Ultima cena di Leonardo da Vinci, Milano (audio)
 
 
 
   

La commissione dell’Ultima Cena nel refettorio del convento domenicano di Santa Maria delle Grazie a Milano risale a Gian Galeazzo Maria Sforza come dimostra un bozzetto dello stemma della lunetta centrale presente in alto sul Cenacolo. Il bozzetto si trova nella Royal Library a Windsor e si vedono le lettere GMS. A cio' si aggiungono alcuni bozzetti raffiguranti alcuni apostoli. Il tutto e' datato al 1493 circa.
Il 22 ottobre 1494 mori' Gian Galeazzo e Ludovico gli succedette immediatamente. Il duca Ludovico il Moro eredito' la commissione e la fece portare avanti.
L’esecuzione dell’Ultima Cena si protrasse dal 1494 al 1498, ma era gia' in fase di studio dal 1493.
Leonardo si fece istruire sull’Ultima Cena di Gesu' dai padri Domenicani e in particolare da padre Vincenzo Bandello, priore delle Grazie dal 1495 al 1501. Padre Vincenzo Bandello era stato insignito nel 1484 del titolo di “Magistro in teologia”, il massimo riconoscimento previsto dalla legislazione dell’Ordine Domenicano. Nel 1500 venne nominato Vicario generale dell’Ordine.
Padre Bandello fu vicino a Ludovico il Moro al punto da divenire suo esecutore testamentario. Porto' con se' alle Grazie il nipote Matteo Bandello, allora novizio domenicano, che, nelle sue novelle, descrisse il modo di lavorare di Leonardo nell’Ultima Cena.
Il Cenacolo e' il piu' grande dei dipinti di Leonardo (880 x 460 cm) ed il suo unico murale visibile ancora oggi.
Il Cenacolo rappresenta l'apice dell'attivita' artistica di Leonardo da Vinci, come e' stato sottolineato da tutta la critica moderna
Il mouse attiva la lente di ingrandimento/td
 
 
 
         

Leonardo nacque nel 1452 a Vinci (provincia di Firenze), localita' situata tra Empoli e Pistoia. Conosciamo l'ora e la data esatta della sua nascita grazie ad un documento scritto dal nonno: “1452, nacque un mio nipote, figliolo di Ser Piero, mio figliuolo a di' 15 aprile in sabato a ore 3 di notte. Ebbe nome Lionardo. Battezzollo prete Piero di Bartolomeo da Vinci". La madre era una serva dei campi, che Ser Piero D’Antonio avvicino'. Leonardo fu un figlio illegittimo. La madre, Caterina, pare che fosse di origine araba: una donna portata dalla sua terra in Toscana. Della donna si conosce solo il nome e l’anno della morte. Caterina ando' sposa l’anno dopo al fornaio Antonio di Piero del Vacca, detto l'Accattabriga, che accetto' la situazione.
Leonardo venne accolto, pur nella sua qualita' di illegittimo, nella casa di Ser Piero, che aveva sposato nel frattempo la sedicenne Donna Albiera degli Amadori, che mori' di parto. Leonardo ebbe quattro matrigne poiche' tre spose di Ser Piero, notaio, morirono. Da questi matrimoni il notaio ebbe 10 figli e due figlie.
Leonardo non ebbe alle spalle una famiglia serena dalla quale ricevere esempi. La sua formazione religiosa si limito' a ben poco. La sua educazione e formazione fu affidata ai nonni e fu discontinua senza un programma di fondo. Era mancino e imparo' a scrivere da destra a sinistra senza che si avesse la cura di fargli correggere quella impostazione. Tale modo di scrivere gli duro' per tutta la vita (lo si puo' leggere facilmente con uno specchio). Ando' a Firenze nel 1462 e frequento' le prime scuole, poi tra il 1469 e il 1470 venne condotto dal padre nella bottega dell’amico pittore Andrea Verrocchio, per avviarlo alla pittura, visto che dimostrava inclinazione per il disegno. Il padre si curo' di sostenerlo finanziariamente fino al 1480, ma poi dovette andare avanti da solo. E’ stata avanzata l’ipotesi che la madre Caterina, morto il marito, sia la domestica Caterina che stava con Leonardo dal 1493. La madre di Leonardo mori' nel 1495.
Quando il padre mori' il 9 luglio 1504 Leonardo scopri' che era stato escluso dall’eredita'.
Solo la passione per la cultura e il sapere gli diedero impulso a continuare personalmente gli studi in ogni direzione. La sua pratica cristiana era solo una pratica rituale, come presso gli umanisti del tempo. L’eco del Savonarola (1385-1468) si stava spegnendo di fronte agli indirizzi filosofico umanistici appoggiati dai Medici.
Dal 1476 Leonardo incomincio' a non essere piu' nella bottega del Verrocchio.
Non avendo avuto la possibilita' di studi umanistici, Leonardo non nascondeva questa realta' definendosi: “Omo sanza lettere”. E in un certo senso se ne gloriava perche' non era rimasto vittima delle impalcature scientifiche dei filosofi e aveva cosi' potuto accedere al reale della natura.
Nel 1482, inviato dal Magnifico, ando' a Milano presso la corte sforzesca di Lodovico il Moro. Nel 1494/95 inizio' l’Ultima cena nel refettorio del convento dei Domenicani di Santa Maria delle Grazie. Termino' l’opera, che misura 460 cm. per 880 cm., tra il 1497 e il 1498.

La sua vita privata
La formazione religiosa di Leonardo fu molto carente e Leonardo per lungo tempo, fin quasi al termine della sua vita, fu un cristiano di nome ma non di fatto. La vita privata di Leonardo e' stata recentemente oggetto di indagini. L’attenzione si e' rivolta a Gian Giacomo Caprotti a partire dalle note androgine che aveva. Gian Giacomo Caprotti (1480 - 1524) entro' all’eta' di dieci anni nella bottega di Leonardo quale garzone e alunno. L’ingresso di un alunno in una bottega comportava il pagamento di una retta da parte dei genitori, se poi assumeva lavori da garzone veniva ricompensato per questi, e cosi' Leonardo fece. Dopo un anno, al termine di un lavoretto di sartoria che l’allievo aveva fatto, Leonardo stava per compensarlo, ma Gian Giacomo Caprotti con una mossa velocissima gli rubo' il denaro, e non volle ammetterlo. Leonardo lo defini' cosi': “ladro, bugiardo, ostinato, ghiotto”. Nel 1494 gli diede il soprannome di “Salai”, con il significato di “diavolo”. Il nomignolo di Salai, deriva da Saladino (Salh ad-din, soprannome arabo che significa: integrita' della religione), venne usato in senso negativo “diavolo” poiche' Saladino era per i cristiani un infedele. Il nomignolo era noto a Firenze se Luigi Pulci lo uso' con tale senso nel suo Morgante (1478 e 1483).
Si sospettano dei cedimenti di Leonardo con Salai, secondo l’interpretazione psicoanalitica di Freud, molto confutabile [1], che vuole sostenere che Leonardo sarebbe stato un omosessuale, ma si hanno precisi dati opposti [2]. Leonardo era chiaramente eterosessuale, frequentatore di case di tolleranza e di cortigiane (Codice Arudel, presso la British Library di Londra, datato al 1505).

Il foglio 133v del Codice Atlantico, dove e' disegnata una bicicletta, evidenzia disegni osceni e il nome Salai, scritto da sinistra a destra, esattamente il contrario di come scriveva Leonardo. Le oscenita' (due falli riferiti al nome Salai) sono delle crudeli burle su Salai di qualche allievo della bottega di Leonardo. Il tratto grafico a carboncino delle volgarita', anche ad un primo sguardo, rivela che non sono assolutamente del grande maestro. Il disegno della bicicletta non ha la grafica dei disegni di Leonardo e l’introduzione nel foglio del disegno della bicicletta e' molto tardivo, ottocentesco. In nessuna altra parte del resto dei fogli di Leonardo si trova la bicicletta, mentre dovrebbero esserci molti abbozzi, molti particolari meccanici, come Leonardo usava fare. Molti fogli del Codice Atlantico si stanno rivelando non di Leonardo [3].

Il fatto che Leonardo ai primi del 1500 fece un bozzetto per uno studio pittorico, ritraendo Salai che si mostrava con un drappo che non lo copriva se non molto parzialmente, mostrando la sua virilita', ma anche la sua ambiguita', il tutto con un sorriso beffardo, indica l’interesse audace e anche spregiudicato di Leonardo per il caso androgino [4], ma non una dipendenza di Leonardo da un Salai.
E’ notizia da dare che probabilmente Leonardo a 15 anni ebbe un figlio illegittimo, come si ricava da un documento del 1479 dove si parla di un giovanissimo "Paolo di Leonardo da Vinci da Firenze", e dal Codice Weimar (1501) dove Leonardo traccia una sorta di autobiografia idealizzata, presentando la bellezza della nascita di un figlio: “Se un figlio viene concepito con grande amore e gran desiderio delle parti allora sara' di grande intelletto e spiritoso e vivace e amorevole".
Leonardo subi' nell’aprile del 1476 (era ancora nella bottega del Verrocchio, anche se gia' aveva acquistato un’indipendenza con varie opere a cominciare dal 1469/1470) insieme a dei suoi amici un’accusa anonima di sodomia verso un giovane. Un altro caso di denuncia anonima venne fatta nel giugno dello stesso anno, ma in tutti e due i distinti casi le accuse vennero archiviate poiche' le lettere erano anonime e le prove non esibite, ci fu pero' la condizione che non vi fossero altre denunce in merito: “Absoluti cum condizione ut retumburetur”; cio' indica la severita' contro la sodomia. Nel Medioevo e nel Rinascimento l’accusa di sodomia nell’anonimato era frequente strumento di attacco ed offesa, quella calunnia risultava molto efficace nel diffamare e difficile da confutare mediante prove.
La legislazione a Firenze era piu' tollerante che altrove, ma pur non prevedendo la pena di morte, le punizioni corporali erano durissime, anche feroci come il taglio di una mano o di un piede.

1] “Freud e il sorriso della Gioconda”. Estratto da Befagor, fascicolo V, ed. Leo S. Olschki, 30 settembre 1898, Firenze.
2] Alessandro Vezzosi, uno dei massimi esperti su Leonardo da Vinci. Alessandro Vezzosi e' il fondatore e direttore del Museo Ideale Leonardo Da Vinci a Vinci. E’ autore di numerosi scritti su Leonardo da Vinci tra i quali: “Leonardo, Mito e Verita'”, 2006, Museo Ideale Leonardo da Vinci, Vinci.
Carlo Pedretti: "Cf. Leonardo - arte e scienza, ed. Giunti, Firenze 2000”. Carlo Pedretti e' titolare della cattedra di studi su Leonardo presso l'Universita' della California a Los Angeles, dove dirige il Centro Hammer di Studi Vinciani con sede italiana presso Urbino ed e' autore di oltre quaranta libri e cinquecento fra saggi, articoli in varie lingue sui molteplici aspetti della sua specializzazione. E’ membro della Commissione Ministeriale per l'Edizione Nazionale dei Manoscritti e dei Disegni di Leonardo da Vinci. Le onorificenze conferitegli in Italia e all'estero includono la Medaglia d'Oro alla Cultura del Presidente della Repubblica Italiana nel 1972, e nello stesso anno la Congressional Citation, che e' il massimo riconoscimento da parte del governo degli Stati Uniti. Gli e' stata inoltre conferita la cittadinanza onoraria della citta' di Arezzo (2001) e la laurea honoris causa dalle universita' di Ferrara (1991), Urbino (1998) e Milano (Cattolica, 1999), nonche' quella dell'Universita' di Caen in Francia (2002). Membro onorario dell'antica Accademia degli Euteleti a San Miniato al Tedesco, e di altri prestigiosi enti e istituti' in Italia e all’estero,e' inoltre un regolare delle pagine culturali del Corriere della Sera e de L'Osservatore Romano. Il 24 aprile 2008 gli e' stata conferita la cittadinanza onoraria della citta' di Vinci.
3] Mario Taddei, ricercatore dei disegni di Leonardo da Vinci, socio fondatore della mostra Leonardo3, autore di diversi libri su Leonardo. (www.mariotaddei.net)
Il Codice Atlantico venne confezionato dallo scultore Pompeo Leoni (1531 - 1608) alla fine del 1500. Lo scultore aveva recuperato con molta difficolta' parte dei disegni e degli scritti di Leonardo dagli eredi di Francesco Melzi (1491 o 1493 - ca. 1568), erede testamentario di tutti i disegni e scritti Leonardo.
Il nome “Atlantico”, deriva dal fatto che Pompeo Leoni monto' gli scritti di Leonardo su fogli del formato usato allora per gli atlanti geografici. Il Codice e' conservato preso la Biblioteca Ambrosiana di Milano.
4] L’androgino Aristofane presentato da Platone nel “Simposio”.


Leonardo non era vegetariano
Molti hanno divulgato la notizia che che Leonardo fosse un vegetariano, ma in realta' preferiva i cibi semplici. Nei suoi elenchi di spesa e' presente la carne. Non fu un propugnatore del vegetarianismo, infatti si impegno' a disegnare un girarrosto ad aria calda costituito da una ventola verticale mossa da una corrente d’aria calda ascendente, e realizzo' anche un girarrosto ruotante per mezzo di un sistema di pesi, ancora presente nel castello di Chenonceaux. Consigliava di bere il vino solo durante i pasti e in modesta quantita' e annacquato, sorseggiando piu' volte.

La luminosa conversione



Leonardo da Vinci, a parte la sua vita privata che le indagini ci fanno apparire con delle ombre, ha avuto uno luminoso finale.
A Roma (1516), spaventato dall’accusa di stregoneria per una lettera anonima, inviata probabilmente per vendetta da due suoi lavoranti tedeschi, Leonardo si allontano' in fretta dalla citta', accettando l’ospitalita' di Francesco I re di Francia, presso il castello di Clos-Luce' vicino ad Amboise. Salai non lo segui' e si stabili' a Milano, facendo una fugace comparsa al castello di Clos-Luce' solo quando seppe della malattia che stava consumando Leonardo, per poi andare a Parigi, da dove ritorno' a Milano.
Colpito da lunga malattia Leonardo si interesso', con intensa applicazione, della fede cattolica, cosa che prima non aveva fatto, ricevendo tuttavia forti input come quando dipinse l’Ultima Cena e quando nel 1500 alloggio' a Firenze presso il convento dei Serviti alla Santissima Annunziata o quando alloggio' in Vaticano (settembre 1513-16). Leonardo non aveva consumato la corruzione del cuore, e cosi' nella calma e nel silenzio del castello di Clos-Luce' e nelle sofferenze della malattia che lo condusse alla morte (Si ipotizza una malattia dovuta all’arsenico, usato nei colori e negli inchiostri. Probabilmente un tumore) si apri' alla misericordia di Dio, che sempre lo aveva cercato. Cosi' ci riferisce il Vasari (1511 - 1574): “Finalmente venuto vecchio, stette molti mesi ammalato; e vedendosi vicino alla morte, si volse diligentemente informare de le cose catoliche e della via buona e santa religione cristiana, e poi con molti pianti, confesso e contrito, se bene e’ non poteva reggersi in piedi, sostenendosi nelle braccia di suoi amici e servi, volse divotamente pigliare il santissimo Sacramento fuor del letto”.[1]
Cio' trova conferma nella lettera che il suo fidatissimo allievo Francesco Melzi, erede di tutti gli scritti e disegni di Leonardo, scrisse ai familiari di Leonardo il primo giugno: "Tal uomo passo' dalla presente vita alli 2 maggio (1519) con tutti gli ordini della S. Madre Chiesa e ben disposto… Iddio Onnipotente gli conceda eterna quiete”. [2]
Altra testimonianza della sua conversione e' il testamento redatto davanti al notaio Guglielmo Boreau, dove oltre l’assegnazione delle cose sue, chiedeva di essere sepolto nella chiesa di san Fiorentino ad Amboise, con cerimonia funebre condotta dai cappellani e dai frati minori (francescani), e con la presenza di sessanta poveri, ciascuno reggente una torcia. Chiese la celebrazione di tre Messe con diacono e suddiacono e le trenta messe Gregoriane da celebrarsi a Saint-Denis, nella chiesa dei frati minori [3] [4]. Da quanto si puo' intendere i Francescani ebbero molta parte nell’avviare Leonardo alla conversione.

1] “Vite de’ piu' eccellenti pittori, scultori e architettori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri”. ed. 1568.
2] Enciclopedia Cattolica, voce Leonardo da Vinci, Vol. VII, ed. Sansoni, Firenze, 1951.
3] Milena Magnano. “Leonardo, collana I geni dell’arte, Mondadori Arte”, Milano, 2007.
4] Starnazzi Carlo, “Leonardo dalle Chiane alla Loira”, ed. Calosci, Cortona, 2007. Starnazzi Carlo (1949 - 2007) nel 1996 ha ricevuto la medaglia d’oro dal Presidente della Repubblica quale benemerito della cultura e dell’arte. Nel 2003 venne invitato a far parte della Commissione Mondiale per gli studi su Leonardo. Famoso a livello mondiale nel 1992 per la scoperta del paesaggio aretino che sta dietro la Gioconda. La scoperta e' stata avvalorata dai maggiori studiosi del genio vinciano.


L’Ultima Cena: l’impostazione prospettica e la tecnica pittorica
L’Ultima Cena venne dipinta nel convento di Santa Maria delle Grazie a Milano, nel lato minore, a nord, del grande refettorio rettangolare.
Leonardo ambiento' il grande quadro murale in una stanza definita con espedienti prospettici: la quadratura del pavimento, i cassettoni del soffitto, gli arazzi delle pareti. In fondo dipinse tre finestre aperte ad un paesaggio e all’azzurro del cielo. In primo piano una lunga tavola con gli apostoli al centro dei quali Gesu'. Il punto di fuga della costruzione prospettica e' a 4,50 metri dal pavimento e a 4,40 metri dalla parete del dipinto e si trova sul volto di Gesu'.
La lunga tavola rasenta le due pareti virtuali lasciandovi un minimo di spazio per due apostoli ai due lati inferiori della tavola. Si ha l’effetto visivo di uno “sfondamento” della parete muraria e che la tavola faccia parte, in un vano piano piu' alto, del refettorio dei frati.
Leonardo non ha voluto mettere nessun apostolo di schiena, dall’altra parte del tavolo e questo ha significato per Leonardo che due apostoli fossero, ad un conto preciso degli spazi, agli angoli della tavola, un po’ sacrificati. I piatti non sono piu' davanti ad ogni commensale in modo regolare, poiche' la cena pasquale ebraica e' finita ed e' subentrato un momento successivo nel quale tutta l’attenzione e' per il Maestro. La percezione essenziale che domina l’osservatore e' pero' in tutta la dinamica di reazioni e relazioni dovute alla tremenda rivelazione di Gesu' della presenza di un traditore. Tutto e' animato come da onde che vanno da una parte all’altra del tavolo, creando raggruppamenti di tre apostoli, ma non gruppi chiusi perche' tutto e' relazione nel quadro. L’unica figura che non si sposta e' Gesu', con le braccia allargate in segno di accettazione del dolore, che gli si intravvede nel volto calmo leggermente rivolto a sinistra, con lo sguardo verso i pani che stanno accanto alla sua mano sinistra aperta, poiche' tra poco istituira' l’Eucaristia (E’ l’ipotesi che Giuda non sia stato presente al momento dell’Istituzione). La mano destra presenta invece un atto istintivo di repulsione verso Giuda, chiuso nel suo tradimento.

La tecnica pittorica che Leonardo adotto' e' a tempera grassa. Una tecnica da lui prodotta in quanto il suo stile pittorico aveva bisogno di lunghi tempi di esecuzione, che con l’affresco (a fresco) non poteva fare. La tempera grassa e' fatta di materie colorate emulsionate con oli e sostanze proteiche.
Sull’intonaco Leonardo stese due strati: uno di carbonato di calcio (gesso) e l’altro di bianco di piombo (biacca). I
n tal modo pote' trattare la grande superficie (880 x 460 cm) come se fosse una tavola.
La sua pittura prevedeva lo sfumato, tecnica da lui inventata, che tende a sfumare i contorni delle figure con sottili gradazioni di luce e colore, che si fondono impercettibilmente tanto che i segni del pennello sono invisibili. Leonardo dipingeva con velature sottilissime di colore, eseguite non solo col pennello, ma anche con i polpastrelli delle dita.
Gli apostoli sono vestiti con solennita', come si addiceva alla celebrazione della pasqua ebraica. I colori delle loro tuniche e mantelli sono vivaci e ricordano i colori del beato Angelico e di Giotto, nella cappella Bardi e Peruzzi della chiesa di Santa Croce a Firenze.

Il dipinto capolavoro di Leonardo, ha richiesto un restauro che e' durato dal 1978 al 1999, ben 21 anni, con le migliori acquisizione moderne.

L’Unesco ha dichiarato nel 1980 l’Ultima Cena di Leonardo patrimonio dell’umanita'.

L’incidente con padre Vincenzo Bandello
L’Ultima Cena fu la prima vera catechesi ricevuta da Leonardo, e nello stesso tempo una lunga meditazione su quell’evento.
L’incidente narrato dal Vasari, che presenta padre Vincenzo Bandello desideroso di vedere Leonardo finire il lavoro per far riprendere il ritmo regolare della vita comunitaria nel refettorio, e per questo pronto a lamentarsi con Ludovico il Moro degli Sforza, impedi' buona parte dei frutti di questa magnifico incontro di Leonardo con il Vangelo.

Cosi' racconta il Vasari “Le vite dei piu' eccellenti pittori, scultori e architetti”, ed. 1568: “Dicesi che il priore di quel luogo sollecitava molto importunamente Lionardo che finissi l'opera, parendogli strano veder talora Lionardo starsi un mezzo giorno per volta astratto in considerazione, et arebbe voluto, come faceva dell'opere che zappavano ne l'orto, che egli non avesse mai fermo il pennello. E non gli bastando questo, se ne dolse col Duca e tanto lo rinfocolo', che fu costretto a mandar per Lionardo e destramente sollecitarli l'opera, mostrando con buon modo, che tutto faceva per l'importunita' del priore. Lionardo, conoscendo l'ingegno di quel principe esser acuto e discreto, volse (quel che non avea mai fatto con quel priore) discorrere col Duca largamente sopra di questo; gli ragiono' assai de l'arte, e lo fece capace che gl'ingegni elevati, talor che manco lavorano, piu' adoperano, cercando con la mente l'invenzioni, e formandosi quelle perfette idee, che poi esprimono e ritraggono le mani da quelle gia' concepute ne l'intelletto. E gli soggiunse che ancor gli mancava due teste da fare, quella di Cristo, della quale non voleva cercare in terra e non poteva tanto pensare, che nella imaginazione gli paresse poter concipere quella bellezza e celeste grazia, che dovette essere quella de la divinita' incarnata. Gli mancava poi quella di Giuda, che anco gli metteva pensiero, non credendo potersi imaginare una forma, da esprimere il volto di colui, che dopo tanti benefizii ricevuti, avessi avuto l'animo si' fiero, che si fussi risoluto di tradir il suo Signore e creator del mondo, purche' di questa seconda ne cercherebbe, ma che alla fine non trovando meglio, non gli mancherebbe quella di quel priore, tanto importuno et indiscreto. La qual cosa mosse il Duca maravigliosamente a riso e disse che egli avea mille ragioni. E cosi' il povero priore confuso attese a sollecitar l'opera de l'orto e lascio' star Lionardo. Il quale fini' bene la testa del Giuda, che pare il vero ritratto del tradimento et inumanita'. Quella di Cristo rimase, come si e' detto, imperfetta”.



La battuta sul volto di Giuda e il Priore non ha fondamento perche' gia' nel 1493 Leonardo aveva fatto un bozzetto preparatorio su Giuda (Windsor, Royal Library), che corrisponde al Giuda dell’Ultima Cena. Quella battuta su padre Vincenzo Bandelli Leonardo non poteva nemmeno sognarsela, visto che il Priore era estremamente accreditato presso il Duca.
L’intervento di Lorenzo del Moro per sollecitare Leonardo fu affidato al segretario ducale Marchesino Stanga, come attesta una lettera del 19 giugno 1497.

Matteo Bandello nella "Novella LVIII" (1497) ci ha lasciato scritto: “Soleva (…) andar la mattina a buon’ora a montar sul ponte, perche' il cenacolo e' alquanto da terra alto; soleva, dico, dal nascente sole sino a l’imbrunita sera non levarsi mai il pennello di mano, ma scordandosi il mangiare e il bere, di continovo dipingere. Se ne sarebbe poi stato dui, tre e quattro di che non v’avrebbe mesa mano e tuttavia dimorava talora una o due ore del giorno e solamente contemplava, considerava ed esaminando tra se', le sue figure giudicava. L’ho anco veduto secondo che il capriccio o ghiribizzo lo toccava, partirsi da mezzo giorno, quando il sole e' in lione, da Corte vecchia [1] ove quel stupendo cavallo di terra componeva, e venirsene dritto a le Grazie ed asceso sul ponte pigliar il pennello ed una o due pennellate dar ad una di quelle figure, e di solito partirsi e andar altrove”.[2]

1] Sede da anni dell'officina di Leonardo, nello stesso luogo ora sorge l’attuale Palazzo reale.
2] Con tutta probabilita' non era un ghiribizzo, ma un blocco dovuto a qualche maldestra parola del Priore, vedendo l’arrivo di Leonardo a quell’ora. La parola ghiribizzo, detta dal nipote del Priore, lascia intendere benissimo come Leonardo non fosse compreso.

Nessun riferimento astrale nell’Ultima Cena
Alcuni hanno voluto vedere nell’ultima cena un riferimento astrale allo zodiaco, dove il sole e' Cristo e gli apostoli sono i segni che andrebbero letti a partire da destra, uno dopo l’altro apostolo sulla base dei gesti che fanno. Leonardo conosceva bene lo zodiaco che ha segni fissi, e percio' e' inapplicabile al dinamismo degli apostoli presentato dal dipinto che presenta Tommaso che si e' spostato dal suo posto per avvicinarsi a Gesu'. Ma qui c’e' da osservare che Tommaso sembra non avere uno spazio proprio nella tavola anche se non manca il suo piatto - sei piatti alla destra e tutti dallo stesso lato -, per cui non si puo' pensare che Tommaso fosse seduto davanti. C’e' chi dice che Leonardo si sia dimenticato in un primo momento di un apostolo, ma e' insostenibile che avesse preso una tale svista dopo tanti bozzetti fatti. Se Leonardo avesse pensato allo zodiaco, Tommaso detto Didimo (gemello) avrebbe dovuto essere in connessione con la costellazione dei Gemelli, e quindi messo al terzo posto a partire da destra, poiche' si vuole fare partire la sequenza delle costellazioni da destra, con la motivazione che Leonardo scriveva in modo molto singolare, direi ebraico, da destra a sinistra. Invece, al terzo posto c’e' Matteo, messo in relazione con i Gemelli per il solo fatto che ha le due braccia rivolte al Signore. Si vuole poi attribuire a Pietro il segno dello Scorpione per il fatto che stringe tra le mani un pugnale (pungiglione) e con il volto rivolto a Giovanni sorpassa Giuda. Il segno dello scorpione a Giuda, seduto a tavola prima di Pietro, poiche' lo Scorpione viene prima del Sagittario.
Ma, non e' tutto, perche' per Leonardo il sistema Tolemaico, a cui era legato il sistema astrologico zodiacale, era solo un’acquisizione acritica e percio' distante dal suo metodo basato sull’esperienza. Infatti i Codici, dopo il 1500, presentano Leonardo nettamente spostato verso l’eliocentrismo, alla stregua dell'astronomo greco Aristarco di Samo (310 - 230 a.C), e del filosofo, matematico, Cardinale Nicola Cusano (1401 - 1464).
Nel manoscritto della Windsor Royal Library (foglio 132r) si legge la famosa frase, che rompe drasticamente con la tradizione tolemaica: “El sol no si move”.
Nel Codice F (Codici di Francia), foglio 41 v si legge: “La Terra non e' nel mezzo del cerchio del Sole”.
Nel Codice G (Codici di Francia), foglio 55r, Leonardo tratta della caduta di un grave verso il centro della Terra con il relativo spostamento verso est dovuto alla rotazione della terra. “Il mobile disciendente dalla suprema parte della spera del fuoco fara' moto recto insino alla Terra ancora che li elementi fussino in continuo moto circonvolubile intorno al centro del mondo. […] Se’l mobile disciende dalla suprema all’infima parte delli elementi […] in 24 ore, il moto suo fia composto di diretto e di curvo. […] E di qui nascie che il sasso gittato dalla torre non percote nel lato d’essa torre”.
Leonardo, in alcuni disegni scenografici che fece in Francia, negli anni prima della morte, per spettacoli teatrali, tratto' lo zodiaco come semplice decorazione.
Nell’Ultima cena e' semplicemente inesistente una componente astrologica.

Nessun esoterismo
Chi vuol fare di Leonardo un iniziato all’esoterismo e' fuori dalla comprensione del grande genio rinascimentale. Egli afferma la fedelta' alla realta'. Non c’e' un oltre il visibile della natura una spiegazione a cui accedere per via iniziatico esoterica. Egli elimina dai fenomeni della natura ogni forza misterico-occulta, animistica, che le faccia da supporto.
Maghi e alchimisti che vogliono una realta' misterica vengono da lui scartati. Gli spiriti della natura, insiti nella natura come principi nella formazione e nei cambiamenti della materia, sono immaginazioni dei Maghi e degli Alchimisti..
Leonardo afferma che la natura va avvicinata con la forza della verifica sperimentale e la solidita' della matematica. Leonardo afferma che la natura e' intelligibile. “La natura e' piena di infinite ragioni che non furono mai in esperienza. Ogni nostra cognizione principia dal senso [1] (…) i sensi sono terrestri, la ragione sta fuor di quelli [2], quando contempla. Quelli che s’inarnorono (si adornano) di pratica senza scienza sono come il nocchiere che entra navilio senza timone e bussola, e che mai ha certezza dove si vada. La scientia e' il capitano, e la pratica i soldati”.
Come si vede Leonardo si distanza dalla concezione mistico-neoplatonica di Marsilio Ficino, dove ha parte una realta' intermedia tra Dio e la materia (l’anima mundi) essendo la ragione delle qualita' della materia. Leonardo vede bene le qualita', ma queste non sono separabili dalla realta' dei corpi, e l’approccio scientifico non puo' fare a meno di esaminare le quantita', che sono matematizzabili. Per Leonardo tra l’uomo e la natura ponte di passaggio e' la scienza, che permette all’uomo il dominio sulla natura. La parola chiave di Leonardo e' l’esperienza. “La verita' - dice Leonardo - e' figliola della sperienza”.
Con Leonardo nasce un “umanesimo scientifico”. Il suo pensiero scientifico non arrivo' ad avere chiarezza sistematica.
Leonardo vide anche una distinzione tra ambito della religione e ambito della scienza sebbene sull’onda di un risentimento contro i frati, forse quelli del convento delle Grazie che gli crearono difficolta' circa il procedere lento - secondo loro - dell’Ultima Cena: “la speculazione religiosa deve essere lasciata ai frati, padri de’ popoli, li quali per ispirazione sanno tutti li segreti”, appunto vogliono intendersene di tutto.

Con Leonardo la scienza finisce di essere circoscritta ai Conventi o alle Abbazie, pur rimanendo in essi veri campioni come l’abate Niccolo' Copernico (1473 - 1543) come Gregor Johann Mendel (1822 - 1884).

L’attenzione scientifica di Leonardo abbraccio' la Geologia, con lo studio dei fossili e delle configurazioni geologiche, frutto di movimenti della crosta terrestre. Persegui' studi di Botanica e di Zoologia. Si applico' alla Geometria, alla Statica, alla Dinamica, alla Scienza delle costruzioni. Si esercito' nella Meccanica e nella Fisica. Tantissimi sono i suoi progetti di macchine, affrontando anche il problema del volo e abbozzando addirittura automi meccanici umanoidi.

1] E’ quanto affermava Aristotile: ‹Nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu› (Nulla e' nell'intelletto che non fu gia' nei sensi): “De anima, de sensu et sensibilibus, de memoria et reminiscentia”.
2] Leonardo ha sempre affermato l’esistenza dell’anima.

L’ipotetica componente musicale
Se uno dalla posizione delle mani degli apostoli e di Cristo unitamente alla disposizione dei pani sulla tavola dell’Ultima cena vuole trovare delle note musicali e' padronissimo di farlo, ma non puo' pensare di suscitare un convincimento assoluto. Cosi' chi volesse partire dalle dita dei personaggi e trovarvi un canto gregoriano. Leonardo nello stendere l’Ultima cena non era guidato da volonta' criptiche, ma di rendere il Vangelo, e su questo gioco' ogni suo sforzo, per ben due anni seguito dall’interessamento del Priore del convento, che gli aveva commissionato l’opera. E’ invece l’armonia del dipinto, il sapientissimo bilanciamento, la concatenazione delle parti, che puo' dare adito a una decodificazione musicale, e questo rende onore all’opera.

L’Ultima Cena: Le caratterizzazioni degli apostoli
Ogni apostolo e' caratterizzato da Leonardo sulla base di quanto dicono i Vangeli, e qui si vede la consulenza che i frati domenicani gli diedero, ma lo studio empatico degli stati d’animo e' tutto di Leonardo.
Sappiamo il nome dei vari apostoli poiche' Leonardo in un bozzetto preparatorio, dove pero' Giovanni e' alla sua sinistra col capo sulla tavola secondo il modello dell’ultima cena dell’armadio degli argenti del beato Angelico, ne presenta i nomi. Inoltre si hanno alcuni bozzetti specifici: Andrea (non adottato in seguito), Filippo, Giacomo, Giuda.
La logica che Leonardo ha seguito e' basata su alcuni punti. Giovanni e Giacomo sono gli apostoli che desideravano stare alla destra e alla sinistra di Gesu' (Mt 20,20; Mc 10,35), e percio' cosi' li ha messi. Giovanni e' alla sua destra come discepolo maggiormente devoto, Giacomo alla sua sinistra. Pietro non doveva essere lontano da Giovanni per potergli sussurrare “Domandagli chi e'”, senza che nessun’altro sentisse. Il coltello che Pietro tiene sulla destra e' presente in uno specifico bozzetto (Royal Library di Windsor n. 12546) di studio del braccio di Pietro. Giuda e' posto molto vicino a Gesu': anche il traditore domando' (Mt 26,25; Mc 14,19): "Sono forse io?", e Gesu' gli rispose (Mt 26,25): "Tu l'hai detto". Ora la risposta di Gesu' non poteva che essere appena sussurrata in modo tale che gli altri non sentissero, solo appena Giovanni, che pero' mosso da Pietro lo domando' in modo esplicito a Gesu' (Gv 13,25). Se tutti avessero sentito "Tu l'hai detto", Gesu' avrebbe rivelato a tutti il traditore, ma non fu cosi'. Veramente la consulenza di padre Vincenzo Bandello fu molto acuta, e ruppe l'iconografia che poneva Giuda in solitudine dalla parte opposta del tavolo, per farne figurare l'ormai estraneita'.



La particolare torsione del braccio di Pietro e' perfettamente comprensibile, se si considera lo spostamento in avanti e la torsione a destra di Pietro, che coinvolge Giuda il quale viene spostato leggermente in avanti, tanto che il braccio destro di Giuda ribalta la saliera, mentre la sua mano destra e' contratta per la contrarieta'. Facile identificare Giuda, sia per il bozzetto che lo riguarda (Royal Library, Windsor), sia per la borsa che tiene in mano (Gv 12,6; 29), sia perche' non interloquisce con nessuno. Quello di Giovanni, Pietro e Giuda e' un drammatico trio. Accanto a Pietro c’e' Andrea suo fratello. Accanto a Filippo e' stato posto Tommaso, poiche' Gesu' rispondera' a Tommaso e a Filippo nell’ultima cena (Gv 14,5-8). Giuda Taddeo e' vicino a Simone lo zelota perche' i Vangeli li pongono sempre vicini (Mt 10,4; Mc 3,18; Lc 6,15).

Gli apostoli alla destra di Gesu'



Giovanni e' il discepolo giovane e vergine, che Gesu' amava per la sua purezza e la sua dedizione, non mancando pero' di carattere forte (Cf. Mc 3,17; Lc 9,54). Leonardo lo presenta con lineamenti dolci, di giovane senza barba. L’iconografia e' quella tradizionale, della quale si hanno moltissime testimonianze a partire dalle catacombe di santa Tecla a Roma (sec. IV). Volto di giovane senza barba dai lineamenti dolci, spesso coi capelli lunghi come i nazirei (Nm 6,5). Leonardo presenta la sua reazione di fronte alla rivelazione della presenza di un traditore con un visibile pallore sul volto. Sull’identificazione di Giovanni non sono possibili dubbi o insinuazioni (vedi Dan Brown che vorrebbe vederci la Maddalena, e Roberto Giacobbo che vorrebbe vederci la Madonna, con una disinvolta sovrapposizione con la Vergine delle Rocce di Leonardo del Louvre, e l’aggiunta di un apostolo in incognito intravvisto nel braccio di Pietro: Voyager, 20/01/2014).
Nella Royal Library Windsor e' conservato uno studio di Leonardo sulle mani di Giovanni.



Vero e' che Giovanni assomiglia moltissimo all’angelo di sinistra del trittico della Vergine delle Rocce di Londra, dipinto probabilmente da Ambrogio de Predis o da Giovanni Boltraffio o anche da Francesco Napoletano, allievi di Leonardo. Non conosciamo il nome del modello di riferimento.



Giuda e' il traditore. Teneva la cassa. Leonardo lo presenta interdetto, ma non in uno stato di cedimento. Lo spostamento che gli ha dato l’irruento Pietro sulla spalla sinistra si riflette sulla saliera che il braccio destro di Giuda ribalta. La mano destra di Giuda rimane impegnata a tenere stretta la borsa del denaro. La mano sinistra e' aperta: Giuda accusa indispettito l’urto di Pietro, che forse sospetta di Giuda. Giuda ha il volto rivolto verso Pietro, ma anche si ritrova a dover guardare Gesu'.



Pietro, i Vangeli ce lo presentano impetuoso, impulsivo anche, e Leonardo lo caratterizza come tale. Pietro e' sinceramente pronto a dare la vita per Gesu', ma con un arma in mano, che ha gia' ora pronta per colpire il traditore una volta saputo chi sia.



Andrea, fratello di Pietro, era calmo e pratico. Fu lui a trovare il fanciullo con cinque pani e cinque pesci (Gv 6,8) dicendo: “Che cosa e' questo per tanta gente?”. Leonardo lo presenta nella sua pacatezza, ma pur scosso dalla rivelazione di Gesu', come pure dalla reazione repentina del fratello Pietro, che non prometteva niente di buono. Ha gli avambracci in alto e i palmi in avanti mentre ha il volto rivolto all’azione di Pietro.



Giacomo di Alfeo, Giacomo il minore, i Vangeli non ci danno informazioni su di lui. Leonardo lo pone tra Andrea e Bartolomeo, mentre con le dita della mano sinistra tocca la spalla di Pietro, e lo sguardo e' verso Pietro, che sta per crare un dramma nel dramma.



Bartolomeo, va identificato con Natanaele, Un vero israelita, leale (Gv 1,46). Leonardo lo presenta giovane e vigoroso, in piedi con le mani poggiate sulla tavola e teso in avanti, guarda interrogativamente verso Gesu'.

Gli apostoli alla sinistra di Gesu'



Tommaso
, detto Didimo, era determinato, ragionatore. Pronto ad assumere una linea di coraggio (Gv 11,16): “Andiamo anche noi e moriamo con lui”. Leonardo lo presenta con il dito della destra in alto, in atto di dire: “Sono forse io?”. Viene raffigurato in piedi, spostato verso Gesu', fuori dal suo posto a tavola, chinato a livello del volto di Gesu'. Ha detto che vorra' morire per Gesu', ma combattendo, e ora non e' piu' sicuro di farlo sulla strada presa da Gesu'.



Giacomo era forte, pronto a soffrire per Gesu' al pari del fratello Giovanni (Mc 10,39). Leonardo lo presenta forte, ma sbalordito, con le braccia aperte, sgomento, pronto a far qualcosa, ma pure lui ha il medesimo interrogativo: “Sono forse io?



Filippo era accogliente, attento agli incontri con la gente (Gv 1,45). Leonardo lo presenta turbato, perche' un giorno Gesu' lo aveva ripreso su di un punto di fondo (Gv 14,8): “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo?”. Filippo si rivolge a Gesu' con le mani sul petto: “Sono forse io?”.



Matteo o Levi era un pubblicano, come Zaccheo (Mt 9,9; Lc 19,2). Era abituato gestire la contabilita' e a esigere con determinazione le tasse. Leonardo lo presenta in piedi in un confronto con Simone lo zelota, che rifiuta con le braccia in avanti di dirsi lui il traditore. Matteo a sua volta con le braccia verso il centro della tavola, e piu' ampiamente tese di quelle di Simone, rilancia la presenza del traditore verso l’altra parte della tavola. .



Giuda Taddeo, i Vangeli non ci danno informazioni su di lui, se non il semplice nome. E' l’autore della lettera di Giuda, vigorosissima, impetuosa. Leonardo lo pone tra Bartolomeo e Matteo. Con fare deciso e secco Giuda Taddeo si rivolge a Simone lo zelota. Forse e' proprio Giuda Taddeo che ha acceso il confronto tra Matteo e Simone.



Simone lo zelota, dall’indicazione zelota si puo' ricavare che era stato un soggetto determinato a sconfiggere i Romani. Ma la sua adesione agli zeloti poteva essere solo per via di padre, e non per adesione personale, rimanendo cosi' il titolo come identificazione nativa. Gli altri apostoli hanno infatti una identificazione nativa. Leonardo lo presenta accanto a Giuda Taddeo di cui subisce l’interrogativo, che lo pone in atteggiamento quasi difensivo di fronte a Matteo, rigettando di essere lui il traditore.

Un apporto esegetico
Il tema dell’Ultima Cena, con l’annuncio del tradimento, sicuramente fu dettato dal Priore del convento, nell’intenzione che servisse di monito ai frati.
Osservando gli elementi sulla tavola non si vede il Calice della consacrazione, il che vuol dire che la consulenza teologica di padre Vincenzo Bandello, priore del convento, optava per l’ipotesi che Giuda non fosse presente al momento dell’Istituzione dell’Eucaristia. Matteo pone l’Istituzione dopo l’annuncio del tradimento di Giuda, ma non presenta con chiarezza una successione cronologica. Lo stesso fa l’evangelista Marco. Luca invece pone l’annuncio del tradimento dopo l’Istituzione.
Il Vangelo di Giovanni non descrive l’Istituzione dell’Eucaristia, non ritenendo di dover ripresentare quanto gia' detto dai Sinottici e da san Paolo (1Cor 11,23s), ma riporta la lavanda dei piedi e l’annuncio del tradimento, unitamente a lunghi discorsi di Gesu'.
L’Ultima Cena di Leonardo ha in se' la questione se Giuda fosse presente al momento dell’Istituzione oppure no, ma da' un apporto notevole facendo vedere l’agitazione, lo sgomento degli apostoli e tra gli apostoli, alla rivelazione della presenza di un traditore, che non denunciato pubblicamente usci' dal Cenacolo con la parvenza di un incarico, come dice Giovanni (13,29). Tutto cio' non poteva segnare il momento ideale dell’Istituzione, cosi' prende corpo la tesi che l’Istituzione avvenne prima dell’annuncio del tradimento.
SiSi puo' risolvere il problema posto dai Sinottici considerando che Gesu' pote' fare prima dell’Istituzione un accenno al tradimento come si ricava da Giovanni, dopo la lavanda dei piedi (13,18), dove Gesu' cita il salmo (41,10): “Colui che manga il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno”. In questo accenno Matteo e Marco hanno fatto confluire l’annuncio del traditore, mentre Luca lo pone dopo l’Istituzione dell'Eucaristia.

Il volto del Salai non entra a far parte ne' della Gioconda ne' dell’Ultima cena

                   

Diversi sono i bozzetti a penna che Leonardo fece del volto di Salai, ma essi rivelano che Salai non e' stato il modello della Gioconda, come neppure del Giovanni dell’Ultima cena. Esistono anche due quadri che ritraggono il volto di “Salai”, uno di anonimo e l’altro prodotto dal Salai stesso (Monna Vanna, sulla scorta della Gioconda); ebbene neppure da questi si puo' sostenere che Salai sia stato il modello della Gioconda, ne' del Giovanni dell’Ultima cena.