L'Antico Testamento
I codici in
ebraico dell'A.T. a noi pervenuti dai secoli assommano a qualche migliaio. Questi codici
per la maggior parte sono stati trascritti nel XIV secolo d.C. Cinquanta sono
datati al XIII secolo; otto al secolo XII e solo pochissimi ai secoli IX-XI. Tra
questi vanno annoverati il
Codice dei
Profeti
del Cairo (anno 895), il
Codice di
Aleppo
(seconda metà del secolo X), il
Codice dei
Profeti
di San Pietroburgo (anno 916), il
Codice di San
Pietroburgo B 19°
(anno1008).
Si hanno poi
molti frammenti di codici che risalgono fino al VII-VIII secolo, trovati fuori
uso nella genizah (ripostiglio per codici consunti dall'uso) della
Sinagoga del Cairo.
La spiegazione
del vuoto antecedente si deve all'affermarsi del testo Masoretico (masar
significa tramandò). I Masoreti (500-900 d.C., ma anche fino al XII
secolo) con la loro opera minuziosa di punteggiatura, di vocalizzazione, di blindamento del
testo mediante il computo dei versetti, l'indicazione del versetto
medio, del vocabolo medio, e altre minuziosità, diedero la garanzia di una
trasmissione fedele nel tempo, ma con tutto ciò non
riuscirono
ad impedire delle
involontarie sviste di copiatura. All'affermazione del testo Masoretico seguì
la distruzione dei codici antecedenti. Altra ragione fu che i codici consunti
dall'uso (bastavano poche parole diventate sbiadite), venivano messi
nella ghenizah (magazzino-sgombero delle sinagoghe) e destinati ad
essere bruciati.
Un testimone
antico è il
Pentateuco
Samaritano
datato al V secolo a.C.; riporta solo i primi cinque libri. Il testo in ebraico
venne però reso linguisticamente popolare per i bisogni dei lettori e
ascoltatori, così che la sua autorità in critica testuale ne risente.
Il testo
dell'Antico Testamento è testimoniato poi dalla
traduzione in
greco detta dei LXX.
La leggenda narra che
settantadue
(6x12: 6 per ognuna delle 12 tribù di Israele) saggi israeliti l'abbiano
tradotta ad Alessandria dall'ebraico. Essa fu compiuta in un lungo tempo e
risale ai secoli III-I a.C.
La traduzione
presenta divergenze dal testo masoretico, trasposizioni di passi, mutazioni di
ordine, presenza di parti deuterocanoniche (così dette perché riconosciute
unanimemente ispirate dalla Chiesa a partire dal V secolo d.C., fino alla
definizione dogmatica del Concilio di Trento), omissioni, divergenze in
vocaboli per sbagli o libertà di traduzione. La traduzione dei LXX è stata per
molto tempo il testo ufficiale dei giudei ellenisti. Il testo dei LXX è della
massima importanza in quanto venne molto usato dagli scrittori del Nuovo
Testamento. Nel Nuovo Testamento, delle circa 350 citazioni dell'A.T, circa 300
provengono dalla traduzione dei LXX. Ma, bisogna dire più precisamente che gli
scrittori del N.T. fecero capo ad un testo che era una revisione dei LXX,
riconfrontata con l'ebraico (A Qumran vennero trovati frammenti di una
traduzione greca dei profeti minori, che presenta i caratteri di una revisione
rabbinica dei LXX sulla base dell'ebraico. San Giustino ricorda una tale
traduzione che divenne testo ufficiale dei giudeo-ellenisti). Da questa
revisione rabbinica prese il via con ritocchi (180 d.C) un giudeo di Efeso, dando vita ad una nuova traduzione
detta Teodozione, dal nome del giudeo. Dello stesso tipo di Teodozione
sono la traduzione greca (140 d.C) ad opera di Aquila (un greco del Ponto
convertito al giudaismo) e l'altra (200 d.C) ad opera di Simmaco (un samaritano
convertitosi al cristianesimo).
A tutto ciò si
sommano i preziosi ritrovamenti biblici in ebraico
e aramaico scoperti nelle
undici grotte di Qumran (nella grotta numero 7 si hanno testi in greco)
a partire dal 1947. I ritrovamenti presentano testi datati tra il II-III secolo
a.C. fino al I d.C.
I testi di
Qumran hanno confermato la bontà del testo ebraico Masoretico giunto a noi.
Il Nuovo Testamento
Gli studiosi ritengono che
la prima stesura dell'insieme dei testi biblici del Nuovo Testamento venne
realizzata su rotoli di papiro, a imitazione dell'uso giudaico. Con la distruzione
di Gerusalemme, la comunità cristiana adottò il libro a codice, cioè con pagine
sfogliabili e scritte da entrambi i lati. Il formato codice risultava più
leggero, meno voluminoso e più pratico nell'annuncio e nella catechesi per la
rapidità con la quale venivano trovati i vari passi biblici. Il formato a codice
esisteva già ma era poco usato, solo più tardi verrà adottato diffusamente dal
mondo romano.
La raccolta dei vari scritti
novo testamentari, venne fatta in breve e già nel I secolo si hanno notizie
dell'elenco completo dei vari testi.
Con le persecuzioni contro i
cristiani si ebbe la distruzione di codici, come già avvenuto all'epoca dei
Maccabei per i rotoli del V.T. (1Mac 1,56), ma anche difficoltà di collegamento
tra le varie comunità costrette alla dispersione e alla clandestinità. Mancò
così un centro di copiatura dei testi che potesse effettuare un puntuale controllo
sugli stessi.
Ciò comportò una serie di incidenti nella ricopiatura dei codici. Incidenti di
carattere inconscio, oppure intenzionale per preoccupazioni ortografiche,
grammaticali, di chiarezza di senso, determinate da precedenti errori inconsci. Va affermato che tutto ciò non riguardò assolutamente la
saldezza della dottrina, ma solo la facilità di comprensione delle parti che
avevano subito difficoltà nelle trascrizioni.
La critica testuale, che ha
come oggetto l'eliminazione degli incidenti di trascrizione, utilizza dei
precisi metodi per giungere, dalla moltitudine dei testi, a cogliere le lezioni genuine.
Nel IV secolo d.C., con l'editto
di Costantino, la Chiesa passò dall'uso del codice in papiro a quello su
pergamena, materiale costoso, ma non deteriorabile. (Pergamena dalla città di
Pergamo dove venivano preparate le pelli di pecora o capra
che, opportunamente lavorate diventavano un foglio liscio e traslucido).
I codici in papiro rimasero
presenti per qualche tempo, ma poi si deteriorarono e vennero eliminati. Solo in
Egitto, dato il clima secco, i papiri poterono conservarsi, ma nel subentrare
dei codici su pergamena quelli su supporto di papiro finirono per essere
distrutti dall'uso, mentre altri dovettero finire in depositi. Nel seguito dei
secoli il patrimonio papirologico andò in
grandissima parte perduto. I papiri andarono addirittura bruciati, per il solo
fatto che il fumo era di gradevole odore. Quando i mercanti locali
di antiquariato capirono che
erano preziosi, perché ricercati dagli studiosi, cominciarono ad esibirli sulle bancarelle. Poi subentrò la ricerca archeologica dei preziosi documenti.
Da tutto ciò ci sono giunti diversi frammenti di papiro con passi del Nuovo
Testamento; preziosissimi perché hanno permesso di avere una documentazione papirologica indubitabile su quanto gli scrittori cristiani dei primi secoli
affermano circa l'origine dei testi del NT.
Si tenga presente che la conservazione del N.T.
supera senza confronto quella di altri libri antichi, giunti a noi spesso
frammentariamente e in rarissimi codici, per la maggior parte posteriori di
molti secoli al testo originale. E' assai raro, tralasciando autori popolari
come Omero e Virgilio, che ci siano opere dell'antichità che presentino più di
mezza dozzina di copie anteriori al Medio Evo. Prescindendo dai frammenti, non
vi sono copie di classici greci anteriori al IX secolo, e molto pochi anteriori
al secolo XII.
I vari tipi di incidenti
nella trascrizione dei testi
Errori di
omissione:
di una sola
lettera
di una sillaba
di un'intera
parola
di un'intera
frase
caso speciale è
l'aplografia (elemento identico ad uno contiguo così che uno viene omesso).
Errori per
aggiunta:
aggiunta di una
lettera
aggiunta di una
sillaba
aggiunta di una
parola
aggiunta di
un'intera frase
caso speciale è
la dittografia (ripetizione per due volte della stessa lettera o parola).
Errori per
mutazione o scambio:
scambio tra
loro di lettere simili
scambio di
parole simili, facilitato dall'uso di parole compendio e dalla scrittura
continua.
Errori per
inversione:
inversione di
lettere, parole o anche frasi intere.
|
I codici su pergamena
I testi su pergamena più
antichi sono i testi onciali, cosiddetti perché composti a lettere
maiuscole. Complessivamente se ne hanno 266. Solo 57 di questi ci sono giunti
completi di tutti i testi del Nuovo Testamento. Gli altri, mal conservati, sono
tuttavia utilissimi per le parti che riportano. I codici minuscoli assommano a
ad oltre 2750 esemplari.
I più
importanti codici onciali su pergamena del IV-V secolo sono:
Il
Codice Vaticano (B), conservato presso
la Biblioteca Apostolica Vaticana. Fu scritto probabilmente in Egitto. Il codice
riporta il V.T. nella traduzione dei LXX tranne alcune piccole parti per fogli
andati perduti. Riporta il N.T. in greco con qualche mancanza per la perdita di
alcuni fogli finali. E' ritenuto il codice onciale su pergamena più antico,
trascritto nel IV secolo d.C. E' uno dei migliori codici per fedeltà al testo.
Il
Codice Sinaitico (S). Venne ritrovato
in un monastero del Sinai (S. Caterina) da Constantin von Tischendorf, nel
maggio del 1844. Fu trascritto nel IV secolo con tutta probabilità in Egitto. Si
trova al British Museum di Londra, eccetto 43 fogli che si trovano a Lipsia. Il
codice riporta il V.T. nella traduzione dei LXX, con alcune lacune. Riporta
tutto il N.T. Assomiglia molto al Codice Vaticano. Le pelli necessarie per le
pergamene del Sinaitico sono state stimate in 360 fra pecore e capre. Il
Sinaitico venne provvidenzialmente salvato, infatti stava per essere usato come
combustibile.
Il
Codice riscritto di Efrem (C), così
detto perché sul testo greco del V.T. e N.T. che risale al V secolo vennero
sovrapposte, previa cancellazione, le opere di Efrem. Il Codice è ancora
leggibile esponendo le pagine ai raggi ultravioletti. Si trova presso la
Biblioteca Nazionale di Parigi. E' quasi completo di tutti i testi.
Il
Codice Alessandrino (A), detto così
perché in antico si trovava in Alessandria. Ora è nel British Museum di Londra.
Fu trascritto in Egitto nel secolo V. Riporta il V.T. La cattiva conservazione
del codice ha comportato lacune del N.T.; mancano Mt 1,1 - 25,6; Gv 6,50 - 8,52;
2Cor 4,13 - 12,6. Si compone di 773 fogli.
Il
Codice Beza (D), così detto perché
appartenne a Teodoro Beza, umanista del XVI secolo. Passò in seguito
all'Università di Cambridge. Fu scritto nel V secolo probabilmente in Francia. Contiene i quattro Vangeli e gli Atti degli Apostoli, il tutto in greco e in
versione latina. Conta 406 fogli.
Il
Codice Claromontano (D), o Codice di
Clermont per il fatto che il codice stette per molto tempo a Clermont. Fu
scritto nel V secolo, probabilmente nell'Italia Meridionale. Si trova nella
Biblioteca Nazionale di Parigi. Contiene le lettere di san Paolo in greco e in
latino. Si compone di 553 fogli: la differenza del numero di fogli da un codice
all'altro dipende principalmente dal numero delle colonne e dal numero delle
linee di scrittura.
I codici
minuscoli
Il più antico è il
Codice 461, datato al 835 d.C. Si
trova a San Pietroburgo.
|
Le antiche
traduzioni
Si hanno poi diverse
traduzioni, di grande importanza perché tradotte alla lettera, anche se non
sempre servilmente. Tra le più importanti si registrano:
La
Siriaca, detta “Peschitta”,
del II secolo.
Vari codici del II secolo in
lingua copta “Copta sahidica”, “Copta
bohairica”.
La
Vetus Latina del 150 circa.
La
Vulgata in latino di san Gerolamo della
fine del III secolo.
|
A disposizione si hanno poi
le citazioni degli scrittori cristiani dei primi secoli (II-IX), tanto
abbondanti che si potrebbe ricavare quasi del tutto il Nuovo
Testamento.
Tutti questi testi
dichiarano che la Chiesa da 17 secoli trasmette i medesimi testi. Se ora si
consultano i circa 100 papiri che ci giungono dai secoli antecedenti si vede
come essi corrispondono ai medesimi testi, salvo quei disordini di copiatura, di
lettura, introdottisi per l'assenza di un centro di copiatura, centro che non
poté essere attuato per la valanga delle persecuzioni. Nonostante ciò la
dottrina dei testi appare integra e omogenea e questo per l'indubbia assistenza
dello Spirito Santo alla Chiesa.
Brevi nozioni sulla papirologia
La papirologia è una scienza
che richiede vaste conoscenza ed è insegnata nelle università. Essa si basa
fondamentalmente sulla comparazione dei testi da datare con documenti papiracei di datazione certa.
Il materiale papiraceo di
confronto è imponente, ed il confronto è grandemente semplificato dai computer.
Nel “Thesaurus Linguae Graecae” dell'Università Irvine della California sono registrate opere
per un complesso di 91 milioni
di parole. Altro raccoglitore di dati sui papiri è il “Perseus Digital
Library” della Tufts University di Boston. Accanto a questi strumenti
informatici, risulta necessario, come
dato ultimo, il confronto sui papiri reali, questo per cogliere i minimi
dettagli delle lettere, dell'insieme delle parole, degli scritti.
Si hanno poi fotografie ai
raggi infrarossi, tecniche di registrazione digitale delle lettere, stereomicroscopio, per captare i minimi dettagli per il confronto coi testi di
data certa. Le date certe si hanno quando i documenti di confronto riportano la
data, oppure quando le date ono fornite dagli stop archeologici. Esempio
di stop archeologico è la distruzione di Ercolano la cui data
certa fa sì che i papiri ritrovati non possono essere postumi alla data della
distruzione. Così quelli di Qumran non possono essere postumi all'abbandono
delle grotte di cui si conosce la data (68 d.C.).
La papirologia non può
avvalersi sempre del sistema dell'analisi del radiocarbonio data le piccole
dimensioni di diversi reperti; nemmeno può servirsi dello Spettrometro ed
Acceleratore di Massa, poiché occorrono almeno 20/25 mg di materiale e per ciò
certi frammenti di papiri andrebbero distrutti. Comunque l'esame del
radiocarbonio è stato applicato a papiri ritrovati nelle grotte di Qumran.
Effettuato in tre laboratori distinti ha dato il risultato che in due casi su
tre venivano convalidati i dati forniti dalla paleografia, e ciò è una comprova
del valore dei risultati della papirologia. Certo, anche i risultati dell'esame
del radiocarbonio hanno dei limiti legati alla conservazione del materiale
papiraceo e ad un certo grado di incertezza a livello di operazioni di
misurazione del decadimento del radiocarbonio, ma ciò non inficia l'utilità di
tale metodo.
Nella comparazione coi
papiri si ha indubbiamente un'inevitabile quantità di soggettività, ma non
bisogna esagerare la critica al metodo della papirologia, perché se non
garantisce delle datazioni assolute fornisce però
indicazioni sull'arco di tempo di
composizione di un papiro con una forbice ristretta, il che non è affatto poco.
In tale scienza occorre esperienza, vastità di conoscenze tenendo anche conto
che ogni caso è un caso che va valutato a sé, e su di esso bisogna far
convergere numerosi dati, non esclusi quelli delle datazioni offerte
dall'archeologia. Gli autori quando poi presentano una datazione scelgono il
corno della forbice che risulta più prudente. Ovviamente nuovi ritrovamenti di
papiri possono precisare meglio la datazione e attualmente si ha un processo di
retrodatazione di papiri già assegnati a tempi più recenti.
La papirologia ha formato
tutta una serie di classificazione delle grafie, degli stili, scaglionati
durante il tempo, tenendo conto anche del genere dello scritto. Ad esempio, se
si tratta di una lettera si avrà la caratteristica della scorrevolezza grafica;
diversamente per un documento, oppure un libro.
Attualmente
sono stati ritrovati un centinaio di papiri contenenti frammenti più o meno
lunghi del N.T. Quelli più importanti sono:
Papiro Ryland
p.52,
così nominato perché appartiene alla biblioteca dell'inglese J. Ryland. Venne
acquistato in Egitto nel 1920 da Bernard P. Grenfell. Probabilmente il papiro
proviene da Ossirico. Venne reso pubblico
per la prima volta nel 1935 da Colin
Robert, che lo identificò con Gv 18,31-38. La datazione che venne proposta da
Colin Robert era al 125 d.C., ma come datazione più prudente; si poteva,
infatti, sulla base delle somiglianze strette con il papiro
Fayyum 110,
datato al 94 d.C., del papiro
Lond. 2078
- una lettera privata del tempo di Domiziano (81 - 96 d.C) -, del papiro
Gr. Berol,
contenente il decimo canto dell'Iliade, datato alla fine del I secolo, giungere
ad una datazione più bassa. L'importanza
del
p.52
è molto grande perché ha smentito le tesi razionaliste che volevano il Vangelo
di Giovanni composto verso il 150, per poi dire che era stato scritto lontano
dai fatti e quindi da una comunità che aveva tracciato la propria visione sul
Cristo.
Papiri Chester
Beatty p.45; p.46; p.47,
perché acquistati da C. Beatty in Egitto nel 1930-31. Sono conservati a Dublino
presso la Library Chester Beatty.
Il
p.45
è costituito da 30 fogli (il codice integro ne aveva 110); presenta parti
notevoli dei Vangeli e degli Atti. E' datato paleograficamente alla prima metà
del III secolo (200-250 d.C). Una parte del
p.45
è conservato nella Biblioteca
Nazionale Austriaca a Vienna. Il
p.45
è considerato, nel confronto agli altri
papiri, un testo abbastanza fedele anche se di qualità inferiore al Codice
Vaticano e al
p.47.
Il
p.46
conta 86 fogli e riporta buona parte delle lettere di san Paolo (Rm, Eb, 1 e
2Cor, Gal, Ef, Fil, Col, 1Ts). Una parte del papiro è conservata presso la
Biblioteca Ann Arbor dell'Università del Michigan. Il papirologo tedesco Urlich
Wilcken poneva la datazione di
p.46
al 200 d.C. circa. Tuttavia nel 1988 il
papirologo Young Kyu Kim è giunto a datare il papiro alla fine del I secolo. Esso
è opera di un copista di professione, ma si ritrovano errori ortografici. Il
papiro concorda con il Codice Vaticano per le lettere di san Paolo.
Il
p.47
presenta 10 fogli e contiene Ap 9,10-17,2.
Papiri Bodmer,
ritrovati in Egitto da Martin Bodmer nel 1955-56. La parte maggiore di questi
papiri è conservata nella Biblioteca Bodmeriana di Cologny (Svizzera). Una parte
del papiro
p.72 detto Bodmer VIII è stato donato nel 1969 a Paolo VI ed è
conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana. I più
importanti papiri della collezione Bodmer ai fini della critica testuale sono i
papiri
p.66; p.72;
p.75.
P.66
detto
Bodmer II
contiene quasi tutto il Vangelo di Giovanni. Una parte di trova presso l'Inst.
Altertumskunde a Colonia e un'altra presso la Chester Beatty di Dublino. La
prima datazione che venne espressa sul papiro lo collocava al 200 d.C.
Attualmente diversi studiosi (Herbert Hunger) optano per il 125 d.C. circa. La
trascrizione non è di mano molto professionale, tuttavia è considerato
autorevole. Ha affinità con il Codice Vaticano.
P.72
detto
Bodmer VII-VIII,
è datato al secolo III-IV. Contiene in buono stato di conservazione le due
lettere di Pietro e la lettera di Giuda. E' custodito nella Biblioteca
Apostolica Vaticana.
P.75
detto
Bodmer XIV-XV
contiene gran parte dei Vangeli di Luca e Giovanni. Il papiro è stato donato nel
novembre del 2006 a Benedetto XVI ed è custodito nella Biblioteca Apostolica
Vaticana. Il
p.75
è datato paleograficamente tra il 175 e il 225 d.C. Il
p.75
è il testo che maggiormente si accorda con il Codice Vaticano, ciò dice la forte
bontà del Codice Vaticano a riguardo della critica testuale. Il papiro è opera
di un copista competente ed è considerato dalla critica testuale di valore
basilare.
Papiro Magdalen,
è costituito di cinque frammenti, tre dei quali sono conservati presso il
Magdalen College di Oxford
p. 64
e due presso la Fundacion San Lucas Evang. di Barcellona
p.67.
I frammenti contengono alcuni versi del Vangelo di Matteo. Esso apparteneva ad
un codice onciale. Tre frammenti vennero acquistati a Luxor nel 1901 da Charles
B. Huleatt e donati poi al College. La prima datazione del
p.64
fu fatta da A. S. Hunt che presentò la data del III-IV secolo. Nel 1935 il
papirologo di fama mondiale Colin Robert abbassò la datazione al II secolo
(100-200 d.C). I frammenti
p.67
vennero datati nel 1956 dal papirologo Ramon Roca-Puig al III secolo.
Nel 1994-95 il
papirologo tedesco Carsteu Peter Thiede propose la datazione di
p.64
alla fine del I secolo, sulla base di nuovi elementi, non posseduti da Colin
Robert, provenienti da un papiro di datazione sicura ritrovato a Ossirico,
somigliantissimo come “goccia d'acqua” al
Magdalen,
e altri papiri sempre di datazione sicura, nonché papiri di Qumran databili non
oltre il 68-70 d.C. (data della chiusura delle grotte), e anche papiri di
Ercolano (presenza di forme grafiche mediterranee, dovute all'impero romano),
databili non oltre l'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Carsteu Peter Thiede ha
utilizzato poi le tecnologie più moderne come la microscopia elettronica.
Così il
p. 64 /
p.66
è il più antico papiro del N.T. vicinissimo alla morte e risurrezione di Gesù.
Ritornare alla
datazione di Colin Robert non è più possibile, anche se non è mancata una certa
resistenza da parte di alcuni, mossi da contrarietà alla storicità dell'evento
cristiano, piuttosto che da intento oggettivamente scientifico.
I frammenti
sono in greco. Notizie storiche ci dicono che il vangelo di Matteo venne scritto
originariamente in aramaico, così la datazione sostenuta da Thiede viene ad
affermare che la sua traduzione in greco avvenne a pochissima distanza di tempo.
Ha certamente valore l'ipotesi che la traduzione avvenisse a seguito del
Concilio di Gerusalemme (At 15,6s), che sancì l'apertura del Vangelo ai pagani
senza che questi fossero obbligati alla circoncisione e ad osservare le altre
pratiche della legge di Mosè.
Va considerato
infine il papiro
7Q5,
frammento piccolissimo di rotolo rinvenuto a Qumran, anche se non ancora oggetto
di universale consenso. Il frammento, contenente solo 20 lettere su 5 righe, è
in greco ed è stato datato dal papirologo Robert Colin (1972) al 50 d.C. Misura
3,9 cm di altezza e 2,7 cm di larghezza. Si trova nel Museo di Gerusalemme.
Alcuni hanno
attribuito il frammento a 2Sam 5,13-14 - versione in greco dei LXX - (pare lo
stesso Robert Colin 1972) o a 2Sam 4,12-5,1 o a Es 36,10-11 (Paul Garnet 1973) o
a Zac 4,12-5,1 (Maria Vittoria Spottorno, 1992; la professoressa presenta però
una parafrasi di Zc 4,12-5,1).
Il papirologo
José O'Callaghan, sacerdote della Compagnia di Gesù, nel 1972 lo attribuì a Mc
6,52-53: “...perchè non avevano capito il fatto dei pani, essendo il loro
cuore indurito. Compiuta la traversata, approdarono e presero terra a Genèsaret...".
Tale attribuzione fu subito contestata, ma sulla base di reazioni personali che
attingevano a posizioni del razionalismo, piuttosto che di oggettività
scientifica. Attori della contestazione furono: il prof. Kurt Aland, che sbagliò
la programmazione del computer e così i suoi risultati furono errati, gli
specialisti della École Biblique di Gerusalemme, e altri.
Ai
chiarimenti presentati da O'Callaghan si oppose il silenzio, eppure il
curriculum di O'Callaghan si presentava quanto mai prestigioso. Dottore in
filosofia presso l'Università di Madrid, dottore in filologia classica presso
l'università di Milano, insegnante presso importanti centri di studio europei. Docente
di Papirologia e Paleografia Greca, nonché di Critica Testuale presso il
Pontificio Istituto Biblico di Roma. Qui è stato anche decano della Facoltà
Biblica. Direttore del Seminario di Papirologia dell'istituto di Teologia
Fondamentale di S. Cugat del Vallès, in Barcellona.
Tutto sembrava
sepolto, ma nel 1987 il papirologo tedesco, di religione anglicana, Carsten
Peter Thiede sostenne di nuovo l'attribuzione di O'Callaghan. Nell'ottobre del
1991 ci fu un Simposio presso l'Università di Eichstatt e in generale si ebbe
un'opinione favorevole all'attribuzione del papiro a Mc 6,52-53, restava
tuttavia chi era pronto a sostenere altra attribuzione (Spottorno, Julio
Trebolle). Il papirologo F. Rohrhirsch pubblicò subito un libro favorevole alla
identificazione in Mc 6,52-53.
Nel 1995
O'Callaghan riaffermò la sua attribuzione col libro “Los testimonios más
antiguos del Nuevo Testamento. Papirología neotestamentaria”. (En los
origines del cristianismo 7), ed. El Almendro, Cordoba, 1995.
Nel
1996 Carsten Peter Thiede ne sostenne nuovamente l'attribuzione con una nuova
pubblicazione, con traduzione in italiano: “Qumran e i Vangeli. I manoscritti
della grotta 7 e la nascita del Nuovo Testamento, Milano: Massimo, 1996”.
L'attribuzione, che si è avvalsa della diretta consultazione del papiro, cioè
non di fotografie pur ai raggi infrarossi, nonché dei più avanzati strumenti
d'indagine ha attualmente al suo attivo molti consensi, tra questi va ricordato
il consenso della papirologa Orsolina Montevecchi.
Il papiro è
stato sottoposto al calcolo matematico delle probabilità circa il poter
appartenere ad altro passo biblico. Il calcolo è stato condotto dal professore
Alberto Dou, dottore in matematica e membro della reale Accademia delle Scienze
di Madrid, con il risultato di probabilità di 1 contro novecentomila milioni,
praticamente nessuno. Considerando le possibilità
di variazione sticometrica (stichoi: linee scritte) di 7Q5, si ha la probabilità di una identificazione diversa di 1
contro 430 bilioni (1 bilione equivale a 1000 miliardi).
Nel 1997 (Revue
de Qumran 18, 1997) lo
studioso americano Ernest Muro, con il Bible Works versione 3,5, ricercò tutti i testi dell'A.T. e
N.T. corrispondenti al papiro 7Q5, escludendo sorprendentemente l'attribuzione a
Mc 6,52-53 sebbene ciò corrisponda perfettamente ai dati del papiro. Muro
presentò il risultato di Gn 46,20, ma tale attribuzione, riproposta da Muro nel
2001, poggia su una griglia
paleografica (incolonnamento del testo, lunghezza delle linee, numero delle
lettere) da lui arbitrariamente congetturata, per cui non viene scalfita
l'attribuzione di O'Callaghan e Thiede a Mc 6,52-53.
Va detto che è
stata avanzata l'idea (Card. Martini) di attribuire il frammento ad una raccolta
privata dei logia del Signore che precedettero la stesura dei Vangeli
(Cf. Lc1,1), ma la cosa non è dimostrabile.
|
I libri apocrifi
La parola apocrifo di per sé
significa “nascosto” e quindi non presentato al pubblico. Ecclesiasticamente è sinonimo di pseudo-biblico, di extracanonico.
Si hanno
apocrifi del V.T. e del N.T.
Per quelli dell'A.T. la
composizione va dal II secolo a.C. al III secolo d.C. Per quelli del N.T. la
composizione va dal I secolo al V secolo d.C.
Leggendo i testi subito si
notano le ragioni per le quali vennero redatti.
Le ragioni possono essere
buone, sebbene ingenue, cioè presentare notizie più ampie su personaggi di
quelle contenute negli scritti canonici o risolvere problemi teologici con
narrazioni ad hoc. Ad esempio per risolvere il problema dei “fratelli
e sorelle di Gesù” si presentò un Giuseppe vedovo, con figli e figlie del
precedente matrimonio. Per garantire poi l'accertamento del parto verginale di
Maria si misero in campo delle levatrici; e via dicendo.
Le ragioni possono essere
cattive, rivolte cioè a seminare errori dottrinali ingannando i lettori
sprovveduti.
Il
Vangelo di Giuda di
impronta gnostica è un esempio di questo modo di ingannare.
Gli apocrifi possono
tuttavia contenere notizie storicamente valide circa l'ambiente religioso,
culturale, sociale. Il testo liturgico del “Requiem aeternum...” si rifà
all'apocrifo 4Esdra 2,34s. I nomi dei genitori di Maria, Gioacchino ed Anna sono
presi dall'apocrifo nominato nel secolo XVI protovangelo di Giacomo.
Bibliografia
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