16 Marzo 2013: Ombre su Papa Francesco? Nessun'ombra    
 

Stralci tratti dall'Avvenire del 15, 16, 17 e 18 marzo 2013

Crolla il castello di carte costruito su padre Jorge

di Nello Scavo

C’è un documento classificato che per anni è stato preso per buono: “Direzione del culto, raccoglitore 9, schedario B2B, Arcivescovado di Buenos Aires, documento 9”. La polizia politica argentina annotava che «nonostante la buona volontà di padre Bergoglio - frase, questa, che aveva lo scopo di far passare il gesuita per un “collaborazionista” -, la Compagnia Argentina (il riferimento è ai gesuiti, ndr) non ha fatto pulizia al suo interno. I gesuiti furbi per qualche tempo sono rimasti in disparte, ma adesso con gran sostegno dall’esterno di certi vescovi terzomondistti hanno cominciato una nuova fase».

A dubitare della veridicità di simili accuse - oltre a personalità come l’ex dissidente e premio Nobel per la Pace Adolfo Perez Esquival - ci sono organizzazioni che certo non passano per essere filo-cattoliche. Amnesty International è tra queste.

Se ci fosse stato qualcosa su Bergoglio, certamente Amnesty lo avrebbe saputo e denunciato

Perciò, pur con la cautela che contraddistingue l’organizzazione, viene spiegato che «non abbiamo documenti per confermare o smentire la partecipazione del nuovo Papa in questi fatti. Nessuna accusa formale - si legge nel testo protocollato come "ad uso esclusivamente interno" - è stata rivolta contro Jorge Mario Bergoglio, e non abbiamo alcun documento nei nostri archivi riguardanti un qualsiasi coinvolgimento dell’ex arcivescovo di Buenos Aires in altri casi». Peraltro, «non dobbiamo dimenticare che all’interno della chiesa in Argentina e nella regione sono stati molti coloro che si opponevano a questi regimi e hanno subito intimidazioni, torture, sparizioni o l’esecuzione. Molti di loro - aggiunge Amnesty - hanno lavorato e continuano a lavorare per la promozione e la protezione dei diritti umani per tutti, senza discriminazioni».
Nel 2010, interrogato come «persona informata dei fatti», dunque senza alcun capo d’imputazione, il futuro Papa ribadì alle autorità ciò che aveva confidato solo agli amici più stretti. L’allora cardinale Bergoglio rivelò di aver salvato numerosi dissidenti, ma mai se ne fece pubblico vanto.

 

Padre Franz Jalics: «La verità e il tempo ci hanno riconciliati»

Padre Franz Jalics, torturato, ferma le calunnie. “Auguro al Pontefice la ricca benedizione di Dio per il suo ufficio”

Padre Franz Jalics, gesuita ungherese missionario in Argentina negli anni della dittatura militare, ha voluto scrivere la parola «fine» alle illazioni con cui da anni viene alimentata la falsa leggenda di un Bergoglio cinico a tal punto da vendere due confratelli alla polizia militare.

Jalics è uno dei due gesuiti arrestati e torturati per cinque mesi, nel 1976, con l’accusa di aver fiancheggiato i guerriglieri comunisti. Papa Francesco, allora giovane padre provinciale dei gesuiti argentini, secondo alcune accuse non avrebbe protetto i due confratelli.

Solo anni dopo ebbi la possibilità di parlare di quegli avvenimenti con padre Bergoglio, che nel frattempo era stato nominato arcivescovo di Buenos Aires. Dopo quel colloquio abbiamo celebrato insieme una Messa pubblica e ci siamo abbracciati solennemente». Un gesto commovente, volutamente compiuto davanti a migliaia di fedeli, perché le calunnie potessero essere fermate.

«Dal 1957, ho vissuto a Buenos Aires. Nel 1974 – ha scritto il gesuita in una breve memoria in tedesco –, mosso dal desiderio interiore di vivere il Vangelo e far conoscere le condizioni di terribile povertà, con il permesso dell’Arcivescovo Aramburu e dell’allora padre Jorge Mario Bergoglio, ho vissuto con un confratello in una “favela”. Da lì abbiamo comunque proseguito nel nostro insegnamento all’Università».

I guai per i due padri di frontiera arriveranno molto presto. «La giunta militare ha ucciso circa 30mila persone, guerriglieri della sinistra come anche incolpevoli civili. Noi due nella favela non avevamo contatti né con la giunta né con la guerriglia».

 

IL CASO

La falsa agenzia del Papa «misogino»​

Ripescando un fantomatico lancio dell’agenzia di stampa argentina Telam, l’allora arcivescovo di Buenos Aires diventa autore di un’esternazione dal sorprendente tono misogino: «Le donne sono naturalmente inadatte per compiti politici. L’ordine naturale e i fatti ci insegnano che l’uomo è un uomo politico per eccellenza (...). Abbiamo avuto una donna come presidente della nazione e tutti sappiamo cosa è successo». Nelle ultime ore, innumerevoli siti han fatto a gara nel rilanciarla. Pure alcuni quotidiani italiani, con corredo di commenti indignati. E ci mancherebbe altro: cosa sarà passato per il capo di Bergoglio? Nulla. Mai detto nulla del genere. Né l’agenzia Telam aveva mai lanciato quella notizia.

Una bufala, sulla cui origine è caccia grossa, roba da filologi dell’immondizia. Al momento, il falso (datato 4 giugno 2007) sembrerebbe opera di un’organizzazione anticlericale messicana. La patacca fu ripresa dal quotidiano del Costarica "El Clarin" e da altri organi d’informazione, ma senza troppo clamore. Fino all’approdo in Italia, a opera di un anonimo utente del sito Yahoo Answer, tal "Bumper Crop". Ripreso oggi con entusiasmo da chi non vedeva l’ora di spargere fango sul nuovo Pontefice. In effetti, sarebbe dovuto apparire curioso, anche al più inesperto dei cronisti, che l’agenzia argentina non citasse in quale circostanza quelle parole sarebbero state dette o scritte da Bergoglio. Ieri l’agenzia, da noi interpellata, cascava dalle nuvole.

 

Padre Lombardi: “Su Bergoglio calunnie anticlericali”

di Mimmo Muolo

​La campagna contro Bergoglio è ben nota e risale già a diversi anni fa. È portata avanti da una pubblicazione caratterizzata da campagne a volte calunniose e diffamatorie. La matrice anticlericale di questa campagna e di altre accuse contro Bergoglio è nota ed evidente».


Ha usato parole perentorie padre Federico Lombardi ieri nel quotidiano briefing con i media di tutto il mondo per fare chiarezza su insinuazioni apparse su alcuni organi di informazione dopo l’elezione del Papa argentino. «L’accusa - ha aggiunto il portavoce vaticano - si riferisce al tempo in cui Bergoglio non era ancora vescovo, ma superiore dei Gesuiti in Argentina, e a due sacerdoti che sono stati rapiti e che lui non avrebbe protetto - questa era l’accusa -. Non vi è mai stata un’accusa concreta credibile nei suoi confronti. La giustizia argentina – ha detto ancora Lombardi - lo ha interrogato una volta come persona informata sui fatti, ma non gli ha mai imputato nulla. Egli ha negato in modo documentato le accuse.


Vi sono invece moltissime dichiarazioni che dimostrano quanto Bergoglio fece per proteggere molte persone nel tempo della dittatura militare. È noto il ruolo di Bergoglio – una volta diventato vescovo – nel promuovere la richiesta di perdono della Chiesa in Argentina per non aver fatto abbastanza nel tempo della dittatura. Le accuse appartengono quindi all’uso di analisi storico-sociologiche del periodo dittatoriale fatte da anni da elementi della sinistra anticlericale per attaccare la Chiesa e devono essere respinte con decisione».

 

Quelle false accuse per gli anni bui

Di Nello Scavo

I "generali" del presidente Videla, stando ad alcune "veline" piazzate negli archivi del regime e ora emerse, consideravano il futuro pontefice come un loro «collaborazionista». E già qui s’annusa il veleno della macchinazione. Per una ragione semplice: alla "fonte Bergoglio" non viene attribuito nessun soprannome, nessun codice segreto, nessuna identità protetta. Mentre per gli altri informatori e doppiogiochisti, negli schedari venivano usati nomi di comodo, così da occultarli e proteggerli. Perché mai si doveva rischiare di far saltare la copertura di una gola profonda così preziosa?

La montatura ha parzialmente dato i suoi frutti visto che ancora oggi c’è chi continua a domandarsi, come acriticamente stanno facendo alcuni mass media internazionali, se dare credito a quelle voci alimentate, come vedremo, da alcune foto grossolanamente ritoccate.

Dal New York Times fino al foglio argentino Pagina 12, sono in diversi a riportare accuse di «connivenza» con i militari. Secondo alcune testimonianze raccolte dal giornalista Horacio Verbitsky, diventato "oracolo" delle accuse al Papa, Bergoglio aveva «tolto la protezione – riassume la Bbc – a due sacerdoti che operavano nelle baraccopoli» di Buenos Aires, allontanandoli dai gesuiti ed esponendoli alla rappresaglia dei militari. «Nel 2010 fu chiamato a testimoniare sul caso, dichiarando di aver chiesto ai vertici del regime il rilascio» dei due parroci poi effettivamente liberati, sottolinea la Bbc, secondo la quale il futuro papa è stato sentito dagli inquirenti anche «nel caso di Elena de La Cuadra, figlia di una delle cofondatrici delle Abuelas de Plaza de Mayo, sparita quando era incinta». E Bergoglio, aggiunge la rete britannica, è stato infine citato anche in una causa penale aperta in Francia per il sequestro e l’omicidio del sacerdote Gabriel Longueville, nel 1976. La notizia che manca, però, è che la giustizia ha sancito che sul suo operato non c’erano macchie, mentre altri sacerdoti sono stati condannati.

Ad alimentare la leggenda nera del "gesuita traditore" ci sono poi alcune immagini a suo tempo confezionate ad arte. Per esempio, come ha segnalato ieri "ilpost.it", la didascalia originale della foto nella quale Videla riceve la comunione da un sacerdote, ripreso di spalle, non fa alcun riferimento a Bergoglio. Era il 1990 e il gesuita aveva poco più di 50 anni, mentre nell’immagine si vede un celebrante piuttosto anziano porgere la particola al generale. «L’ex presidente argentino Jorge Rafael Videla – si legge nella didascalia originale dell’immagine custodita dall’agenzia Corbis – riceve la comunione in una chiesa di rito cattolico romano a Buenos Aires, in questa foto del 20 dicembre 1990». Eppure, opportunamente "tagliata" in modo da rendere quasi impossibile l’identificazione del prete, quello scatto è stato fatto passare per la prova regina della «contiguità» di Bergoglio anche dopo la caduta del regime, nel 1983.

Di tutto questo su certa stampa internazionale non c’è stranamente traccia. Neanche un interrogativo sul perché si siano agitate accuse così pesanti sulla base di elementi così fragili, inconsistenti e manipolati.

 

La Corte Suprema  argentina: «Bergoglio mai sospettato di complicità»

Il presidente della Corte Suprema di Giustizia argentina, Ricardo Lorenzetti, ha detto oggi che Papa Francesco "è una persona assolutamente innocente" e non è stato sospettato di nessuna complicità con le violazioni dei diritti umani commesse durante la dittatura militare (1976-83).

 

Esquivel: mai complice dei generali, intervenne per i confratelli
di MichelaCoricelli

«Bergoglio non è stato complice della dittatura». Nessuna connivenza. Lo hanno già chiarito in molti, diverse volte: le ricostruzioni storiche di quello che accadde durante il regime militare argentino, la relazione con la Chiesa e la posizione dell’allora superiore gesuita si sono moltiplicate nelle ultime ore. Hanno parlato in tanti, sono state rispolverate vecchie teorie, sono stati ricordati libri e frasi già ascoltate.
Ma se a dirlo a Bbc Mundo è l’argentino Adolfo Pérez Esquivel, premio Nobel per la Pace, il chiarimento fa scalpore e in poche ore fa anche il giro del mondo: le sue parole rimbalzano velocemente dall’America Latina all’Europa.
«Non c’è nessun legame che lo colleghi con la dittatura», ha dichiarato il Nobel. «Bergoglio viene criticato perché si dice che non fece tutto il necessario per far uscire di prigione due sacerdoti». Ma «io so personalmente che molti vescovi chiedevano alla giunta militare la liberazione di prigionieri e sacerdoti e questa non veniva concesso», ha aggiunto il noto attivista dei diritti umani.

Ci sono stati settori della società argentina che hanno detto che Bergoglio fu complice. Io dico di no. È il contrario. Chiese che i due sacerdoti fossero rilasciati. Io so che lui reclamò sicurezza per loro e si adoperò anche per la sicurezza di altre persone.

Sono stato con lui varie volte, ho partecipato a diverse riunioni in arcivescovado. Abbiamo parlato di diversi problemi, della situazione del nostro Paese, dei diritti umani. Su questo fronte Bergoglio è molto vicino ai poveri, ai più piccoli, ai più bisognosi e in generale a chi soffre. Poi c’è un altro aspetto: è un uomo molto sobrio, contrario all’ostentazione. È molto evangelico.


Quella piazza con i «fratelli schiavi»
di Lucia Capuzzi

Era il 25 settembre 2012, e una folla si era radunata nella piazza Constitución, di fronte alla stazione principale di Buenos Aires, per partecipare alla “Messa per le vittime di tratta e traffico di persone”. Un appuntamento ormai fisso per credenti, non credenti, fedeli di altre confessioni, mamme delle ragazzine cadute nel buco nero della “prostituzione forzata”, ex lavoratori delle fabbriche clandestine, migranti irregolari abituati ad essere invisibili e ora al centro dell’attenzione di quel prelato così illustre.
C’era anche Olga, boliviana, illegale, impiegata in nero in una sartoria abusiva, mamma single di due bimbe. «Volevo battezzarle ma avevo paura che mi chiedessero i documenti o mi cacciassero perché non ero sposata», afferma. Quel giorno, però, al termine della funzione, trovò il coraggio di avvicinarsi a monsignor Bergoglio. E gli disse: «Vorrebbe battezzare le mie figlie? Però non ho marito né documenti». Il cardinale sorrise e le rispose: «Sarà un onore».
I fuori programma erano d’obbligo alla Messa che dal 2008 l’arcivescovo aveva deciso di celebrare per il popolo degli invisibili tra gli invisibili, «i fratelli schiavi». Quel mezzo milione di esseri umani (secondo la stima più cauta) – donne, uomini e bambini – sfruttati nei laboratori-scantinati che producono a bassissimo costo abiti per la grandi marche, nei postriboli illegali, nella raccolta di fragole, nella coltivazione di soia.
«In Argentina la schiavitù esiste. Eccome. Lo sa che solo a Buenos Aires ci sono tremila laboratori tessili clandestini che sfruttano 25mila persone? Il punto è che se ne parla poco. Perché dietro la tratta, il traffico, la schiavitù moderna si nascondono grandi mafie. Solo il cardinale aveva il coraggio di denunciarlo pubblicamente…», dice ad Avvenire Sherer che, nel caos della crisi del 2001, ha creato, insieme ad altri amici, la Fondazione Alameda per la lotta alle moderne schiavitù. L’incontro con il cardinale avvenne sette anni più tardi. «Gli scrivemmo una lettera, a mano, tanto non pensavamo ci rispondesse. E, invece…». E, invece, il cardinal Bergoglio fissò subito un incontro. «E appena entrammo, ci domando: “Ditemi come posso aiutarvi”». Da quel giorno lo ha fatto in ogni modo possibile. «Quando gli segnalavamo il caso di un ex schiavo riscattato, lo incontrava e non si limitava a dirgli qualche bella parola. Si preoccupava per la sua sicurezza, gli cercava un posto dove stare, lo chiamava per sapere se aveva bisogno di qualcosa».
L’impegno del cardinale ha «svegliato l’opinione pubblica», dichiara Sherer. Non è un caso che il governo argentino, dopo anni di silenzio, abbia approvato, nel dicembre 2012, una legge che indurisce le pene per i “mercanti di uomini”.
La prima Messa per le vittime di tratta, l’arcivescovo la celebrò nella chiesa Madre de los Emigrantes, nella Boca. Poi, decise che si svolgesse all’aperto. «E in un luogo simbolico: la piazza dove le prostitute-schiave si vendono ad ogni ora del giorno e della notte. Tutta la città le vede, nessuno le guarda. Il cardinale voleva lanciare un messaggio forte a tutti i cittadini, cattolici e non cattolici», racconta ad Avvenire padre Juan José Cervantes, sacerdote scalabriniano messicano che da vent’anni dirige il Dipartimento per i migranti dell’arcivescovado. La struttura – fortemente sostenuta dal cardinale – assiste in media mille persone all’anno. «Gli irregolari non conoscono i loro diritti. Non sanno, per esempio, che i cittadini del Mercosur possono ottenere il permesso di soggiorno con facilità. Noi offriamo assistenza giuridica, psicologica, ma soprattutto accompagnamento. Il cardinale me lo ripeteva sempre: “Non siamo burocrati. Dobbiamo fare in modo che le persone si sentano accolte, anche se vengono solo per fare due chiacchiere”».
Per la stessa ragione, la sera, invece di guardare la tv – che non aveva – monsignor Bergoglio passeggiava per il centro, quando questo si svuota di passanti e si riempie di “cartoneros”, i disoccupati che sopravvivono raccogliendo rifiuti. Quando ne vedeva uno con le mani immerse nella spazzatura, si fermava e si metteva a chiacchierare. Poi, tirava fuori il suo mate (recipiente di zucca dove si beve una specie di tè: gli argentini lo portano spesso con sé), e glielo offriva. «Un sorso a te e uno a me – diceva –. Da buoni fratelli».


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