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Edouard Schuré (Strasburgo
1841 - Parigi 1929) è un personaggio sul quale ebbe incidenza l'ermetismo
francese di Antonio Pernety (1716 - 1801), ex Benedettino della Congregazione di
San Mauro, passato alla Massoneria. Antonio Pernety ipotizzò l'esistenza di una
trasmissione di sapere in chiave occulta. I
filosofi ermetici avrebbero affidato i loro segreti sapienziali ai geroglifici,
ai simboli, ai miti, alle allegorie. Pernety pensò anche di poter interpretare
tale codice ermetico. Pernety fondò il “Rito ermetico degli illuminati di
Avignone”. Oggi, con gli studi attuali sulle religioni orientali, non gli
sarebbe stato possibile dire quello che affermò allora. Basti pensare a quello
che volle dire la decifrazione dei geroglifici egiziani nel 1822 ad opera di
Jean-Francois Champollion, per mezzo della stele di Rosetta che conteneva una
traduzione in greco.
Schuré subì pure l'influsso
di Fabre d'Olivet (1767 - 1825) esoterista, neopitagorico, fondatore del culto
della “Teodoxie Universelle”, la cui gerarchia era di tipo massonico.
Edouard Schuré fu poi molto
influenzato da Rudolf Steiner (Kraijevicz 1861 - Dornach 1925), membro della SRA
(Societas Rosicruciana in Anglia), dove erano ammessi solo massoni di alto
grado.
Steiner incontrò l'ucraina
Helena Petrovna Blavatsky (1831 - 1891) fondatrice nel 1875 della “Societa'
Teosofica” a New York, e ne subì ampiamente l'influsso, tanto che divenne
Segretario generale della “Società Teosofica Tedesca”. La Blavatsky,
debitrice del filone ermetico-massonico considerava
gli stati ipnotici e l'interpretazione dei sogni come accesso al
sovrasensibile per giungere alla verità universale, che alcuni iniziati
avrebbero raggiunto e tramandato a piccolissime cerchie, dando ai più solo
alcuni aspetti contingenti al loro tempo.
Questi i maggiori contatti
formativi di Edouard Schuré autore de “I Grandi Iniziati”, pubblicato in
Francia nel 1889 e poi in Italia nel 1906, a cui seguiranno una ventina di
edizioni.

L'autore si mostra in tutto un iniziato ai principi della Teosofia, che
voleva risalire ad un pensiero religioso universale, nascosto, extoterikos. Come giungere
a questo? La Blavatsky si fondava su una presupposta esperienza del sovrasensibile oltre che
ad una certa cultura storica, e questo è il quadro nel quale si svolge l'opera
di Schuré: “I grandi iniziati. Storia segreta delle religioni”.
Nell'introduzione Schuré afferma che “Ovunque s'incontri un qualsiasi
frammento della dottrina esoterica, essa esiste di fatto tutt'intera, poiché
ognuna delle sue parti ne presuppone e ne genera altre”. Schuré, come tutti
i Teosofi, è un panteista e professa la reincarnazione.
Tracciando “I grandi
iniziati” (Rama, Krishna, Ermete, Mosé, Orfeo, Pitagora, Platone, Gesù)
Schuré si presenta anch'esso come un iniziato, con qualche nota estetica di
umiltà.
Il risultato è che l'opera
non ha un valore storico. Edouard Schuré, come afferma Raniero Gnoli nella presentazione
dell'edizione Mondadori del 1984, “Trascurò spesso deliberatamente il dato
storico e scientifico”. Schuré percorre la strada di un “esoterismo
comparato”, che cerca di cogliere nei vari personaggi l'unicum universale.
L'iniziazione, che crede di avere raggiunto, gli fa ritenere di poter leggere
oltre il dato storico, oltre il frammento. Ma, Schuré finisce nel mondo della
sua fantasia, senza fornire un approfondimento di conoscenza storica. La sua
opera ha avuto un successo che si spiega solo con il sostegno delle società di
Teosofia.
Trattando della nascita di
Krisnha, Schuré occhieggia in pieno la nascita di Cristo, presentando la nascita
da una vergine, rigettata anche dall'”Associazione Internazionale per la
Coscienza di Krisnha” che vanta l'accesso unico alla coscienza di Krisnha,
cioè all'essere coscienti di Krisnha, e che rimane fedele alle tradizioni che
danno Krisnha nato da Devaki e da Vasudeva.
Ecco il testo della nascita
di Krisnha confezionato da Schuré:
“Mahadeva (Grande Dio),
il sole dei soli, le apparve nel lampo di un folgorante raggio sotto forma
umana. Allora, adombrata dallo Spirito dei mondi, cadde priva di sensi e
nell'oblio della terra, in una felicità senza limiti concepì il fanciullo
divino. Quando sette lune ebbero descritto il loro magico giro intorno alla
sacra foresta, il capo degli anacoreti chiamò a sé Devaki e disse: <La volontà
dei Deva fu compiuta; tu concepisti nella purezza del cuore e dell'amore divino.
Vergine e madre, salve! Nascerà da te un figlio e sarà il salvatore del mondo.
Ma fuggi, perché Kansa ti cerca per farti morire col tenero frutto che rechi nel
seno>”.
Questo testo è una pura
invenzione che contraddice quanto lo stesso Schuré afferma, cioè di raccogliere
i frammenti di verità. Il frammento di verità doveva essere per lui la
narrazione del Mahabharata e del Bhagvata-Purana, ma Schuré, pieno della
sensibilità romantica tedesca promossa dallo Sturm und Drang (tempesta e
passione), di cui facevano parte Goethe e Shiller, si lascia muovere dalla
fantasia giungendo a confezionare un falso. Chiaro che Schuré guarda
all'annunciazione evangelica e al concepimento verginale di Maria, ma nello
stesso tempo se ne distanzia totalmente. Devaki, infatti, non dà nessun
consenso, viene travolta dal raggio emanato da Mahadeva a foggia di forma umana,
che dà spazio all'equivoco di un accoppiamento, secondo il modello mitico di
Zeus con Semele nella generazione di Dionisio.
Proseguendo la narrazione di
Schuré si legge: “<I nostri fratelli ti guideranno dai pastori, che stanno
alle falde del monte Meru sotto gli odorati cedri nell'aria pura dell'Himavat>”
Si può osservare subito che
il monte Meru è del tutto inesistente e fa parte della mitologia induista e
buddhista. L'Himavat è una personificazione dell'Hymalaia.
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