23 novembre 2018. Bussetti: “Il crocifisso? Giusto che sia nelle aule scolastiche. Io al Miur ce l’ho”
Di Andrea Carlino da "tecnicadellascuola.it"
 
 
Per il ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, il crocifisso “è un segno che è giusto che sia nelle aule scolastiche”.
Le parole del ministro giungono a margine di un’iniziativa della Lega Giovani a Milano.
Sulla proposta di legge della Lega per rendere obbligatorio il simbolo religioso negli istituti scolastici ha spiegato: “Io credo che sia il simbolo del nostro cristianesimo e della nostra religione cattolica. Al Miur io ce l’ho, l’ho voluto appena entrato”.

E ancora, “festeggiamo il Natale e su questo non c’è alcun dubbio” ha ribadito, aggiungendo che nelle scuole “una certa attenzione mi sembra doverosa”.

Il caso di Fiumicino

Lo scorso 21 novembre, sui muri esterni della scuola elementare di via Rodano a Fiumicino, sono apparse delle scritte a favore del crocifisso a scuola dopo le polemiche per la presunta eliminazione di crocifissi da alcune aule.
Circostanza di fatto smentita, dopo una verifica interna, dalla dirigenza scolastica che ha motivato l’assenza spiegando che “il numero di crocifissi in dotazione è inferiore al numero corrente di aule”.

La proposta della Lega

La proposta di legge della Lega di Matteo Salvini è stata presentata lo scorso 26 marzo e prevede crocifissi obbligatori nelle scuole, nelle università, nelle aule di giustizia, negli aeroporti, nelle stazioni e l’obbligo di esporre la croce cristiana “in luogo elevato e ben visibile”.
Inoltre le “Disposizioni concernenti l’esposizione del Crocifisso nelle scuole e negli uffici delle pubbliche amministrazioni” prevedono dopo l’entrata in vigore che “chiunque rimuove in odio ad esso l’emblema della Croce o del Crocifisso dal pubblico ufficio nel quale sia esposto o lo vilipende”, sia “punito con l’ammenda da 500 a 1.000 euro”, come si legge all’art. 4.

Inserito il 24 Novembre 2018
 
 
22 novembre 2018.  «Stop alla propaganda gender nelle scuole»: il Miur dà ragione al Family Day
"Il Secolo d’Italia"
 
   
 
"Diceva Ghandi: ‹Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci›. Con la circolare del Ministero dell’Istruzione in cui viene riconosciuto il diritto di priorità educativa dei genitori è stato premiato lo sforzo e l’impegno con i quali l’associazionismo del Family Day, superando offese e insulti ha portato avanti la battaglia per il diritto dei genitori al consenso informato nelle scuole»: è quanto hanno dichiarato Pro Vita e Generazione Famiglia, tra le associazioni promotrici del Family Day, dopo aver preso visione della circolare del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca sul piano triennale dell’offerta formativa alle famiglie.
Per Toni Brandi, presidente di Pro Vita, «un grazie speciale va rivolto al Ministro dell’Istruzione Bussetti, perché ha sottolineato con questa circolare, quindi nero su bianco, la necessità che l’informazione alle famiglie sia d’ora in poi, esaustiva e tempestiva rispetto all’offerta formativa, rispettando quindi l’articolo 26/3 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che enuncia che i genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli".
"Combattere per l’ ovvio" è una battaglia che può sembrare paradossale ai giorni d’oggi - ha aggiunto Toni Brandi - ma questa storia dimostra come genitori, semplici cittadini disposti a scendere in campo e a lottare contro il potere politico ingiusto possano cambiare il futuro. Le famiglie non devono e non possono cedere nemmeno di un millimetro rispetto al gender e ai suoi errori della mente come li ha definiti Papa Francesco".
Per Jacopo Coghe, presidente di Generazione Famiglia "si va avanti, non faremo un passo indietro, pretenderemo l’attuazione di questa circolare, continueremo a presidiare le scuole dei nostri figli contro la colonizzazione ideologica di progetti ispirati alla dittatura gender".
"Si tratta - ha continuato Coghe - di una grande vittoria dei genitori che sono stati in trincea nelle scuole e di noi associazioni che li abbiamo supportati, accompagnati e rappresentati davanti a tre ministri diversi, dal 2013, passando per i family day, fino ad oggi".

Anche Coghe ha ringraziato il ministro Bussetti “che finalmente riconosce chiaramente il diritto di priorità educativa dei genitori, il diritto di conoscere e in caso esonerare i proprio figli da attività sensibili che non si accordano con la propria morale”. Grazie Ministro Bussetti, concludono i due presidenti.

Inserito il 24 Novembre 2018
 
 
22 settembre 2018.  Accordo sui vescovi con Pechino. Evitare trionfalismi, ma ora è più legittimo sperare
"Avvenire" Agostino Giovagnoli
 
           
 
L'accordo raggiunto mette fine alle ordinazioni illegittime, resta l'incognita sulla sua resistenza ad attacchi e difficoltà

La firma di un accordo tra Santa Sede e governo cinese è ora ufficiale. Si fa ancor fatica a crederci. Troppi motivi sembravano renderlo impossibile: una lunga storia di incomprensioni e accuse reciproche; le sofferenze dei cattolici cinesi in passato e le loro difficoltà attuali; la dura opposizione di grandi potenze e di governi tenaci; le critiche all'interno di tutte e due i campi…Tutto ciò ha impedito per moltissimi anni qualunque intesa: già Paolo VI sperava di stabilire contatti e già nel 1980 ci sono stati i primi rapporti diretti.
E sebbene un accordo sia stato perseguito anche da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI, è stato Francesco a compiere il passo conclusivo. Ma ora, finalmente, le due parti hanno annunciato ufficialmente di aver raggiunto un’intesa.
Si tratta, insieme, di un piccolo passo e di un evento storico.
L’accordo, ad experimentum, avrà una durata limitata e potrà subire adattamenti e la sobrietà del comunicato vaticano suona come un invito alla misura e alla prudenza. Chi ha condotto questa lunga trattativa, insomma, non mostra alcun trionfalismo. Ma per i cattolici, cinesi e di tutto il mondo, è una gran buona notizia. Non conosciamo i termini dell’accordo: le due parti hanno stabilito di tenerli riservati. Ma la storia degli ultimi settant'anni parla chiaramente. Il tema delle nomine dei vescovi rimanda infatti al trauma delle prime ordinazioni “illegittime” - e cioè senza il mandato apostolico - di vescovi cattolici in Cina nel 1958. Si aprì una ferita profonda.

Nella Chiesa cattolica non ci possono essere vescovi ordinati contro la volontà del papa e il codice di diritto canonico prevede per loro la scomunica. Quando il loro numero cresce ed emerge una chiara volontà di divisione da Roma, inoltre, si parla di scisma. È il caso recente dei lefebvriani o, per richiamare la grande storia, della Chiesa ortodossa o di quelle della Riforma. Ma Roma non è mai arrivata a dichiarare scismatica la Chiesa in Cina. Sono prevalse la convinzione di trovarsi davanti a situazioni storiche eccezionali, la consapevolezza del ruolo svolto da fattori ideologici e politici piuttosto che religiosi ed ecclesiali, la conoscenza delle persone… La ferita è rimasta, anzi si è rinnovata ad ogni nuova ordinazione episcopale illegittima, da ultimo nel 2012.

Ma il tempo ha dato ragione a chi si è ispirato a sapienza pastorale e a carità ecclesiale: appena hanno potuto, dopo la fine della rivoluzione culturale, ad uno ad uno i vescovi illegittimi hanno chiesto il perdono del Papa e il ritorno alla comunione cattolica.

Tutti, compresi gli ultimi sette che il Papa ha riaccolto in questi giorni nella comunione nella Chiesa universale. E ora, stabilendo modalità condivise per ordinare nuovi vescovi cattolici in Cina, l’accordo mette fine alle ordinazioni illegittime. Per sempre, se sarà rispettato. Ecco perché è davvero una buona notizia.
Tutto bene dunque? Certamente no. Sappiamo con certezza che con questo accordo la Santa Sede ha tenuto fermi i principi dottrinali indicati, nella Lettera ai cattolici cinesi del 2007, da Benedetto XVI, rispetto al quale Francesco si è mosso in piena continuità. Non sappiamo ancora, invece, se il metodo adottato funzionerà e se reggerà ad attacchi e difficoltà. Restano inoltre aperte molti altre questioni, anzitutto quella dei vescovi “clandestini”. Seguono le questioni dell’Associazione patriottica, dei confini delle diocesi della Conferenza episcopale.

E poi ci sono i tanti problemi quotidiani che i cattolici cinesi si trovano ogni giorno ad affrontare. Già da domani, insomma, bisognerà rimettersi al lavoro e non mancheranno incomprensioni e difficoltà.
Ma oggi è diventato possibile sperare, come conclude il comunicato vaticano, che «tale intesa favorisca un fecondo e lungimirante percorso di dialogo istituzionale e contribuisca positivamente alla vita della Chiesa cattolica in Cina, al bene del popolo cinese e alla pace nel mondo».

Inserito il 25 Settembre 2018
 

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