Risale a 4000 anni fa un
breve frammento testuale conservato al Britisch Museum di Londra, nel quale
Marduk è assimilato al dio fenicio Baal, dio della vegetazione. Il dio subisce
un processo in una corte di dei per una qualche presunta colpa; con lui due
altri esseri mitologici sono imprigionati: uno di loro viene liberato.
Baal-Marduk o Bel-Marduk viene sottoposto ad un rituale di destituzione di
regalità. Rituale sarcastico comune, che veniva talvolta richiamato anche dai
soldati romani circa il Messia atteso da Israele, per beffeggiare gli abitanti
di Gerusalemme (Cf. “Enciclopedia Cattolica”, voce “crocifissione”).
Al dio Marduk al posto della lancia - suo segno particolare - viene messa in
mano una canna, simbolo di impotenza. In capo gli viene messa, al posto della
corona d'oro - altro segno di Marduk -, una corona di foglie di acanto. Gli dei
avversari esultano. Come si vede il tema del processo è presente
nei miti. Marduk-Baal viene poi ucciso, probabilmente per decapitazione o
impiccagione, non certo per la crocifissione, che apparirà, in maniera
documentalmente certa, solo al tempo dei
persiani, per passare poi ai greci, ai cartaginesi e infine ai romani, che al
palo verticale aggiungeranno, costantemente, un palo orizzontale (patibulum). Il dio, che tentava la scalata alla
regalità sugli dei, risultò eliminato. Una dea - probabilmente Inanna,
corrispondente alla dea Anat, moglie, o a seconda delle redazioni, sorella di
Baal - lo piange e gli asciuga il sangue uscito da un colpo di lancia. Marduk
finì nel sottomondo, dal quale ne uscì, diventando il dio della vegetazione, a
somiglianza di Attis e di Osiride. Marduk nella visione nell'Enuma Elish è
presentato al vertice del pantheon babilonese, con quattro paia di occhi,
quattro paia di orecchie.
I mitologisti, che
vorrebbero ridurre il Vangelo ad un mito che deriva da altri miti, usarono di
questo frammento contro il cristianesimo, ma la carica storica dei Vangeli è
tale che non è minimamente possibile scalfirla; il continuo riferimento storico
interno dei Vangeli, la collimazione coi dati storici forniti dai documenti del
tempo, a cui va aggiunta la vita dei cristiani, di una morale ben diversa da
quella pagana, di qualsiasi culto si tratti, non danno spazio a dubbi. I miti
sono tracciati in una sfera astorica e mirano a fondare miticamente una realtà
già esistente. Il Vangelo, al contrario, innova la realtà, proprio perché è un
evento interno alla storia, totalmente situato nella concretezza della storia; è
il lievito che lievita la massa di farina, perché posto dentro la massa
di farina, cioè la realtà umana. Comunque, oggi nessuno studioso serio avanza
più l'illazione di una derivazione dei Vangeli da miti. Leipoldt Johannes, che
nei primi anni del 900 si fece paladino del mitologismo e utilizzò il frammento
della morte di Marduk in questo senso, non nomina tale frammento nel suo
intervento su “Religionsgeschichete des Orient in der Zei der Weltreligionen”,
Leinden, 1961.
Il mitologismo si esercitò
dal XIX ai primi del XX secolo per poi progressivamente arenarsi.
Il mito di Baal,
sincreticamente unito al mito di Marduk, quale dio della vegetazione,
compare nelle tavolette d'argilla ritrovate ad Ugarit
(antichissima città nella Siria settentrionale, situata sul promontorio di Ras
Shamrah, al termine di una via proveniente dalla Mesopotamia), e presenta il dio
aiutato dalla sorella (o moglie a seconda delle versioni) Anat nella lotta
contro Yamm dio del mare, alleato con Mot dio della morte. Baal vince Yamm e lo
confina nel mare, sua dimora, mentre lui si costruisce una dimora sulla montagna
del supremo dio El. Baal viene poi assassinato da Mot, che distrugge tutta la
vegetazione. Anat piange la morte di Baal e costringe Mot a ridare a Baal la
vita sei mesi ogni anno, secondo il ciclo della vegetazione.
Questo ciclico
altalenare dal regno dei morti, alla vita sulla terra, lo si ritrova nel mito di
Tammuz (dio babilonese della vegetazione) e nel corrispondente mito dell'Adone
greco.
In terra mesopotamica si
coltivò il mito di Inanna e Dumuzi. Il mito presenta Dumuzi ucciso da un'orda di
dei infernali. La morte di Dumuzi viene pianta da Geshtinanna, sorella di
Dumuzi, che riesce a commuovere Ereshkigal, la regina degli inferi. Dumuzi poté
così uscire dal mondo sotterraneo per sei mesi all'anno, mentre per gli altri
sei doveva rientrarvi: è il dio della vegetazione. Si può notare che il ritorno
in vita di Dumuzi assomiglia ben poco ad una risurrezione; infatti quello che
appare è che Dumuzi, pur certamente ucciso, sia andato anche con la sua
fantomatica realtà corporea nel sottomondo.
Innana, che era andata nel
sottomondo, era stata trasformata dalla regina Ereshkigal in cadavere che venne
appeso ad un gancio, come in una macelleria. Il testo prosegue come se Inanna
fosse una prigioniera del mondo sotterraneo. Il mito non presenta la disunione
tra il cadavere e la dea: le antiche imbalsamazioni egizie erano eseguite nel
pensiero che il defunto continuasse ad essere in qualche modo collegato con il
corpo mummificato. Inanna viene poi presa da due demoni buoni, plasmati per la
bisogna dal saggio Enki. I due demoni buoni, Kurgara e Kalatur, le danno l'acqua
della vita e le fanno mangiare il cibo della vita - elementi conosciuti dal dio
Enki - e dopo aver ingerito l'acqua portentosa e il cibo portentoso, Inanna
torna a vivere. Anche nel mito mesopotamico di Adapa si parla del cibo e
dell'acqua della vita, che Anu offre ad Adapa affinché diventi immortale. Adapa
fatalmente lo rifiuta perché consigliato dal dio Ea di diffidare del dio Anu.
E' evidente il
tratto mitologico: il cadavere ancora può bere e mangiare, e quindi può ancora
agire, e solo dopo aver ingerito bevanda e cibo prodigiosi, ritorna a vivere. Ma
questo è coerente con la credenza che i defunti mangiassero cibi: nelle tombe
egizie venivano messi, accanto alle mummie, cibi affinché il defunto mangiasse.
Le
risurrezioni presentate dalla Bibbia sono ben altro; sono un evento storico,
reale, chiaramente percepito dagli uomini (vedi la risurrezione di Lazzaro)
operato dall'onnipotenza di Dio. In esse non c'è nessuna irrazionalità, ma solo
l'esercizio dell'onnipotenza di Dio. La risurrezione di Cristo è poi il vertice
di ogni risurrezione della Bibbia perché pose Cristo non di nuovo sotto i
vincoli dello spazio, del tempo, e del nutrimento, ma nella gloria del Padre.
Marduk cacciato da Babilonia, sua città cultuale
Marduk, celebratissimo dio
di Babilonia nel poema Enuma Elish, dopo la conquista della città da parte degli
assiri (Sennacherib VII sec. a.C.), venne sostituito nel poema con Assur,
divinità nazionale assira. In un documento si legge che Marduk venne processato
da una corte di dei presieduta dal dio Assur. Condannato deve lasciare la città
di Babilonia, la cui popolazione si sente da lui abbandonata. Marduk è
presentato come un vecchio che cammina a fatica, privo di splendore regale (Cf.
F. Mario Fales, “Lettere dalla corte assira”, Ed. Marsilio, Venezia,
1992, pag 171). Quando però Nabucodonosor ripristinò le sorti di Babilonia, la
stessa cosa toccò al dio Assur.
Su tavolette
ritrovate a Ninive e ad Assur (capitale dell'antica Assiria e anche il
nome della
principale
divinità della
città), conservate nel museo di Berlino, si narra che quando Marduk si allontanò
da Babilonia andò in Egitto. L'Egitto nel VII secolo infatti conobbe l'invasione
assira per mano di Assaraddon e di Assurbanibal, che giunse fino a Tebe
saccheggiandola. La narrazione è ambientata in terra assira. Dumuzi (dio
della vegetazione: corrisponde al babilonese Tammuz), figlio di Enki (dio
della saggezza e delle acque sotterranee) e quindi fratello di Marduk, volle
per sé il trono sull'Egitto ad Eliopoli. A questa richiesta lo spingeva la
moglie Inanna (dea della fertilità: corrisponde alla babilonese Isthar).
Nacque una lotta tra dei e Dumuzi venne ucciso (il mito lo farà rivivere
secondo il paradigma del ciclo della vegetazione).
Inanna incolpò
Marduk, che impaurito dalle ire di Inanna si rifugiò nella “montagna”, cioè
nella “grande piramide”. Inanna possiede tutti i mezzi per distruggere la
piramide, ma entra in azione il saggio dio Ea, che consiglia ad Inanna di
intentare un processo a Marduk che viene condannato a morte, ma poi viene
scoperto il vero uccisore di Dumuzi, che viene ucciso. Marduk viene poi liberato
dal suo luogo di detenzione, dove sarebbe dovuto morire come un sepolto vivo,
dagli Anunnaki, cioè dai figli del dio Anu. Circa il processo si ha un frammento
testuale conservato nel museo dell'Università della Pennsylvania.
Il culto di
Marduk a Babilonia resse di fronte all’invasione persiana. Ciro ebbe l’appoggio
dei sacerdoti del tempio di Marduk ed entrò così a Babilonia senza colpo ferire.
Per fermare le
fantasie
La versione
babilonese del mito agrario sumero di Dumuzi/Inanna, pone Tammuz al posto di
Dumuzi, e al posto di Inanna la dea Isthar. Chi volendo cercare una madre per
Tammuz, nella moltitudine delle variazioni del mito, avanzasse l'idea che
fosse la dea Mylitta, e per di più ipotizzasse che lo ebbe verginalmente, deve
proprio fermarsi perché Mylitta era una dea patrona della prostituzione, ed è da
identificare con la dea erotica Isthar. Il cliente chiamando una determinata
prostituta le dava il denaro dicendole: “Ti chiamo in nome della dea Mylitta”
(Cf. “Enciclopedia delle Religioni”, ed. Vallecchi, Firenze, 1978, vol 3,
colonna 830).
Il dio Tammuz,
che versioni del mito babilonese presentano come re-pastore che aveva regnato
in Bad-Tibira per 36.000 anni e come re-pescatore che per 100 anni aveva regnato
in Uruk, nella mitologia greca divenne Adonis. Adonis (Adone) è presentato dal
mito come nato dall'incesto tra il re di Cipro Cinira e la figlia Smyrna. Smyrna
venne punita da Afrodite per la sua scarsa devozione a lei facendola innamorare
del padre col quale - ignaro che fosse la figlia - giacque più notti, fin tanto
che il padre scoprì tutto, e allora volle ucciderla. Smyrna fuggì pregando gli
dei di nasconderla e così venne trasformata in un albero di Mirra, da cui uscì
Adonis, che Smyrna aveva concepito col padre.
Paulus Witold,
“Marduk urtyp Christi?”, ed. Pontificio Istituto Biblico, Roma, 1928.
J. B.
Pritchard, “Ancien Near Eastern Text”, Princeton, 1955.
Jean Bottero,
“Mesopotamia”, ed. Einaudi, Torino, 1991.
F. Mario Fales,
“Lettere dalla corte Assira”, ed. Marsilio, Venezia, 1992.
Henrietta
McCall, “Miti mesopotamici”, ed. Mondadori, Segrate (Milano), 1995.
Jean Bottero,
“Dai sumeri ai Babilonesi: i popoli della Mesopotamia”, ed. Universale
Electa/Gallimard, 1996.
Sabatino
Moscati, “Antichi imperi d'Oriente”, ed. Newton & Compton, 1997.
Simonetta
Ponchia, “Gilgames, il primo eroe”, ed. Nuove edizioni romane, Roma,
2000.
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