Commento
Il salmista ha fatto il fermo proposito di essere controllato nell’agire e nel parlare mentre l’empio gli sta dinanzi. Il salmista aspettava che Dio umiliasse l’empio colpendolo, e invece eccolo felice e forte, mentre lui si trova costretto a tacere, senza riuscire con ciò ad evitare la sua azione malvagia: “ma a nulla serviva, e più acuta si faceva la mia sofferenza” Il cuore del salmista è oppresso e tenta di reagire con l’ira e il rancore, ma lui lo domina. Egli chiede a Dio umiltà; chiede la consapevolezza di quando sia fuggente la vita di ogni uomo si stampi nel profondo della sua coscienza: “Si, è solo un soffio ogni uomo che vive. Si, è come un'ombra l’uomo che passa”. La pace avanza nel suo cuore e chiede di essere liberato da tutte le sue colpe che ha commesso nell’agitazione del suo cuore, e vede bene che senza l’aiuto di Dio finirà per cadere nell’infedeltà a Dio ed essere così “scherno dello stolto”. Egli chiede di essere umile nelle umiliazioni; mite di fronte alle prepotenza.
“Perché
presso di te io sono forestiero, ospite come tutti i miei padri”.
Il salmista riconosce la sovranità universale di Dio. Egli non considera di
essere il padrone assoluto della terra che abita. Dio ha dato al suo popolo
una terra dove abitare, ma tale terra non può diventare sua in assoluto,
poiché in assoluto è solo di Dio. Il popolo la possiede, ma come un
forestiero o un ospite che abita nella proprietà di un altro. Nel libro del
Levitico si legge (25,23): “Perché
la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e ospiti”.
Ciò corregge il pensiero dell'uomo
di ritenersi il proprietario assoluto della sua terra, tanto da considerare
come un essere inferiore chi non possiede beni,
ma ciò non è perché il proprietario assoluto della terra è Dio, e Dio
vuole che i beni abbiano una destinazione universale. |