La premorte. NDE (Near Death Experience: Esperienza ai confini della morte)
  

E’ di notevole divulgazione il tema della NDE (Near Death Experience: Esperienza vicino alla morte, o ai confini della morte), in italiano tradotta correntemente con “Esperienze di premorte”. Tale traduzione comporta però imprecisione, perché pare presentata come una realtà metafisica, e non come un’esperienza della psiche.
Si tratta di esperienze presentate come inerenti all’evento di elettroencefalogramma con tracciato piatto.
Comunemente, quando si parla di elettroencefalogramma a tracciato piatto, ci si riferisce alla morte clinica o morte cerebrale, che è evento irreversibile, ma la morte cerebrale non è in assoluto identificabile con l’elettroencefalogramma piatto, occorrono più dati per giungere a tale conclusione. Per la legge italiana (29 dicembre 1993, n. 578) - i criteri dei vari paesi sono sostanzialmente simili - è necessario prendere in considerazione più dati: il controllo dei riflessi muscolari, l’impossibilità di respirazione autonoma, un’osservazione dell’elettrocardiogramma per 20 minuti, un elettroencefalogramma della durata di 30 minuti, ripetuto due volte nell’ambito di sei ore, e altre osservazioni sempre nell’abito di sei ore, quali il riflesso corneale, il riflesso cilio-spinale, ecc. Solo così si può parlare di morte cerebrale, e di silenzio elettrico irreversibile.
L’elettroencefalogramma a tracciato piatto può dunque sussistere per qualche tempo senza che vi sia la morte e può essere reversibile, mentre la morte cerebrale è la conclusione irreversibile.
La condizione di elettroencefalogramma a tracciato piatto può avvenire durante un’anestesia profonda o durante un arresto cardiaco, dovuto a una qualche causa - incidente, infarto, procedimento operatorio al cervello -, infatti dopo pochi secondi (20/30) dall’arresto cardiaco si ha l’elettroencefalogramma a tracciato piatto, mentre dopo quattro minuti il cervello ha danni irreversibili. Per evitare i danni cerebrali s’interviene con una tecnica detta "arresto cardiaco ipotermico", che ovviamente ha la necessità di garantire artificialmente il flusso del sangue al cervello.

S’ipotizza, da quanti credono nella premorte, che la NDE avvenga nel tempo dell’elettroencefalogramma a tracciato piatto, dove il paziente è in uno stato di assenza della coscienza. In questo spazio di encefalogramma piatto si collocherebbe l’esperienza di premorte. Bisogna notare che il soggetto esprime la sua esperienza quando è uscito dal coma, e c’è un tempo di uscita dal coma in cui, ovviamente, l’elettroencefalogramma non è più piatto, ed è nell’intervallo finale di uscita dal coma che bisogna collocare la NDE. Di fatto, è esperienza di tutti che si ricorda solo il sogno che si termina con il risveglio, non i sogni avuti nel sonno (In particolare nella fase REM). Chi crede nella premorte sostiene che il soggetto rinvenuto ricordi quanto ha sperimentato a tracciato elettroencefalogramma piatto, ma ciò non è cosa scientificamente verificabile in assoluto.

La fenomenologia della NDE
Gli elementi qui elencati non avvengono in tutti casi, ma è il ricavato di molte narrazioni.
1) Esperienza di luce intensa in fondo a un tunnel, variamente configurato, nel quale il soggetto si vede fisicamente presente.

2) Incontro con parenti, amici conoscenti, visti luminosi e con i quali si comunica verbalmente o non verbalmente. Incontro con Gesù, i santi, gli angeli, o le divinità della propria fede.

3) Esperienza della presenza di una luce intensa, rassicurante e eccitante.

4) Esperienza di vedere il proprio corpo, come separato da sé, sul lettino operatorio e i medici in azione. Esperienza di andare in giro per l’ospedale, o volare. Esperienza di essere in mezzo a paesaggi meravigliosi e luminosi.

5) Rivisitazione etica della propria esistenza, anche di episodi dimenticati, oppure di eventi riguardanti i momenti successivi alla nascita (Qua entrano in gioco le narrazioni avute dai familiari.)

6) I soggetti avanzano verso una zona felice e poi devono ritornare, dopo essersi affacciati nell’aldilà. Ma non mancano le esperienze paurose, da incubo (Personalmente ho ascoltato la narrazione di una donna, che uscita dallo stato di coma è stata interrogata al proposito da un medico. La donna disse di essersi vista con la testa all’ingiù in un pozzo buio. Il medico rimase imbarazzato, con tutta probabilità perché preso dalla letteratura che presenta solo le meraviglie di pace della NDE).

Osservazioni
1) Una prima osservazione è che nelle narrazioni s’introducono le convinzioni del soggetto, e anche quelle dei medici che fanno le domande. Occorre perciò molta attenzione, visto che le narrazioni sono tutto ciò di cui si può disporre, non essendo possibile una strumentazione tecnologica che registri l’avvenuto.
Il caso della cantante Pam Reynolds (35 anni, operata per un aneurisma gigante al cervello nel 1991), reso ampiamente pubblico dal libro “Light and Death: Luce e Morte, 1998” di Michael Sabom, un cardiologo di Atlanta, cristiano evangelista, ha presentato quattro percezioni che sarebbero state percepite dalla donna in stato di anestesia totale (il rumore del trapano, la sega che rimuoveva una frazione del cranio, alcune parole del cardiologo che dicevano che una sua arteria era troppo piccola per il tubo di bypass cardiaco, alcune note della canzone “Hotel California”). Queste quattro percezioni hanno avuto riscontro nella realtà, L’esperto in anestesia, Gerald M. Woerlee, ha rilevato però, esaminando la documentazione clinica (fasi delle operazioni dell’intervento in “arresto cardiaco ipotermico”, farmaci, anestetici e loro dosi), che la donna si trovava in alcuni momenti dell’operazione in uno stato di “consapevolezza anestetica”, che Michael Sabom ha presupposto non ci fossero (wikipedia.org/wiki/Pam_Reynolds_case). La donna poi ha potuto elaborare la sua narrazione poiché il dott. Michael Sabom l’ha ascoltata tre anni dopo l’intervento.


Altro caso dove risulta chiaro lo scarto tra la realtà e la narrazione dell’esperienza è quello di Gloria Polo, odontoiatra di Bogotá. La sua narrazione è piena d’irrealtà. Nel libro “Sono stata alle porte del cielo e dell’inferno” (A cura di Flaviano Patrizi. Licenza, Creative Commons, 2011), l’odontoiatra dice che il 5 maggio 1995 venne colpita da un fulmine, intorno alle 16,30, nei pressi di alberi posti accanto all'Università Nazionale di Bogotá. La donna era sotto un ombrello. Il fulmine percorse il suo corpo a partire dal braccio per poi uscire dal piede destro. Questo il fatto oggettivo, ma la donna narra che aveva carbonizzati i polmoni, i reni, il fegato, le gambe. I seni scomparsi tranne i capezzoli, sparita la carne del ventre e delle costole, colpite le ovaie. In atto un arresto cardiaco. La descrizione è tale che la morte era l’esito obbligato, ma la donna aggiunge l’incredibile, cioè che rimase a terra per due ore perché il suo corpo era carico di elettricità così come l’area attorno a lei. Con ciò non morì, ma entrò in uno stato di coma profondo. Bisogna notare che non è per niente vero che l’elettricità rimanga nel corpo poiché il corpo è un conduttore, e non è possibile che rimanga nell’area tanto da poter creare una folgorazione per chi si avvicinasse: tutti sanno che l’elettricità si disperde subito nel terreno. Dunque, due ore di attesa. Ma la morte per arresto cardiaco sopraggiunge dopo pochissimi minuti. La morte per asfissia entro circa dieci minuti. Parimenti senza il fegato funzionante la morte è alle porte. Ma tali cose narrate appartengono alla fantasia della donna, che vide il suo corpo mentre era fuori dal corpo. La realtà ospedaliera, quella da lei stessa narrata, risulta meno tragica: le venne applicata una macchina per la respirazione, quindi i polmoni non erano carbonizzati, si attivò il cuore con un defibrillatore, le gambe le vennero curate levando lo strato compromesso comparve la carne sanguinante. Questo quanto si ricava dalla narrazione della donna, ma l’esatto iter clinico non è stato presentato, pur richiesto. La donna narra che uscita dal corpo subito vide una luce, il tunnel di luce (da lei inteso come le braccia di Dio Padre), poi il Paradiso, e i parenti defunti, il Signore Gesù. La donna vide quando ritornò dentro il corpo: “Appena poggiai i piedi della mia anima sulla testa del mio corpo esanime, sentii come un violento risucchio che m’introdusse nel mio corpo. Rimbalzai come una palla e iniziai a provare il dolore impressionante del mio corpo carbonizzato che emanava fumo”. Gloria Polo ha cominciato a fare l’evangelizzatrice a partire da questa esperienza. È contro il divorzio, contro l’aborto, contro la reincarnazione…La sua è una religione cristiano-cattolica e ha al suo attivo un visto (15 febbraio 2011) del Vescovo ausiliare di Bogotá su presentazione del parroco della donna. Il visto riguarda solo l’aspetto di divulgazione della dottrina cattolica, ma tale divulgazione nei fatti è connessa alla sua esperienza. Colpisce sfavorevolmente il fatto che il Vescovo ausiliare di Bogotá, Sabogal Fernando Viana, non si sia preoccupato di istituire un’indagine scientifica sul caso.

2) Una seconda osservazione è che nelle narrazioni si rivelano chiaramente gli elementi culturali presenti nei soggetti. Una ricerca di Karl Osis e Erlendur Haraldsson pubblicata nel libro “Nell'ora della morte”, ed. Hastings House, Stati Uniti, 1986, ha rilevato come la NDE risente chiaramente dei dati culturali. Il lavoro dei due medici è stato molto accurato e nasce dal confronto tra le narrazioni NDE di 442 persone che vivono negli Stati Uniti e quelle di 435 persone che vivono in India
Gli autori di questa ricerca hanno rilevato che gli induisti sul piano trascendente si riferiscono alle loro divinità, gli americani cristiani a Gesù e ai santi. Gli incontri parentali variano: un americano incontra la madre nel 25% dei casi, mentre un induista nel 9% dei casi. Il 20,6% degli americani esaminati incontra la moglie, mentre in India il 5,6%. Il padre in India è incontrato il 9%, mentre in America il 6,3%. L’incontro con i fratelli/sorelle in India si ha nell’8,4% dei casi esaminati; in America nell’11,3%. In India è stato riferito l’incontro con i figli nel 9,6% dei casi, in America nell’11,3%. Per gli amici in India il 4,5%, mentre in America l’8,8%. Per i parenti si ha in India il 19,7%, mentre in America il 6,7%. Per persone non parenti si ha il 34% in India, in America il 10,4%.
Queste osservazioni accurate stabiliscono che le convinzioni del soggetto entrano in gioco. Se la NDE fosse l’affacciarsi nell’aldilà, si avrebbero dati esenti dalla cultura del soggetto: la novità di uno svelamento comune. Il soggetto invece entra in gioco con tutte le sue realtà psicologiche e culturali.
Infatti, le immagini del tunnel derivano da uno stereotipo culturale molto comune: Essere dentro un tunnel avendo il desiderio della luce, è un’espressione comune per indicare uno stato di stress.
Il fatto di trovarsi in una situazione di pericolo può facilmente trovare uno sbocco verso un desiderio di evasione che genera benessere. In altri casi, invece, lo stato di pericolo ha il sopravento. In altri casi non si ha niente di particolare.

3) Una terza osservazione è che non tutti quelli che escono dallo stato di elettroencefalogramma piatto hanno visto e sperimentato qualcosa, oppure qualcosa di rilevante, il che non dovrebbe essere.
Il più recente studio (pubblicato su “Resusitation: rianimazione”, ottobre 2014) è quello condotto dall’Università di Southampton del Regno Unito. Su 2060 casi in stato di arresto cardiaco (in ospedali britannici, americani e austriaci), si sono avuti 330 sopravvissuti, e tra questi solo 140 hanno avuto una qualche esperienza di quella che è chiamata NDE. I racconti non sono risultati uguali. Uno si cinque ha sentito un insolito senso di pace. Un terzo di essi ha avvertito come se il tempo fosse lungo, oppure tutto accadesse in breve. Alcuni hanno parlato di una luce intensa, altri ricordavano paura, senso di annegamento (L’assenza di questi casi di paura nella letteratura divulgativa è stata interpretata da Antonio Socci “Tornati dall'Aldilà, Rizzoli, 2014”, come tenuti nascosti dagli interessati, ma questa spiegazione, che non chiarisce il perché del silenzio, contraddice l’ovvio bisogno di ricevere rassicurazioni).
Il 13% si è sentito separato dal corpo con sensi estremamente svegli.

Spiegazioni
Situazioni del genere sono spiegabili con i normali processi neurofisiologici. Il vedere il proprio corpo come separato da sé, è un fenomeno che è spiegabile nei termini di “depersonalizzazione somatopsichica”, che è un evento patologico, ma che può benissimo prodursi nello stato di uscita dal coma, quando il cervello ha accumulato un forte stress, producendo endomorfine per attenuarlo. Nella cosiddetta NDE entra certamente in gioco la Ketamina (anestetico), che se usata in dosi basse produce in soggetti non patologici esperienze non dissimili.
Il fatto di vedere i medici al lavoro sul proprio corpo distinto da sé rientra benissimo nel processo d’immaginazione del teatro operatorio, e questo con buona precisione quando si è entrati nella sala operatoria non sotto anestesia totale, cioè ancora svegli: situazione riscontrata nel caso Pam Reynolds. Non va trascurato che il soggetto conosce antecedentemente la sua situazione clinica e deve firmare il consenso all’operazione. Il fatto di volare, di essere in paesaggi luminosi e addirittura su nuvole luminosissime e brillanti, appartiene anche ai sogni comuni. Il caso di un bambino americano, Colton Burpo di quattro anni (2002), entrato in coma con elettroencefalogramma a tracciato piatto, e che ha narrato di avere visto Gesù, angeli, e Dio dietro una scrivania, e la sorellina mai nata (particolare che si spiega con le narrazione udite su di lei e il suo desiderio di vederla in cielo), è tipico.

E’ documentato (odorisuonicolori.it/book/export/html/2) che i ciechi dalla nascita (ciechi primari) normalmente fanno sogni senza elementi cromatici, ma possono avere anche sogni con colori, senza poi potere descriverli, perché non hanno esperienza del colore, se non quella mutuata dalla descrizione degli altri fin dall’infanzia, e che sono vari, caldi o freddi, vivaci o non vivaci, forti o tenui, delicati, intonati ad altri o non intonati, sgargianti o spenti, che appartengono a quel frutto, a quel tavolo, ecc. Nessunissima meraviglia se nella descrizione di una NDE di un cieco primario si parla di colori, senza poi dire quali erano.

Quanto alla narrazione di cose mai viste, come ad esempio la descrizione di un quadro con la superficie dipinta nascosta. Queste cose sono state divulgate senza presentare nessuna procedura scientifica. Chiaro che si deve escludere ogni spiegazione naturale, se non quella che abbia indovinato un quadro già visto.
La prospettiva del paranormale oggi incontra difficoltà giacché il luogo comune che il cervello sia sfruttato solo per il 10%, cosicché ci sarebbe spazio per l’attivazione di capacità paranormali, è un mito crollato (vedi le prove contro questo mito del neuro scienziato Barry Beyerstein: wikipedia.org/wiki/Sfruttamento_del_10%25_del_cervello). Anche la radioestesia ha le sue demitizzazioni, che procedono da un primo studio scientifico condotto tra il 1987 e il 1988 da Hans Dieter Betz e altri scienziati. Un altro studio più recente, con metodologia estremamente rigorosa (2004) è stato svolto a Kassel, in Germania, dal GWUP: “Gesellschaft zur Wissenschaftlichen Untersuchung von Parawissenschaften, Società per l'investigazione scientifica sulle pseudoscienze”, ed è stato demitizzante (wikipedia.org/wiki/Sfruttamento_del_10%25_del_cervello).
Un credente non può escludere dalle valutazioni di tali casi anche l’intervento del demonio, in fase finale di rientro dal coma. Il demonio come è dato di sapere dalla Teologia può produrre sogni, o visioni.

I sostenitori del pensiero secondo il quale veramente la NDE porta ai confini dell’aldilà facendolo intravvedere o varcare il confine dell’aldiquà, prima di ritornare in terra devono di necessità connettersi con le concezioni dualistiche anima e corpo, unite accidentalmente e non formanti l’unità uomo. I sostenitori devono rivolgersi alla dottrina sullo spiritismo formulata da Allan Kardec (1804 - 1869) e già delineata da Emanuel Swedenborg (1688 - 1772). Spiritismo che oggi si presenta in veste moderata, motivata da affettività verso i propri cari defunti, e non dal chiedere responsi. E con la dottrina dello spiritismo devono aderire alla reincarnazione.
Un esempio di quest’ancoraggio alla dottrina dello spiritismo lo fornisce Carl Gustav Jung, che nel 1944 ebbe un infarto, con un’esperienza da lui intesa come premorte. Il terreno culturale di Jung racchiudeva esperienze di sedute spiritiche (Ha assistito e partecipato alle sedute spiritiche di sua cugina Helly Preiswerk), e l’accettazione della reincarnazione, come pure interesse per il paranormale. L’esperienza fu molto viva, ma non trascendente la sua realtà di uomo, qua in terra. Le sue parole divulgative su quell’esperienza si collegano strettamente con la sua concezione di una coscienza individuale dell’uomo che scaturisce da un inconscio collettivo, che si presenta quale contenitore psichico universale. Tale concezione ha di vero in sé solo quello che è vero, cioè che tutti gli uomini sono uomini; ma gli uomini sviluppano se stessi al contatto con la realtà e non a partire da un inconscio collettivo che li compenetra, e che Jung presenta articolato in sviluppo, in se stesso: quello arcaico dell’umanità passata, ma pur sedimentato nel presente; quello medio, dei valori socio-culturali del presente; quello superiore, delle potenzialità e delle mete future. Ecco le sue parole tratte dalla sua autobiografia: “Quel che viene dopo la morte è qualcosa di uno splendore talmente indicibile, che la nostra sensibilità non potrebbe concepire nemmeno approssimativamente (…): La dissoluzione della nostra forma temporanea nell’eternità non comporta una perdita di significato: piuttosto, ci sentiremo membri di un unico corpo”. Jung non ha fatto altro che una dichiarazione di come immaginava l’esito futuro nell’eternità. Jung si appoggiava inevitabilmente alle uscite dal corpo pretese dai medium, che tuttavia mantengono un ponte fluidico col corpo, attorno al quale è pensata un’anatomia occulta, ma assolutamente inesistente e che si salda con le concezioni panteistiche del divino (gris-imola.it/new_age/foto_Kirlian.php) e (gris-imola.it/new_age/varienergie.php). Tale anatomia occulta può essere immaginata come un involucro che avvolge il corpo fisico ed è in connessione con esso con diversi livelli di sottigliezza materica (perispirito o corpo etereo che è quello più direttamente connesso con il corpo materiale, corpo astrale sede delle emozioni, corpo mentale adibito alla formazione del pensiero, corpo spirituale - anima - che è la controparte del corpo eterico o perispirito). I medium non sono ancora liberi di entrare nell’aldilà perché resta il collegamento del perispirito a mantenere vivo il corpo. Qui si comprende come sia compatibile con la concezione spiritista il termine - tout court - premorte, come attività cosciente indipendente dal funzionamento del cervello, cioè ad elettroencefalogramma piatto, ma pur vivo.

C’è da meravigliarsi se autori cristiani come Michael Sabom, Francois Brune, Albert J. Hebert S.M, sostengano la NDE intesa proprio come premorte, senza percepire le gravissime implicazioni filosofiche e teologiche. Tali autori non possono essere giustificati perché hanno l’intenzione di affermare l’esistenza dell’aldilà e dell’anima.

L’antropologia biblica
L’uomo non è una dualità (anima e corpo), ma un’unità fatta di anima e corpo. La dualità è propria della concezione reincarnazionista alla quale anche Platone aderiva. L’uomo nella Bibbia non si sente un’anima dentro un corpo intercambiabile, ma ha la percezione immediata del corpo e che quello è il suo corpo. Con ciò i suoi genitori sono i suoi genitori e non un mezzo di passaggio per altre carni. La reincarnazione rende relativi il padre e la madre, poiché prima ce ne sono stati altri. Relativa è anche la procreazione poiché l’essere nella carne è concepito come una punizione, da qui le estremizzazioni delle varie gnostiche, già iniziate al tempo di Paolo che facevano del corpo e conseguentemente del matrimonio (1Tm 4,3) una realtà malvagia proveniente da un Principio malvagio, mentre lo spirito lo facevano risalire da un Principio buono. Impossibile introdurre nella Bibbia la reincarnazione, poiché la risurrezione dei corpi dalle tombe, dalla terra lo vieta (Risurrezione della carne dice il Credo, per evitare l’errore di pensare a una mistica risurrezione senza il corpo reale. La parola carne nella Bibbia significa anche tutto il corpo: Gal 2,20; 2Cor 4,11; Ef 5,29).

Infatti, se ci fosse reincarnazione quale corpo risorgerebbe? Il primo o l’ultimo, poiché sarebbero stati tutti di un solo uomo?

Il Vangelo di Giovanni (9,2-3)
L’episodio che il Vangelo di Giovanni presenta chiaramente rigetta la reincarnazione (9,2-3): “‹Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli sia nato cieco?›. Rispose Gesù: ‹Né lui ha peccato né i suoi genitori›”.

I discepoli di fronte a quel caso, erano in difficoltà: la teologia udita in sinagoga diceva che il male è conseguenza del peccato, ma il caso contraddiceva una colpa personale perché nato cieco, oppure, in base ad alcuni passi biblici (Es 20,5; 34,7; Nm 14,18; Dt 5,9; Ger 32,18) dovevano concludere che avevano peccato i suoi genitori. Tali passi (Es 20,5; 34,7; Nm 14,18; Dt 5,9; Ger 32,18) dicono che le colpe dei padri sono causa di castighi per i figli, ma nel senso che la discendenza di un uomo che aveva spezzato l’alleanza con il Signore non poteva sperare di sussistere con i benefici di Dio, ma non fatalisticamente perché un figlio poteva sottrarsi all’influsso del padre, come si legge nel libro di Ezechiele (18,1s), dove viene affermata la responsabilità personale. Alcuni rabbini dicevano che l’embrione poteva peccare, appoggiandosi per questo al passo della lotta di Giacobbe ed Esaù nel grembo della madre (Gn 25,22), ma era una congettura insostenibile, e probabilmente i discepoli non la conoscevano. Chiaro l’imbarazzo dei discepoli di fronte a quel caso che sembrava aprire la porta alla dottrina della reincarnazione, conosciuta e rifiutata in Israele. La risposta di Gesù libera i discepoli da quella problematica e li libera anche dal gettare un’ombra morale sui genitori del cieco, poiché i malanni nei figli possono provenire da tare lontane. Allora non si aveva nessuna nozione genetica, ma si aveva chiaro che l’osservanza della Legge, il grado morale di un popolo, garantiva la bellezza della discendenza (Ps 127/128,3; 143/144,12).

La lettera agli Ebrei (9,27)
La lettera agli Ebrei fornisce un testo di immediata comprensione (9,27): “E come per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio”.

La prima lettera ai Tessalonicesi (5,23)
Nella prima lettera ai Tessalonicesi di Paolo si legge (5,23): “Il Dio della pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile. Per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo”. Spirito e anima, non significa che ci sono nell’uomo due anime. Per spirito Paolo intende la potenza intellettiva e la potenza volitiva dell’anima, cioè la parte più elevata dell’anima, che rigorosamente è una e non ha parti, ma potenze, ed è la forma sostanziale del corpo. Paolo poi afferma, contro il dualismo (anima - corpo) dei platonici e degli stoici, che il corpo sarà (cioè risorgerà realmente) alla venuta del Signore. Per anima Paolo intende tutta l’anima, ma si riferisce, avendo già presentate le potenze superiori (intelletto e volontà) alle potenze vegetative e sensitive che ineriscono al corpo. Il corpo ha la sua realtà fisiologica, ma senza l’anima è morto.

La parola dei Concili
Concilio di Vienne (1311 - 1312) (Denzinger-Schönmetzer, 902), approvato da papa Clemente V: “Riproviamo come erronea e contraria alla verità della fede cattolica, ogni dottrina o tesi che asserisce temerariamente o suggerisce sotto forma di dubbio che la sostanza dell’anima razionale o intellettiva non è veramente e per sé la forma del corpo umano; e definiamo, perché sia nota a tutti la verità della pura fede e sia sbarrata la via ad ogni errore, che chiunque, in futuro, oserà asserire, difendere o sostenere con pertinacia che l’anima razionale o intellettiva, non è la forma del corpo umano per sé ed essenzialmente, debba ritenersi come eretico”. Denzinger n° 902.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica n° 365 afferma contro ogni concezione duale dell’uomo: “L’unità dell’anima e del corpo è così profonda che si deve considerare l’anima come la forma del corpo; ciò significa che grazie all’anima spirituale il corpo composto di materia è un corpo umano e vivente; lo spirito e la materia, nell’uomo, non sono due nature congiunte, ma la loro unione forma un’unica natura”.
Il Concilio di Costantinopoli IV, 28.2.870, can. 10, Denzinger n° 657-658 ha definito: “Pur insegnando l’Antico e il Nuovo Testamento che l’uomo ha una sola anima ragionevole e intelligente e avendo confermato tutti i padri e i maestri che hanno parlato da Dio questo giudizio, ci sono alcuni che reputano che egli abbia due anime, e con alcuni sforzi illogici rafforzano la propria eresia; perciò questo concilio ecumenico anatemizza ad alta voce gli autori di una tale empietà e coloro che sentono come loro e se qualcuno in futuro tollererà di dire il contrario, sia anatema”.

La parola della filosofia
Il cammino filosofico per giungere all’esistenza dell’anima spirituale è possibile ed è stato coerentemente percorso. Così l’esistenza dell’anima spirituale, forma sostanziale del corpo, non è solo un dato della fede, ma anche della ragione. (Ad es. Cf. Sofia Vanni Rovigli “Elementi di filosofia” vol. III ed. La Scuola, Brescia, pag. 157-184; San Tommaso d’Aquino “Summa teologica”: I, quest. 75, 76, 77, 78.
Infine il momento preciso della separazione dell’anima dal corpo non è possibile misuralo con nessuna strumentazione. Solo si può rilevare l’imminente morte o la morte avvenuta (Cf. Giovanni Paolo II al 18° Congresso internazionale della Transplantation Society, 29 agosto 2000).