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Aton la divinità del faraone Akhenaton (Amenofi IV) |
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La capitale egiziana a partire dalla XVIII dinastia (1710
- 1550 a.C.) fu Tebe, dopo essere stata Menfi. Le Due Terre (Alto e Basso Egitto) erano state unificata fin dal 3125 a.C., ma poco prima che la XVIII dinastia si stabilisse a Tebe quale capitale dell’Egitto, si erano avuti conflitti durati circa 130 anni. Per dare stabilità all’Egitto il clero di Tebe, su promozione del Faraone capo supremo del culto e lui stesso oggetto di culto in quanto stimato “figlio di Ra”, si accordò con quello di Ionu, o Eliopoli, secondo la dizione greca, per una unificazione/identificazione tra il dio Amon, principale divinità tebana fin dal 2100 a.C. e il dio Ra antichissima divinità solare egiziana il cui culto era preminente a Ionu. L’unificazione o meglio l’identificazione delle due divinità, che in Uno mantenevano i rispettivi aspetti, avvenne tra il 1710 e il 1543 a.C.; con maggiore approssimazione attorno al 1500 a.C., e metteva in rilievo Ra, posto che i Faraoni erano detti “figli di Ra” per tradizione.
1)
I Faraoni si erano in quel tempo stabiliti a Tebe, facendola diventare capitale dopo essere stati a Menfi. Così si ebbe il dio Amon-Ra, nel pensiero teologico che Ra e Amon non fossero che due aspetti dello stesso dio. L’unicità di un dio e la pluralità degli dei era componibile con due procedimenti: quello della generazione di un dio da un altro dio - Inno ad Amon (rig.
R,9): ”padre dei padri degli dei” - e quello della identificazione, in quanto un dio poteva prendere aspetti diversi. Questo pensiero dava pace tra i vari santuari dell’Egitto dove in ognuno si adorava come unico il dio il cui culto si era affermato in quella città o in una determinata regione. A Tebe il dio principale era stato il dio Amon, celebrato nei due grandi santuari di Karnak e di Luxor.
La nuova impostazione religiosa fu saldissima arrivando a stabilire (1550 circa) che Amon-Ra era il re degli dei, quindi con indiscussa supremazia.
Col tempo la potenza del clero tebano divenne tale, per ricchezze e terreni, che venne a compromettere il primato sacrale spettante al Faraone.
In questa situazione Amenofi III (Amenhotep III: “Amon è contento”) fece costruire una nuova reggia nella zona occidentale di Tebe, a Malqata. La reggia aveva un immenso parco e Amenofi III diede rilievo alla parola aton per designare Ra, il dio solare. La parola aton indicante il disco solare era già ben conosciuta fin dal Medio Regno (1994 - 1650), e già il padre di Amenofi III, Thutmosi IV, l’aveva usata per designare chiaramente la divinità solare. Così Amenofi III chiamò la nuova reggia “Casa di Nebmaatre, lo splendore di Aton”. La lancia da parata della regina Tyi, madre di Amenofi IV venne chiamata “Splendore di Aton”, e anche il corpo militare venne chiamato “Splendore di Aton”. Ma cosa ancora più forte Amenofi III fece erigere un tempio ad Aton, pur di limitate proporzioni, nel grande santuario di Karnak che conservava la statua di Amon.
Il programma di Amenofi IV aveva già le premesse che lui lo portò avanti fino ad estreme conseguenze.
Di Amenofi IV non conosciamo la data di nascita e neppure il luogo: si presuppone la reggia di Malqata. Si sa, da quanto emerso da una tomba a Tebe di uno scriba regale che non era il primogenito, ma il primogenito morì e subentrò Amenofi IV.
1) Questa tradizione era il frutto di una saldatura tra la leadership di un governante vincente e la realtà sacrale. La realtà sacrale dava al capo egiziano un potere indiscusso. Il faraone veniva riconosciuto figlio di Ra per discendenza dinastica
Per l'azione vaticinante delle caste sacerdotali. Con ciò non era al riparo da congiure di palazzo. La formazione del Dio faraone avveniva nel mito secondo una fisicità. Akhenaton è detto proveniente dal corpo di Aton.
La fede cristiana presenta una differenza radicale. Per Akhenaton si tratta della formazione fisica di un dio. Nel Cristo l'umanità assunta dal Verbo, eternamente preesistente, Uno - perché Una è l'Essenza- con il Padre e lo Spirito Santo, è formata nel grembo verginale e immacolato di Maria per potenza divina, senza alcuna fisicità.
Le cause della rivoluzione religiosa di Amenhotep IV (1350 al 1333 a.C.)
Ci sono quattro cause che determinarono la rivoluzione di Amenofi IV, già iniziata, ma senza che si avesse nel clero tebano nessun allarmismo da Thutmosi IV e da Amenofi III.
La prima causa risale alla unificazione/identificazione della divinità di Tebe, con quella di Ionu.
I due culti facevano capo a due tipologie diverse di tempio. Il culto al dio Amon era a cella chiusa, cioè il naos dove stava la statua del dio; il culto a Ra era a cielo aperto con obelisco solare.
In particolare, la tipologia a cella chiusa aveva il pavimento dei vari ambienti di accesso al naos in vari rialzi, mentre il soffitto si abbassava, fino alla buia cella molto bassa.
(Amon deriva dalla radice IMN che indica occultare, nascondere, mentre Ra ne è l’opposto, luminoso, che appare, che sale in alto).
Amon-Ra, nella unificazione/identificazione era il nascosto che si manifestava quale Ra, che si innalzava.
Amon-Ra era visibile di giorno, e di notte percorreva il Duat per ritornare all’orizzonte, e allora a che cosa serviva l’idolo nascosto nel buio di una remota cella, che l’arte magica credeva di aver reso dimora del dio? Oggettivamente, la dottrina dell’Uno che è molteplice nelle trasformazioni, circa il dio Ra, strideva con l’idolo, posto nel buio del naos, portato fuori per una processione tra Karnak e Luxor, una volta all’anno, con una presenza al Nilo.
La seconda causa fu che la sacralità divina del Faraone era compromessa dall’immenso potere accumulato dal clero tebano di Amon-Ra, le cui strutture templari di Karnak e Luxor erano a cella chiusa. Ma c’era anche uno strano accordo con il clero di Menfi, che poneva il dio Ptah prima di Atum-Ra il dio sole di Eliopoli. Il Grande Inno ad Amon pone infatti Ptah prima di Amon-Ra (riga
C,1): “Perfezione di bellezza formato da Ptah”. Tale precedenza era rimediata dal fatto che Amon-Ra era dichiarato il re di tutti gli dei, ma strutturalmente ad Amenofi IV questo non piaceva. A Eliopoli non esisteva tale precedenza, propria di Menfi, e Amenofi IV guardava a Eliopoli.
La terza causa fu che Amenofi IV ebbe accanto a sé una donna di grande intraprendenza, il cui nome era Neferu significa “La bella”, che mutò in Nefertiti (Nefer-neferu-Aton: "Aton è raggiante di splendore [poiché] la bellissima è arrivata". Nefertiti venne chiamata Neferneferuaten, cioè “Efficace per suo marito”, infatti fu la sua sostenitrice e anche la sua ispiratrice. Ciò non impedì che il sovrano avesse un Harem, e lo avrà pure quando traferirà la capitale da Tebe a el-Amarna, che chiamerà Akhet-Aton. A capo dell’Harem stava in segno di preminenza la Grande Sposa, cioè Nefertiti.
Le linee di azione di Akhenaton
Per un breve periodo Amenofi IV non mostrò la volontà di fare mutamenti. Ma poi cominciò a spostare la sua attenzione su l’Aton, il disco solare. In una stele, databile ai primi tempi del suo regno, fatta erigere per l’inaugurazione di una cava di pietra per il santuario detto Benben (bnbn) a Karnak. In tale stele il nome del re è ancora Amenhotep IV a cui si aggiunge la qualifica “dio sovrano di Tebe”. La stele qualifica Amenofi IV anche come “profeta di Ra-Harakhty” e dice che il santuario a Karnak viene dedicato a “Ra- Harakhty che gioisce nell’Aton nel suo aspetto di lucentezza che è l’Aton”. Non si ha menzione di Ra-Amon, ma di Ra-Harakhty: Harakhty significa “l’Horus dei due orizzonti”. Ra-Harakhty è visto nella trasformazione di Ra all’alba e al tramonto, essendo Ra in tutto il percorso nel cielo.
La divinità Ra-Harakhty era già presente e Eliopoli ed era raffigurata come un uomo con testa di sparviero (ieracocefalo), avente sul capo il disco solare circondato dall’ureo.
Nel terzo anno del regno di Amenofi IV appaiono a Karnak due cartigli dottrinali appaiati: [(anx ra
- Hr - Ax.ty Hay m Axt) (m rn=fm Sw n.ty m Itn)]: “Vivente è Ra-Harakhty esaltato nel suo nome di Shu, che è Aton”. Si ha l’identificazione tra Ra-Harakhty e Aton, il quale è “esaltato nel suo nome di Shu”. Shu era il dio dell’aria, ma la proposizione dice che è Aton. L’aria è una realtà prodotta da Aton, e in essa si diffondono i suoi raggi. Si ha già la coincidenza tra Ra e il disco solare. L’entità sole non è l’apparire di un dio in una sua trasformazione formale esteriore, ma è un dio fisico che appare all’alba e al tramonto avendo la sua pienezza di vigore allo zenit. La dicotomia tra le statue idolo dentro i naos di Karnak e di Luxor e Ra non poteva sfuggire ad una mente attenta. Bisognava eliminare la statua nel naos, e con ciò ogni rappresentazione in termini antropologici del dio, visto che non aveva bisogno di essere rappresentato essendo già nella visibilità fisica di tutti. La buia e bassa cella delle statue-idolo di Amon-Ra, dove solo il Grande Sacerdote poteva entrare era un non senso, reso palese dal segno annuale della processione che portava la statua di Amon-Ra da Karak a Luxor con sosta al Nilo, sotto il visibilissimo sole, che era la stessa divinità portata in processione. Ma solo un faraone aveva la potenza di impero per fare questo
Così nel quarto anno del regno di Amenofi IV compare la novità iconografica del disco solare raggiato, che soppianta l’iconografia precedente di Ra-Harakhty. I raggi terminano con mani delle quali molte stringono l’anch, il simbolo della vita. C’è l’elemento importante che Akhetanon rappresenta il sole come una sfera, e non come un disco, come potrebbe dedursi dal nome: Aton=disco; ciò lo si vede dalle rappresentazioni. Aton diventa il nome del dio e viene sorpassata l’indicazione di una superfice circolare. Il globo solare ha l’ureo regale, come il copricapo del faraone, secondo lo schema tradizionale.
Nel quinto anno comincia un ostracismo aperto contro il culto a Amon, cancellandone il nome e imponendosi sul clero tebano. E’ il momento nel quale Amenofi IV cambia il da Amenhotep (Amon è contento) in Akhenaton (Colui che giova a Aton o Aton è soddisfatto o, forse, L’effettivo spirito di Aton). La sposa regale che aveva accanto a sé dal terzo anno del suo regno cambia anch’essa il nome diventando Nefertiti: Nefer-neferu-Aton. Nefertiti diede ad Akhenaton sei figlie e nessun maschio.
La città di Akhet-Aton e il suo tempio solare
Dimorando nella reggia Tebana, Akhetanon cominciò a fare grandi lavori nel tempio di Karnak, aggiungendo in particolare tre templi dedicati a Aton, tutti a cielo aperto con obelisco. Il primo tempio lo chiamò “Aton-Ra è trovato”; un secondo tempio lo chiamò “Esaltati per sempre i monumenti di Aton-Ra”; il terzo tempio lo chiamò “Robusti sono per sempre i monumenti di Aton-Ra”. Nel contempo cancellò ogni traccia del dio Amom-Ra.da Karnak e Luxor e negli altri templi dedicati a Amon-Ra.
Nel V anno del suo regno Akhenaton iniziò la costruzione di una nuova reggia nella località dell’odierna El-Amarna, a metà strada tra Tebe e Menfi. La nuova capitale la chiamò Akhet-Aton “Orizzonte di Aton”, cioè luogo del sorgere del Sole. Per gli egizi l’orizzonte non era come lo intendiamo noi, ma era il punto dove sorgeva e tramontava il sole. Akhenaton riferì che il luogo glielo aveva indicato il dio Aton. A oriente di Akhet-Aton c’era un insieme montuoso roccioso che aveva un’interruzione che permetteva di vedere il sorgere del sole, e fu questo che attirò l’attenzione del faraone, insieme al fatto che la città sarebbe stata facilmente difendibile perché collocata tra il Nilo e la parallela lunga altura rocciosa. Inoltre, dall’altra sponda del Nilo si stendevano fertili campi che avrebbero dato sostentamento alla città. La nuova capitale in costruzione - arriverà ad ospitare 30.000 abitanti - vide subito la posa delle prime pietre di un grande tempio ad Aton-Ra. La posizione scelta per la nuova capitale egiziana aveva un valore anche politico perché equilibrava le due città di Tebe e di Menfi. Amenofi IV visitò la città in costruzione due volte prima di trasferirsi definitivamente.
Nelle visite il faraone delimitò con quattordici stele il territorio scelto che abbracciava anche l’oltre Nilo. L’area diventava sacra ad Aton. Il faraone giurò che non avrebbe mai spostato quei confini a testimonianza della sua determinazione cultuale. Inoltre, dichiarò che la sua tomba sarebbe stata costruita sulle pendici rocciose del complesso montuoso. I dignitari avrebbero avuto sepolture nella stessa zona. Con ciò anche le future sepolture venivano separate da Tebe.
Il tempio fu l’edificio centrale della città. Venne costruito a tappe forzate, con blocchi successivi. L’area, occupata dal complesso costituito da varie corti in successione a cielo aperto con portici perimetrali, era lunga 730 m. e larga 229 m.. Il tutto era orientato nella direzione est ovest. In una corte si ergeva l’obelisco Benben con in basso una colossale statua di Akhenaton seduto. Nella grande stele erano raffigurate immagini di Akhetenon e di Nefertiti. Nel tempio non c’era nessuna statua del dio Aton-Ra, poiché esso era il sole stesso. In molti punti del tempio c’erano numerose statue del faraone e della sua famiglia. C’era un grande altare principale al centro di una corte e 365 altari perimetrali, secondo il numero dei giorni dell’anno.
Al dio venivano offerti cibi, bevande e fiori. I cibi e le bevande posate sugli altari in offerta passavano poi, gradite al dio, sulle mense dei dignitari e del clero istituito da Akhenaton, e anche al popolo offerente. Al dio venivano bruciati incenso e offerti profumi. Le cerimonie erano accompagnate da strumenti musicali, con preghiere e inni. Akhetanon e la Grande sposa Nefertiti erano gli officianti principali.
Alla fine del sesto anno Akhenaton e la sua corte si trasferì a el-Amarna. La città raggiunse i 30.000 abitanti. Tutto il complesso amministrativo passò da Tebe a Akhet-Aton.
Nel nono anno si ha una nuova proposizione dottrinale in due cartigli accoppiati [(anx ra HqA Ax.ty Hai m Axt) (m rn=f ra-it ii m Itm)] (Vivente è Ra, signore dei due orizzonti, esaltato all’orizzonte nel suo nome di Ra-padre, che ritorna come Aton). Questa proposizione presenta che Ra è Ra dall’alba al tramonto, signore dei due orizzonti, e che è padre di Akhenaton. Non si deve pensare che questa formulazione sia la forma evoluta della prima dal momento che nelle tombe di el-Amarna (Ay, Api, Merya II) si incontra la prima formulazione. La dottrina di questa nuova formulazione è che Ra è suo padre (di Akhenaton), e che ritorna ad essere adorato quale Aton per mezzo di Akhenaton.
In questo stesso anno Akhenaton ordinò che nelle parole (glifi) venissero cancellate le immagini di divinità, in modo da utilizzare solo segni fonetici senza riferimenti ad altre divinità.
Questo fu l’antecedente dell’azione che Akhenaton sviluppò negli ultimi tempi del suo regno, circa le immagini di Amon e di Mat e delle divinità tradizionali, ma poiché insistette specialmente su Amon-Ra e le divinità a lui connesse, non si sa se fece una selezione di divinità egiziane, salvando quelle elipolitane. Giunse anche a cancellare il nome del padre Amenofi III perché conteneva il nome di Amon, facendolo sostituire con il
prenomen Nebmaatre, che vuol dire:
“il Signore della verità (Maat) è Re”.
Nell’anno dodicesimo si ebbe un’immane celebrazione del tributo alle Nazioni di tutti i domini egiziani. La ragina madre Tiy visitò la città.
Nel diciasettesimo anno di regno Akhenaton morì e fu sepolto a el-Amarna.
La dottrina cosmologica di Akhenaton
Akhenaton accolse indubbiamente la concezione cosmologica eliopolitana, che si era affermata a Tebe. Questo almeno come linea generale poiché non conosciamo i dettagli. Lo rivela la costruzione dell’obelisco Benben dentro il tempio di el-Amarna, e già prima in quello costruito a Karnak. (Cf. Tomba di Apy, riga 36; tomba di Merya, riga 6,18). Benben vuol dire “raggiante” ed è in riferimento all’isoletta che il mito cosmologico eliopolitano presenta.
L’isoletta emerse dall’Oceano primordiale formato dalla coppia Nun - Nunet, per opera di Ra, autoformatosi. Ma va detto che la coppia Nun-Nunet, non è da pensare inerte, da essa nasce Ra in quanto Ka-Ba-Anch, e poi Ra - Ka-Ba-Anch - si autoforma un corpo prendendo materia dai due. C’è una sorta di gestazione dove il germe uscito dai due trae autonomamente il corpo. A questo punto non si hanno elementi per procedere nella visione della creazione delle cose. La cosmologia eliopolitana diceva che Atum-Ra aveva gettato in alto della saliva da cui si erano generate Shu, dio dell’aria e Tefnut dea dell’umidità. Poi da Shu e Tefnut si forma Nut la volta celeste e Geb la terra. Geb e Shu rimangono abbracciati e generano degli dei. Ma Geb e Nut abbracciati impediscono il formarsi delle cose così Atum-Ra ordina a Shu di separare i due. Così si formano la volta celeste e la terra. Akhenaton accettò questo generare dei? Assolutamente no. Infatti nell’inno della tomba di Totu si legge: (riga 57) “Tu hai fatto il cielo lontano”; (riga 58) “per brillare in esso”).
Ma ci poniamo la domanda: Aton-Ra si era dato subito il corpo nella forma di sole oppure un corpo che è diventato sole in seguito ad autotrasformazione, dopo avere agito come plasmatore delle cose? Tutto fa pensare di sì
Shu, l’aria, non poteva darsi il cielo e la possibilità di diffondere i raggi. Aton-Ra mai negli inni è chiamato “padre degli dei” o “padre dei padri degli dei” come invece il dio Amon-Ra (Inno ad Amon, riga
B,3 e R,9). L’unico figlio di Aton-Ra è Akhenaton, chiamato Nefer-kheperu-Ra “le trasformazioni di Aton sono perfette” (tomba di Ay, riga112) “figlio di Ra” (Tomba di Ay riga 112, 125), Ua-en-Ra “l’unico di Ra” (tomba di Ay, riga 112), proveniente dal corpo di Ra (tomba di Ay riga 126).
Accanto al Benben elipolitano, si ha una indicazione dottrinale, che sarà ripetuta nelle tombe: “Vivente è Ra-Harakhty esaltato nel suo nome di Shu, che è Aton”. Così Shu, già divinità dell’aria, è solo una realtà strettamente connessa ad Aton-Ra e procedente da lui, necessaria per il suo cammino e il suo irraggiare.
Di più non si sa, e del resto Akhenaton attribuiva a sé solo la conoscenza dell’intima realtà di Aton-Ra (Inno tomba Ay: (riga 111) “Non c'è nessun altro che ti conosca”.
Aton-Ra è detto nell’Inno della tomba di Totu (riga 16): “Tu sei madre e padre di quello che hai creato”. Tale concezione
madre-padre la troviamo anche presso il dio Amon
(1). Lo stesso per il fiume Nilo:
madre-padre. Tale concezione riguarda il denso amore delle divinità per le realtà da essi formate. Ciò non costituisce gli uomini figli di Aton-Ra o di Amon-Ra: solo Akhenaton è figlio. Per il dio Amon solo gli dei. Per gli uomini Aton-Ra e Amon-Ra sono dei re benevoli:
madre-padre.
Fuori dubbio che rimane la concezione che attorno a tutta la terra ci fossero le acque oceaniche serrate nell’abbraccio di Nun-Nunet.
Nel grande inno ad Amon recitato a Karnak e a Luxor, era presentato Ptah (creatore di forme).
Il dio Ptah, dio di Menfi, era conosciuto a Tebe e stimato già da Amenofi II, come segnala un cartiglio in una sfinge di alabastro a Menfi. A Menfi per tradizione avveniva l’incoronazione dei faraoni.
Ptah, secondo la cosmologia menfita, concepiva le cose nel cuore e le concretizzava con la parola demiurgica sul Nun-Nunet.
Akhetanon elimina Ptah, non presente nel mito eliopolitano e concepito a Tebe come generante di Amon-Ra.
Indubbiamente Akhenaton adottò l’evoluta concezione dell’agire del Ptah, che concepiva le cose nel cuore e poi con la parola demiurgica le traeva dalla materia primordiale del Nun-Nunet. Aton-Ra elimina così Ptah, creatore di forme.
Verrebbe da pensare, come tanti hanno pensato, ad un monoteismo cosmico, ma Akhenaton stesso ce lo vieta perché lui stesso è una seconda divinità. Inoltre Akhenaton non ci presenta tutta la realtà cosmica, ma solo quella che riguarda lui: il sole. Akhenaton dimentica la luna e le stelle, infatti insiste sul buio della notte e sul sonno degli uomini simile alla morte, per poi esaltare l’apparire di Aton-Ra. Ma con ciò sorvola che di notte c’è la luce della luna e delle stelle. Nulla sappiamo di come Akhenaton considerava la luna, le stelle. Una parte del cosmo viene omessa.
Nulla poi sappiamo di come Akhenaton pensasse il passaggio del sole nel Duat, certamente aveva ricevuto le idee diffuse dal clero di Tebe, ma non le esprime o, meglio, non le aveva ancora rielaborate tanto da presentarle.
Tuttavia, qualcosa Akhenaton dice del Duat. Aton-Ra, che agisce coi suoi raggi su tutta la terra, dalle acque sotterranee del Duat, che vengono da Nun-Nunet, fa scaturire il Nilo, che viene continuamente creato nel Duat (tomba di Ay, riga 75); crea al presente nel senso che Aton ne regola le inondazioni benefiche e quindi la vitalità agraria dell’Egitto. Hapi, il Nilo, non si autoforma, non si autoregola, ma è una realtà tratta dal Nun e che è continuamente modulata nelle sue fluttuazioni da Aton-Ra.
Un Hapi esiste anche nel cielo (Inno tomba Ay, riga 87) “L’Hapi del cielo è tuo per gli stranieri”, e va identificato con le nubi che migrano e riguardano la terra tutta, e quindi la pioggia.
Ad Aton-Ra è associata Maat, che è una divinità astratta, indicante l’ordine, l’armonia delle cose. L’associazione di Ra con Maat era pensata indissolubile, e Maat può anche sussistere accanto al sovrano, come si vede in un disegno nella tomba di Ramase a el-Amarna. Tuttavia Maat appare a el-Amarna
come un concetto e non una divinità. Una capacità di Aton-Ra, data al figlio.
1) Franco Ferrarotti e altri, “La figura del padre: ricerche interdisciplinari” ed. Armando, Roma, 2001, pag. 62.
Il culto al toro Mnevis
Il nome del toro Mnevis, probabilmente deriva da mr-wr, “quello saldamente legato”, nello specifico legato al dio Ra. Veniva anche detto Kemver “il grande nero uno”, per il colore nero che era richiesto. Il toro veniva designato dal dio e tale designazione era colta dai sacerdoti addetti che lo chiamavano ad uscire dalla mandria, e poi lo consacravano con riti prolungati.
Il culto del toro Mnevis era di origine eliopolitana in realazione al dio Atum-Ra e anche a Osiride. Il culto del toro era presente anche a Menfi (toro Api) in relazione al dio Ptah. e anche a Hermontis dove c’era il culto al toro Bukhis in relazione al dio della guerra Montu, e anche a Osiride e Ra.
Il culto del toro attingeva la sua esistenza nella notte dei secoli quale simbolo di potenza e di fecondità.
A el-Amarna il toro era il mezzo attraverso il quale il dio Ra comunicava ai sacerdoti, facenti capo al faraone, le risposte veicolate da movimenti dell’animale. Per il toro, una volta morto, Akhenaton aveva annunciato una sepoltura solenne in una tomba di grande decoro.
Il toro era simbolo non solo di Ra, ma anche del faraone. Il toro non era una incarnazione di Aton-Ra, ma era scelto da Aton-Ra e agiva con la potenza del Ka di Aton-Ra. La dottrina del Ka (potenza vitale) non si trova organicamente presentata negli scritti egizi, e gli egittologi non riescono a far luce chiara sul Ka. Comunque, il plurale di Ka è kau e significa nutrimento, cibo. Così il Ka è la forza vitale che ha in sé il dio, e che può essere diffusa come influsso sulle cose e sugli uomini.
Anche agli uomini gli egizi davano un Ka, di forza immensamente minore.
Potremmo definire il Ka dell’uomo la sua personalità, che può crescere, mentre il
Ba costituisce l’elemento persona (l’anima) e l’akh la vitalità fisica, mentre il corpo è detto Sekhu o Khat.
Si resta sorpresi che Akhenaton,
figlio di Ra e profeta di Ra risulta ancorato agli antichi riti divinatori per mezzo del toro, ma così è. Questi è il “figlio di Ra” che conosce Ra come nessun altro lo può conoscere, e che Aton ha reso (inno riga 113) “saggio nei consigli”; eppure c’è il toro vaticinante. Il discorso sul toro Mnevis appare strano. Aton-Ra è
il dio-sole; solo pensando al Ka di Aton-Ra che investe il toro si può pensare a qualcosa di sensato.
Il fatto è che il toro non vaticinava se non a prezzo di essere adorato,
dice che dietro il toro c’era qualcosa di tetro: non c’era il sole, ma
il buio.
Il culto al toro Mnevis toglie nobiltà alla scelta di Akhenaton di scartare l’idolo di Amon posto nell’oscurità dei naos templari, a favore dello splendore solare.
La concezione funeraria
Ad el-Amarna le tombe seguono i rituali comuni in Egitto. Imbalsamazione, ricchezze depositate, decorazioni, scritte, e soprattutto offerte di cibo per il ka dei defunti, che potevano entrare nella tomba con il ba.
“Possa egli concedere che le tue offerte siano abbondanti nella tua camera sepolcrale” (tomba Merya).
“I grandi di ogni terra straniera, che in mano sua, [prodotti al sovrano][per il pas]to funerario, per respira[re] il soff[io] di vita” (tomba Merya II)
“Possa egli concederti il respiro e svegliare le tue membra. Possa il tuo cadavere prosperare"
(tomba di Ay).
Ciò fa comprendere che circa l’aldilà Akhenaton non doveva avere idee innovative.
Il Duat non ha nessuna descrizione, tuttavia Aton vi forma il Nilo con le sue esondazioni periodice, e il Nilo è in connessione indubbia con il Nun sotterraneo. Come passi il sole nella Duat Akhenaton non ne parla, ma indubbiamente doveva passarci. Non esiste tuttavia un riferimento alla barca con la quale Amon-Ra navigava sulle acque del firmamento.
Il riferimento al grande inno ad Amon
L’inno, oltre che alla vicenda del preponderante potere del clero tebano, costituisce il riferimento obbligato per comprendere il pensiero di Ahketaton.
Indubbiamente, nell’inno si presenta una dualità non armonizzabile organicamente, trattandosi del sole, tra il tempio a cella chiusa proprio dei templi di Amon e il tempio a cielo aperto proprio di Eliopoli. Inno (H,1-2) “Lode a te, o Ra, signore di Maat, il cui santuario è nascosto, signore degli dei”. Inno (M,1-2: “O Ra adorato in Aptu (Tebe), che appari grande nella Casa del Benben, quello di Ionu! (Eliopoli)”.
In effetti il "Nascosto" per
definizione non poteva coesistere con il
"Visibile" per definizione.
Dal punto di vista letterario l’inno di Akhenaton dipende fortemente dall’inno ad Amon-Ra. Gli elementi della creazione, i popoli stranieri, i benefici del Sole sulla terra sono i medesimi, ma la cosa che rende la dipendenza stringente è l’annotazione del pulcino che rompe l’uovo.
La dipendenza del salmo 103/104 dall’inno ad Aton va fortemente ridimensionata, perché rientra in una letteratura degli inni che celebrano il dio formatore delle cose.
La struttura del salmo 103/104 è per di più formata sulla scorta della creazione del libro della Genesi, e venne redatto nel post esilio. Non deve far meraviglia che Israele si interessasse delle letterature straniere, anzi sarebbe veramente grave se si fosse comportato come un gruppo settario. Israele è un popolo con una fortissima identità, che gli ha permesso di considerare i valori fuori dei suoi confini e di trarne vantaggio.
Ma ancora di più il dio Amon-Ra ha molte mani, e questo richiama l’iconografia di Aton-Ra. Inno ad Amon (Q,1-2): “Sia lode a te, che facesti tutto questo, Uno e Solo con molte mani!”. Ancora l’inno ad Amon fa risalire a Atum-Ra, nome del dio eliopolitano, la formazione dell’uomo (inno ad Amon riga
H,4) “Atum, che creò gli uomini, con illustre natura e ne creò la vita”. Atum è fatto coincidere con Amon Ra, che viene detto (riga
Q,6) “Atum Harmachis” (Atum, Horo dei due orizzonti). Sono questi segni della difficoltà dell’identificazione delle due divinità come una sola divinità, non potendo percorrere la strada di due manifestazioni di un’unica divinità, che manca decisamente all’appello, e neppure la strada che l’una era la manifestazione dell’altra, poiché il sole è uno..
La grande differenza dell’inno di Akhenaton è che non dice Aton
padre degli dei o padre dei padri degli dei, e non presenta nessuna Enneade, ma bisogna dire che l’inno è centrato su Aton e su Akhenaton e la grande Sposa Nefertiti.
La persona di Akhenaton
Akhenaton nella statuaria cultuale è presentato con fianchi ad anfora, femminili. Si è a lungo discusso su malattie genetiche che avrebbero afflitto il faraone, ma tutte queste congetture si sono dissolte di fronte al ritrovamento della mummia nella tomba KV 55 nella Valle dei Re vicino a Tebe. L’esame del DNA, reso possibile dalla reazione di polimerizzazione a catena che amplifica i frammenti del DNA non ha evidenziato alcuna malattia genetica. La sessualità del faraone era quella di un uomo normale.
(1)
La mummia, che venne poi profanata, e della quale rimangono le ossa degli arti il bacino e la colonna vertebrale, il cranio, mentre le costole non ci sono più, e ben poco residuo dei tessuti, presenta un uomo con apparato scheletrico
esile. L’amplificazione - di cattivo
gusto - delle forme dei fianchi ad anfora nella statuaria cultuale ha un significato che attinge al suo essere
figlio di Ra, che nei confronti degli uomini è
padre-madre: L’amplificazione dei fianchi è addirittura sproporzionata anche per una donna.
Il volto del faraone in immagini non templari ci appare nobile, bello anche. Si può capire come la coppia Akhenaton Nefertiti non fosse una realtà forzata, ma veramente ci fosse stima e attrazione tra i due. Infatti l’arte di Amarna presenta molte scene di vita familiare, e immagini dei due, mentre sono su di un cocchio, oppure corrono insieme su due cocchi.
Pacifista? Per nulla. Anche Akhenaton si mette sotto i piedi i vinti, così come gli altri faraoni (Tomba di Merya II 7,1) “Loro sono sotto i piedi di Ua-en-Ra, amato da Aton”. Su diversi rilievi il faraone è rappresentato nell’atto di uccidere i nemici, mentre Nefertiti colpisce con una mazza le loro teste.
La sua politica estera si rivelò di un ottimismo colpevole e disastroso di fronte all’avanzata Hittita negli stati vassalli dell’Egitto nel medio Oriente. Il re di Byblos (Fenicia) inviò più di 60 lettere di richiesta di soccorso ad Akhenaton, senza avere risposta, fin tanto che fu costretto a fuggire. Si ebbero così dei veri massacri. Le diverse centinaia di arcieri inviate da Akhenaton nei territori per un mantenimento dell’ordine erano del tutto fuori contesto. Con ciò alcuni stati vassalli dell’Egitto si ribellarono e altri passarono al nemico.
Questo disastro fu una delle cause del crollo della riforma religiosa di Akhenaton: un dio che non difendeva l’Egitto, non era per nulla credibile.
In politica interna la sua attenzione fu soprattutto quella di combattere il culto del dio Amon e della dea Mut, sua moglie, nonché altre divinità connesse, a cui corrispondevano gruppi organizzati del clero tebano. Pare infatti che l’azione di Akhenaton risparmiasse i templi solari di concezione eliopolitana. Di fatto nel quartiere povero di el-Amarna, dove abitavano gli operai che edificavano la città, si sono trovati amuleti di Bes, un’antica divinità minore interpellata contro le magie nere e per la protezione domestica, divinità rifiutata da Akhenaton; di Tauert, dea protettrice delle donne incinte e dei bambini, associata spesso ad Amon-Ra a Seth e a Osiride, e considerata madre del sole in quanto di aiuto al suo sorgere dal Duat: ovvio che era rifiutata da Akhenaton; occhi di Horus, giudicati fonte di prosperità, del potere regale, e in connessione con i miti del sole, e quindi rifiutati da Akhenaton; teste di Hathor, dea rifiutata perché connessa con Amon, ecc. Nelle tombe accanto al villaggio degli operai si sono trovati anche inni ad Amon, a Shed, dio protettore connesso al dio Horus, e a Iside.
Altro punto della sua politica interna fu la tassazione dei templi a favore della sua città, e questo era fonte di malcontento in chi già era colpito nelle sue concezioni religiose, specie il clero tebano.
Akhenaton morì all’età di circa 40 anni, con tutta probabilità di malaria, come suo figlio Tutankhamon avuto, probabilmente, da Kiya (La favorita), principessa straniera. Con certezza per mezzo della comparazione del DNA Tutakhamon è figlio di Akhenaton.
1) Il risultato è stato pubblicato dall’Osservatore Roano il 18 febbraio 2010 è il frutto dell’azione congiunta di Zahi Hawass del Consiglio supremo per le antichità egizie e di Albert Zink direttore dell’Istituto per le mummie e direttore dell’Icemann (Eurac, Bolzano).
La fine del sogno di Akhenaton
Il problema della successione dinastica si rivelò particolarmente complesso alla morte di Akhenaton nel 17° anno del suo regno, poiché il giovane Tutankhaton "Immagine vivente di Aton", figlio di Akhenaton e di una regina secondaria dell’harem, non aveva ancora l’età per governare. Un’iscrizione del 16° anno del regno di Akhetanon dà autorità faraonica a Nefertiti dichiarandola “Grande sposa reale, sua amata, signora delle due terre, Neferneferuaten Nefertiti”. In questo tempo appare la figura di Smenkhkara, “Potente è il ka di Ra”, probabile figlio di Amenofi III che ebbe diritti faraonici avendo sposato Meritaton, figlia di Akhenaton. Smenkhkara permise la recita a Tebe, nella sua dimora, di un inno al dio Amon. L’inno è conservato nella tomba di Pairy (“The Graffito from the Tomb of Pere [Pairy]”, Alan H. Gardiner, The Journal of Egyptian Archaeology Vol. 14, No. 1/2 - May, 1928, pp. 10-11). Un fatto, questo, che era una presa di distanza da Nefertiti, che continuava a sostenere il culto ad Aton e probabilmente era coreggente di Smenkhkara. Un conflitto che terminò probabilmente con la morte di Smenkhkara. Gli storici fanno fatica a districarsi in questo periodo, comunque la reggenza di Nefertiti passò a Tutankhaton, che cambiò il suo nome in Tutankhamon ripristinando il culto tebano ad Amon. Morto Tutankhamon all’età di diciannove anni, per malaria e per un’infezione dovuta alla frattura di un femore, la reggenza passò all’anziano Ay, che è presentato da diversi storici come il padre di Nefertiti. Ay è riconosciuto comunemente fedele al dio Aton a causa dell’inno scritto nella sua tomba, che però non fu utilizzata, anche se già predisposta. Ay venne sepolto a Tebe nella valle dei Re, in una tomba - KV 23 - sontuosa, con un grande sarcofago e pareti raffiguranti le divinità tradizionali. La tomba non ha i segni di una
damnatio memoriae di Ay, fedele devoto di Aton, ma piuttosto appare il frutto di una virata finale del Faraone sulla scorta della restaurazione operata da Tutankhamon.
Così finì il sogno di Akhenaton. Anche Nefertiti trovò sepoltura nella Valle dei Re, senza sontuosità, nella tomba di Amenofi II, KV 35. (Ricerche sulle pareti della tomba di Tutankhamon col georadar da parte dell’archeologo britannico Nicholas Reeve hanno rivelato la presenza di una ulteriore stanza tombale, dove si ipotizza la tomba di Nefertiti, ma la notizia è ancora di sensazione. Novembre 2015). Poi l’utilizzo el-Amarna come cava di materiale edilizio. La cancellazione del nome di Akhenaton dalla lista delle successioni regali. La distruzione con scalpello del segno solare di Aton. La scheggiatura di molte sue statue e la cosa infamante più della
damnatio memoriae fu la manipolazione di una grande statua di Akhenaton presente a Karnak. La statua di arenaria al museo del Cairo appare asessuata. Se osserviamo bene la parte superiore, è quella di un Akhenaton regnante, con scritte, in ordine le insegne faraoniche, anche se il casco è stato colpito dal martello. La parte inferiore è nuda e asessuata - unica statua di Akhenaton -. Tante le ipotesi genetiche - smentite dal DNA - e teologiche sul suo essere figlio di Ra, ma la sola tesi che regge è quella che il gonnellino molto corto chiamato shendjut gli sia stato asportato con uno scalpello, e ciò con facilità data l’arenaria. L’offesa suprema era quella di presentare un faraone asessuato, privo di potenza generativa. Il “toro possente” era stato solo un impostore. Le corone di Faraone, con l’appoggio del clero tebano passarono sul capo di Horemheb, già generale dell’esercito egizio, nel delta del Nilo, luogo strategico per arginare invasioni Hittiti contro l’Egitto. Ultimo faraone della XVIII dinastia (1323-1295 a.C.). L’amministrazione fu spostata a Menfi.
Horemheb (Horo è in festa) non ebbe figli e prima di morire associò al trono il futuro Ramses I (Ra l'ha generato).
Conclusioni
La riforma di Akhenaton parte dalla percezione del contrasto tra Amon “Il nascosto” e Ra “colui che sale ben visibile”. Altro punto era la necessità di salvaguardare il potere sacrale del Faraone contro il clero di Tebe, che aveva anche grande parte nella riscossione dei tributi dei vari templi e perciò era ricco e influente, e anche depositario della conoscenza sul dio Amon-Ra. Questi i due moventi che lo portarono a combattere la concezione del dio Amon e ad affermare Aton, inteso come dio visibile dall’alba al tramonto e del quale lui era figlio, l’unico figlio mentre gli altri uomini erano sudditi di Aton e suoi.
L’attenzione sul sole intuito come sferico, perché era un corpo, il corpo fisico di Aton e non una sua manifestazione, l’ha portato a focalizzarsi su di esso. Aton-Ra agisce quale creatore secondo il pensiero mutuato da Menfi, dove il dio Ptah (creatore di forme) concepiva le cose nel suo cuore e le produceva con la sua parola demiurgica traendole dal Nun-Nanet, come già aveva costituito il primo nucleo della terra, il Benben.
Akhetanon presenta chiaramente una monolatria, tuttavia nulla si può dire se concepisse la luna come una divinità oppure le stelle. La cosmologia di Akhetanon non dà ragione di tutto, anzi ignora che la luna e le stelle danno luce nella notte.
Circa l’aldilà indubbiamente è debitore delle concezioni presenti in Egitto, come si vede dalle imbalsamazioni e dal porre cibi nelle tombe.
La monolatria di Akhetanon venne diffusa in tutto l’Egitto negli ultimi anni del suo Regno, fino a Eliopoli da cui aveva importato il toro Mnevis, che è un fatto problematico, attingendo al mondo atavico egiziano fino a quello cretese. Tale monolatria non riuscì tuttavia a imporsi, neppure sul figlio Tutankhamon. Colei che ne difese il culto fu Nefertiti, la quale dovette vedere il dissolversi del sogno.
Il sole non era per Akhenaton il solo dio, perché egli stesso si concepiva come un dio, e poneva alle origini, secondo l’iconografia del Benben, da lui usata in conformità alla cosmologia egiziana (eliopolitana, menfita ed ermopolitana), la coppia divina Nun-Nunet.
Ci si domanda se la monolatria di Akhenaton influì sul popolo ebraico, che certamente ne venne a conoscenza. La risposta è negativa. Israele era depositario di una concezione divina diversissima. Il sole era una creatura di Jaweh come la luna e le stelle, e anzi il cielo e la terra erano stati creati dal nulla essendo Jaweh trascendenza perfetta.
Israele non solo era portatore della fede nel Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe, ma aveva la consapevolezza che a Dio ci si può arrivare mediante la lettura corretta del creato. E di questa possibilità ne aveva un esempio chiarissimo in Melchidesech re di Salem, e sacerdote dell’Altissimo, riconosciuto tale da Abramo.
Il monoteismo trascendente è una realtà alla quale ogni uomo può accedere in ogni tempo. Il Dio di Abramo è il Dio unico di assoluta trascendenza, ma è anche il Dio che vuole offrire un’alleanza d’amore con gli uomini.
La Bibbia pone il monoteismo prima di Abramo, e Abramo, già politeista, non ha difficoltà a riconoscerlo.
Le affinità dell’inno ad Aton, che certamente per la celebrazione del creato dipende da quello ad Amon, o meglio
inevitabilmente dipende, perché prima della celebrazione del creato c’è il creato stesso che parla con le sue innumerevoli pagine di bellezza e sapienza. Dire che il salmo 103/104 dipende direttamente dall’inno ad Aton equivarrebbe esattamente a dire che dipende da quello ad Amon. E’ inevitabile che le affinità si pongono poiché il creato parla la sua bellezza. Certo è che la distanza del salmo 103/104, scritto nel post-esilio, è teologicamente totale, perché modellato sulle prime parole della Genesi, perché non celebra una creatura, cioè il sole (Aton-Ra), ma il Creatore - Unico e Trascendente - di tutte le cose. Ognuno può leggere il salmo 103/104 e se proprio si vuole altri passi della Bibbia che celebrano la creazione, per constatare la differenza.
Bibliografia
William Mattew Petrie, “Tell el-Amarna”, ed. Methuen and Co, London, 1894
Thomas Eric Peet e altri, “The City of Akhenaton” vol. IV, Egypt Exploration Society, London, 1923-1952
Cyril Aldred, “Journal of Egyptian Archaelogy” 43 - 45 - 47 (1957, 1959, 1961).
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Edward Fay Campbell, “The Chronology of the Amenophis III and Akhenaton”, Jhon Hopkins Press, Baltimore 1964.
“Enciclopedia delle religioni” ed. Vallecchi, Firenze, 1970.
Alan Henderson Gardiner, “La civiltà egizia”, ed. Einaudi, Torino 1971
Donald Bruce Redford, “Akhenaten the eteric king”, Princepton University Presse, 1984
Arborio Mella, “L’Egitto dei Faraoni: Storia, civiltà cultura”, ed. Mursia, Milano, 1989.
Jean Wercoutter, “L’Antico Egitto. Archeologia di una civiltà”, ed. Electa-Gallimard, Milano 1992.
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Tosi Mario, “Dizionario Enciclopedico divinità dell’antico Egitto”, ed. Ananke (Seshat), Torino, 2004.
Dimitri Laboury, “Akhenaton”, ed. Pygmalion, Paris 2010.
Barry Kemp, “The City of Akhenaton and Nefertiti: Amarna and its people”, ed. Thames and Hudson, London 2012.
Pagine Web consultate
dal 10 marzo al 15 maggio 2015:
www.oocities.org/marcodeo/other/amarna.html
http://digilander.libero.it/ombradeglidei/faraoni.htm
http://www.museostoriaeartetrieste.it/glossario/
http://www.anticoegitto.net/libro_amduat.htm
http://www.amarnaproject.com/downloadable_resources.shtml
http://www.academia.edu/1736941/Amarna_Facts_Theology_Art
Sistematicamente è stata consultata l’enciclopedia libera Wikipedia.org.
Strumentalizzazioni
Sigmund Freud
Errore grave affermare (Sigmund Freud: “Mosè e il monoteismo”, Amsterdam, 1939) che nei Targumin, cioè nella versione in aramaico del testo veterotestamentario, si usa per il nome divino Ay, e che ciò significherebbe una connessione col faraone Ay fatto dio. Per cui Adonai significherebbe “Ay è il signore” e non come è “mio Signore”, o più precisamente “mio Signori” presentando velatamente col plurale che in Dio c’è una vita di relazione (Cf. Gn 18,1). Ora nei Targumin il nome Jaweh non è mai presentato come Adonai, ma rigorosamente secondo lo specchietto che segue;
YHWH (iod, he, waw, he) è reso secondo le seguenti lezioni:
yyy (iod, iod, iod)
yh (iod, he)
ywy (iod, waw, iod)
h (he)
Tutte sono solo consonanti!
Essere audaci e fantasiosi va bene per un romanzo, ma non per un’opera che vuole essere ritenuta di valore. Il libretto di Sigmund Freud non è altro che l’applicazione della teoria psicoanalitica ad avvenimenti storici di un popolo, scavalcando ogni approccio scientifico con la storia.
Freud Sigmund, di origine ebraica e avversario militante di ogni religione, presenta che Mosè non fosse ebreo, ma un nobile egiziano della corte di Akhenaton. Mosè trasmise la dottrina del faraone al popolo ebraico, oppure fu lo stesso Akhenaton a farlo. Mosè venne assassinato, e gli ebrei abbandonarono quello che aveva loro trasmesso. Dopo l’assassinio, gli uccisori ebrei deplorarono la loro azione e con ciò formarono il concetto di Messia sotto la stimolo del senso di colpa. Tale senso di colpa venne ereditato dalle generazioni successive che formarono la religione affinché potessero sfuggire al senso di colpa. Si ha così un popolo, che conserva il rimorso di una colpa antica e sul senso di colpa si costruisce un’attesa sul suo futuro. I profeti per Freud sono solo delle persone consolatorie di un crimine antico.
Ovviamente si fa riferimento al salmo 103/104, alla barca del sole come modello dell’arca, ma la barca che conduceva il sole sulle acque del firmamento, mai è stata nominata da Akhenaton, appartenendo alla concezione del dio Amon. Non trascura di insinuare un’assonanza del nome Aton con Adonai, evocando un eventuale punto di origine, cioè Aton. Adonai è però parola di provenienza semitica correlata col fenicio “adon” che significa “signore”, e non significa disco come Aton. Freud insinua anche assonanza con il siriaco e greco Adonis, divinità pagana, ma senza produrre alcun effetto: Aton rimane parola egizia che vuol dire “disco”.
Ma non è tutto. Quando venne fissata in scritto (Bibbia) la tradizione Israelita Akhenaton divenne un modello per presentare Adamo e anche per lo stesso Abramo. Mosè, che nel racconto biblico conduce i figli di Israele fuori dall'Egitto, venne formulato sulla figura di Ramses I e suo fratello, Aronne, era il Faraone precedente, Horemheb, che successe ad Ay e che provò a cancellare tutte le prove del culto di Aton. Il successore di Mosè, Giosuè fu il successore di Ramses, cioè Seti I. Poi il nome di Mosè sarebbe legato a chi aveva profondo convincimento del dio Aton, ma Mosè significa semplicemente “figlio” in egiziano, usato anche per nomi teofori ad es. Ramose, Ram-mose.
Niente male come fantasia! Pochi mesi dopo la pubblicazione del libretto Sigmund Freud morì a Londra, giunto agli ottantadue anni.
Roger e Messod Sabbah
La strumentalizzazione di Akhenaton pare non avere limiti se Roger e Messod Sabbah, due fratelli francesi di origine ebraica dediti alla cabala, lo identificano niente di meno che con Abramo. Essi scompongono il nome Abraham in tre parti. Ab = padre; Ra = il dio sole Ra; Ham= Amon. Il risultato: Padre di Ra-Amon. E il risultato lo fa coincidere Abramo con Akhenaton, Subito si vede che i conti non tornano, poiché Akhenaton si diceva “figlio di Ra” e non “padre di Ra”, I conti ancora non tornano perché Akhetanon fu del tutto repressivo contro il culto al dio Amon. Detto questo, Mosè sarebbe un generale di Akhenaton. Mosè e gli abitanti di el-Amarna furono poi costretti ad abbandonare la città, e così giunsero a Canaan, e tutto è fatto e poi si cita il salmo 103/104.
Tutto al contrario, Abramo (Avraham) è nome di orgine mesopotamica e significa "padre di molti", "padre di una moltitudine”: abh, "padre", eraham, "moltitudine”. il nome si trova attestato in Mesopotamia all’inizio del II millennio sotto le forme Abaamrama, Abarama, Abaamram: “E’ grande quanto al padre”, cioè di nobili natali.
Dio modificò il suo nome da אַבְרָם (Avram) a אַבְרָהָם (Avraham); il primo terminava non con
raham ma con ram, cioè "esaltato", e significava quindi "padre esaltato" o "alto padre" o anche "alto quanto padre”.
Ahmed Osman
La scoperta di una tomba KV 46 nel 1905 con due mummie, marito e moglie, è stata il punto di partenza per Ahmed Osman - egiziano nato nel 1934 - per giungere a dire che l’uomo è il Giuseppe biblico. Ahmed Osman ha studiato giurisprudenza all’Università del Cairo, poi si è impegnato nel giornalismo ottenendo poi un Master in Egittologia.
L’assunto di Osman è che la Bibbia vada raccordata per le sue origini fondamentali con l’Egitto.
Egli presenta le sue idee con impeto giornalistico, e questo rende difficile tradurlo in termini scientifici. La mummia maschile è Yuya quella femminile (moglie) è Tuya o Tiuyu. Ora Yuya sarebbe Giuseppe.
Osman idendifica Mosè con Akhenaton. L’immediata osservazione è che la storia di Akhenaton è conosciuta e quella di Mosè, che ci è data dal documento biblico, è totalmente diversa. Basti solo dire il fatto elementarissimo che Akhenaton è sepolto in Egitto, mentre Mosè ne è uscito. Quello che gioca nel giornalismo di Osman è che Akhenatan sarebbe la fonte originale del monoteismo. Chi ha un minimo di cultura biblica sa che il monoteismo c’era prima di Abramo e la Bibbia lo dice con la figura magnifica del re di Salem, Melchidesech (Gen 14,18). Lo dice pure affermando che dalle cose visibili si può salire al creatore onnipotente e trascendete tutte le cose (Sap 13,1-9; Rm 1,20).
Ma, ecco la trama. Yuya (che per Osman sarebbe il Giuseppe biblico) avrebbe avuto una sorella Mutemwira, che sarebbe la madre di Amenofi III, il padre di Akhenaton, e dunque ecco Mosè. Così Akhenaton sarebbe un monoteista di derivazione biblica. Questo è un autogol perché la Bibbia ne sarebbe esaltata. Mutemwira è, però, una persona la cui consistenza scientifica non esiste, e se è stata moglie di Amenofi II si perderebbe nel suo harem, tra principesse (spose per alleanze) e decine di serve al loro servizio, e di concubine.
Osman mette in campo anche che una figlia di Yuya, sarebbe la moglie di Amenofi III e madre di Akhenaton, e quindi Tiy, o Tiye o Type. Yuya sarebbe anche il padre del futuro faraone Ai, ma questo bisognerebbe fondarlo su qualcosa, e non sul niente, o magari su di una rivelazione medianica, o un precorso d’ipnosi regressiva nelle esistenze precedenti, nel gravissimo errore della reincarnazione (Cf. Eb 9,27); cose che si fanno e che sono messe in circolazione.
Yuya è indubbiamente un personaggio di alto rango facente parte della nobiltà di Rakhman, città del sud Egitto sulla riva orientale del Nilo, e appartenente alla casta cultuale di Min-Amon, una manifestazione di Amon
quale dio della fertilità. Se Yuya era cognato di Amenofi II si capisce il suo titolo di (it-ntr-n-nb-tawi) “padre del Signore delle Due Terre”, cioè “padre del Faraone”. Il titolo “padre del Faraone” è usato anche per Giuseppe (Es 45,8). Il titolo di “padre del Faraone” era dato ai dignitari; Yuya l’avrebbe potuto averlo come “maestro di cavalleria”, quale pare che fosse. Il visir Ptahhotep si definisce “padre di dio”, cioè del Faraone (ANET 412). Nello stesso senso è usato per Eliakim (Is 22,21).
Osman, con grave disinformazione, fa di questo “padre del faraone” un punto unico: nessun altro che Yuya e quindi Giuseppe ha avuto quel titolo; dunque i due coincidono.
Yuya, noto anche come Jouiya, è segnalato nella tomba con molti nomi. Oltre i due nomi detti si hanno: Yaa, Ya, Yiya, Yayi, Yu, Yuyu, Yaya, Yiay, Yia e Yuy, essendo dei nomi o titoli abbreviativi, con i quali Yuya si era fatto conoscere o era riconosciuto. Nessuno di questi nomi è un nome teoforo che includa in parte il tetragramma יהרה
IHWH. Osman vede tuttavia in Yu una forma abbreviata di IHWH, e anche in Yo. I nomi di Yuya sono vocalizzati, ma non c’è traccia di YH, vocalizzato in Yah: (Sia la scrittura egiziana - geroglifici -, sia le lingue semitiche, non avevano le vocali scritte, solo le consonanti; nella Bibbia vennero poste le vocali dal VII al XII sec. d.C.).
Poiché non ci sono i nomi per Yuya se non quelli già segnalati, ecco che Osman ne fa uno dicendo che il faraone diede a Giuseppe il nome “Sef” (in realtà si ha Zafnat-Paaekh o Safnat-Paaekh, che probabilmente sisignifica “Dio dice che egli sia vivente”). Ora Ahmed Osman conclude: Yu o Yo è un’abbreviazione di Jaweh e così si ha Yu-Sef o Yo-Sef, cioè, appunto, Giuseppe. Un vero giochetto, e in ciò sono abili gli esoteristi, e Ahmed Osman ha varcato la buia porta dell’esoterismo, come è noto. Il nome di Giuseppe in ebraico è Yohsèf, ma è la forma abbreviata di Yohsifyàh cioè Yohsif-Yàh, che significa "aggiunto da Yah-Yahvè". Ora la forma abbreviata di Giuseppe manca di Yah e inoltre Yah è la vocalizzazione di YH. Il tetragramma YHWH nei nomi teofori era ridotto a YHW (Isaia, Geremia, ecc.), poi c’era la forma abbreviata YH“, vocalizzata in Yah.
Le forme abbreviate non risultano dei precedenti del tetragramma, che sarebbe stato allungato in seguito a significare qualcosa di radicalmente diverso, ma dei conseguenti abbreviativi del tetragramma. Va affermato con forza che il tetragramma non ha l’uguale in nessuna cultura. Si hanno delle assonanze alle abbreviazioni del tetragramma, ma esse non vanno oltre se stesse. L’esempio eclatante e noto è
ỉˁḥ, uno dei tanti nomi che la divinità luna aveva in Egitto. L’egizio, come l’ebraico, non scriveva le vocali. La cosa è complessa perché per la gran parte non sappiamo quali erano le vocali e con ciò ci sfugge la pronuncia, anche se sappiamo cosa significano le parole a consonanti. Così si potrebbe avere la pronuncia
Ǐaḥ; ma anche, con uguale diritto,
Ǐuḥ, e così Ǐeḥ oppure
Ǐoḥ; se si vuole usare la
J o la Y:
Jah, Jeh, Joh,
Juh, o Yah. Gli esperti dicono che il geroglifico della parola luna si può pronunciare anche
Aah in accordo, ad esempio, con i nomi
Ahmose (figlio della luna) o
Ahhotep (la luna è soddisfatta).
Con ciò non si va verso il tetragramma.
Del resto cosa aveva Israele in comune
con una divinità lunare? Niente!
Non va preso solo il tetragramma per orientarsi circa Dio, ma va preso tutto il pensiero Biblico su Dio, e non va dimenticato neppure il pensiero metafisico che ogni uomo può elaborare, in maniera più o meno elevata, avendo in sé “un istinto razionale” che lo spinge a Dio. Ogni uomo può salire all’Unico e trascendente Dio, sussistente in se stesso, creatore di tutte le cose dal nulla.
Se però Ahmed Osman dà un valore alla Bibbia, appunto citando l’esistenza di Giuseppe biblico, dovrebbe dire che Giuseppe fu certo imbalsamato e sepolto in Egitto, ma poi portato a Sichem dopo l’ingresso nella Terra Promessa (Gs 24,32). Lo dovrebbe dire che come uomo di cultura islamica cita il Corano, poiché il Corano, anche se non menziona il trasporto della salma di Giuseppe in Palestina nei passi che lo riguardano (sura VI,84; XII,4-100;XL,34), presente l’esodo dall’Egitto (Sura VII,105, 138-176; X,83-92; XX,80; XXXII,24). Oman nel suo disinvolto giornalismo fa diventare egiziano anche Davide, scostandosi ancora dal libro della sua cultura. Infatti, il Corano presenta Davide vincitore di Golia. Lo presenta re, autore dei salmi, padre di Salomone (Sura II,251; IV,161; XVII,55;
XXI, 78.80; XXVII,15-16; XXXVIII,17-29).
Altro punto Yuya era un adoratore di Min-Amon e non un ispiratore del culto ad Aton.
La mummia si trova al museo del Cairo.
Circa Davide il suo nome è stato ritrovato su di una stele commemorativa scoperta nel 1993 a Tell Dan (nord di Israele). La stele è datata a circa 842 anni a.C. E’ la prima prova extrabiblica della esistenza del re Davide. Venne ritrovata nel 1993 dall’archeologo Avraham Biran. Alla nona riga si legge: “Ho ucciso Ahaziahu figlio del re Jehoram della casa di David”.
La stele venne eretta probabilmente da Hazael di Aram.
A Gerusalemme, nell’area della “Città di Davide” sono stati ritrovati (2010) resti di fortificazioni della seconda metà del sec. X a.C. segno di una forte importanza della città: Un muro lungo 70 m. e alto 6 m.
Una squadra di archeologi della Mississippi State University (2014) ha ritrovato in un sito a Khirbet Summeily a est di Gaza sei sigilli che servivano per sigillare la corrispondenza ufficiale. Segno questo che nel X secolo si aveva una organizzazione statale consolidata, il che rimanda a quanto dice la Bibbia sulla struttura monarchica impostata da Davide e Salomone.
Ma i dati dell’archeologia saranno ancora più ricchi di risultati quando si avranno nuovi permessi di scavi a Gerusalemme.
Bibliografia
Gaston Maspero's, Analysis of Yuya's complex name is given on page XIII-XIV of The Tomb of Iouiya and Touiyou, by Theodore M. Davis, Archibald Constable and Co. Ltd, 1907.
Una confutazione energica delle idee di Osman l’ha fatta l’egittologo canadese Donald Bruce Redford, Rassegna di
Stranger nella Valle dei Re da Ahmed Osman. BAR 15/2 p.8.
Pagine Web consultate dal 10 marzo al 15 maggio 2015:
http://camcris.altervista.org/archeologia.html
http://camcris.altervista.org/archeologia.html
http://wol.jw.org/it/wol/d/r6/lp-i/102007410
http://www.sciencedaily.com/releases/2010/02/100222094757.htm
http://dallaragioneallafede.blogspot.it/2009/12/liscrizione-casa-di-davide-sulla-stele.html
Consultate le voci su Wikipedia.
Il visir Aper El
Esiste un altro personaggio che è stato messo in campo e fatto coincidere con Giuseppe: Aper El o Aperia, visir del nord Egitto e governatore di Menfi durante il regno di Amenofi III e Akhenaton. La sua tomba è stata ritrovata nel 1973. E’ chiamato “primo profeta di Aton”, “Generale di cavalleria”, “padre di dio”. In nessun modo si è riuscito a decifrare il nome egizio di questo personaggio, che però portando il nome El (dio) doveva avere radici semitiche. E allora? Ecco un altro candidato a essere Giuseppe, portatore del culto ad Aton presso il suo popolo.
Pur profeta del nuovo culto di Aton, Aper El aveva nella tomba degli ushabti, statuette dove poteva sostare il Ba e il Ka. E’ un esempio di come il culto ad Aton non aveva intaccato le pratiche funerarie. Va detto che la tomba si presenta di stile arminiano, insolito a Menfi. Aper El aveva un figlio che si chiamava Huy, nome che si accomuna a Yuya, Tya, Tiy, Tiye, Type, Tuya, Tiuyu, Kiya.
Bibliografia
Sergio Donadoni, “L’uomo egiziano”, pag. 257; ed. Laterza, Roma-Bari, 1999.
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L’Esodo
Con il faraone Horemheb la capitale ritornò a Menfi, nei pressi dell’area del delta. Una disposizione per essere più libero dal clero tebano, che pur appoggiava, e nello stesso tempo per essere vicino all’area da dove poteva venire un’invasione degli Ittiti che in effetti erano più che una minaccia. Horemheb (Haremhab) diede inizio ai lavori della città deposito di Pi-Atum “casa di Atum”, menzionata, insieme a Pi-Ramses “casa di Ramses” fatta edificare da Ramses II, nel libro dell’Esodo (1,11).
Pi-Atum è identificata con Tell er-Retabeh. presso lo wadi Tumilat, vicino alla zona dei Laghi Amari. Lo scopo di Pi-Atum e di Pi-Ramses era strategico militare. Le due città si avvantaggiavano infatti dello wadi Tumilat, che, nei momenti di piena, permetteva alle barche la navigazione tra il Nilo e i laghi Amari. Lo wadi Tumilat venne reso più navigabile da lavori fatti da Ramses II, il quale fece fare lavori anche a Pi-Atum. La città di Pi-Ramses è identificata con il sito Tanis-Avaris-Zoan (Cf. Ps 77/78,12), antica capitale degli Hyksos. Nelle vicinanze del sito ora sorge la città di Qantir. Ramses II stabilì la sua residenza a Pi-Ramses, già luogo della residenza estiva di sua padre, Seti I.
La popolazione di quell’area molto fertile e pescosa era composta da gente che veniva dal medio oriente dominato dagli Egizi, ma dove ormai le situazioni si presentavano precarie per l’avanzata degli Hittiti. Che il faraone temesse che gli Ebrei, in caso di tentata invasione, si unissero con gli invasori non era fuori contesto.
Gli scavi archeologici sui due siti hanno dato risultati che non contraddicono il duro lavoro imposto agli Ebrei.
Non si trova accordo tra gli studiosi circa la primissima presenza degli ebrei in Egitto. Una datazione è quella di collocare la primissima presenza al tempo degli Hyksos (1710 - 1570). La Bibbia pone l’Esodo a 480
(400 per la traduzione dei LXX) anni dalla costruzione del tempio di Salomone (1Re 6,1). Secondo il libro della Genesi (17,13) gli Ebrei sarebbero stati in Egitto per 400 anni; secondo il libro dell’Esodo (12,40) 430 anni. Si può dire, senza insistere sulle date, che Giuseppe scese in Egitto molto tempo prima dell’Esodo, al tempo degli Hyksos.
Studiosi però non accettano il tempo degli Hyksos e rimandano al tempo della XVIII dinastia, perché riguardo ai tempi successivi si dispone infatti di dati che rendono la narrazione molto circostanziata dal punto di vista del quadro delle usanze connesse all’autorità di un visir del Faraone. Si può obiettare che adottando senza puntiglio i dati biblici si avrebbe, partendo da Merenptah (1212
- 1202) che Giuseppe scese in Egitto attorno al 1600 a.C., quando i Faraoni dimoranti a Menfi si susseguirono al trono in modo talmente rapido che agli storici molto sfugge di quel tempo. A quel tempo molta parte degli Hyksos, che si erano stabiliti nel delta erano vinti, dalla riscossa egizia: quindi molte terre del delta erano da occupare con nuove presenze, appunto Israele.
Il faraone dell’oppressione come presentano correntemente gli studiosi è Ramses II, tuttavia l’inizio delle ostilità contro gli ebrei dovette avvenire con Horemheb, ex generale dell’esercito egizio, e costruttore di Pi-Atum, e proseguì con Merenptah (1212 - 1202), il Faraone dell’Esodo.
Il fatto che sia sopraggiunto un faraone che non conosceva Giuseppe (Es 1,8), dice che il diritto nativo degli Ebrei circa la loro presenza in Egitto (Gn 47,11) non era più riconosciuto come un titolo di pace.
Mosè non venne a contatto nella sua formazione nella reggia di Pi-Ramses con il culto di Aton poiché abolito e distrutto nei suoi simboli da Horemheb, portato avanti da Seti I e da Ramses II, che della città di Akhenaton fece una cava di materiale ancor più di Horemheb, lasciandola al depositarsi delle sabbie.
La stele di Merenptah
Il primo documento extrabiblico che attesta la presenza di Israele fuori dall’Egitto è la stele di Mernepthal. La stele conservata al Museo del Cairo riporta una serie di vittorie dell’esercito egiziano.
“I principi sono prostrati e dicono: Pace! / Nessuno alza il capo tra i Nove archi; / desolazione vi è per Tehnu (la Libia); Hatti (gli Hittiti) è in pace; / Canaan è saccheggiato, con tutti i malvagi; / Askalon è deportata; Gezer è conquistata; / Ianoam è ridotta come ciò che non esiste, Israele ysrỉr è devastato, non esiste più il suo seme; / Hurru (la Palestina) è divenuta vedova per l’Egitto! / Tutte le terre insieme sono pacigicate; / ognuno che era ribelle è stato legato…” (ANET2, 376 s.).
Cosa di estrema importanza è che ysrỉr è scritto con il determinativo di popolo e non di città o stato. L’ideogramma, diversamente delle altre designazioni che presentano tre montagne stilizzate indicanti un paese, uno stato, ha associato un uomo e una donna, indicando così una popolazione nomade.
E’ la situazione di Israele che vaga nel deserto senza una terra e per gli egiziani è un popolo senza futuro. Molti di Israele si erano ribellati a Dio a Kadesh (Nm 13,25 - 14,28s). Di propria iniziativa i combattenti di Israele cercarono di effettuare un attacco militare, ma fu una sconfitta (Nm 14,45). Poi il vagare nel deserto.
Bibliografia
“Introduzione alla Bibbia” II/1, pag. 224, ed. Marietti, Casale, 1969.
“Grande commentario biblico”, n° 75:35, ed. Queriniana, Brescia 1973.
Consultata Wikipedia
Le mura di Gerico
Dopo venne la ripresa con Giosuè e la conquista di Gerico (L’antico nome cananeo di Gerico è
RUHA). Sappiamo dall’archeologia che Gerico era una città distrutta al tempo della conquista della Terra promessa. Questo si accorda benissimo con l’esistenza della casa di Raab sulle mura, cioè su uno spezzone del muro demolito nel 1550 a.C.. Difficile pensare che mura efficienti, con una città ben organizzata, fossero usate in tal modo, e la casa di Raab non doveva essere la sola. Le mura di Gerico in quel momento erano una fortificazione fatta per bloccare Israele che stava avanzando, esattamente come ad Ai
(1). Ai vuol dire:
La rovina, perché distrutta nel 2000 a.C., come hanno appurato gli scavi archeologici, ma pur sede di una guarnigione (Gs 7,2s). La cosa trova conferma nel fatto che gli esploratori dissero che era facile da espugnare Ai (Gs 7,3).
Le mura di Gerico dovevano essere molto approssimative, sostanzialmente una guarnigione appostata per la difesa dell’entroterra dall’avanzata di Israele, che ormai tutti temevano.
Gerico cadde al grido di guerra dopo un’azione liturgica con l’Arca (Gs 6,6). La struttura difensiva della guarnigione di Gerico è presentata con la parola ḩomah; parola usata in senso di difesa anche in 1Sm 25,16; Is 26,1; Ger 1,18; 15,20; Am 7,1. Al grido di guerra la difesa crollò, nel senso che la guarnigione rimase terrorizzata e incapace di resistenza
(2).
Seguì l’attacco, con distruzione completa, di Betel, Debir, Lachis e Cazor
(3). La conquista si estese e rimangono i segni dei primi insediamenti dallo studio delle ceramiche, meno ben fatte di quelle precedenti. Ci fu in quella datazione, un repentino abbassamento di cultura, facile da comprendere essendo Israele un popolo rimasto nel deserto per quaranta anni. Si moltiplicarono poi a decine e decine nuovi centri abitati, segno di una presenza repentina e massiccia.
1) E’ la considerazione di padre Louis-Hugues Vincent (1872 - 1960) dell'École Biblique e archeologique de Jerusalem, 1939.
2) E' il pensiero del professore dell’Università cattolica di Lovanio Albin-Augustin Van Hoonacker (1857 - 1933), considerato favorevolmente da padre Raymond Jacques Tournay(1912 - 1999) dell’ École biblique e archeologique de Jerusalem, in “Vivre et Penser” (Revue Biblique), III, 1945, 304-306. anche padre Felix-Marie Abel (1978 - 1953) dell’ École biblique e archeologique de Jerusalem si mostrò favorevole in Revue Biblique 56, 1946, 329.
3) Le distruzione di Lachis e Debir, non pare siano però state fatte dagli Israeliti, dato che non attaccarono città ben fortificate. Furono piuttosto distrutte dai popoli del mare (Filistei), e solo in seguito occupate dagli Israeliti. La conquista della Terra Promessa non fu una guerra lampo, ma una realtà progressiva e complessa.
Bibliografia
“Introduzione alla Bibbia” II/1, pag. 338, ed. Marietti, Casale, 1969.
“Grande commentario biblico”, n° 7:21-25; 42:65; 43:141; 44:131; 74:19.45.61; 75:42-43,, ed. Queriniana, Brescia 1973.
Pagina Web consultata
il 20 marzo 2015: http://apologetica.altervista.org/oat_obiezioni_desunte_da_pretesi_errori.htm
Grande inno a Aton inno inciso nella tomba di Ay a el-Amarna
Il Grande Inno ad Amon
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