I Stazione:  Gesù è condannato a morte

V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum

La Parola  (Gv 19,5-6.12-13.14-16): E Pilato disse loro: <Ecco l'uomo!>. I sommi sacerdoti e le guardie gridarono: <Crocifiggilo, crocifiggilo!> (...). Ma i Giudei gridarono: <Se liberi costui, non sei amico di Cesare! (...)>. Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette nel tribunale (...). Pilato disse ai Giudei: <Ecco il vostro re!> Ma quelli gridarono: <Via, via, crocifiggilo!>. Disse loro Pilato: <Metterò in croce il vostro re?>. Risposero i sommi sacerdoti: <Non abbiamo altro re all'infuori di Cesare>. Allora lo consegnò a loro perché fosse crocifisso".

 

 

 

Meditazione

 

Pilato non poté esimersi dall'esaminare Gesù perché sarebbe stato accusato di non aver tenuto conto di un impressionante movimento religioso. Così interrogò Gesù: 1Tu sei il re dei Giudei?”. La risposta fu: 2Tu lo dici; Io sono re, ma il mio regno non è di questo mondo”.

Non c'era reato di ribellione a Roma, si trattava di un regno dei cieli, non della terra.

Pilato allora, nella speranza che la piazza gridasse la liberazione di Gesù - visto che pochi giorni prima l'aveva osannato -, propose il giudizio alla folla, presentando l'usanza della liberazione di un colpevole, in occasione della Pasqua. Ma la folla era già stata sobillata dai capi, dai sommi sacerdoti. La piazza ormai credeva che un tale uomo avrebbe portato Gerusalemme alla rovina. Il Messia doveva avere armi per vincere, essere un esperto di guerra, e invece era finito nelle mani dei Romani. I capi avevano avuto ragione: non era lui il Messia; dunque era un impostore; uno che aveva bestemmiato dicendosi Figlio di Dio, sbandando verso l'Olimpo pagano dove gli dei e le dee avevano figli e figlie.

Quando la folla vide Gesù flagellato, ricoperto di un cencio rosso, con una corona di spine sul capo e una canna in mano, si eccitò ancora di più, e a Pilato sfuggì di mano la situazione. Prima il tribunale del Sinedrio, che delegò il giudizio di condanna a Pilato, poi quello della piazza a cui Pilato, diventato pavido, incerto, delegò il giudizio. 3Crocifiggilo!”, gridò la piazza; e se ciò non fosse accaduto voleva dire che Pilato non era amico di Cesare. Quando Pilato si sedette in tribunale era ormai sopraffatto dalle accuse della folla; il suo giudizio fu una menzogna, mossa dalla paura di venire denunciato presso Cesare, di cui era servo, procurando anche di erigere statue in suo onore, per un culto di adorazione.

Così, Gesù venne condannato alla morte di croce, quale ribelle di Roma, in nome della paura e della viltà.

La scritta che dichiarava la ragione della condanna fu: 4Gesù il Nazareno, il re dei Giudei”. La condanna era intesa e formulata in termini politici; solo così Pilato l'avrebbe potuta sostenere davanti ai suoi superiori. 5Non scrivere: il re dei Giudei, ma che egli ha detto: Io sono il re dei Giudei”, gli dissero i sommi sacerdoti; Pilato non poté che rispondere seccamente: 6“Ciò che ho scritto, ho scritto”. Così inchiodò, in un moto di vendetta, i sommi sacerdoti nella spaventosa contraddizione di aver consegnato il loro re a Roma; loro che odiavano Roma. Ma quella scritta in ebraico, greco e latino, conteneva questa verità: Gesù era il re, il Messia, annunciato dai profeti.

 

1(Gv 18,33); 2(Cf. Gv 18,36.37); 3(Gv 19,6); 4(Gv 19,19); 5(19,21); 6(Gv 19,22)

 

Preghiera

 

Signore Gesù, la tua condanna a morte è stata pronunciata da un gioco di potere, di invidia, di aperta anticarità. L'anticarità ti ha consegnato alla morte nella speranza che anche tu alla fine diventassi anticarità maledicendo, ma tu hai invece dilatato il tuo cuore in una carità senza limiti, sino alla consumazione di te stesso. Aiutaci, Signore, a reggere di fronte agli urti brutali dell'odio. Aiutaci a rimanere miti, anche di fronte alle offese, alle ingiustizie, sapendo che vince solo chi continua ad amare.

 

 

Stabat mater dolorosa,
iuxta crucem lacrimosa,
dum pendebat Filius.

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