La genesi del modello Big Bang
Albert Einstein (1879-1955) quando
presentò nel 1916 la sua teoria della
relatività generale aveva alle spalle la
certezza dell'inesistenza dell'etere
data dall'esperimento del 1887 condotto
da Albert Abraham (1852-1931) e Edward
Morley (1838-1923), cioè quell'ipotetico
mezzo rigido che si pensava facesse da
supporto al viaggiare della luce e della
gravità, e che, essendo statico,
diventava il riferimento assoluto del
moto dei corpi. Einstein si trovò di
fronte al vuoto, ma non lo
considerò precisamente tale, poiché lo
pensò come spazio, inteso non come pura
estensione, ma come qualcosa
soggetto a prodursi in campo
gravitazionale o elettromagnetico.
Einstein delineò un Universo con spazio
quadrimensionale, dove la quarta
dimensione era il tempo, giungendo con
ciò ad una geometria non euclidea, il
che voleva dire che due linee parallele
nell'Universo non rimanevano separate
all'infinito, ma venivano a confluire in
un punto e per viceversa si aprivano.
Con ciò l'universo non poteva essere
pensato statico, ma in contrazione o in
espansione, e lo spazio, in presenza di
una massa di attrazione, viene inteso
come spazio gravitazionale, diventa
curvilineo.
La luce che ha traiettoria lineare
quando passa per un campo gravitazionale
risente della curvatura spazio-tempo e
subisce un deflessione.
Va detto subito che lo spazio
quadrimensionale fornisce solo un
modello di facilitazione del calcolo in
sede gravitazionale, poiché il tempo ha
carattere ben distinto dallo spazio.
Un Universo in contrazione o in
espansione rese però perplesso Einstein
che introdusse una costante cosmologica
alle sue equazioni per rendere il suo
Universo stazionario, cioè non in
espansione né in contrazione.
Nel 1917 l'astronomo Vesto Slipher
(1875-1969) del Lowel observatory notò
che le sue osservazioni su alcune
nebulose evidenziavano l’esistenza di
spettri di luce con spostamento verso il
rosso, cioè verso frequenze minori.
Successivamente, nel 1918, l'astronomo
Carl Wirtz (1876-1939) dell'osservatorio
di Strasburgo, notò lo stesso fenomeno e
trovò una relazione lineare tra il
red shift (spostamento verso il
rosso) delle nebulose e la loro distanza
da terra misurata con una serie di
calcoli sulla base di metri di paragone
detti “candele standard”,
ingegnosamente elaborate considerando la
luminosità degli oggetti siderei.
Ovviamente, queste distanze non sono
distanze assolute, cioè non esenti da
margini di errore.
La teoria di Vesto Slipher e di Carl
Wirtz nonché la Teoria della Relatività
di Einstein portarono il fisico belga
Georges Eduard Lemaitre (1894-1966),
indipendentemente dal fisico russo
Alexander Friedman che giunse alle
medesime ipotesi, a prospettare
l'esistenza di un Universo in
espansione.
Lemaitre formulò una legge di
proporzionalità fra la distanza delle
formazioni celesti e la loro velocità di
recessione, cioè la velocità con la
quale le galassie sembrano allontanarsi
a causa dell'Universo in espansione. A
tale legge approdò anche,
indipendentemente dalle conclusioni di
Lemaitre, Edwin Powell Hubble
(1889-1953) con le sue osservazioni,
rese pubbliche nel 1926, e venne
conosciuta come Legge di Hubble. Hubble
ipotizzò che l'Universo fosse omogeneo,
cioè presentasse pressoché lo stesso
volto in tutte le direzioni, e con ciò
non ebbe difficoltà a pensare ad un
Universo in espansione come se fosse un
pallone gonfiato.
In seguito alle osservazioni di Hubble,
Albert Einstein non introdusse più nelle
equazioni la costante cosmologica.
Lemaitre nel 1931 giunse a prospettare
l'esistenza di un “atomo primevo”
che sarebbe esploso dando origine
all'Universo. Lemaitre valutò l'età
dell'Universo come risalente a 10/20
miliardi di anni fa.
La teoria di Lemaitre venne chiamata del
Big Bang (grande esplosione) da Fred
Hoyle (1915-2001) nel 1948-50. Fred
Hoyle fu il promotore di un modello di
Universo stazionario dove la
materia mancante per l'espansione veniva
continuamente creata.
Negli anni 40, sulla base del modello
Big Bang, George Antonovich Gamow
(1904-1968) prospettò l'esistenza di una
radiazione fossile presente
nell'Universo, ciò in base al pensiero
che la materia nei primi istanti
dell'espansione fosse talmente densa da
impedire il passaggio della radiazione
prodotta dal Big Bang. In seguito,
rarefacendosi la materia, la radiazione
poté filtrare inondando l'Universo
quando già era molto espanso. Si noti
che l'espansione dell'Universo non viene
considerata dalla teoria come materia
lanciata nel vuoto, ma come materia che
forma lo spazio. Gamow stimò che la
temperatura della radiazione fosse di 50
gradi Kelvin; in seguito rettificò
questo dato portandolo a 5 gradi Kelvin,
un dato di previsione che si rivelerà
inesatto per eccesso di circa il doppio.
Queste considerazioni determinarono
l'ingresso nella comunità scientifica
della teoria del Big Bang, pur
presentando aspetti tutti da motivare.
Il Big Bang, in particolare, parla di
una grande esplosione a partire
dalla materia concentrata in un solo
punto a temperatura elevatissima. Una
situazione di singolarità che deroga da
tutte le leggi della fisica, senza
essere o, meglio, poter essere,
sostenuta da nessuna prova.
Nessun acceleratore di particelle,
neppure il gigantesco LHC (Large Hadron
Collider) di Ginevra può riprodurre tale
singolarità iniziale, ma solo lo stato
di plasma della materia. LHC per gli
aderenti al Big Bang può essere definito
una macchina del tempo, una corsa verso
le condizioni del plasma iniziale, ma
non può andare oltre. In realtà, se si
guardano le sperimentazioni di LHC in se
stesse, non sono altro che il sondaggio
della realtà della materia, ovviamente
per quello che è accessibile all'uomo.
La singolarità iniziale risulta così non
verificabile da nessuna esperienza
possibile e perciò non rientra
precisamente nella dignità di teoria, ma
solo di un artificio matematico fondato
sull’applicazione della teoria della
Relatività Generale alle dimensioni
globali dell’Universo. Si invoca una
nuova teoria la “gravità quantistica”,
ma non potrà che muoversi su di una pura
astrazione matematica, non verificabile
col metodo Galileiano dell'esperimento.
La radiazione cosmica di fondo
Nel 1964 due fisici, Arno Penzias e
Robert Woodrov Wilson, mentre attuavano
delle rilevazioni di controllo con un
nuovo ricevitore a microonde della Bell
Thelephone Laboratories, rilevarono una
radiazione a microonde sconosciuta.
Successivamente, il gruppo facente capo
a Phillip James Peebles dell'Università
di Princeton, che si era messo a
ricercare tale radiazione pensandola
come la radiazione cosmica di fondo (CMBR:
Cosmic Microwave Background Radiation),
la ritrovò. La radiazione si presentava
isotropa, cioè di temperatura uguale in
ogni direzione, e ciò contrastava con il
pensiero che l'Universo non è così
omogeneo. Inoltre, il livellamento della
temperatura esigeva lo scambio tra le
varie zone in espansione, infatti se
l'espansione fosse avvenuta a velocità
maggiore della radiazione
elettromagnetica non sarebbe stato
possibile lo scambio e quindi la CMBR
avrebbe dovuto essere molto anisostropa.
Per spiegare questo, e non veder
annullarsi la teoria del Big Bang, si
ricorse alla “teoria inflazionistica”
il cui nome deriva da to inflate
(gonfiarsi), secondo la quale subito
dopo il Big Bang ci fu un momento nel
quale agì “una densità negativa
dell'energia di pressione di espansione”.
Per questo Alan Guth, artefice del
modello inflazionario (1979-1981), si
inventò una particella ipotizzata in
azione in quegli istanti: l'Inflatone.
Con ciò si sarebbe avuto all'inizio una
singolare espansione velocissima
(stiramento dello spazio), con embrioni
cosmici, dovuti all'azione
gravitazionale e alle onde di pressione
dell'esplosione e alla ipotetica
energia oscura, tanto vicini da
permettere l'omogeneizzazione della
temperatura. L'esperimento (1998-1999)
Boomerang (Balloon observation of
milimetric extagalactis radiation
anisotropy and geophisics; un pallone
elevato nell'Antartide per sfruttare un
varco presente nella nostra galassia)
approdò ad affermare che l'Universo ha
attualmente una geometria euclidea
(universo piatto) sulla base di una “densità
critica” dell'Universo. Se
l'Universo fosse composto solo da stelle
si avrebbe lo spazio non euclideo, ma
ciò non è.
Il pallone Boomerang, nella cui navetta
era collocato un telescopio e un serie
di strumenti di misurazione della
radiazione cosmica di fondo, rilevò la
radiazione spingendosi a misure cento
volte inferiori di quelle del satellite
COBE (Cosmic Background Explorer), che,
messo in orbita nel 1989, registrò
anisotropia con variazioni di
temperatura dell'ordine del milionesimo
di grado Kelvin sul dato di 2,726 gradi
Kelvin.
Nel 2003 i dati del satellite WMAP
(Wilkinson Microwave Anisotropy Probe)
segnalavano differenze di temperatura da
punto a punto dell'ordine di alcuni
milionesimi di grado Kelvin.
I dati del satellite WMAP esaminati a
lungo fornirono la sorpresa che c'era
una zona oscura, nella direzione della
costellazione di Eridano, da cui non
proveniva radiazione cosmica. Era una
zona larga 900 milioni di anni luce. I
radiotelescopi del VLA (Very Large Array)
nel 2007 confermarono che da quella zona
oscura non proveniva alcuna radiazione.
L'isotropia (sempre salva una certa
anisotropia con la quale il to
inflate è allineato) della
radiazione di fondo necessaria per
pensare all'inizio dello spazio-tempo ne
viene profondamente scossa. Nuove
misurazioni più approfondite saranno
fatte dal satellite Planck collocato su
di un orbita particolare ad 1 milione e
mezzo di km dalla terra, dove le
attrazioni del sole e della terra
agiscono in posizione di equilibrio sul
satellite (punto lagrangiano L2).
La posizione in direzione opposta al
sole permetterà al satellite di essere
nella zona d'ombra generata dalla terra
e dalla luna. Le nuove misurazione
probabilmente riveleranno anche per la
zona oscura un minimo di radiazione, ma
fin da ora bisogna necessariamente
pensare che al momento della to
inflate l'Universo era disomogeneo.
Del resto già Margaret Geller,
unitamente a John Huchra e Louis
Nicolaci Da Costa, nel 1989 aveva
segnalato disomogeneità nella
distribuzione delle galassie, cioè la
presenza di grumi di galassie. La
cosa venne confermata nel 1996-98 da un
team internazionale guidato da Jean
Einasto e Maret Einasto.
Glen Starkman, docente di fisica e
astronomia all'Università di Stanford,
nella sua conferenza al convegno di
Moncao (Portogallo, estate 2003),
prospettava che la CMBR, piuttosto che
essere vista come il resto energetico
del Big Bang, era da considerare come
proveniente dai corpi stellari
attraverso la mediazione delle nubi di
gas e polvere cosmica presenti nel cosmo
giungendo infine all'integrazione col
sistema della nostra galassia, e da qui
la nostra registrazione strumentale di
isotropia e anisotropia.
Il satellite Planck ha fornito una serie
di dati che sono stati presentati il 21
marzo 2013 dall'ESA, (Agenda Spaziale
Europea). Il satellite, lanciato il 14
maggio 2009 dall'ESA, ha esaminato la
radiazione cosmica di fondo
dell'orizzonte cosmico visibile dalla
terra (noi riusciamo solo a vedere il 5%
dell'Universo) captando segnali
dell'ordine di un un milionesimo di
grado, fornendo così una mappa
dettagliata del cielo cosmico. Per
questa operazione la radiazione di fondo
è stata opportunamente selezionata da
altre sorgenti radianti: stelle,
galassie, ammassi. Il risultato è che
viene confermata l'anisotropia della
radiazione di fondo. Ma la variazione
non è però percentualmente costante,
infatti nell'emisfero destro del cielo
si nota una forte asimmetria di
percentuale, presentando anche un'ampia
zona “fredda” (relativamente alle
strumentazioni del satellite telescopio
Planck), molto più ampia di altre circa
10.000 zone fredde intraviste nel cielo
cosmico. Ciò non era previsto e mette in
discussione ancora più profondamente il
modello standard. Questa disomogeneità
del cosmo non vuole affatto dire che le
leggi cosmiche variano da zona a zona,
ma solo che c'è un'organizzazione
formale complessiva del cosmo che ci
sfugge. La radiazione cosmica di fondo
avrebbe trovato inizio a 380.000 anni
dal Big Bang, secondo i calcoli del
modello standard. In quella situazione,
elettroni e protoni e fotoni (radiazione
elettromagnetica) si trovavano, ci viene
detto, in uno stato di zuppa bollente
con una temperatura mille volte più alta
dell'attuale presente nell'universo, e
con una densità un miliardo di volte
maggiore. In tale situazione i fotoni,
pur nella loro distinzione dalle altre
particelle, facevano parte integrante
della zuppa impedendo agli elettroni e
ai protoni di unirsi formando atomi di
idrogeno. A questo punto viene
ipotizzata una dilatazione immane
dell'universo (inflazione) con una
diminuzione di temperatura tale da
lasciare che si formassero atomi di
idrogeno e quindi la possibilità per la
luce di essere rilasciata. Quella luce
rilasciata, espandendosi ancora
l'universo, si trova ora nel campo delle
microonde corrispondenti a temperature
di 2,7 kelvin sopra lo zero assoluto, e
viene interpretata, secondo il modello
standard, come
residuo
fossile del Big Bang.
Secondo un
anonimo
(Avvenire del
15 marzo 2013) nella mappa fornita dal
satellite Planck si vedrebbero gli inizi
della nucleosintesi attraverso
oscillazioni (come onde sonore nella
materia) prodotte in alternanza dalla
gravità e dalla repulsione delle
particelle cariche elettricamente. Ma
ciò non corrisponde in tutto alla realtà
perché le particelle di elettroni e
protoni sono complementari (carica
positiva e carica negativa) e perciò si
attirano formando atomi di idrogeno,
respingendosi solo tra elettrone ed
elettrone e protone con protone. Tutte
le densità
postume
alla zuppa, mostrate dalla mappa fornita
dal satellite Planck nascono da realtà
diverse, non dalle oscillazioni tra
gravità e repulsioni, per il semplice
fatto che un universo che si espande,
volendo rimanere fedeli al modello
standard, importante per non cadere in
un modello statico dell'universo,
sconfigge globalmente l'attrazione
gravitazionale, che vincerebbe solo a
livello locale, mentre tra le particelle
vince l'attrazione e la formazione di
atomi. La realtà è molto più complessa e
ricca di quanto si voglia pensare. Il
satellite Planck non ha chiuso i
quesiti, ma anzi li ha moltiplicati,
come ha ammesso il direttore generale
dell'ESA, Jean Jacques Dordain.
La luce polarizzata
Lo studio della radiazione di fondo ha rivelato l’esistenza di luce polarizzata, cioè che non è un pacchetto di onde in tutti i piani angolari possibili alla linea di diffusione. In particolare si è arrivati a cogliere delle polarizzazioni di tipo B, a sviluppo circolare (la luce procede con un inviluppo circolare). Tale polarizzazione può essere prodotta da onde gravitazionali, il che è stato verificato negli anni 70 da Russell Hulse e Joseph Taylor, premiati col Nobel nel 1993. I due avevano studiato la radiazione emessa da una stella binaria, senza però un’individuazione diretta delle onde gravitazionali, che sono come le increspature dell’acqua in uno stagno dove si è gettato un sasso. Un sistema di due stelle abbinate, cioè ruotanti una con l’altra genera un’alterazione nello spazio-tempo facendo nascere un’onda gravitazionale che viaggia nello spazio. Quest’onda gravitazionale (non è la forza di gravità, ma è la materia interstellare che è percorsa dall’onda gravitazionale) interagendo con la luce la polarizza secondo il tipo B e anche E. Le onde gravitazionali sono teorizzate per l’esplosione del Big Bang e l’inflazione.
Un gruppo di ricercatori con apparecchiature sistemate nell’Antartide per sfruttare un varco presente nella nostra galassia, come già i ricercatori del Boomerang, ha intercettato nella radiazione di fondo luce polarizzata di tipo B. Conseguentemente, si è detto che questa era la luce polarizzata dalle onde gravimetriche mentre
gli elementi erano in relazione gravitazionale convulsa tra di loro.
La luce intrappolata nella zuppa primordiale, che era a temperatura mille volte più alta dell'attuale presente nell'universo, cominciò ad essere libera quando si attuò l’inflazione. Ma l’inflazione necessariamente portò con sé negli
embrioni cosmici luce intrappolata e ciò rende ragione del fatto che la radiazione di fondo viaggia in tutte le direzioni e non solo in una. Nell’Universo piatto (stirato) due rette sarebbero sempre parallele, ma la radiazione di fondo proviene da tutte le parti. Chiaro che dire che si è intercettata la radiazione emessa dal primitivo Universo al momento dell’inflazione significa dire che non ci fu solo una massa di emissione, ma appunto una moltitudine di masse di emissione, capaci a loro volta di generare fonti di luci: galassie, stelle. Bisognerebbe pensare che a 380.000 anni di distanza dal Big Bang la luce sia partita non da una sola regione, ma da più regioni. La luce varcando distanze immense, entrò in contatto con altre masse, vicendevolmente, mentre dagli
embrioni cosmici si producevano gli elementi del cosmo: galassie e stelle.
Le conclusioni circa l’esistenza dell’inflazione, a partire dalla radiazione di fondo polarizzata tipo B (esistono anche polarizzazioni circolari tipo E) rilevata da Bicep 2 (Background Imaginif of Cosmic Extragalactic Polarization), proveniente dall’impatto della luce con le onde gravitazionali agenti nel caos delle pressioni delle esplosioni, non risolve il problema dell’isotropia della radiazione di fondo, perché la polarizzazione nell’ambito dei tipi B può essere avvenuta, certo per onde gravitazionali, ma da una moltitudine di sorgenti.
La polarizzazione di tipo B individuata si distinguerebbe, dalle altre polarizzazioni di tipo B, ma non dà certezza che sia quella uscita dall’inflazione a 380.000 anni dal Big Bang, anche perché, va ripetuto, l’inflazione non poteva non trascinare con la materia anche la luce in essa intrappolata, rilasciandola al momento opportuno, e perciò da più punti dell’Universo.
I dati di misurazione forniti dal Bicep 2 hanno già dei pignoli - non tanto tali dopo la sparata a vuoto sui neutrini più veloci della luce rivelatasi del tutto errata per difetti nella strumentazione di misurazione - che notano delle sbavature nelle misurazioni, e si attendono i risultati di altre indagini per la comprova o meno.
Alle domande dei giornalisti presenti fatte a John Kovac (coordinatore del team di ricercatori) durante la conferenza stampa presso l’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (marzo 2014), non si sono avute delle risposte di massima certezza che la luce polarizzata rilevata sia traccia dell’universo primitivo. Resta che la polarizzazione circolare è un indice indiretto dell’esistenza delle onde gravitazionali. Il LISA (Laser interferometer space antenna project), un interferometro spaziale formato da tre satelliti, al quale partecipa l’Italia con l’Infn (Istituto nazionale di fisica nucleare) e l’Asi (Agenzia spaziale italiana) sta cercando di intercettare le debolissime onde gravitazionali. Lo stesso sta cercando di fare a terra cercando di fare i raggi laser di tre satelliti: è il progetto al quale l’Italia partecipa. Si ha pure VIRGO (osserva i fenomeni nell’ammasso della Vergine), un interferometro a due bracci di 3 km. tipo Michelson istallato a terra a Cascina vicino a Pisa. E’ collegato con l’interferomentro, tipo Michelson, americano LIGO (Laser interferometer gravitazional-Wave Observatory), situato a Livingston nella Luisiana. Un uguale interferometro tipo Michelson è collocato a Richland presso Washington. Per il momento le onde gravitazionali non sono ancora state intercettate. Si hanno solo le prove indirette dei Nobel Russell Hulse e Joseph Taylor e di Bicep 2, che va però verificato
Il red shift
Le varie sostanze generano o assorbono determinati colori, così ad esempio, un gas di sodio produce luce gialla se riscaldato, come si vede nei lampioni stradali. Ora, Hubble vide che i colori negli spettri di luce che registrava guardando le galassie erano spostati verso il rosso, dalla loro posizione normale. Hubble pensò che questo spostamento fosse dovuto all'effetto Doppler per il quale la luce o il suono, emessi da un corpo in movimento, subiscono uno stiramento o una compressione. Tutti hanno notato che un treno in avvicinamento veloce emette un suono acuto (compressione delle onde sonore) e poi dopo il passaggio un suono grave (stiramento delle onde sonore). Hubble pensò così al
red shift.
Ma il red shift è stato considerato proveniente anche da altri fenomeni.
Si è pensato ad uno spostamento verso il rosso di tipo gravitazionale, ma ciò bisogna dire che implica masse enormi e quindi curvatura dello spazio-tempo con conseguente abbandono della geometria euclidea.
C'è poi il cosiddetto “effetto Doppler trasversale” che nasce dalla rotazione dell'oggetto celeste sul suo asse, ma questo si accompagna nella zona opposta al
blue shift, cioè allo spostamento verso il blu, e non rende ragione del
red shift globale di un oggetto celeste.
C'è la teoria della “luce stanca”, cioè della luce che nel percorrere gli spazi siderali attenua la sua energia spostandosi verso il rosso. La teoria della luce stanca è stata poco esaminata, ma lo meriterebbe.
C'è poi il pensiero che la luce attraversando campi magnetici fortissimi si sposti verso il rosso. Questo effetto è stato previsto teoricamente da Albert Einstein e verificato sperimentalmente da Walter Sydney Adams (1875-1956), direttore dell'osservatorio di Monte Wilson.
L’accelerazione dell’espansione
Nel 1998 sono state fatte da Saul Perlmutter, Brian Schmidt, Adam Riess, delle osservazioni sullo spostamento verso il rosso (redhiff) di alcune stelle supernove registrando un’accelerazione dell’espansione dell’Universo. La rilevazione ha sorpreso perché metteva in difficoltà il modello Einsten - De Sitter (1932), che prevedeva un rallentamento della velocità di espansione dovuta all’attrazione gravitazionale. Per cercare di spiegare l’accelerazione imprevista si ipotizzò l’esistenza di una energia oscura, che prevaleva su quella gravitazionale.
Nel 2016 la Nasa e l’Esa hanno comunicato i risultati di un gruppo di studio, coordinato da Adam Riess, su 2000
cefelidi distribuite in 19 galassie, Questo mediante il telescopio spaziale Hubble. I Risultati confermavano le osservazioni del 1998, Altre osservazioni in merito fornivano misurazioni diverse, ma sempre confermanti l’accelerazione.
Non restava che spiegare il fenomeno. Venne considerata l’ipotesi dell’energia oscura, ma ad essa si sono affiancate altre ipotesi.
Considerando le opzioni più serie, si ha la considerazione di nuove particelle subatomiche da scoprire che influirebbero sul
redhiff. Altri hanno pensato che ci sia un errore di fondo nella Relatività generale: errore da scoprire.
Alexander Kashlinsky ha pensato che l’accelerazione sia dovuta al fatto che la vasta regione nella quale è inserita la terra (2,5 miliardi di anni luce di diametro sia in movimento rispetto al resto dell’Universo, da qui la percezione dalla terra di una espansione sempre più veloce. Per Alexander Kashlinsky starebbe invece rallentando secondo il modello tradizionale che prevede l’azione della forza gravitazionale.
Altri tuttavia, pur rifiutando l’accelerazione, dicono che l’Universo continua a espandersi a velocità costante.
Altri pensano che la Via Lattea sia inserita in un grande bolla di bassa densità, cosicché sarebbe attratta dalle masse fuori dalla bolla con una velocità maggiore della media. Tali bolle vuoti (pur con materia, ma a bassa densità) sono state misurate in altre zone dell’Universo.
Parrebbe che l’energia oscura non sia più ipotizzabile come stretta necessità.
Quasar e galassie "fuori posto"
Un fenomeno “sovvertitore” degli standard accettati proviene da una stella quasar (quasi-stellar radio source; radiosorgente quasi stellare) posta dinanzi al nucleo della galassia NGC 7319. Tale galassia ha dense nubi che nascondono gli oggetti siderei al di là del suo nucleo. L'evento è stato fotografato il 3 ottobre 2003 dal telescopio orbitante Hubble ed è stato notato da Pasquale Galianni dell'Università di Lecce, e verificato come
quasar, con il telescopio Kech I, da Halton Christian Arp e da Margaret Burbidge. Ora, le stelle
quasar presentano un red shift tanto alto che vengono collocate agli estremi confini dell'Universo. Quella stella
quasar, luminosissima come tutte i
quasar, stando al suo red shift, avrebbe dovuto trovarsi 90 volte più in profondità.
Lo spostamento verso il rosso potrebbe essere spiegato con l’ipotesi della “luce stanca”, cioè la luce attraversando i campi gravitazionali si sposterebbe verso il rosso. La teoria della “luce stanca” risale a un’idea di Einstein. Molto confutata non ha mai avuto una dimostrazione esauriente di essere falsa.
Il red shift, dunque, non è indizio esclusivo dell’accelerazione di allontanamento degli oggetti astrali.
Questo fatto si accompagna a passate osservazioni dell'astronomo Halton Christian Arp. Arp è stato un grande esperto di distanze astronomiche e dei quasar. Egli vide che in prossimità di quasi tutte le galassie attive, quelle con grandi emissioni lungo quasi tutto lo spettro elettromagnetico, come infrarossi, onde radio, ultravioletti, raggi x, raggi gamma, si ha un numero di
quasar superiore alla media.
Ovviamente, resta l'effetto Doppler, e quindi resta il
red shift da velocità degli oggetti celesti, ma tutto diventa più complesso, cioè più ricco, e l'approccio all'Universo non può che diventare molto più cauto e umile.
Ma esistono anche fenomeni impressionanti come galassie che collidono tra di loro rendendo complesso lo schema del Big Bang, di un Universo in espansione, che a questo punto appare, pur stimabile, solo come un abbozzo della realtà.
Altro fatto impressionante proviene dal nuovo radiotelescopio orbitante, James Webb, lanciato dalla NASA il 25 dicembre 2021. Tale telescopio, di maggiore potenza di quello Hubble, ha collimato sei galassie (10 gennaio 2023) calcolate come databili a pochi milioni di anni (500/770) rispetto al Big Bang, perciò molto presto. Il punto è che le loro masse sono enormi, e ciò non dovrebbe essere. Infatti, si stima che le galassie abbiano una formazione di accrescimento progressivo nel tempo, così a quella data sarebbero, secondo la teoria del Big Bang, “impossibili” (100 miliardi di volte la massa del sole). Le ipotesi sono tante, come quella di enormi buchi neri supermassicci; ma il punto inatteso sono le masse, che dovrebbero essere molto, molto, minori. A questo punto per la teoria del Big Bang le cose si complicano ancora, o meglio diventano più ricche.
La cosmologia del plasma
Fortemente alternativa alla teoria del
Big Bang è la cosiddetta cosmologia
del plasma proposta negli anni 60
del XX sec. da Hannes Alfven, premio
Nobel per la fisica nel 1970.
Esperto nel campo della magnetodinamica,
Alfven sostenne che i campi magnetici
hanno avuto e hanno un ruolo
fondamentale nella composizione delle
strutture cosmiche. Fu lui che dimostrò
che la Via Lattea aveva un campo
magnetico che non era la semplice somma
di quelli stellari e ipotizzò che tale
campo magnetico galattico fosse dovuto
ai moti del plasma interstellare. Il
premio Nobel ipotizzò che anche il
plasma intergalattico abbia, con i suoi
moti, la capacità di generare forti
campi magnetici in grado di sovrapporsi
all'azione della forza di gravità.
Propose anche che nel cosmo da lui
congetturato, senza origine e senza
limite di estensione, cioè infinito, ci
fossero immani scontri tra materia e
antimateria che dessero origine a
moltitudini di Big Bang. Benché pensato
eterno, e quindi in un quadro statico,
il cosmo è attraversato dal tempo e
quindi in continua evoluzione, il che
equivale a dire che ha in sé il divenire
e quindi il tempo.
Hannes Alfven vide la sua teoria perdere
di interesse negli anni 90 ma, dopo che
si sono riscontrate difficoltà nel
modello Big Bang, una serie di
scienziati come Eric Lerner ha ripreso
in mano la teoria con toni combattivi,
ed estremizzazioni facilmente
riconoscibili. Infatti, la radiazione
proveniente dai flussi elettrici del
plasma non potrebbe essere che
radiazione di sincrotone e quindi
fortemente polarizzata, ma la radiazione
cosmica di fondo registrata dalle
strumentazioni non è affatto tale. Non
si osservano poi come fatto presente e
costante le grandi annichilazioni di
materia e antimateria congetturate. Ci
sono in orbita laboratori spaziali per
intercettare segni dell'antimateria, ma
non si può concludere che materia e
antimateria siano in una dialettica
costante. Infatti, è la materia che ha
avuto il sopravvento sull'antimateria in
processi cosmici postulati nel passato;
oggi è praticamente scomparsa.
Indubbiamente, sono preziose le
osservazioni scientifiche di Hannes
Alfven, ma l'aver confuso scienza con
filosofia non gli fa nessun onore.
Infatti, la teoria della cosmologia del
plasma dice che l'Universo è in continuo
divenire, ed è costretta a dire questo
dalla realtà delle cose, ma nello stesso
tempo presenta come ciò sia dentro un
quadro statico, che è proprio di ciò che
è eterno. Tanto per fare un esempio, se
in una bacinella piena d'acqua l'acqua
viene agitata o da una scossa, o da una
raffica di vento, o da un vibratore
posto nell'acqua, o da una reazione
chimica, dopo un po' l'acqua si compone
in quiete e non ha in sé la capacità di
tornare in moto, ma lo deve ricevere da
un'azione esterna. Così un Universo
senza causa prima del suo divenire,
perché pensato eterno e infinito, non
solo cessa ad un certo punto di avere
moto in se stesso, ma neppure lo può
avere dal principio, proprio perché
essendo eterno non ha principio. In
definitiva, la teoria della cosmologia
del plasma, almeno così come viene
divulgata, si presenta con i tratti
dell'ideologia materialista e
trasferisce nella materia la dialettica
tesi-antitesi e sintesi. Ma la materia e
l'antimateria non sono in opposizione
dialettica: sono funzionali all'insieme dell'Universo. Negli acceleratori di particelle l'antimateria si produce per pochi attimi, ma subito viene annichilita dalla materia. L'antimateria si annichila a contatto con la materia. L'antimateria è stata rilevata (2013) nelle esplosioni/eruzioni solari con sofisticate apparecchiature di ricezione di emissioni elettromagnetiche (Heliospheric Observatory - in orbita a 1,5 milioni di km dalla Terra; lanciato nel 1995 per sudiare il sole - progetto ESA e NASA - unitamente al Radio-eliografofo -
interferometro - giapponese Nobeyama, montato a terra; dotato di 84 antenne paraboliche). L'antimateria, nella teoria delle reazioni nucleari del sole, rappresenta un fuggente episodio, ma particelle di antimateria possono essere lanciate nello spazio, e di fatto una tenue fascia di positroni (elettrone a carica positiva), proveniente dal sole e da altre fonti cosmiche, è stata rilevata nelle fascie di Van Allen (Un toro di particelle - plasma - attorno alla terra da 200/1000 km fino a 40.000 km di altezza) dal rilevatore di particelle Pamela (Payload For Antimatter-Matter Exploration and Light-nuclei Astrophysic), istallato su di un satellite russo, messo in orbita elittica tra i 350 e i 600 km nel 2005. La cosmologia del plasma ha posto il dito sull'inconsistenza
dell'astratto punto singolare iniziale,
ha evidenziato che si avrebbero leggi
fisiche ignote e scardinanti tutte le
conoscenze della fisica. Hannes Alfven
ha per questo affermato che il plasma
prodotto nei laboratori
è
in tutto omologabile
a quello dello spazio interstellare,
uguale a quello delle reazioni nucleari
delle stelle. Ha detto che non c'è un
cambio di leggi fisiche per cui esse
siano mutate.
Ma mentre si
poneva contro "l'astratto punto
singolare iniziale". Hannes Alfven
è finito nell'errore di concepite un
Universo eterno e infinito,
autosufficiente, eppure tanto
visibilmente attraversato dal
contingente, dal mutevole, e dalla
freccia del tempo che conduce
l’Universo a una fine irreversibile.
La cosmologia frattale
Tale cosmologia prende l’avvio dalle scoperte nel 1987 dell’astronomo R Brent Tullydei superammassi. Chi introdusse l’idea di un cosmo frattale fu nel 1987 il fisico Luciano Pietronero, seguito poi dal fisico Francesco Sylos Labini. Il pensiero è che la struttura dell’Universo sia a
gruppi di galassie costituenti
ammassi di galassie, a loro volta costituenti
superammassi, e così di seguito fino ai confini del cosmo. Il tutto intervallato da vuoti, in un ripetersi secondo ampiezze più grandi: questo è un frattale (da frangere, spezzare: quindi non Universo continuo nell’omogeneità, ma frattale). Non è che i vuoti siano tali perché in essi vi è materia cosmica rarefatta. Le galassie hanno poi individualità diverse in un
gruppo, e lo stesso per un ammasso galattico, e così per un
superammasso.
Tale cosmologia comprometterebbe la concezione di un Universo omogeneo e isotropo, secondo le equazioni di Albert Einstein, utilizzate per la concezione del Big Bang.
La concezione frattale è valida, tuttavia, per piccole scale, ma non su grandi scale, secondo uno studio (2012) di Morag Scrimgeour, una studentessa australiana che ha lavorato sui dati raccolti dal 2006 al 2011 dall’osservatorio Siding Spring in Australia. L’operazione del Siding Spring venne chiamata WiggletZ Dark Energy Survey, ed ebbe l’aiuto per i puntamenti da terra del satellite Galex. Vennero esaminate oltre 200.000 galassie in un volume cubico di 3 gigaparsec (350 milioni di anni luce) di lato. La profondità raggiunta fu, appunto, di 350 milioni di anni luce.
I dati elaborati su di un supercomputer hanno presentato l’esistenza di filamenti che circoscrivono enormi “vuoti”, avendosi l’immagine come di una spugna ad ampi vuoti. I filamenti, costituiti da gas caldi rarefatti, sono congiunti a
superammassi di galassie, costituiti da ammassi di galassie, costituiti da
gruppi di galassie.
L’esame della ricercatrice Morag Scrimgeour ha avuto il risultato di vedere come le strutture, gli
oggetti cosmici, cioè le concentrazioni galattiche di materia (gruppi, ammassi, superammassi), diminuiscono con il procedere della profondità, fino a giungere a una distribuzione della materia in modo omogeneo e isotropo, con solo filamenti di gas rarefatto. Ciò è in accordo con il modello Big Bang, che prevede, negli immediati inizi, un’accelerazione immane della materia (inflation
= inflazione, gonfiaggio), che non avrebbe potuto dare spazio alla formazione di strutture.
Il risultato dell’esame di Morag Scrimgeour è stato accolto con un valore probante del 99,99%, e quindi con la possibilità che a distanze maggiori dei 350 milioni di anni luce vi possano essere altre strutture cosmiche. Il mistero resta.
Le cosmologie del ciclico ritorno
Per le origini dell’Universo si è giunti a pensare al Big Bang, a partire da una situazione singolare, fuori dalle leggi della fisica e anche della relatività. Un punto di energia di cui nessuno sa dire qualcosa, e che è solo funzionale alla teoria. Comunque si dà un’origine all’Universo. Un’origine all’Universo la si dà considerando la fine dell’Universo, nel quale secondo il secondo principio della termodinamica si ha un aumento di entropia irreversibile. È la morte entropica o morte termica dell’Universo. Tale morte venne proposta da Lord William Thomson, noto come Lord Kelvin, nel 1851, sulla scorta del secondo principio della termodinamica,
che afferma che l’energia termica non è convertibile in lavoro indefinitamente, ma solo in parte viene convertita in lavoro, l’altro calore viene disperso nell’ambiente. Così una macchina capace di convertire con continuità illimitata energia termica in altre forme di energia (meccanica, elettrica e magnetica) non può essere costruita, perché c’è sempre una parte di energia termica dispersa, non più utilizzabile. Con il concetto di entropia si esprime la realtà dell’energia termica non utilizzabile. Col crescere dell’entropia, l’energia termica ha sempre meno la possibilità di produrre lavoro: stelle, esplosioni con lanci di masse planetarie. L’energia totale dell’Universo rimane la stessa, ma alla fine sarà diffusa ugualmente su tutto l’Universo, così da non produrre azioni. L’entropia (dal greco ἐν en, "dentro", e τροπή tropé, "trasformazione") può aumentare, ma rigorosamente non può più diminuire.
Posto questo, l’Universo non ha la capacità di riciclare se stesso per cui andando a ritroso si arriva a un’origine dell’Universo.
Le cosmologie del ciclico ritorno cercano di collegare la fine dell’Universo con l’inizio, per negarne l’inizio e quindi la creazione.
Una cosmologia in tale senso è quella dell’Universo oscillante, proposta per la prima volta da Aleksandr Aleksandroviċ. (1922 - 1924). L’espansione dell’Universo a un certo punto cesserebbe per un processo di compressione, dove vince la forza gravitazionale, portando a un rilancio dell’Universo, per un nuovo ciclo. Ma
il tira e molla è pur un lavoro il quale per accrescimento di entropia porterebbe alla stasi. Per questa ragione l’idea dell’Universo oscillante è da scartarsi.
Altra cosmologia ciclica è quello elaborata da Neil Turok dell’Univerità di Cambridge e da Paul Steinhardt dell’università di Princeton (2001). Essi pensano che l’universo sia avvolto da una membrana (brana) contro la quale si sia lanciata un’altra
brana di un altro universo determinando nella collisione il big bang. Ma altre
brane sono pronte per nuove collisioni e nuovi big bang. La prima osservazione è che tutte queste
brane devono essere all’interno di un’unica super
brana, affinché si possa pensare a relazioni tra le
brane, altrimenti se le brane fossero infinite con colliderebbero, perché l’infinito non darebbe loro una intrinseca energia di muoversi. La super
brana determina perciò un sistema chiuso. L’idea dell’eternità, nel senso che il numero di
brane che si collidono è protratto per un tempo infinito e così si avrebbero infinite collisioni, è ostacolata dal numero finito delle
brane dentro la super brana. Da due
brane se ne deve formare una sola, per esservi un big bang, e così vieppiù, per cui l’eternità non ci può essere, poiché alla fine ci sarebbe un’unica immane
brana. Infatti ogni bolla (brana) che esplode con un'altra fa sì che diminuisca il numero delle bolle. Per avere un procedere ciclico eterno ci sarebbe bisogno di una forza esterna (Dio) che rimettesse in moto il sistema, spezzando la colossale bolla finale.
Altro esempio è quello della cosmologia ciclica conforme (conforme perché darebbe inizio ad un universo conforme al precedente universo) di Roger Pernose e Vahe Gurzhadyan (2001). Tale cosmologia prende le mosse dalla formazione di buchi neri che si pensa assorbiranno, alla morte dell’Universo tutta la materia, dando poi vita ad una lentissima sorta di evaporazione (Stefen Hawking 1974). Di tale evaporazione non si ha nessuna nozione sperimentale, ma certo occorrerà un lavoro per vincere l’immensa forza gravitazionale di un buco nero. L’idea di Roger e Vahe procede dicendo che i buchi neri, per quella sorta di evaporazione, scompariranno e ci sarà solo radiazione. L’Universo avrà a quel punto, data la semplificazione, un bassissimo
disordine come l’aveva agli inizi del Big Bang. Così la fine si congiunge al principio, per un nuovo ciclo. Ma va notato che l’entropia all’origine dovrebbe essere non bassissima, ma addirittura nulla, con al suo attivo l’energia per produrre lavoro. L’entropia
bassissima della fine non ha l’energia per produrre lavoro, perché è entropia di dissoluzione. Con ciò non si ha nessuna partenza di rilancio di un ciclo nuovo.
Cosmologia del grande rimbalzo (Big Bounce) elaborata dal fisico tedesco Martin Boiowald (2007) è una variante dell’Universo oscillante. L’idea è che la contrazione giunga solo a un certo punto, per avere poi un rimbalzo con un Big Bang non uguale al primo, per una nuova espansione. Tuttavia, il tira e molla è un lavoro, e produce entropia.
Altro modello ciclico è quello di Baum-Framton (2007). Tale modello comprende la precedente (2003) ipotesi cosmologica del
Big Rip (traducibile come “grande strappo”), in cui stelle, galassie, buchi neri, atomi e particelle subatomiche, verrebbero progressivamente “consumate” dall’espansione dell’Universo ad un certo tempo del suo futuro. Evidentemente la forza di espansione è forza di disgregazione, alla quale si oppone la considerazione che nell’Universo non c’è solo la tendenza all’entropia, intesa come disordine termico non reversibile (il calore aumenta il disordine atomico e molecolare: gas, liquidi, solidi), ma c’è anche la tendenza all’ordine come si vede nei cristalli, prodotti anche in contesti di forte isolamento termodinamico (aria a bassa pressione, oscurità, chiusura con l'ambiente esterno), e anche gli atomi non appaiono degli aggregati, ma delle unità emergenti nel ciclo delle stelle, e anche sono stati osservati prodursi negli scontri tra stelle ai neuroni. Per cui gli atomi, pur scomposti nelle loro particelle subatomiche elementari, soggiacciono, come elementi programmati, non casuali, nelle vicende della materia, costituendo la materia planetaria, e con essa la materia della vita.
Baum e Frampton suggeriscono che un piccolissimo istante prima del Big Rip lo spazio si dividerebbe in un gran numero di volumi indipendenti. Questi volumi di spazio sono pensati come “universi” che vengono contratti ad una dimensione estremamente piccola. Ognuno di tali volumi avrebbe un’entropia ridotta praticamente a zero, rimanendo sostanzialmente inalterata durante questa contrazione. Successivamente il modello seguirebbe lo scenario del “Big Bang”, con entropia nuovamente crescente a causa dell’inflazione cosmica (espansione rapidissima subito dopo il Big bang) nella creazione dell’Universo. Questo accadrebbe in ogni “volume” di spazio derivato dall’Universo originale, traducendosi in un numero straordinariamente grande, ma finito, di nuovi universi.
Se un Universo produce un numero finito, ma molto grande, di nuovi universi, osservando il processo al contrario il numero totale di universi dovrebbe diminuire, il che implica che c’è stato un solo Universo originale primordiale. Tuttavia l’energia per il ritorno all’Universo iniziale dovrebbe esserci e sarebbe lavoro, e quindi entropia. Nonostante la complicazione del modello Baum Frampton si individua un
tira e molla che dovrebbe ripartire dall’ingresso di una forza di ristrutturazione, e questa non si vede proprio come possa essere intrinseca.
La morte dell’Universo non ha in sé l’energia di ritornare alla posizione iniziale. E il
tira e molla o espansione e contrazione, non risolverebbe l’ineluttabile situazione entropica. Occorrerebbe una mano esterna a rilanciare tutto, cioè Dio.
La morte dell’Universo dice che c’è stato un inizio, poiché esso è rivelato dal percorrere a ritroso il cammino dell’Universo.
Cosa prima dell’inizio? Un atto creatore. Infatti la materia non può essersi autocreata perché una realtà prima di agire deve essere. E se la materia e l’energia insita che l’accompagna ancora non sono, non possono agire facendosi da sé.
La nucleosintesi e gli
oggetti cosmici
Le visioni cosmologiche moderne non possono sostenere, se non verbalmente, che la
nucleosintesi, cioè la formazione - ipotizzata nei primi attimi del big bang - dei primi nuclei di materia, abbia avuto in sé anche la capacità di dare inizio e formazione agli oggetti cosmici. Infatti, il dinamismo di espansione dell'Universo, affermato dalla teoria del Big Bang, avrebbe dovuto conoscere delle barriere di frenamento della materia per raddensarla nel pieno della velocità di espansione. Il gioco tra l'ipotetica
forza oscura (l'idea risale al 1915; la denominazione al 1988; la forza oscura sarebbe la forza responsabile dell’accelerazione dell’espansione dell’Universo) e la forza di gravità, mettendo in campo anche le iniziali pressioni acustiche del Big Bang, blocca l'affermazione della possibilità che il processo di formazione degli oggetti cosmici sia avvenuto per autoevoluzione, poiché non si avrebbe alcun tipo di frenamento necessario. Per questo i cosmologi del Big Bang ammettono di non avere idee sulla formazione delle strutture cosmiche.
La realtà è molto complessa perché le stelle fanno parte di grandiose strutture quali sono le galassie, e la complessità sale se si pensa che gruppi di galassie sono in concatenazione gravitazionale attorno ad un loro centro galattico ruotando attorno ad esso, mentre ognuna ruota attorno al proprio centro gravitazionale; e infine la complessità sale ancora immensamente se si pensa che tutto l'Universo è in mirabile concatenazione gravitazionale.
E impotente più che mai è la cosmologia del plasma a spiegare questo, anche perché l'ideologia materialista ne deforma il cammino scientifico.
Le onde gravitazionali
Le onde gravitazionali si possono intuitivamente comprendere pensando che un corpo sferico in rotazione non produce variazioni gravitazionali, mentre un corpo asimmetrico in rotazione le produce. Infatti, nella rotazione si ha un
corto e un lungo dimensionale e quindi una variazione di distanza dai corpi oggetto dell’influsso gravitazionale. Poiché secondo la legge di Newton la forza gravitazionale è direttamente proporzionale alla massa, e inversamente proporzionale alla distanza elevata al quadrato, si ha nel tempo oscillazione del campo gravitazionale, cioè delle onde gravitazionali che secondo la teoria di Einstein (1916) viaggiano a velocità pari a quella della luce. L’11 febbraio
2016 vennero rilevate dai grandiosi sistemi rilevatori – interferometri gravitazionali - a terra Ligo (USA) e Virgo (ITALIA, Pisa) le onde gravitazionali provenienti dallo scontro di due buchi neri, che formarono prima dello scontro un sistema asimmetrico ruotante attorno al suo centro gravitazionale, e quindi con la propagazione di onde gravitazionali. Lo scontro si concluse con la formazione di un enorme buco nero.
Il 17 agosto 2017 è stato rilevato nella galassia Ngc 4993 a 130 milioni di anni luce, un immane scontro tra due stelle a neutroni. Una stella a neutroni è quanto resta di una stella supernova. La densità di una stella a neutroni è elevatissima, essendo in uno spazio di 20 km di diametro. Le due stelle ai neutroni hanno formato dapprima un sistema binario dove ognuna ruotava velocissimamente attorno al comune centro di massa, questo a 300 km di distanza l’una dall’altra. L’una attorno all’altra, in modo sempre più stretto, come un balletto vorticoso, propagando onde gravitazionali, giungendo allo scontro immane (kilonova) e alla coalescenza. Lo scontro ha lanciato nello spazio un lampo di raggi gamma, e materiale alla velocità del 20-30% di quella della luce. Esaminando lo spettro elettromagnetico del materiale irraggiato si
sono viste varie specie di atomi. In particolare atomi pesanti, come il selenio, l’uranio, l’oro, il platino, il piombo, l’ittrio, il rutenio, ecc.
Il processo di formazione di tali atomi pesanti è dovuto allo scambio velocissimo di neutroni tra le due masse stellari, unito al processo di decadimento beta dei neutroni (un neutrone è costituito da un quark up e da due quark dow) che dà luogo ad emissione di elettroni (anche a un antineutrino), Gli elettroni emessi sono poi anche acquistati. Ciò porta alla formazione di protoni, e di molti nuovi neutroni. Il tutto avviene in una situazione estrema di fattori per cui si formano rapidamente atomi pesanti.
Le onde gravitazionali sono state rilevate unitamente alla radiazione elettromagnetica e questo ha determinato il via all’indagine astronomica
gravitazionale ed elettromagnetica.
La materia oscura è stata rintracciata Il primo astronomo che ipotizzò
l'esistenza di una quantità di materia
maggiore di quella visibile fu Fritz
Zwicky nel 1933. L'astronomo studiò il
comportamento gravitazionale di due
ammassi di galassie, quello della
Vergine e quello del Cigno giungendo
alla conclusione che per spiegare la
gravitazione occorreva la presenza di
una grande quantità di materia (disse
400 volte quella visibile).
Fu tuttavia negli anni 70 che si impose
il dubbio che la materia dell'Universo
fosse decisamente maggiore di quella che
si poteva osservare se si applicavano le
leggi della gravitazione di Newton. Ad
esempio, le stelle della via Lattea
senza una grande massa di materia che
non appariva si sarebbero sparse per
l'universo a causa della forza
centrifuga. Si notò pure che le stelle
del centro galassie orbitavano con una
forte velocità, mentre nelle zone
periferiche le stelle non avevano una
velocità bassa come avrebbero postulato
i calcoli gravitazionali, ma erano più
veloci (Tutti sappiamo che i pianeti
vicino al sole ruotano più velocemente
di quello lontani). Anche in questo caso
bisognava ipotizzare la presenza di
grandi masse di materia extragalattica
capace di dare ragione gravitazionale
del comportamento delle stelle
periferiche che avevano una velocità
maggiore di quella dei calcoli.
Questa materia che i calcoli postulavano
venne detta “materia oscura”,
cioè non visibile. . Essa è costituita da circa il 90% della massa totale dell’Universo; ovviamente questo è un dato solo orientativo, non definitivo. Nella materia oscura vengono compresi i buchi neri, osservabili indirettamente per via gravitazionale.
L'esistenza della “materia oscura”
venne tuttavia negata in particolare
dall'astronomo Mordehai Milgrom
postulando che le leggi di Newton non
fossero più valide in scala galattica.
Tuttavia si cercò di rintracciare la
“materia oscura” sfruttando il fatto che
un raggio di luce subisce una
deflessione gravitazionale. Il
procedimento complesso venne definito di
“lente gravitazionale”. In poche
parole, senza alcuna pretesa di spiegare
il procedimento, che si avvaleva del
confronto di migliaia di foto, se un
raggio di luce proveniente da una
galassia subiva una flessione di
traiettoria anche in assenza di massa
visibile voleva dire che c'era la “materia
oscura”. Gli astrofisici nel frattempo postularono che la “materia oscura” doveva essere di gas molto rarefatto ad altissima temperatura.
Tale
materia era nelle condizioni di emettere
dei raggi X, che dovevano essere
rintracciati dalle strumentazioni. Di
fatto furono rintracciati dalle
strumentazioni, ma con risultato oltre
le loro programmazioni, e nessuno li
rintracciò nelle raccolte dei dati. A
rintracciarli nelle raccolte dei dati è
stata una signorina di 22 anni, Amelia
Fraser-McKelvie, studentessa di
ingegneria aerospaziale dell'Università
Monash di Melbourne, durante uno stage
presso la School of Phisics
dell'Università. L'osservazione attenta
delle documentazioni ha fatto si che la
giovane in soli tre mesi risolvesse il
rompicapo di due decenni degli astronomi
e degli astrofici: la “materia oscura”
esiste. Ha le caratteristiche generali
preconizzate, e fuori delle galassie si
presenta in giganteschi filamenti. I
risultati ottenuti da Amelia
Fraser-McKelvie sono stati pubblicizzati
il 4 e il 6 aprile del 2011 e sono stati
pubblicati nella prestigiosa rivista “Monthly
Notices of the Royal Astronomical
Society”.
Il risultato è che viene annullata la
teoria che ipotizzava la non validità
delle leggi di Newton in scala cosmica. Così Amelia Fraser-McKelvie ha segnato una tappa molto importante circa la materia oscura.
La materia oscura la si postula oggi composta di barioni, cioè protoni e neutroni e loro combinazioni, come gli atomi ordinari non emittenti. E’ la materia oscura barionica che comprende i gas non luminosi, i buchi neri, le stelle di neutroni, le nane bianche, le stelle molto deboli, e le nane brune, nonché gli esopianeti.
Il The Astrophisical Journal (marzo
2012) riferisce che nell'ammasso di
galassie Abell 520, distante 2,4
miliardi di anni luce dalla terra,
si è registrata una novità circa la
materia oscura. Si pensava che la
materia oscura fosse strettamente
legata alle galassie, cosicché vi
rimanesse connessa anche durante le
collisioni tra di loro, ma non è
proprio così elementare la cosa. La
spiegazione degli astronomi è
triplice. O si tratta di una realtà
che è sorta dallo scontro complesso
di tre ammassi di galassie; oppure
le galassie relative ci sono, ma di
intensità luminosa così debole che
il telescopio orbitante Hubble non
le può vedere; oppure nello scontro
la materia oscura si unisce ad altra
materia oscura, come due palle di
neve, determinando un complesso di
variazioni gravitazionali
galattiche.
Ma cosa si può dire di fronte a tanti
dati, tante osservazioni? Personalmente
dico: Dio
Personalmente penso alla creazione
iniziale di un universo in stato di
caos, dove gli elementi erano in
urto, in esplosione, in stato di plasma
e di immani moti. Il cosmo in stato di
caos, non va affatto inteso come
privo di un ordine implicito, immanente,
di un ordine pronto ad essere
mirabilmente espresso. Il Caos era pronto a ricevere da Dio un impulso onnipotente per l'attuarsi della
nucleosintesi.
Dunque evoluzione, ma non
autoevoluzione, ed è questa la
sostanza del discorso che papa Ratzinger
ha rivolto alla Pontificia Commissione
per le Scienze (Osservatore Romano, 1
novembre 2008): “Per svilupparsi ed
evolversi il mondo deve prima essere, e
quindi essere passato dal nulla
all'essere. Deve essere creato, in altre
parole, dal primo Essere che è tale per
essenza.
Affermare che il fondamento del cosmo e
dei suoi sviluppi è la sapienza provvida
del Creatore non è dire che la creazione
ha a che fare soltanto con l'inizio
della storia del mondo e della vita. Ciò
implica, piuttosto, che il Creatore
fonda questi sviluppi e li sostiene, li
fissa e li mantiene costantemente. (...)
Il mondo, lungi dall'essere stato
originato dal caos, assomiglia a un
libro ordinato. È un cosmo. Nonostante
elementi irrazionali, caotici e
distruttivi nei lunghi processi di
cambiamento del cosmo, la materia in
quanto tale è "leggibile". Possiede una
"matematica" innata. La mente umana,
quindi, può impegnarsi non solo in una
"cosmografia" che studia fenomeni
misurabili, ma anche in una "cosmologia"
che discerne la logica interna visibile
del cosmo
Non fa problema pensare ad un Universo
che abbia conosciuto espansioni, fa
problema pensare che tutto derivi da
un'unica sorgente, perché è difficile
dare ragione di galassie che si
avvicinano (la galassia Andromeda si
avvicina alla Via lattea e si ipotizza
che tra 4 miliardi di anni potrebbero
entrare in collisione e fondersi in una
sola galassia) e poi si collidono
diventando un'unica galassia, come il
telescopio orbitante Hubble ci ha fatto
vedere.
Un universo allo stato di caos non è
affatto incompatibile con la narrazione
della Genesi, dove la creazione delle
cose è vista procedere per tappe e nello
stesso tempo senza discontinuità perché,
fin dall'inizio, la materia era stata
creata atta a formare, con atto creatore
di Dio, le piante, gli animali, e infine
il corpo dell'uomo, dotato di un'anima
spirituale.
La narrazione della Genesi
Indubbiamente, nella Bibbia è presente
la nozione di un Universo di partenza
per giungere all'attuale, come si può
vedere nella narrazione della Genesi
(1,1 - 2,4). Questo Universo di partenza
lo si può chiamare con il nome classico
di caos.
Il testo dice che Dio in principio
creò, il cielo e la terra. Il tempo
comincia con l'atto creatore che produce
tutte le cose dal nulla, cioè non a
partire da una materia eterna
preesistente.
Il testo prosegue dicendo che la terra
era avvolta dalle acque e che le tenebre
ricoprivano l'abisso. L'abisso (tehom)
indica usualmente le profondità
dell'oceano, oppure le acque sotterranee
in quanto sono nelle profondità. Ma il
testo lascia intendere che le acque
dell'abisso non esistono ancora, esiste
un'unica massa indifferenziata che
ricopre la terra, per cui per abisso
deve intendersi la massa gassosa che
ricopre le acque. Il cielo, dove saranno
poste stelle e sole, è come un panno
tenebroso che ricopre l'abisso; manca la
luce.
La terra è presentata antecedente alla
creazione della luce e alla creazione
del sole e delle stelle. Il fatto è
estremamente singolare, e non può
considerarsi una semplice deroga
all'esperienza comune della luce
proveniente dagli astri dal sole e dalla
luna, tanto per introdurre la serie dei
giorni.
La creazione della luce è così un evento
nuovo, cardine, che determina il
passaggio dall'Universo di partenza
all'Universo attuale. La sorgente di
questa luce la si deve vedere,
considerando la visione degli antichi (Cf.
Gb 38,19), in serbatoi dai quali esce e
rientra. Si ha così il giorno-notte,
che viene sostituito dal giorno-notte
determinato dalla luce delle stelle e
del sole.
Il testo così configura un Universo di
partenza. Retrocedendo si può pensare ad
un caos primordiale, dove gli elementi
sono in urto, in esplosione, così
l'Universo di partenza assume la
configurazione di tappa verso l'universo
attuale.
L'uomo al vertice di tutto
L'uomo è certo in relazione con la terra
perché l'abita, perché ne trae alimenti
e mezzi per la sua vita, ma con la terra
è pure in una relazione costituzionale
perché da essa è stato tratto, come dice
la narrazione della Genesi (Gn 2,7)
circa il suo corpo, essendo che la sua
anima viene da Dio: “Allora il
Signore Dio plasmò l'uomo con polvere
del suolo e soffiò nelle sue narici un
alito di vita e l'uomo divenne un essere
vivente”.
Non è precisamente esatto dire che Dio
ha posto l'uomo sulla terra,
poiché Dio l'ha tratto dalla terra. La
Bibbia dice così che prima viene il
corpo e poi, immediatamente, l'anima che
dà vita al corpo; e così è sempre: prima
la formazione dell'embrione poi,
immediatamente, l'infusione dell'anima
creata all'istante.
Si ha esattamente il contrario nella
dottrina della reincarnazione: prima c'è
l'anima e poi il corpo che la immette in
un cammino di espiazione di peccati
antecedenti. La dottrina della
reincarnazione è chiaramente erronea
anche se si considera il solo fatto che
spezza l'unità uomo, riducendo il corpo
dell'uomo a realtà esterna, accidentale.
Il testo biblico (Gn 1,1s) presenta
l'uomo come il vertice dell'opera
creatrice di Dio. L'uomo è al vertice
delle cose create, ed è perfettamente
conseguente che esse siano poste sotto i
suoi piedi (Ps 8,7).
Nel secolo scorso molti si sono sentiti
sconfortati nel sapere che la terra non
è al centro della Via Lattea. Per essi
il non essere al centro costituiva
motivo per registrare un vulnus
in se stessi, che traducevano in
pessimismo sul valore dell'uomo, ma
dimenticavano che l'uomo è al vertice
delle opere di Dio, ed essere al
vertice vuol dire essere al centro
di un disegno di Dio, che Dio ci ha
fatto conoscere con Cristo che è il
vertice assoluto.
Il pensiero che su altri pianeti ci sia
vita vegetale e animale, non è senza
fondamento, poiché una lunga, immane,
storia di forme di vita animale e
vegetale già era stata sulla terra prima
che l'uomo fosse creato. Non è pensiero
deviante poiché è pensiero che rende
gloria a Dio creatore di un Universo
degno di lui.
Il disegno di Dio è disegno d'amore, e
l'amore gratuito di Dio chiede che
l'amore dell'uomo per lui cresca
nell'esistenza terrena affinché si abbia
poi l'apoteosi nell'eterno abbraccio con
lui nel cielo; in quel cielo che è al di
sopra di ogni cielo sidereo.
L'essere al vertice delle opere di Dio
allora si esprimerà, nell'eterno
abbraccio con Dio, nel fruire delle
bellezze del cosmo, delle meraviglie di
tante e tante vite vegetali e animali
poste nei pianeti adatti alla vita.
L'essere al vertice coinciderà allora
con l'essere veramente al centro di
tutto, poiché Dio darà a chi ha
corrisposto al suo amore il possesso di
tutto.
Poi il cosmo sarà sconvolto e ne
emergerà ad opera di Dio l'ultima forma,
quella eterna e gloriosa (Cf. Rm 8,21;
2Pt 3,10).
"In Cristo furono create tutte le cose nei cieli e
sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati
e Potenze. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui.
Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono" (Col 1,16-17).
Lui è il vertice di ogni vertice. Lui il disegno del Padre.
Aggiornato al 24 giugno 2023
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