Nonostante i
numerosi studi sui mysteria di Eleusi (i romani li chiamarono: “initia”)
bisogna dire che ci si deve accontentare di poche certezze e di diverse
congetture.
Ne parlano
autori cristiani e pagani, ma gli indizi che forniscono sono pochi. Non bisogna
incolparli di questo visto che il regime iniziatico dei misteri di Eleusi era
talmente blindato da prevedere la pena di morte per gli iniziati che rivelassero
i riti o per coloro che li spiassero, insieme alla confisca di tutti beni da
loro posseduti.
Eleusi,
edificata a 23 km da Atene, risulta essere una cittadina già abitata nel secolo
XVII - XVII. Non si sa quando vi vennero introdotti i mysteria eleusini,
che presentano assonanze a culti agrari praticati nell'isola di Creta. Il primo
documento che ne parla risale al VII secolo e fa parte dei cosiddetti Inni
Omerici. Le mura micenee, scoperte sotto il complesso
del
telesterion,
all'inizio vennero interpretate come le origini del santuario eleusino, ma oggi
gli studiosi ritengono che possono essere
interpretate diversamente.
La cittadina
di Eleusi venne a far parte dello stato Ateniese e una strada “la via sacra”
la collegava con Atene. Il culto eleusino divenne un culto ufficiale e venne
esteso nelle colonie greche. I romani lo recepirono come culto a Cerere e
Proserpina.
I misteri
eleusini ebbero ufficialmente termine nel 391 con un editto dell'imperatore
Teodosio. La cittadina e il tempio vennero poi distrutti nel 395 dai Goti
guidati da Alarico. I misteri eleusini ebbero però ancora una sopravvivenza
clandestina, per poi definitivamente scomparire di fronte al cristianesimo.
Inizialmente i
misteri avevano una portata limitata all'interno di due potenti famiglie, i
Kèryci e gli Eumolpidi. Tali famiglie avevano il monopolio degli ufficianti
principali dei misteri ad Eleusi.
I mysteria
eleusini erano riservati solo a chi conosceva la lingua attica e ai non barbari,
cioè a chi non fosse un Persiano, anche se vi furono eccezioni. Il divieto di
partecipazione si estendeva a chi avesse commesso omicidi. Potevano partecipare
uomini e donne e anche schiavi, purché diventati “liberi”. L'iniziazione
avveniva in giovane età. L'iniziando era tenuto a pagare una tassa.
Il mito di
Demetra e di Persefone
Persefone
inghiottita nell'Ade come un seme sotto la terra, ne viene liberata dall'azione
della madre, e può ritornare per sei mesi sulla terra e stare con la madre
nell'Olimpo. E' il segno che l'Ade non è più un luogo che ha il carattere di
carcere, ma che è abitabile nella felicità che Kore dimostra nella nascita di un
figlio dal dio Ade (Plutone).
Demetra è la
datrice delle buone stagioni, e con ciò rende prospera l'agricoltura della quale
è l'istitutrice.
Dal Caos,
elemento materico divino e impersonale, si produssero Gaia ed Eros. Gaia (Gea)
(la terra) generò da se stessa Urano (il cielo). Dall'unione tra Gaia e Urano
nacquero sei Titani: Oceano, che circonda l'universo, Ceo, Crio, Iperione,
Giapeto, Crono. Nacquero pure sei Titanidi: Teia, Rea, Temi, Mnempsine (la
memoria), Febe, Teti. Nacquero pure i Ciclopi e i tre Ecatonchiri.
Crono uccise
Urano che giaceva sopra Gaia, così che si separarono, e da Urano si creò il
cielo stellato. Poiché Urano aveva uguali dimensioni di Gaia, da ogni parte
della terra si vede il cielo. Crono iniziò a permettere lo scorrere del tempo.
Crono sposò
Rea dalla quale ebbe tre figlie: Estia, Demetra ed Era (Hera), e tre figli: Sde,
Poseidone, Zeus.
A Zeus toccò
il cielo, a Poseidone il mare, ad Ade gli inferi.
Zeus, marito
di Era, si unì con Demetra e generò Persefone (Kore: “la fanciulla”).
Mentre
Persefone raccoglieva fiori insieme alle figlie di Oceano, nel paese di Nisa,
sprofondò nella terra e di trovò nell'Ade, che prende il nome da Ade (Hades o
Aidoneus), re degli inferi. Il dio Ade così la rapisce. Persefone alza le sue
grida disperate, ma nessuno la ascolta, salvo il dio Helios che dal cielo tutto
vede e ascolta. I lamenti di Persefone echeggiano per le cime dei monti e per il
mare, finché Demetra li ode, ma non sa dove sia la figlia. Demetra inizia un
cordoglio affannoso, pieno di dolore spietato: si strappa le bende che tenevano
insieme i capelli, butta via il suo mantello, non mangia, non si lava, solo va
in cerca della figlia con una fiaccola accesa. Il suo dolore è straziante e
nello stesso tempo altero. Incontra la dea Ecate (la luna calante), che ha pure
lei ascoltato il pianto di Persefone, ma non sa dove sia. Con Ecate, Demetra va
da Helios, che la informa che Zeus ha concesso Persefone in sposa ad Ade.
Demetra diventa furibonda e si allontana dall'Olimpo, nascondendosi il volto con
un velo. Giunge infine ad Eleusi, nel regno del re Celeo. Callidice, figlia del
re, le propone di diventare nutrice di Demofonte, l'ultimo nato. Demetra con
l'accettazione della regina Metanira, madre di Demofonte, entra nella reggia
irraggiando fulgore, ma la regina ancora non riconosce la dea, che resta triste
e col volto coperto dal velo. A questo punto la serva Jambe (Giambe) si
manifesta con lazzi e parole sensuali che dichiarano il suo culto a Dionisio.
Clemente Alessandrino (Protrepticus, 2, 15-16) presenta la variante che i
lazzi vennero presentati dal servo Baubo, che si alzò la tunica in atteggiamento
sensuale. Demetra di fronte a tale comportamento ebbe un moto di compiacimento,
che la sollevò dal suo dolore cupo e sdegnoso.
La regina, in
seguito, le vuole dare del vino, ma lei si fa preparare un miscuglio di acqua,
farina e crusca, il kikeon. Demetra vuole poi divinizzare Demofonte e di notte
lo espone al fuoco come elemento purificatore, e ricorrendo a formule magiche di
sola sua esclusiva conoscenza (è interessante vedere come Ercole giunga alla
divinizzazione piena dopo essersi gettato nel fuoco). La regina vide il bambino
sospeso sul fuoco e gridò di spavento e così ruppe l'incantesimo. La dea si
corrucciò di questo e rivelò la sua natura di dea. Ella si sentì offesa di non
essere stata riconosciuta ed impose l'erezione di un tempio ad Eleusi, sotto le
mura della città. Il tempio le viene subito eretto e Demetra vi si chiude
sdegnosa, sempre afflitta per la perdita della figlia. Il suo furore è tale che
decreta la morte, la siccità, su tutta la natura vegetale, con conseguente
desolazione per gli uomini. Zeus allora invia a Demetra la figlia Iris, dalle
ali d'oro, e poi tutte le divinità celesti, ma Demetra rimane nel suo tremendo
sdegno. Zeus allora mandò nell’Ade Hermes per convincere il dio Ade a lasciare
la fanciulla. Il dio Ade acconsente, ma prima le fa mangiare un frutto di
melagrano. La fanciulla ne mangia sei chicchi e per questo dovette rimanere
nell'Ade per sei mesi all'anno, perché chi gusta i frutti dell'Ade non può più
uscirne. Sei mesi starà con la madre e sei mesi con il marito, il dio Ade.
Demetra felice di riavere la figlia ridiede vita alla vegetazione. La dea Rea
invita Demetra a risalire nell'Olimpo, ma prima di risalire Demetra detta le
cerimonie che in Eleusi dovranno essere svolte in suo onore, e alle quali è
connessa la felicità nell'aldilà. Le cerimonie e i riti da svolgersi li ricevono
Trittolemo, Eumolpo, Celeo.
Trittolemo è
l'eroe civilizzatore che portò l'agricoltura ad Eleusi, dopo che già in Attica
li aveva portati Demetra. In Attica Demetra vi andò con a fianco Dionisio, già
abitante dell'Olimpo. Persefone ha con il dio Ade un figlio: Brimos. Segno
questo che l'Ade ha una zona abitabile nella felicità.
Il tempio:
telesterion e anaktoron
Il
telesterion (palazzo dell'iniziazione) era una grande sala pressoché
quadrata di 250 mq. Al centro c'era l'anaktoron, la cella segreta del
tempio. Il telesterion aveva delle gradinate dove prendevano posto gli
iniziati. Davanti all'anakroton c'era il trono dello hierophantes
(colui che mostra le cose sacre). Non mancavano i piccoli e grandi propilei sul
modello di quelli di Atene.
All'esterno
del tempio c'erano spazi per collocare tende nelle quali si sostava per
ricordare il passaggio dalla vita nomade a quella stabile dell'agricoltura,
dovuto a Demetra istitutrice dell'agricoltura.
Il fine dei
riti misterici
Quello che
bisogna subito dire è che, stando ai testimoni di cui si dispone, i riti
eleusini non erano caratterizzati da un corpus dottrinale da trasmettere,
ma da un'esperienza da vivere attraverso simboli ed eventi. L'apprendimento (mathein)
riguardava il mito di Demetra e Persefone, e di quanto esso significava per i
mysteria eleusini..
L’obiettivo
della telete (iniziazione), oltre quello della propiziazione per i beni
della vita in terra, era quello di mirare ad ottenere la felicità nel mondo
dell’aldilà.
Così recita
l'Inno Omerico: “Felice colui, tra gli uomini viventi sulla terra, che ha
visto queste cose! Chi invece non è stato iniziato ai sacri misteri, chi non ha
avuto questa sorte non avrà mai un uguale destino, da morto, nelle umide tenebre
marcescenti di laggiù”.
Anche
Cicerone, che si fece iniziare agli initia di Eleusi, ne parla (De
Legibus II, 14) come del “Beneficio migliore che Atene abbia portato agli
uomini. Attraverso i misteri abbiamo imparato a conoscere i principi della Vita
[principia vitae] e attraverso questi, il mezzo non solo di vivere nella gioia,
ma anche di morire con una speranza migliore”.
Lo svolgimento
dei riti
L'iniziazione
di Eleusi prevedeva due momenti: uno all'equinozio di Primavera nel mese di
Anthesterion (metà febbraio-metà marzo) dal 19 al 21, ed erano “i piccoli
misteri”, con funzione preparatoria ai grandi misteri che si celebravano con
molta segretezza nel mese di Boedrohion (metà settembre-metà ottobre) dal 16 al
25. “I piccoli misteri” si svolgevano ad Agrai, un sobborgo di Atene, ed erano
preceduti da abluzioni nel fiume Ilisso. Vicino al fiume si faceva una tendopoli
che simboleggiava l'antica condizione selvaggia prima dell'istituzione della
vita agricola e quindi associata. I candidati dormivano lungamente nelle tende,
probabilmente sotto sostanze narcotiche. Il sonno veniva a rappresentare una
“prima iniziazione alla morte” (Plutarco, “Consolazione ad Apollonio”,
12).
“I grandi
misteri” si svolgevano invece ad Eleusi, sul golfo Saronico.
Dunque, i due
momenti erano all'inizio e alla fine del ciclo vegetativo, assunto per l'uomo
come modello di riferimento per un processo di morte-rinascita.
Nei grandi misteri gli
iniziati (mystes) partivano da Atene per Eleusi per prelevare alcuni
oggetti sacri. Facevano ritorno il giorno dopo ponendo gli oggetti sacri (Hierà)
nell'Eleusinion, edificio ai piedi dell'Acropoli dove si celebravano alcuni riti
preparatori.
Il terzo giorno, il gran
sacerdote controllava le credenziali degli iniziandi (mystai) e riceveva
i giuramenti di segretezza e raccoglieva gli oboli dovuti al tempio.
Il quinto giorno, dopo un
giorno di digiuno, si celebravano cerimonie in onore di Dionisio ed Esculapio.
Il sesto giorno veniva
preparata una bevanda sacra il kikeon (ciceone), un miscuglio di malto e
di un tipo di menta, ma che conteneva anche sostanze stupefacenti. Veniva
bevuto, prima di entrare nel telesterion.
Il settimo giorno,
cominciava la parte principale della cerimonia. I mystai e i mystes
o epoptai partivano da Atene in processione per Eleusi, seguiti dai
cittadini di Atene, che cantavano un inno a Iacchos, cioè a Dionisio, il
“nato due volte”. Giunti sul fiume
Cefisio donne e uomini si scambiavano parole piccanti e oscene, in ricordo delle
parole che fecero sorridere Demetra, pur nel suo cupo dolore per lo smarrimento
della figlia.
L’ultima notte corrispondeva
all'ultima fase del rito, ed era la contemplazione, la “epopteia”.
Secondo quanto riferisce
Clemente Alessandrino (Protrettico, 21, 2) i mystai al momento di
entrare nel telesterion dovevano dire queste parole d'ordine (synthema):
“Ho digiunato, ho bevuto
il kikeon, ho preso la cista (cesta), dopo aver compiuto l'atto rituale ho
deposto nel calathos (canestro) e dal calathos nella cista”. I canestri
erano d'oro e un serpente vi era attorcigliato, come si vede nei reperti
archeologici. Era vietato nominare gli oggetti sacri. Teodoreto di Ciro parla di
figure di organi genitali, segno della trasmissione della vita.
Escludere l'elemento sessuale accusando gli scrittori
cristiani di avere peggiorato, ad uso di confutazione, il rito iniziatico,
significherebbe non rendersi conto che nei riti eleusini era presente, pur
dimensionato, anche il clima erotico dionisiaco. Il serpente era
collegato al culto del dio Esculapio, dio della medicina e quindi della tutela
della vita.
Nel
telesterion durante la notte, si ricordavano il rapimento di Persefone, il
dolore e l'affannosa ricerca di Demetra non in forma drammatica, ma con canti e
salmodie.
Il mystai,
cioè colui che l'anno precedente era stato ammesso al primo grado di
iniziazione, veniva messo dentro una fossa e ricoperto di fango tranne il volto
(Proclo, “Theolica platonica”, IV, 9). Era la raffigurazione della morte,
poi doveva percorrere un cammino in sentieri bui, illuminati a sprazzi, ottenuti
con pannelli dentro il telesterion. Era il viaggio nell'Ade dove il
mystai vedeva rappresentazioni della condizione triste e di orrore dei
morti, e vedeva quella dei beati. L'iniziazione includeva anche la vista di una
ierogamia (un rito che raffigura l'accoppiamento tra due divinità),
condotta dallo hierophantes (sacerdote) resosi sterile con l'ingestione
di cicuta e da una sacerdotessa del tempio di Demetra, ma i partner potevano
essere diversi. I due rappresentavano probabilmente Persefone e il dio Ade
nell'amplesso generatore del fanciullo Brimos (temibile, forte). Il culmine
dell'azione iniziatica era costituito dall'evocazione e dall'epifania della
Kore. Nell'anaktoron veniva acceso un grande fuoco e lo hierophantes
invocava la dea Kore, senza pronunciare il suo nome, e percuoteva una lastra di
bronzo. Si apriva poi la porta dell'anaktoron, da cui la luce si
diffondeva per tutto il telesterion. I mystai, ormai mystes,
o epoptai (che hanno visto) si trovavano di fronte ad una luce
abbagliante, prodotta da un fuoco, che veniva alimentato in modo che producesse
un'improvvisa impennata di splendore, indicante la presenza della dea
Persefone, in relazione all'accettazione dei nuovi iniziati. L'iniziato dopo
aver camminato nel buio simulante l'Ade, veniva investito dalla forte luce, e lo
stato di estasi narcotica faceva il resto. Gli epoptai guardando in alto
dicevano poi: “piovi!” e guardando in basso: “concepisci!”.. Era
una rinascita che non coincideva col momento agrario della primavera, ma
con l'autunno, quando per Persefone era il tempo di ritornare nell'Ade, tempo
che era anche quello della seminagione del grano. In origine il culto era
esclusivamente rivolto a Demetra, dea dell'agricoltura, ma poi ci fu uno
spostamento verso la Kore: una dea che regna nel regno dei morti poteva
assicurare, oltre all'abbondanza dei raccolti, col suo ritorno in terra presso
la madre abitante sulla cima dell'Olimpo, anche la beatitudine dopo la morte. La
rinascita era segnata da una figliolanza con Persefone, figliolanza che
aveva la sua espressione simbolica nella ierogamia rappresentante
l'amplesso tra Persefone e il dio Ade.
Lo
hierophantes presentava una spiga e sanciva l'avvenuta garanzia di vita
felice nell'aldilà con le parole: “Un sacro figlio generò la Signora, la
Forte generò un forte”. La spiga che teneva in mano era il segno
dell'abbondanza agraria e della felicità nell'aldilà, significata dalla nascita
del fanciullo Brimos (temibile, forte), figlio di Persefone e del dio Ade.
Spighe d'oro venivano collocate accanto alle salme di defunti facoltosi.
Il
neoplatonismo, che professava la reincarnazione delle anime, portò una mutazione
nei mysteria eleusini. Non si pensò più alla beatitudine nell'Ade, ma a
quella del cielo. I mysteria permettevano di spezzare il ciclo delle
reincarnazioni stando la presenza nell'Ade di Persefone, cosicché l'anima
potesse ritornare per sempre nelle sue sedi celesti.
L'esperienza
Plutarco (Fragmenta
168 Sandbach = Stobeo 4, 52, 49) ci ha lasciato queste importanti
annotazioni:
“Al momento
della morte l'anima prova un'esperienza simile a quella di coloro che sono
iniziati ai misteri (...). All'inizio vagare smarriti, faticoso andare in
cerchio, paurosi percorsi nel buio, che non conducono in alcun luogo. Prima
della fine il timore, il brivido, il tremito, i sudori freddi e lo spavento sono
al culmine. E poi una luce meravigliosa si offre agli occhi, si passa il luoghi
puri e prati dove echeggiano suoni, dove si vedono danze; solenni sacre parole e
visioni divine ispirano un rispetto religioso. E là l'iniziato, ormai
perfettamente liberato e sciolto da ogni vincolo, si aggira, incoronato da una
ghirlanda, celebrando la festa insieme agli altri consacrati e puri, e guarda
dall'alto la folle non iniziata, non purificata nel fango e nelle tenebre, e,
per timore della morte, attardarsi fra i mali invece di credere nella felicità
dell'aldilà”.
Proclo (In
Remp,II 108, 17-30, Kroll) ci dice che le teletoi (iniziazioni) “provocano
consonanza delle anime con il rito (dromena), alcuni degli iniziati sono presi
dal panico, colmi di orrore, altri si assimilano ai simboli sacri, abbandonano
la loro identità, acquistano famigliarità con gli dei, e sperimentano la
possessione divina”.
Il papavero e i
funghi psichedelici
Albert
Hofmann, scopritore dell'LSD; Gordon Wasson, esperto di funghi psichedelici;
Carl Ruck, profondo conoscitore della letteratura antica hanno concluso che nei
riti venivano impiegate sostanze allucinogene.
Queste parole
di Plutarco indicano chiaramente la presenza di sostanze stupefacenti: “Prima
della fine il timore, il brivido, il tremito, i sudori freddi e lo spavento sono
al culmine”.
La presenza
del papavero come fiore della dea Demetra, nella cui corona erano incastonate
capsule del papavero, ci dice con chiarezza l'esistenza di sostanze oppiacee nel
rito di iniziazione.
Note
Il mito, al di
là della sua realtà politeista e panteizzante, risulta veicolante una morale ben
distante da quella cristiana. Innanzitutto un adulterio di Zeus con Demetra che
dà origine a Persefone. Poi un atto arbitrario di Zeus nel consegnare la
fanciulla in sposa ad Ade, senza che lei vi consenta, e senza che ne venga
informata la madre. Zeus, re dell'Olimpo, presenta un modello di incoerenza
morale e di assolutismo tiranno. Demetra si sente mortalmente colpita dalla
scomparsa della figlia della quale non ha notizie. Il suo dolore è cupo,
tragicamente espresso, sdegnoso di conforto. Sceglie depressa di assumere le
sembianze di un'anziana. Ciò che le dà ripresa sono i lazzi della serva del re,
compiuti all'insegna del dio Dionisio. Tali lazzi le fanno vedere l'ambito del
potere femminile di seduzione e di questo se ne compiace, perchè si sente
ricomposta di fronte a Zeus che l'ha disprezzata. Il dio Ade inganna la
fanciulla Persefone facendole mangiare dei frutti dell'Ade, e anche questo è un
sopruso.
In tutto ciò
si vede un profondo conflitto tra i due sessi. Da una parte Zeus e Ade trattano
la donna come cosa da possedere, dall'altra la donna promuove il suo potere di
seduzione sull'uomo grazie a Dionisio, promotore delle baccanti. Le
Tesmoforie in onore di Demetra Thesmophoros (Thesmos: le leggi
antiche. Iniziatrice delle leggi, mediante l'agricoltura che aveva portato alla
vita civile) erano feste che si svolgevano in autunno e a cui solo le donne
sposate con ateniesi potevano partecipare. Era impedito all'uomo di entrare nel
loro intimo svolgimento segreto. Erano le feste della dell'identità femminile.
Erano in connessione con l'inizio della vita associata derivata dalla
coltivazione agricola. Durante i riti si buttavano dentro buche i resti di
animali sacrificati (maiali) e anche simboli sessuali fatti di pasta, come pure
rami di pino, un sempreverde legato al culto dionisiaco. In seguito
raccoglievano i resti e li disponevano sugli altari e quindi li bruciavano. Le
ceneri venivano mescolate con i semi della seminagione nell'idea di avere un
raccolto abbondante: era un incantesimo di fertilità. Il maiale era introdotto
nel rituale in omaggio a Eubuleo, guardiano di porci, figlio del sacerdote
Trochilo e fratello di Trittolemo. I maiali di Eubuleo sarebbero sprofondati
nella stessa cavità dove sprofondò Persefone.
Ad Eleusi si
celebrava la composizione delle conflittualità, ma venivano celebrati i mezzi
per giungere alla ricomposizioni cioè il ricorso ai rapporti di forza.
Il matrimonio
trovava una sua celebrazione nel modello di Persefone e Ade.
I riti erano
di impronta magica e dovevano essere accolti come tali, cioè agenti di per sé
senza un'adesione morale di cambiamento dell'uomo, da essi promosso. L'adesione
dell'uomo era tutta nel credere che essi fossero magici. La distanza con i
sacramenti cristiani è abissale.
Le regole
della vita rimanevano le passioni esercitate e i rapporti di forza, nessun
cambiamento nell'uomo, se non quello della civitas prodotta dall'agricoltura.
L'equilibrio sociale proposto era quello olimpico, dove le conflittualità e le
passioni erano esercitate ma alla fine veniva sempre salvato l'Olimpo.
Ma l'Olimpo
non si salvò di fronte alla rivoluzione cristiana, che ne mostrò oltre che
l'inesistenza, anche la vacuità morale.
“Enciclopedia
delle religioni”, ed. Vallecchi, Firenze, 1978.
Warburton
William, “Iniziazione ai misteri eleusini”, ed. Handromeda, 1994.
Gordon Wasson,
Albert Hoffman, Carl Ruck, “Alla scoperta dei misteri eleusini”, ed.
Urrà-Apogeo, Milano 1996.
Francesca
Brezzi, “Dizionario delle religioni”, Editori Riuniti, 1997.
Marion Giebel,
“I culti misterici nel mondo antico” ed. ECIG, Genova, 1993.
Burket W. “Mito
e rituale in Grecia: struttura e storia”, ed. Laterza, Roma-Bari, 1991.
Graves Robert.
“I miti greci”, ed. Longanesi, Milano 1993.
Price S. “Le
religioni dei greci”, ed. Il Mulino, Bologna, 2002.
Scarpi Paolo.
“Le religioni dei misteri”, vol. I, Eleusi, dionisiamo, orfismo, ed.
Mondadori, Milano, 2002.
Vernont
Jean-Pierre, “L'universo, gli dei, gli uomini”, ed. Einaudi, 2005.
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