In quei giorni, Mosè si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano.
Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti al lui, proclamando: “Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà”.
Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: “Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervice, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa di noi la tua eredità”.
Salmo (Dn 3)
Rit.A te la lode e la gloria nei secoli!
Benedetto sei tu, Signore, Dio dei nostri padri. Rit.
Benedetto il tuo nome glorioso e santo. Rit.
Benedetto sei tu nel tuo tempio santo, glorioso. Rit.
Benedetto sei tu sul trono del tuo regno. Rit.
Benedetto sei tu che penetri con lo sguardo gli abissi e siedi sui cherubini. Rit.
Benedetto sei tu nel firmamento del cielo. Rit.
II Lettura (2Cor 13,11-13) Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, siate gioiosi, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi.
Salutatevi a vicenda con il bacio santo. Tutti i santi vi salutano.
La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi.
Rit. Alleluia, alleluia. Gloria al
Padre e al Figlio e allo Spirito Santo, a Dio, che è, che era e ce
viene. Rit. Alleluia.
Vangelo (Gv 3,16-18) Dal Vangelo
secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse a Nicodemo:
“Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio”.
Omelia
Gli uomini non possono vivere senza cercare di costituire un’unità, poiché nessuno può essere autonomo dagli altri: questo quanto ai bisogni materiali, culturali e anche spirituali; ma l’unità non può essere costituita sull’errore. L’esemplificazione più drammatica di questo è la biblica città di Babele, con al centro una torre templare che si innalzava al cielo. Questa città voleva essere un progetto di unità, per un’espansione del genere umano su tutta la terra senza dispersione, ma tutto finì nella babele delle lingue e nella dispersione.
Millenni e millenni dopo, Dio costituì una sua città, Gerusalemme, dove c’era un tempio da lui voluto. Quella città col tempio era il segno di una unità profonda di un popolo che, suddiviso in tribù a volte in urto tra di loro, molto a fatica la trovava. Quella città era figura di una futura nuova realtà, senza mura (Zc 2,8), la Chiesa. La Chiesa, centrata su Cristo, vero tempio, vera torre che innalza l’uomo alla comunione col Padre, nell’unità d’amore dello Spirito Santo, in espansione per unire a sé tutte le dodici tribù della terra, come Gesù si esprime (Cf Mt19,28).
La discesa dello Spirito Santo a Pentecoste ha costituito pienamente questo vivo segno di unità e l’ha lanciato nella storia per abbracciare tutte le genti, e per promuovere incessantemente il giusto cammino delle stesse. Spesso, tuttavia, quando si è arrivati a configurare una determinata società cristiana, ci si è quasi del tutto bloccati, nella paura di dare spazio a novità che sembravano comprometterla. La paura, o anche la comodità di posizioni consolidate, non fa cogliere bene che c’è un procedere di generazione in generazione; che ogni generazione ha il diritto di portare avanti la situazione nella quale è nata; di portare avanti quanto ha ricevuto dalla precedente, ma senza rotture, senza discontinuità, senza rinnegamenti. Una Chiesa che aveva più volte perso di velocità, di agilità ha visto illusori argini travolti da generazioni che si impadronivano del loro diritto al futuro, e l’hanno cominciato a costruire sempre di più senza di lei. Tutti noi li abbiamo visti questi progetti e anche li vediamo nei loro distruttivi risultati. E abbiamo visto anche i falsi tentativi di rincorrere e frenare queste generazioni costruttrici di un futuro di rottura, di sempre maggior rottura col passato. Sono i falsi tentativi del razionalismo, del modernismo, operanti anche ora, qua e là, in modo sottile.
Abbiamo visto, però, anche moltissimi santi che si sono consumati per Cristo e per la Chiesa, affinché fosse veloce, agile, nel cogliere quanto lo Spirito Santo promuove nel cuore dei popoli: i cosiddetti “segni dei tempi” .
Ma ci sono ancora tante lentezze nelle parrocchie, tante lentezze nelle comunità religiose, tante lentezze nel seguire Cristo.
Vedete, fratelli e sorelle, a volte rifletto sulle nazioni, sugli Stati, sulla complessità delle relazioni umane, e mi domando da dove proviene la tendenza ad avanzare. Le prime volte mi veniva da pensare, ma non assecondavo questo pensiero, che esse siano state progettate da un qualche gruppo geniale. Ma no, esse sono tutte scritte nell’essere dell’uomo. Non vengono coniate, vengono scoperte man mano che l’uomo procede nel suo cammino. Non è un cammino facile, perché è reso difficoltoso dal peccato, ma esiste. Esso procede dall’essere l’uomo fatto ad immagine e somiglianza con Dio; e Dio è unità e relazione. Dio è uno e trino. Così l’uomo vive cresce nelle relazioni interpersonali, e le relazioni interpersonali sono scambio, sono capacità di progresso, quello vero e non quello accelerato fino alla pazzia per creare un fossato profondo invalicabile con la Chiesa, con Dio.
Le vediamo sotto i nostri occhi queste accelerazioni di follia, basta l’accenno a quanto si vuole fare nel campo della manipolazione genetica, nello sfruttamento dell’embrione, della distruzione dei valori più elementari; si corre in avanti nell’illusione di sfociare un giorno in un’unità superiore fondata sulla scienza, sul liberismo, sulla lotta a Dio. Bene, noi non ci smarriremo, correremo in avanti, poiché noi sappiamo di essere il lievito del mondo, ma anche i promotori di un autentico futuro. Per quanto il mondo voglia correre avanti, la santità pone la Chiesa sempre più avanti, in attesa anche degli uomini sfiniti, logori, dalle loro frenetiche e distruttive corse.
Oggi è solennità della Santissima Trinità. Padre e Figlio e Spirito Santo, tre che sono uno. Essa ha ricreato il genere umano, ferito dal peccato originale e devastato dai propri peccati. La Chiesa è il risultato di questa ricreazione. Le parole che ho pronunciato all’inizio della celebrazione (La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo sia con tutti voi), e che abbiamo nella seconda lettura: “La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi”, sono di preghiera e indicano come noi siamo l’assemblea centrata su Cristo, aperta al Padre e unita nella carità dello Spirito Santo. Noi siamo un’assemblea del popolo nuovo; il popolo della vita, della pace, della gioia, della carità, dell’unità. La santità ci permette di essere avanti, ci fa essere avanti in attesa dell’uomo d’oggi che corre e corre. Noi l’aspetteremo questa generazione; ma non solo la aspetteremo stando innanzi, ma la vogliamo accompagnare, le vogliamo dire che la sua voglia di infinità la potrà vedere veramente soddisfatta quando nel Figlio, nel dono dello Spirito Santo, nell’apertura al Padre amerà. L’amore immette l’uomo nell’infinità, poiché l’amore non ha mai fine essendo comunione d’amore con colui che, infinito, si comunica a noi incessantemente, senza fine; ed è desiderabile senza fine, e dona la gioia di amarlo; gioia che è senza fine. L’amore è sempre operoso e costruirà un vero futuro dell’uomo sulla terra. Noi precediamo nell’agilità, aspettiamo nella pazienza orante, accompagniamo nella viva carità, siamo presenti con l’accettazione della croce. Amen. Salve Regina, tessitrice del nostro futuro.