Giovanni da Fiesole (Vicchio, 1395 circa - Roma, 18 febbraio 1455), frate domenicano, al secolo Guido di Pietro, detto il o Fra' Angelico, fu un pittore italiano. Ebbe il nome di Angelico dal Vasari, nelle Vite, gia' pero' usato da Domenico da Corella e da Cristoforo Landino. Venne detto Beato poco dopo la sua morte per la sua vita esemplare.
Il Beato Angelico non rincorse i fermenti rinascimentali in un affanno di aggiornamento dalla pittura ieratica bizantina, amante dell’appiattimento e della stilizzazione delle figure, ma vi si ritrovo' a suo agio. La prospettiva, quale mezzo di rappresentazione del reale, e il recupero della plasticita' classica greco-romana incominciato da Giotto, sviluppato da Jacopo della Quercia, Donatello, e da Masaccio, che ispiro' proprio per la corporeita' il Beato Angelico, non costituirono per l’Angelico un terreno a cui adeguarsi, ma una grande opportunita'. Il mistero dell’Incarnazione non ha paura della plasticita', ma anzi la richiede. L'umanita' di Cristo non
e' un’apparenza, come diceva l’eresia dei Doceti (il greco dokein significa apparire), ma una realta' come la nostra. Il Beato Angelico fu un protagonista della grande stagione artistica che avvenne a Firenze sotto la promozione dei Medici.
Della sua esperienza ne trarranno vantaggio Benozzo Gozzoli e Filippo Lippi. E il suo modo di trattare la luce sara' determinante per il grande Piero della Francesca e per Melozzo da Forli'.
La delicata e magnifica ricchezza cromatica dell’Angelico, unitamente all’uso innovativo di una luce translucida che impregna i colori, le masse, l’intero spazio del quadro, sono il riflesso della fede del religioso domenicano, che non lo allontana dal quotidiano, dal concreto, ma lo introduce a vertici di trascendenza. L’Angelico e' un pittore, ma un pittore teologo.
L'Angelico fu beatificato nel 1984 da Giovanni Paolo II, ed e' considerato il protettore degli artisti.
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