La masturbazione è acatharsia, uno svisamento del rito della vita |
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La luce della Bibbia per comprendere l’uomo
La Bibbia secondo alcuni non dice nulla circa la masturbazione, così in tal modo essa appare senza fondamento biblico e quindi praticabile, ma proprio così non è, perché oltre la Bibbia la natura stessa ha una parola da dire, affermando che l’atto sessuale è
il rito della vita che ha tre componenti unitarie: la vita, l’affetto, la sensazione di piacere. Spezzato questo legame tutto è alla deriva, tolto l’affetto il connubio è solo strumento meccanico della vita e del piacere. Tolta la vita il connubio diventa ricerca del piacere e l’affettività amore per la carne dell’altro. Tolto il piacere viene perso il momento pieno della donazione reciproca fonte della vita. Spezzare il trio unitario è l’esatta via che conduce alla masturbazione.
Il dramma che porta a questa cecità è dato dalla negazione di Dio, e l’affermazione dell’uomo come autosufficiente e creatore di se stesso. Negazione, perché il negatore - [L’ateo non esiste, ma esiste il negatore] - non ha nessuna ragione positiva per negare Dio e così ricorre alle critiche per negarne l’esistenza. Così dice: “Se Dio ci fosse non ci sarebbe tanto male, ecc, ecc”. Ma chi crede ha ragioni positive per affermare l’esistenza di Dio, e ha argomenti, nell’azione di Dio per l’uomo, centrata in Cristo, per confutare le critiche dei negatori.
Le prime parole sul rito della vita
La prime parole della Bibbia circa la sessualità sono queste: “Siate fecondi e moltiplicatevi”.
Con queste parole, permanenti fino alla fine del mondo, la Bibbia definisce la realtà del connubio con la finalità della trasmissione della vita, senza tuttavia oscurare l’aspetto unitivo, cioè affettivo.
L’affettività coniugale unita al servizio della vita rende il connubio definibile come il
rito della vita. Rito perché azione d’amore non escludente Dio. Le parole “siate fecondi e moltiplicatevi” sono la benedizione nuziale di Dio data al genere umano e spiegano all’uomo e alla donna il compito di procreatori che procede da Dio Creatore. Dio non vuole, essere escluso dalla trasmissione della vita, perché la vita umana esiste non solo per la realtà del corpo ricevuto dal connubio, ma dall’azione creatrice di Dio che pone l’anima razionale forma del corpo, il che vuol dire che il corpo vive in quanto c’è l’anima. Potrà l’uomo usare la provetta, riducendo il
rito della vita a un’operazione tecnica, dove è mancato il sigillo dell’amore. Per gli animali non c’è intenzionalità, c’è l’istinto, il ciclo delle stagioni degli accoppiamenti, per l’uomo c’è invece l’intenzionalità e l’adesione al disegno di Dio. Nello stato di innocenza dell’Eden non c’era nell’uomo nessuna volontà di escludere Dio dall’opera del dare vita ad altri Adami ed Eve; non c’erano i fermenti della concupiscenza che sono subentrati dopo la colpa. Fermenti subito segnalati dal fatto che i due videro che erano nudi. Il concetto di nudo prima non c’era. Con ciò non è che non avrebbero usato vesti, visto che le stagioni, le nevi, ci sarebbero state, ma li avrebbero usati per il freddo e anche come ornamento. Dopo il peccato le vesti coprono la nudità, e il testo dice che coprire la
nudità è un primo atto di bontà di Dio: (Gn 3,21) “il Signore Dio fece all’uomo e a sua moglie tuniche di pelli e li vestì”.
“Siate fecondi”, non sono parole di ridondanza letteraria, poiché basterebbe il “moltiplicatevi”, ma,
al contrario, indicano come l’atto coniugale deve includere l’apertura
alla vita.
L’alleanza con Abramo ebbe un segno, quello della circoncisione
Erodoto (Storie, II, 37) parla della circoncisione in Egitto presentando lo scopo igienico, ma tale intervento non è per nulla proporzionale al risultato igiene, e invece va riferito alla divinità suprema il dio sole Ra, che si autocirconcise per sublimare la forza del suo essere divino, e dal sangue che ne uscì furono formate due divinità: Hu e Sia.
La circoncisione era particolarmente praticata dalla casta sacerdotale del dio Ra con valore sacralizzante. La masturbazione per l’assenza del prepuzio veniva scoraggiata, e inoltre essa era considerata come avvilente in Egitto. Tuttavia l’erotismo in Egitto era ampiamente diffuso, e bisogna dire che il dio Atum, il cui culto era a Eliopoli, con il seme di una masturbazione aveva formato il dio Shu (l’aria) e la dea Tefnut (umidità).
Abramo era un Arameo (Dt 26,6) del territorio tra i due fiumi (Tigri-Eufrate) non distante dalla città di Ur (Gn 11,28) e la circoncisione era a lui estranea. Assente e rifiutata pure dai popoli della terra di Canaan, tra i quali i Filistei.
Abramo soggiornò in Egitto durante una carestia (Gn 12,10s), ma ben poco dovette giungere a lui sulla circoncisione egiziana, poiché il significato della circoncisione voluta da Dio con Abramo è distante dalla concezione egiziana,
benché collimante quale segno del rifiuto dell’avvilimento della masturbazione, poiché per l’Egitto era nobilitazione della forza dell’uomo, mentre per Abramo era innanzitutto il riconoscimento che la vita procede
in primis da Dio, e che il connubio non può che essere il rito della vita. Il coniugio è atto d’amore conseguente alla complementarietà dell’uomo e della donna (Gn 3,23-24), che non può rendere estraneo Dio, come l’uomo tende a fare. Il segno nella carne fu il segno dell’alleanza (Gn 17,1s); ma non bastava il segno, bisognava vivere ciò che significava, e perciò richiedeva che fosse accompagnato dalla circoncisione del cuore (Dt 10,16; 30,6; Ger 4,4), cioè dall’obbedienza alla parola salvifica e liberante di Dio. Eseguita l’ottavo giorno dalla nascita era anche in questo nettamente distinta da quella Egiziana, che era di iniziazione puberale.
La circoncisione non riguardava la donna, perché l’effusione del seme è
connessa all’intenzionalità dell’azione maschile, cosa che non è
presente nel ciclo ovarico, pur rendendo la donna attiva nella
trasmissione della vita. La Bibbia afferma nient’altro quello che è
evidente a tutti, anche a quel tempo pur con le sue poche conoscenze,
poiché la sterilità della donna era vista come un’assenza della su
azione.
Si profila così nella Bibbia il concetto di castità come la virtù che segna la sessualità come positivo atto d’amore che include il servizio alla vita. Con ciò non c’è posto per la masturbazione e quant’altro di sessualmente viziato.
La castità come consacrazione a Dio con amore indiviso (1Cor 7,33-34) non è presente nel Vecchio Testamento, ma è una realtà del Nuovo Testamento.
L’episodio di Onan
L’episodio di Onan (Gn 38,1-11) dice molto sul divieto di escludere Dio dalla sessualità. Onan non vuole dare una discendenza al fratello come doveva secondo la legge del levirato (Dt 25,5s). Ora il rapporto lo faceva, ma frustrandone la finalità con lo spargere il seme per terra. Proprio per questo insieme, fatto di disobbedienza alla legge, di erotismo e di inganno della donna, Onan venne riprovato.
L’episodio di Onan non riguarda in sé un atto di masturbazione, ma pur lo indica poiché Onan più volte si unì alla donna disperdendo il seme per terra. Ora come poteva la donna non vedere per tante volte dove finiva il seme, cioè lontano da lei: in terra? Difficile non pensare che Onan concludesse da solo.
Il Giudaismo ha fondato la condanna della masturbazione proprio sul caso di Onan, definendola “lo sprecare semi”: (“איסור הוצאת זרע לבטלה: divieto di emissione del seme che non sia quello proprio”; Midrash e Talmud).
Secondo alcuni moderni la condanna di Onan riguarderebbe solo la non osservanza della legge del levirato (levir= cognato)
e non anche il modo con cui la eluse. Ma Onan, se non voleva dare una
discendenza al fratello, poteva sottrarsi alla prescrizione del
levitato, accettando gli abbassamenti di stima all’interno del casato
che allora non dovevano essere così pesanti come successivamente (Cf. Dt
25, 7s). In tale situazione di rifiuto subentrava un altro fratello (Cf.
Mt 22,23s; Mc 12,18s; Lc 20,27-40), che nel caso di Onan era Sela (Gn
38,5). Oltre alla violazione della disposizione tribale e il modo con
cui venne elusa, la condanna di Onan riguardava il sopruso subito dalla
vedova diventata sua moglie (Tamar), la quale dovette pensare, fin
quando la cosa non venne scoperta, di non essere feconda, subendo
umiliazioni davanti al casato (Gn 30,23, 1Sam 1,5s; 2Sam 6,23, Os 9,11;
Lc 1,25). Dunque, la condanna di Onan non pone come marginale il modo con cui egli agì, in quanto tale modo è la soluzione centrale di tutto il suo
deplorevole agire.
La parola masturbazione è estranea alla Bibbia. Deriva dall’espressione latina
masturbari. L’etimo di tale parola deriva da manus stuprare,
cioè contaminare con la mano, tale etimo ha una valutazione negativa.
Presso la letteratura romana si trova raramente menzionata, indice che
era considerata una sconfitta con se stessi piuttosto che una soluzione
da perseguire. Un'etimologia popolare non esatta fa risalire la parola a
manus turbari.
La sottaciuta masturbazione femminile
La letteratura giudaica non parla della masturbazione femminile poiché la donna si maritava in giovanissima età: 13/14 anni, e la sua adolescenza era sorvegliata e formata alla “Das Yehudis”: Le regole per le donne ebree, che garantivano non fosse violata la legge di Mosè. Inconcepibile era una sessualità che non si accompagnasse al desiderio dei figli. I figli erano visti come una benedizione di Dio, la risorsa gioiosa dell’unione sponsale, la forza per la costruzione del futuro della famiglia, del casato, della tribù, della nazione.
Un dato di natura sul quale le donne nel passato hanno sempre contato ed è che durante l’allattamento erano sterili, per cui i figli erano naturalmente distanziati di circa due anni. Con l’affacciarsi dei dentini all’allattamento si accompagnava l’uso delle pappine. L'Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di allattare al seno per i primi sei mesi, proseguendo l’allattamento fino ad almeno due anni con l’affiancamento delle pappine. Il Talmud raccomandava l’allattamento per due anni fino a cinque. Il Corano indica che l’allattamento debba essere di circa due anni (Sura 46,15).
Oggi il distanziarsi naturale delle nascite è compromesso per l’attuale vita di stress, ma fino alla prima e alla seconda guerra mondiale ancora esisteva, come hanno testimoniato molte donne, e funzionava; come pure, da testimonianze, funziona in Africa.
La Chiesa sa bene che nella società contemporanea le aspettative di vita sono molto migliorate e non solo questo poiché avere un figlio è accogliere anche tutto l’accompagnamento alla sua crescita alla sua formazione umana, culturale, e cristiana. Si tratta di una realtà impegnativa, e per questo la Chiesa insiste sul concetto di
paternità responsabile e presenta l’aiuto dei metodi naturali dove è possibile mantenere unito, pur nella sospensione giusta del numero delle nascite,
l’aspetto unitivo e l’aspetto procreativo.
In (Ketubot 72a) si intravvede
l’autoerotismo in una donna sposata. Il caso, posto in esame in vista
del divorzio, è presentato dalla Mishnah. Il caso è quello di un marito che non vuole più figli e invita la moglie a prendere le misure per non rimanere incinta: “si riempia e poi si scuota”; ovvero, eufemisticamente parlando, procuri di “riempire dieci brocche d’acqua e versarle nei rifiuti”. Alla donna “le è permesso protestare”, ma se non ha esito, secondo il rabbino Shmuel il marito “deve divorziare da lei”. Una soluzione abbandonata perché sarebbe avvallare le pratiche abortive, alle quali la donna non potrebbe opporsi. Così davanti alla donna c’è solo un’astinenza punitiva
(Cf. 2Sam 6,21) da sostenere, oppure il tradimento occulto e mentale dell’autoerotismo, che (verosimilmente) divenne il sospetto del marito e il movente ultimo della sua volontà di ripudiare la moglie. Tuttavia il tradimento autoerotico non compare per la dura scabrosità del fatto. Il testo a questo punto presenta una
baraita (insegnamento esterno alla Mishna) che ridiscute completamente il caso: Il
riempire e versare le brocche non si riferirebbe a impedire le gravidanze, ma solo a dare alla moglie un lavoro inutile e quindi, se da lei fatto, fornire l’occasione di considerarla come pazza, cosa che avrebbe dato al marito la ragione per ripudiarla. Tale
baraita è capziosa, perché il marito, a rigor di logica, doveva essere considerato ancora più pazzo per costringere la moglie a fare un lavoro assurdo, da pazzi.
L’ipotesi dell’autoerotismo come tradimento prende invece consistenza, ma non venne presa in considerazione: troppo scabrosa. L’influente Rabbi Yoḥanan (1 sec; d.C) concluse con questa sentenza: “Poiché sembrerebbe pazza se dovesse compiere azioni inutili, può quindi chiedere il divorzio”.
Alla fine sul marito venne fatto gravare solo il dovere del pagamento del contratto di matrimonio (ketubot), cioè del dovuto alla sposa in caso di divorzio. Così il caso da esaminare trovò la sua
presentabile soluzione. Siamo nel Vecchio Testamento dove la donna non poteva far altro che tacere e subire.
Nel Nuovo Testamento
Poiché Dio nel Vecchio Testamento parlò alla scorza dell’uomo la circoncisione si pone a quel livello. Nel Nuovo Testamento Dio parla al cuore e lo rigenera in Cristo alla vita della grazia. La nuova vita in Cristo mediante la fede in lui rende inutile la circoncisione così che non la si può imporre come necessaria (Gal 5,6): “Poiché in Cristo Gesù non è la circoncisione che vale o la non circoncisione, ma la fede che si rende operosa per mezzo della carità”.
Il nuovo segno di appartenenza al popolo di Dio è il Battesimo, che
riguarda non solo l’uomo, come lo era la circoncisione, che in concreto,
andando oltre il suo proprio significato, sconfinava nell’alimentare la
differenza sociale tra uomo e donna, ma anche la donna, e tutto il
genere umano al di là di ogni divisione etnica. Paolo dice (Gal 3,28): “Non c'è qui né Giudeo né Greco; non c'è né schiavo né libero; non c'è né maschio né femmina; perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù”.
Nel nuovo Testamento vi sono due parole che in materia sessuale ritornano più volte:
porneia e
moicheia. Sono due parole distinte (Cf. Mt 15,19). Per
moicheia si intende adulterio, per
porneia si intende la licenziosa sessualità propria della prostituzione, risultando incluso nel termine ampio di impurità, il cui termine specifico è
acatharsia.
Porneia è sovrapponibile a immoralità, cioè assenza di morale (1Cor 5,1).
Moicheia deriva dal verbo
moichao “commettere adulterio”.
Porneia deriva dal verbo
pernēmi “vendere”, e non ha nessun legame con la parola
inganno, come qualcuno ha voluto avanzare.
Pornes è la prostituta e
pornos è l’uomo che ha rapporti con prostitute.
Pornos è detto Esaù (Eb 12,16) per avere sposato delle donne Ittite (Gn 24,3; 26,34; 27, 46; 28,1) affiliate ai Cananei, le cui donne venivano iniziate con riti orgiastici.
Porneia è il darsi anche alle licenziosità delle prostitute sacre (Ap 2,14): “Presso di te hai seguaci della dottrina di Balaam
(Nm 25,1-3.18; 31,8.16), il quale insegnava a Balak a provocare la caduta dei figli di Israele, spingendoli a mangiare carni immolate agli idoli e ad abbandonarsi alla prostituzione -porneia-”.
Porneia nelle traduzioni in latino della Scrittura viene reso con la parola tardo latina
fornicatio, derivata da
fornix (fornice). Il riferimento è alla
porneia che avveniva negli intervalli tra gli spettacoli dei circhi e degli anfiteatri. Uomini e donne, esaltati dagli spettacoli, facevano sesso senza ritegno nei corridoi tangenti ai fornix della facciata. Fornicare divenne così sinonimo di lussuria, di ingordigia del senso.
I testi significativi sui termini porneia, moicheia, acatharsia
(1Tess 4,3.7): “Questa infatti è volontà di Dio, la vostra santificazione: che vi asteniate dall’impurità -porneias-, che ciascuno di voi sappia trattare il proprio corpo con santità e rispetto, senza lasciarsi dominare dalla passione, come i pagani che non conoscono Dio (…) Dio non ci ha chiamati all’impurità -acatharsia-, ma alla santificazione”.
In questo testo porneias riguarda strettamente della lussuria della prostituzione, ma pur rientra nel più vasto concetto di impurità
acatharsia.
Porneias nel testo è estesa a tutti i disordini della sessualità, che non erano difficili da sapere dai provenienti dal paganesimo, ma sconvenienti da descriverli, soprattutto con le espressioni pagane (Ef 5,3).. Quindi anche la masturbazione rientra nelle
porneias.
(1Cor 5,1): “Si sente dovunque parlare di immoralità -porneia- tra voi, e di una immoralità -porneia- tale che non si riscontra neanche tra i pagani, al punto che uno convive con la moglie (la matrigna) di suo padre”.
Il termine porneia qui riguarda l’incesto tra un cristiano e la propria matrigna, moglie di suo padre. Il caso era rigettato dalla legge mosaica (Lev 18,8) e dalla legge romana.
Porneia comporta un atto di ripugnanza per la sua immoralità.
(1Cor 6,9-10): “Non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: né immorali -pornoi-, né idolatri, né adulteri -moicoi-, né depravati -malacoi: meglio tradotto con rammolliti-, né sodomiti -arsenocoitai-, né ladri, né avari, né ubriaconi, né calunniatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio”.
La parola pornoi designa l’immoralità del darsi a sessualità di prostituzione. I sodomiti sono detti
arsenocoitai. Tale parola per la prima volta si ritrova in San Paolo ed è stata coniata sulla base della traduzione del LXX (Lv 20,13) dove
arseno è il maschio e
coitai è il giaciglio. Bisogna notare che nel greco antico non mancavano espressioni per la sodomia (Αναφλαω; Αποτυλοω; Δεφω; Χειρουργεω; Αναφλασμος-ου; Χρησθαι εαυτω), ma poiché connesse alla sporcizia Paolo le rifiuta, connettendosi alla Scrittura.
Malacoi è ampiamente utilizzato nella letteratura greca, e indica il rammollito nei piaceri, in concreto l’epicureo. carattere.
(2Cor. 12,21): “Alla
mia venuta, il mio Dio debba umiliarmi davanti a voi e io debba piangere
su molti che in passato hanno peccato e non si sono convertiti dalle
impurità -acatharsia-, dalle immoralità -porneia- e dalle dissolutezze
-aselgheia-”.
La conversione dal paganesimo vuole la rinuncia a tutte le impurità
acatharsia, che con linguaggio biblico includono ogni pratica immonda. L’immoralità
porneia sottolinea lo sbandamento da tutta la moralità dettata dalla coscienza. Le dissolutezze
aselgheia indicano l’aspetto rovinoso della
porneia nella realtà economica/sociale.
(Gal 5 19,21): “Del resto sono ben note le opere della carne; fornicazione -porneia-, impurità -acatharsia-, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere”.
È un elenco di ambiti del vizio. La porneia
è l’ambito dell’ingordigia del senso. L’acatharsia include la
porneia nell’ambito di tutte le
opere della carne.
(Ef 5,3): “Di fornicazione -porneia- e di ogni specie di impurità -acatharsia- o di cupidigia neppure si parli fra voi”.
La porneia è l’ambito delle oscenità della prostituzione, ma questo non è il tutto perché viene detto in modo del tutto inclusivo “ogni specie di impurità”, il che riguarda la masturbazione, l’adulterio e l’omosessualità.
(1Tim 1,10): “I fornicatori -pornois-, i sodomiti -arsenocoitais-, i mercanti di uomini, i bugiardi, gli spergiuri e per ogni altra cosa contraria alla sana dottrina”
La sodomia
arsenocoitais viene specificamente menzionata perché era una calamità sessuale nel mondo greco.
(Eb 13,4): “Il matrimonio sia rispettato da tutti e il letto nuziale sia senza macchia. I fornicatori -pornus- e gli adulteri -moicus- saranno giudicati da Dio”.
Il letto nuziale può diventare un luogo di
porneia. L’adulterio e la vita nel tradimento non hanno ragioni davanti a Dio e non eviteranno la sua condanna.
Testi dei Vangeli
(Mt 5,27-28): “Ego de lego umin oti pas o blepon gunaica pros to epitheumesai auten ede emoicheusen auten en te cardia autu”.
“Ma io vi dico che chiunque guarda una donna per desiderarla ha già commesso adulterio -emoicheusen- con lei nel suo cuore”.
Queste parole sul desiderio hanno un antecedente nella formulazione del Deuteronomio (5,21): “Non desidererai la moglie del tuo prossimo”. Non si tratta, infatti, del semplice averla in proprietà, come per la casa del tuo prossimo, il suo campo, il suo schiavo, la sua schiava, il suo asino, e tutto ciò che gli appartiene.
(Mt 5,32): "Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima -porneias-, la espone all'adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio -moichatai-".
Le unioni illegittime sono porneia. Il testo si riferisce alle
amanti, cioè a unioni senza alcun pubblico contratto nuziale e la conseguente benedizione di Dio, secondo il rituale ebraico.
Dire che porneias è un sinonimo di adulterio
moichatai è impensabile. Infatti non si espone all’adulterio ciò che è già adultero. Il matrimonio è indissolubile e il ripudio non lo spezza, cosicché chi sposa una ripudiata commette
moichatai.
(Mt 19,9): "Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di unione illegittima -porneia-, e ne sposa un'altra, commette adulterio -moichatai-".
Il ripudio, se non riguarda amanti, non autorizza a un nuovo matrimonio perché il matrimonio è indissolubile, e perciò si avrebbe
moichatai.
(Mc 7,21-23): “Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità -porneia-, furti, omicidi, adulteri -moicheiai-, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo”.
Le impurità dette qui porneia comprendono ogni trasgressione sessuale.
(Mc 10,11): “Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio -moichatai- verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio -moichatai-”.
Presso gli ebrei solo il marito poteva ripudiare la moglie, ma presso greci e romani anche la moglie poteva ripudiare (divorziare) il marito.
Assenza della parola masturbazione
Come si vede la pratica della masturbazione non ha una parola specifica nella Bibbia, se non nel complesso caso di Onan, dove si parla di “spargere il seme per terra”, ma bisogna convenire che le azioni sessuali
non vengono nominate perché non è conveniente neppure parlarne; e non è che il paganesimo non presentasse tali parole. Nel greco la masturbazione veniva designata con
Αναφλασμος-ου, ma non viene assolutamente adottata (Ef 5,3). Nei testi di san Paolo si parla in specifico solo di sodomia
arsenocoitais, perché praticata sovente nell’ambito militare e non solo, e si doveva denunciarla fortemente per liberarne l’uomo e restituirlo alla donna ridotta spesso a fare figli per il lavoro e i campi di battaglia.
Affinità con l’adulterio
La masturbazione per l’immagine mentale di un partner è posta in
parallelo all’adulterio, dal quale ovviamente si distingue. Ciò era già considerato nel giudaismo, per un uomo sposato (Talmud babilonese, trattato Avoda Zara; commento su Dt 23,10). Nel Nuovo Testamento il parallelo con l’adulterio è esteso oltre il confine del matrimonio (Mt 5,27-28): “Ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore”.
Non commettere atti impuri
Il sesto comandamento nella formulazione data dal Catechismo del
Concilio di Trento dice: “Non commettere atti impuri”. Nel Catechismo di Pio X si legge “Non fornicare”, poi modificato in “Non commettere atti impuri”, per non cadere nella critica che la fornicazione, traducendo
porneia, riguardi solo gli atti illeciti tra uomo e donna. “Non commettere atti impuri” è una generalizzazione non indebita di “Non commettere adulterio”, perché l’adulterio si ha anche nel solo desiderio (Mt 5,27-28).
Atti impuri riguardano invece ogni specie di disordine sessuale, è quindi anche la masturbazione.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica del 1993 ha ripreso l’originale biblico “Non commettere adulterio”, spiegandolo alla luce di Mt (5,27-28), e ponendo al n° 2352 l’affermazione molto chiara che la masturbazione “è un atto intrinsecamente e gravemente disordinato”. Nello stesso n° 2352 il Catechismo si preoccupa che si tenga conto delle situazioni in causa, cioè “dell’immaturità affettiva, della forza delle abitudini contratte, dello stato d’angoscia o degli altri fattori psichici o sociali che attenuano se non addirittura riducono al minimo la colpevolezza morale”.
Queste parole del Catechismo dicono che anche in casi di fattori di disagio sociale o psichico, non bisogna cancellare il senso del peccato, poiché sarebbe ostruire la strada a ogni progresso.
Pansessualismo
Nella cultura di oggi, densa di pansessualismo, la masturbazione viene da alcuni pensata vantaggiosa sul piano fisiologico, in contrapposizione con i tanti pericoli sulla salute agitati, senza vera ponderazione medica, nell’ottocento. Uno studio su 23.000 uomini (20 - 40 anni) riportato dalla rivista
European Urology 2019 presenta che l’esercizio sessuale molto frequente
sembrerebbe [il condizionale è d’obbligo] diminuire per il 20% il rischio di tumore alla prostata rispetto a chi ha una sessualità meno intensa. Tali risultati statistici sulla connessione tra sesso e tumore prostatico, benché sbandierati come scientifici dai
pansessualisti, sono molto controversi perché la banalizzazione sessuale odierna porta al cambio occasionale di partner e quindi al contrarre infezioni che possono trasformarsi in tumore. Manca poi la chiarezza sul meccanismo della eventuale relazione tra sesso e tumore.
Di fatto la percentuale di tumori prostatici in età giovanile è rara, per cui la percentuale risente dell’area geografica di indagine: in Africa vi
sarebbe un incremento di casi. Per i pansessualisti la masturbazione favorirebbe addirittura il sistema immunitario. Dopo l’autoerotismo l'attività immunitaria, per il rilascio di ormoni, aumenterebbe temporaneamente (24 ore): i
leucociti diventerebbero più reattivi. Una affermazione questa che non ha certa costatazione scientifica, e in ogni caso dura solo 24 ore.
Per età superiore ai 50/60 i casi di tumore alla prostata sono essenzialmente dovuti all'andropausa (calo degli ormoni maschili) e all’eredità genetica, restando la possibilità di casi dovuti a infezioni da virus o batteri.
I pansessualisti con tutto ciò hanno la grave dimenticanza della frustrazione psicologica dell’autoerotismo.
Frustrazione fatta di solitudine, perdita di autostima, dipendenza dalla pornografia, cedevolezza nel sostenere le asperità della vita.
La masturbazione, concludendo, non è affatto una pratica erotica a parte, delimitata a se stessa, ma è precisamente un’alterazione della vera sessualità, uno svisamento del rito della vita; infatti c’è un dinamismo inevitabile nella masturbazione ed è quello di formarsi nella mente il surrogato immaginario di un partner.
È interessante sapere che due illuministi, Voltaire e Rousseau, rifiutavano entrambi la masturbazione, considerandola avvilente per l’uomo illuminato dalla ragione. Nessuno dei due era ateo, riconoscendo un Creatore, ma poi, entrambi, negavano che questi si interessasse dell’uomo (deismo), il quale doveva procedere in base alla ragione.
Voltaire considerava come punto di partenza l’uomo nella sua concreta situazione storica dalla quale liberarsi attraverso i lumi della ragione.
Rousseau considerava pure lui la situazione storica concreta, ma si rifaceva al passato, a
un mitico
bon sauvage non contaminato dalla civilizzazione coartante.
Inserito il 13 marzo 2025 |
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