la fonte e il culmine (Sacrosantum concilium 10; Presbyterorum ordinis 5) della vita della Chiesa, così da essa trova promozione, per ogni battezzato, l’essere “offerta perenne a te gradita”, cioè culto a Dio nella preghiera, nella testimonianza, nell’accettazione delle difficoltà.
Dall’adorazione di Cristo sull’altare si passa alla Comunione; poi si passa, nel quotidiano, ad
adorare Cristo nel cuore (1Pt 3,15), in una incessante Comunione eucaristica spirituale, tesa al desiderio di una nuova Comunione, in attesa della unione eterna e gloriosa nel cielo. In tal modo, si diventa “un’offerta perenne gradita” al Padre, così da poter “ottenere il regno promesso”. Gli “eletti” sono coloro che, chiamati, hanno corrisposto alla chiamata e sono stati perciò eletti a figli di Dio (Mt 22,14; Gv 1,12).
“Con la beata Maria, Vergine e Madre di Dio, san Giuseppe, suo sposo, i tuoi santi apostoli…”. Si pone al vertice la “Beata Maria, Vergine e Madre di Dio, poi san Giuseppe, e i santi apostoli. Maria e Giuseppe appartengono all’ordine dell’incarnazione. Maria, perché ha dato per potenza dello Spirito Santo, l’umanità al Verbo; Giuseppe perché lo ha inserito nella storia in modo legale. Senza Giuseppe Gesù sarebbe stato rifiutato come un illegittimo. Gli apostoli, formanti la struttura base della Chiesa, sono alle radici della conoscenza di Cristo nei popoli.
“Conferma nella fede e nell’amore la tua Chiesa pellegrina sulla terra: il tuo servo e nostro papa […], il nostro vescovo […], l’ordine episcopale, i presbiteri, i diaconi e il popolo che tu hai redento”. L’elenco parte dal pontefice, dai vescovi, ecc. cioè dalla struttura gerarchica della Chiesa, ma è evidente che la gerarchia fa parte del “popolo che tu hai redento”. Qua si vuole sottolineare l’importanza e la responsabilità della gerarchia, cosa necessaria, senza però far venire meno che la Chiesa è
tutta omogenea nella carità. “Conferma nella fede e nell’amore”; non vuol assolutamente dire entrare nell’impeccabilità, ma solo che Dio con le sue attestazioni di fedeltà conferma la fede e la carità rendendolo sempre più salde ((1Cor 1,8; 2Cor 1,21; 2Ts 2,17; 3,3; 1Pt 5,10).
“Ti preghiamo, o Padre: questo sacrificio della nostra riconciliazione doni pace e salvezza al mondo intero”. L’intercessione si rivolge ora al mondo intero. La celebrazione eucaristica è “sacrificio di riconciliazione” che riguarda la salvezza e il bene di tutti gli uomini, nessuno eccettuato.
Intenzione per i defunti e gloria finale
Accogli nel tuo regno
i nostri fratelli e sorelle defunti,
e tutti coloro che, in pace con te,
hanno lasciato questo mondo;
concedi anche a noi di ritrovarci insieme
a godere per sempre della tua gloria,
in Cristo, nostro Signore,
per mezzo del quale tu, o Dio,
doni al mondo ogni bene.
Ricordati del nostro fratello […],
[della nostra sorella …]
che [oggi] hai chiamato a te da questa vita,
e come per il Battesimo
l’hai unito[a] alla morte di Cristo, tuo Figlio,
così rendilo[a] partecipe della sua risurrezione,
quando egli farà sorgere i morti dalla terra
e trasfigurerà il nostro corpo mortale
per conformarlo al suo corpo glorioso.
Accogli nel tuo regno
i nostri fratelli e sorelle defunti,
e tutti coloro che, in pace con te,
hanno lasciato questo mondo;
concedi anche a noi di ritrovarci insieme
a godere della tua gloria
quando, asciugata ogni lacrima,
i nostri occhi vedranno il tuo volto
e noi saremo simili a te,
e canteremo per sempre la tua lode,
in Cristo, nostro Signore,
per mezzo del quale tu, o Dio,
doni al mondo ogni bene.
“Accogli nel tuo regno i nostri fratelli e sorelle defunti, e tutti coloro che, in pace con te, hanno lasciato questo mondo”. Si chiede la liberazione delle anime dal purgatorio dei “fratelli e sorelle defunti”, ma anche degli uomini di buona volontà, che pur non avendo conosciuto Cristo lo hanno amato e servito nel prossimo (Mt 25,35-44).
“Quando, asciugata ogni lacrima, i nostri occhi vedranno il tuo volto e noi saremo simili a te”. Ogni sofferenza sarà sanata (Ap 7,17; 21,4) dalla gioia immisurabile della visione beatifica di Dio, elevati a questa da una luce (lumen gloriae) che ci farà simili a Dio (1Gv 3,2). L’elevazione alla visione beatifica è un’operazione altissima di Dio; è una partecipazione di lui: “Noi saremo simili a te”.
Dossologia
Per Cristo, con Cristo e in Cristo,
a te, Dio Padre onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo,
ogni onore e gloria
per
tutti i secoli dei secoli.
Amen.
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Preghiera Eucaristica IV |
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Questa preghiera eucaristica ha una struttura che si richiama ai testi siro-antiocheni, e un’origine alessandrina circa la prima epiclesi. Si tratta dell’anafora alessandrina attribuita a san Marco; dell’anafora di tipo antiocheno di san Giacomo il minore, che rivela un’origine dalla Chiesa di Gerusalemme, seguita da sviluppi; dell’anafora di tipo antiocheno di san Basilio di Cesarea.
Dalla prima fonte sono stati assunti i temi della lode a Dio creatore - presente anche nell’anafora di san Giacomo il minore e di san Basilio -, dell’amore di Dio per i peccatori. Dalla seconda fonte il riferimento all’Incarnazione. Dalla terza è stato assunto in specifico il tema della creazione dell’uomo; come pure il tema degli angeli - nel prefazio - e della missione dei profeti.
Questa preghiera eucaristica forma un tutt’uno con il suo prefazio.
V/. Il Signore sia con voi.
R/. E con il tuo spirito.
V/. In alto i nostri cuori.
R/. Sono rivolti al Signore.
V/. Rendiamo grazie al Signore nostro Dio.
R/. È cosa buona e giusta.
Prefazio facente parte del Canone
È veramente giusto renderti grazie,
è bello cantare la tua gloria,
Padre santo, unico Dio vivo e vero:
prima del tempo e in eterno tu sei,
nel tuo regno di luce inaccessibile.
Tu solo sei buono e fonte della vita,
e hai dato origine all’universo
per effondere le tue benedizioni su tutte le creature
e allietarle con gli splendori della tua luce.
Schiere innumerevoli di angeli
stanno davanti a te per servirti,
contemplano la gloria del tuo volto,
e giorno e notte cantano la tua lode.
Insieme con loro anche noi,
fatti voce di ogni creatura che è sotto il cielo,
confessiamo il tuo nome
ed esultanti cantiamo:
Santo, Santo, Santo
il Signore Dio dell’universo.
I cieli e la terra sono pieni della tua gloria.
Osanna nell’alto dei cieli.
Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Osanna nell’alto dei cieli.
“È veramente giusto renderti grazie, è bello cantare la tua gloria”. Gli immisurabili benefici di Dio agli uomini fanno vedere quanto sia giusto rendergli grazie. Unitamente al rendimento di grazie si pone come dolce realtà il lodarlo (Ps 146/147,1). Cantare la sua gloria è bello, solleva il cuore, comunica gioia, esprime libertà dalle glorie cupe e vane del mondo.
“Padre santo, unico Dio vivo e vero”. Il Padre è santo perché separato radicalmente, per sua stessa natura, da tutto ciò che è oscurità, slealtà, incoerenza, infedeltà, doppiezza (Cf. Os 11,9). “Unico”, perché non ve n’è un altro (Es 20,3; Dt 3,24; 4,35; 6,4; Gs 2,11; 2Sam 7,22; 2Re 19,14; Is 44,6; 45,22; Dn 3,45; 14,41; Mc 12,29; 1Cor 8,4; Ef 4,6; 1Tm 2,5; Gd 25);
“vivo”, perché non è un idolo, che non ha vita (Os 2,1; Rm 9,26; Mt 16,16; At 13,15: Eb 10,31; 12,12; 1Pt 1,23; Ap 4,10; 7,23); “vero”, perché realmente esistente (2Cr 15,3; Sap 12,27; Ger 10,10; Gv 17,3; 1Ts 1,9; 1Gv 5,20).
“Prima del tempo e in eterno tu sei, nel tuo regno di luce inaccessibile”. “Prima del tempo”, cioè prima della creazione del mondo, dell’universo, che possiede la dimensione del tempo. “In eterno”, cioè senza inizio di esistenza. “Nel tuo regno di luce inaccessibile”: Il regno di Dio è il cielo e la terra (Gn 1,1), l’Universo intero, sul quale egli esercita la sua sovranità, la cui sapienza, è “luce inaccessibile” all’uomo (Rm 11,33; 1Tm 6,16).
“Tu solo sei buono e fonte della vita”: (Lc 18,19); (Ps 36,10; At 17,25).
“Hai dato origine all’universo per effondere le tue benedizioni su tutte le creature e allietarle con gli splendori della tua luce”. Dio ha creato l’Universo, l’uomo, gli angeli, non perché avesse la necessità, per la sua completezza, di creare, essendo egli perfettissimo in se stesso, sufficientissimo a se stesso, beatissimo in se stesso, luce a se stesso. Ha creato liberamente, per la gioia di creare, dando agli angeli e agli uomini la possibilità, con la corrispondenza al suo amore, che nulla chiede in contraccambio se non la gioia di donare l’elevazione a lui, fonte inesauribile di beatitudine, di giungere all’eterna comunione con lui, negli splendori della sua luce.
“Schiere innumerevoli di angeli stanno davanti a te per servirti, contemplano la gloria del tuo volto, e giorno e notte cantano la tua lode”. In cielo le schiere angeliche sono pronte a servire Dio, nell’invio agli uomini per soccorrerli e facilitare l’incontro con lui e la concordia tra le genti. Esse contemplano la gloria del suo volto nella visione beatifica (Mt 18,10), e incessantemente innalzano a lui la lode (Ps 89,6; Is 6,2; Ap 7,11).
“Insieme con loro anche noi, fatti voce di ogni creatura che è sotto il cielo, confessiamo il tuo nome ed esultanti cantiamo”. L’assemblea si associa alla liturgia celeste, e si fa “voce di ogni creatura”, cantando con esultanza il “Sanctus”. “Ogni creatura”, comprende non solo il genere umano, ma tutte le cose create, poiché tutte, in vario modo, hanno una missione d’amore per l’uomo, che riconoscendo ciò diventa voce di lode presso il Creatore. Il Canto di frate Sole di Francesco d’Assisi ne è il modello perfetto.
Vero è che il mondo è continuamente profanato dal peccato, ma i giusti con la loro vita lo riconsacrano e riconsacrano, e lo vogliono così guardare.
Preghiera eucaristica
La lode a Dio per l’opera della creazione e per l’opera della redenzione
Noi ti lodiamo, Padre santo,
per la tua grandezza:
tu hai fatto ogni cosa
con sapienza e amore.
Hai creato l’uomo a tua immagine,
alle sue mani hai affidato la cura del mondo intero
perché nell’obbedienza a te, unico creatore,
esercitasse la signoria su tutte le creature.
E quando, per la sua disobbedienza,
l’uomo perse la tua amicizia,
tu non l’hai abbandonato in potere della morte,
ma, nella tua misericordia, a tutti sei venuto incontro,
perché coloro che ti cercano ti possano trovare.
Molte volte hai offerto agli uomini la tua alleanza
e per mezzo dei profeti
hai insegnato a sperare nella salvezza.
Padre santo, hai tanto amato il mondo
da mandare a noi, nella pienezza dei tempi,
il tuo unigenito Figlio come salvatore.
Egli si è fatto uomo per opera dello Spirito Santo
ed è nato dalla Vergine Maria;
ha condiviso in tutto, eccetto il peccato,
la nostra condizione umana.
Ai poveri annunciò il Vangelo di salvezza,
la libertà ai prigionieri,
agli afflitti la gioia.
Per attuare il tuo disegno di redenzione
consegnò se stesso alla morte
e risorgendo distrusse la morte e rinnovò la vita.
E perché non vivessimo più per noi stessi
ma per lui che è morto e risorto per noi,
ha mandato, o Padre, lo Spirito Santo,
primo dono ai credenti,
a perfezionare la sua opera nel mondo
e compiere ogni santificazione.
“Noi ti lodiamo, Padre santo, per la tua grandezza”. La lode scaturisce dal
riconoscere [confitermur - riconosciamo - ha il testo latino, al posto di lodare, che pur è buona traduzione], stupiti, la “grandezza” del Padre santo; grandezza che risplende nella creazione dove ogni cosa è fatta “con sapienza e amore”. In cielo la lode scaturirà dal vedere Dio, così come egli è, e dal vedere tutta la potenza delle sue opere in lui. Ora, in terra la lode viene suscitata da ciò che cogliamo di Dio attraverso la creazione, la rivelazione, la sua azione. Creazione, rivelazione, azione, dicono tutta la sapienza e l’amore di Dio nella creazione di “ogni cosa”
. “Hai creato l’uomo a tua immagine, alle sue mani hai affidato la cura del mondo intero
perché nell’obbedienza a te, unico creatore, esercitasse la signoria su tutte le creature”.
“A tua immagine”, non solo in quanto possiede un’anima spirituale uscita da Dio per creazione, ma perché possiede la vocazione alla relazione interpersonale, a immagine della comunione trinitaria delle tre Persone.
“Nell’obbedienza a te”, tale obbedienza non è affatto di oppressione, ma è la condizione per potere percorrere la via della propria realizzazione conosciuta da Dio. Non è coercizione delle proprie risorse umane, alle quali è affidata “la cura del mondo intero” e “la signoria su tutte le creature”.
“E quando, per la sua disobbedienza, l’uomo perse la tua amicizia, tu non l’hai abbandonato in potere della morte, ma, nella tua misericordia, a tutti sei venuto incontro”. Dio non ha abbandonato l’uomo alla morte per mezzo di Cristo Salvatore. Senza prospettiva di salvezza sarebbe stata crudeltà farlo vivere, avrebbe dovuto fulminarlo alla porta del paradiso terrestre. Fu invece grazia in Cristo farlo vivere, affinché il disegno di elevazione dell’uomo a lui si compisse a un livello ancora più alto.
“Perché coloro che ti cercano ti possano trovare”. “Cercare” Dio è preceduto dall’accoglienza di Dio, che è già un trovarlo; un trovarlo che richiede sempre un continuo cercarlo per trovarlo sempre di più. “Trovare” Dio è conoscerlo nella viva fede, nell’amore acceso, nella speranza calma, in attesa del dono di vederlo in eterno nel cielo.
“Molte volte hai offerto agli uomini la tua alleanza e per mezzo dei profeti hai insegnato a sperare nella salvezza”. La storia della salvezza si è attuata in un lungo cammino segnato da alleanze (Gn 9,12; 17,2; Es 19,5; 24,1) e dalla luce dei profeti, che indirizzavano a Cristo.
“Padre santo, hai tanto amato il mondo da mandare a noi, nella pienezza dei tempi, il tuo unigenito Figlio come salvatore”. La narrazione lascia il posto al ringraziamento e alla lode (Gv 3,16). “Nella pienezza dei tempi” (Gal 4,4; Ef 1,10; Eb 9,26).
“Egli si è fatto uomo per opera dello Spirito Santo ed è nato dalla Vergine Maria; ha condiviso in tutto, eccetto il peccato, la nostra condizione umana”. (Lc 1,35); (Eb 4,15)
“Ai poveri annunciò il Vangelo di salvezza, la libertà ai prigionieri, agli afflitti la gioia”. (Is 42,7; 49,9; 61,1-3)
“Per attuare il tuo disegno di redenzione consegnò se stesso alla morte e risorgendo distrusse la morte e rinnovò la vita”. (Lc 24,7; Gv 10,17s; 1Cor 15,55; Eb 5,2)
“E perché non vivessimo più per noi stessi ma per lui che è morto e risorto per noi,
ha mandato, o Padre, lo Spirito Santo, primo dono ai credenti, a perfezionare la sua opera nel mondo e compiere ogni santificazione”. (Gv 3,5-6; 14,15-17.26; 16,7.13; Rm 1,4; 2Cor 7,1; 1Ts 4,3.7;; 1Tm 2,15; Eb 12,14; 1Pt 1,2)
Epiclesi di consacrazione
Ora ti preghiamo, o Padre:
venga il tuo Santo Spirito
a santificare questi doni
perché diventino il Corpo e il Sangue
del Signore nostro, Gesù Cristo,
nella celebrazione di questo grande mistero,
che ci ha lasciato come alleanza eterna.
“Ora ti preghiamo, o Padre: venga il tuo Santo Spirito a santificare questi doni. Santificare questi doni è la presenza dello Spirito sui doni perché diventino il Corpo e il Sangue del Signore nostro, Gesù Cristo”. L’epiclesi è una speciale preghiera della Chiesa dove si invoca la potenza dello Spirito Santo per la trasformazione “santificare” del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue del Signore. Questa trasformazione non si ha al momento dell’epiclesi, bensì della pronuncia delle parole dell’istituzione eucaristica dell’ultima cena, che il sacerdote dice
in persona Chiristi. Il ministro non possiede, pur pronunciando le parole della consacrazione, il potere del miracolo della transustanziazione, che appartiene unicamente alla potenza divina. L’epiclesi contiene il riconoscimento che solo la potenza dello Spirito Santo può il miracolo, e che tale potenza va invocata, affinché si abbia
per noi il Corpo e il Sangue di Cristo. “Che ci ha lasciato come alleanza eterna”. L’alleanza eterna è stata stabilità nel sacrificio della croce, che viene nella presenza del Corpo e del Sangue di Cristo attuato sull’altare, in modo che non si ha che un solo sacrificio (Eb 9,25-28), non la sua ripetizione. L’alleanza, dono di Dio, ci raggiunge in modo tale da accendere in noi la viva corrispondenza ad essa. Nella realtà dell’alleanza si unisce in modo indissolubile la teologia del dono alla teologia della corrispondenza al dono gratuito di Dio, di portata illimitata. L’Eucarestia è dono che chiede la corrispondenza e dà la forza per attuarla.
Memoria della cena
Egli, venuta l’ora di essere glorificato da te,
Padre santo,
avendo amato i suoi che erano nel mondo,
li amò sino alla fine;
e mentre cenava con loro
prese il pane, pronunciò la benedizione,
lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli e disse:
“Egli, venuta l’ora di essere glorificato da te, Padre santo, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”. (Gv 13,1; 17,1)
Prendete, e mangiatene tutti:
questo è il mio Corpo
offerto in sacrificio per voi.
Allo stesso modo, dopo aver cenato,
prese il calice,
ti rese grazie con la preghiera di benedizione,
lo diede ai suoi discepoli e disse:
Prendete, e bevetene tutti:
questo è il calice del mio Sangue,
per la nuova ed eterna alleanza,
versato per voi e per tutti
in remissione dei peccati.
Fate questo in memoria di me.
Mistero della fede.
Acclamazione dell’assemblea
Annunciamo la tua morte, Signore,
proclamiamo la tua risurrezione,
nell’attesa della tua venuta.
Oppure:
Ogni volta che mangiamo di questo pane
e beviamo a questo calice,
annunciamo la tua morte, Signore,
nell’attesa della tua venuta.
Oppure:
Tu ci hai redenti con la tua croce
e la tua risurrezione:
salvaci, o Salvatore del mondo.
Memoria di Cristo, offerta, e epiclesi di comunione
In questo memoriale della nostra redenzione
celebriamo, o Padre, la morte di Cristo,
la sua discesa agli inferi,
proclamiamo la sua risurrezione
e ascensione al cielo, dove siede alla tua destra;
e, in attesa della sua venuta nella gloria,
ti offriamo il suo Corpo e il suo Sangue,
sacrificio a te gradito e fonte di salvezza per il mondo intero.
Guarda con amore, o Dio,
il sacrificio che tu stesso hai preparato per la tua Chiesa,
e a tutti coloro che parteciperanno
a quest’unico pane e a quest’unico calice
concedi che, riuniti in un solo corpo dallo Spirito Santo,
diventino offerta viva in Cristo,
a lode della tua gloria.
“In questo memoriale della nostra redenzione celebriamo, o Padre, la morte di Cristo,
la sua discesa agli inferi, proclamiamo la sua risurrezione e ascensione al cielo, dove siede alla tua destra”.
Il memoriale eucaristico è cultuale, di celebrazione della “nostra redenzione”. Celebriamo la sua morte in croce, la sua discesa agli inferi (1Pt 3,19), la sua risurrezione, la sua ascensione al cielo, “dove siede alla destra del Padre”, quale Re sul trono della Gerusalemme celeste (Mt 19,28; 25,31; Gal 4,26; Eb 12,2.22), plenipotenziario in cielo e sulla terra (Mt 28,18).
“In attesa della sua venuta nella gloria, ti offriamo il suo Corpo e il suo Sangue, sacrificio a te gradito e fonte di salvezza per il mondo intero”. La Chiesa è sempre in attesa del ritorno del Signore, essendo gradita a Dio Padre perché unita al sacrificio di Cristo, che offre incessantemente, nell’apertura al mondo intero, poiché Cristo è morto per tutti gli uomini.
“Guarda con amore, o Dio, il sacrificio che tu stesso hai preparato per la tua Chiesa”. La Chiesa offre “il sacrificio”, poiché a Dio si offrono sacrifici, ma questo avviene per le parole della consacrazione e la potenza dello Spirito Santo, cosicché la vittima offerta è Cristo, con il suo Corpo e il suo Sangue. Ma va sottolineato che unitamente al divino sacrificio è unito, come frutto del medesimo e della corrispondenza allo stesso, il sacrifico della Chiesa.
“E a tutti coloro che parteciperanno a quest’unico pane e a quest’unico calice concedi che, riuniti in un solo corpo dallo Spirito Santo, diventino offerta viva in Cristo, a lode della tua gloria”. Questa invocazione è l’epiclesi di comunione. E’ richiesta che lo Spirito Santo unisca sempre più i battezzati nell’unità di un solo corpo, che è la Chiesa. Così uniti in Cristo lo Spirito Santo opererà affinché in Cristo, nella partecipazione al sacrificio di Cristo, diventino “offerta viva” “a lode della sua gloria”, cioè a lode dell’opera di salvezza in Cristo alla quale la Chiesa, in Cristo, subordinatamente a Cristo, partecipa (Col 1,24; Fil 3,10).
Intercessioni
Ora, Padre, ricordati di tutti quelli
per i quali noi ti offriamo questo sacrificio:
del tuo servo e nostro papa […],
del nostro vescovo […], dell’ordine episcopale,
dei presbiteri, dei diaconi,
coloro che si uniscono alla nostra offerta,
di quanti sono qui riuniti,
Intenzione per i defunti e gloria finale
Ricordati anche di coloro
che sono morti nella pace del tuo Cristo,
e di tutti i defunti,
dei quali tu solo hai conosciuto la fede.
Padre misericordioso,
concedi a tutti noi, tuoi figli, di ottenere
con la beata Maria, Vergine e Madre di Dio,
con san Giuseppe, suo sposo,
gli apostoli e i santi,
l’eredità eterna nel tuo regno,
dove con tutte le creature,
liberate dalla corruzione del peccato e della morte,
canteremo la tua gloria,
in Cristo nostro Signore,
per mezzo del quale tu, o Dio,
doni al mondo ogni bene.
Dossologia
Per Cristo, con Cristo e in Cristo,
a te, Dio Padre onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo,
ogni onore e gloria
per tutti i secoli dei secoli.
Amen.
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