Commento
L’orante ha davanti a sé la bontà di Dio e pur attanagliato dalla tentazione di credersi un rifiutato anche da Dio, afferma che Dio è buono e che deve continuare a camminare nella verità: “Nella tua verità ho camminato”. Non siede con gli empi, il che non vuol dire che non parli loro per ravvederli, ma che non accetta i loro inviti a diventare come loro. Chiamato in giudizio egli protesta la propria estraneità al crimine lavandosi le mani, con sincerità, “nell’innocenza” (Cf. Dt 21,6). Egli è sincero davanti a Dio e i suoi olocausti, le sue offerte, sono veramente “sacrifici di ringraziamento” (Cf. Ger 17,26). Così noi non possiamo partecipare alla celebrazione Eucaristica con l’animo distratto, con fare formale. Egli narra le opere del Signore, l’uscita dal paese d’Egitto, l’alleanza del Sinai, in professione di fede davanti ai presenti per ravvivarne la fede, così il nostro Credo nell’assemblea Eucaristica sia un vero confermarci reciproco nella fede. Egli ama la casa del Signore, cioè la chiesa, dove nel tabernacolo abita “la tua gloria”, cioè il Cristo, gloria del Padre, realmente presente sotto i veli del pane e del vino per l'altissimo prodigio della transustanziazione, nel quale prodigio Dio dispiega tutta la sua onnipotenza. Egli invoca aiuto da Dio, consapevole che se Dio non lo aiutasse ciò equivarrebbe ad essere spinto tra gli empi e ad essere travolto con loro. Ancora afferma la sua integrità di fronte ai comandamenti di Dio, ma nello stesso tempo si dichiara bisognoso di riscatto dal male e di misericordia. Alla fine l’orante si sente nella pace: “Il mio piede sta su terra piana”. E si sente pieno di zelo per il Signore: “Nelle assemblee benedirò il Signore”. |