Commento
Il salmista è un deportato sottoposto alle angherie dei suoi dominatori. Egli inizia il suo canto di lode con un vivissimo desiderio di Dio. Egli gli domanda quando verrà a lui, così da vedere il suo volto; cosa che avverrà nel cielo. I vincitori continuamente lo provocano dicendogli: “Dov’è il tuo Dio?”. Intendendo con ciò che il suo Dio è fuggito di fronte agli dei di Babilonia, e addirittura che non è esistente. I vincitori vogliono che lasci la sua fede e accolga gli idoli, che si vedono e si toccano. Ma il deportato, in camino verso il suo luogo di schiavitù, non rinuncia alla sua fede e pensa a quando era gioioso nella casa di Dio. Ricordi dolorosi ora, ma non vi rinuncia. Egli si esorta a non cedere alla tristezza: “Perché ti rattristi, anima mia, perché ti agiti in me?”. Egli è ormai fuori dalla grande vallata del Giordano; è ai piedi dell’Ermon e del monte Mizar, che sarebbe il monte Zaorah, vicino alle sorgenti del Giordano. Il cammino è in aspra salita. Il deportato vede sorgenti scaturire dal monte Hermon e precipitare nel fondo di precipizi, fatti abissi d’acqua. Ogni abisso chiama “l’abisso”, perché da esso deriva. L’abisso, secondo l’idea semita, è l’immane bacino sotterraneo dal quale procedono le sorgenti (Gn 7,11; Pr 3,20; Ps 33,7). Uno svolgersi grandioso di forza travolgente che il deportato assume come immagine drammatica dell’assommarsi delle sventure divine su di lui: “Tutti i tuoi flutti e le tue onde sopra di me sono passati”. Il cammino è lungo e aspro, ma il Signore sostiene il deportato: “Di giorno il Signore mi dona il suo amore”. Lui, poi, durane la notte passa le ore in preghiera. L’insulto, la provocazione, la tentazione, è continua, martellante: “Dov’è il tuo Dio?”, visto che sei nelle nostre mani e non puoi fuggire? Ma il deportato lotta, reagisce e dice alla sua anima: “Perché ti rattristi”; e si vincola alla speranza: “Spera in Dio: ancora potrò lodarlo, lui, salvezza del mio volto e mio Dio”. Salvezza del volto, nel senso di salvezza da un volto disperato, sgomento, senza più dignità. |