Pio
XII:
Enciclica Humani Generis, 22 agosto 1950
Pio XII definisce
l'evoluzionismo una ipotesi e ammette, dentro precisi punti, il confronto
tra le due opinioni: il fissismo e l'evoluzionismo teista. In modo
particolare l'angolo dell'Enciclica si restringe al confronto tra l'ipotesi
della derivazione dell'uomo da materia organica preesistente
(evoluzionismo teista) e la tesi tradizionale che l'uomo sia stato creato
direttamente dalla terra, secondo la narrazione biblica; tale tesi tradizionale
è presentata nel libero confronto con l'ipotesi dell'evoluzionismo teistico,
come ipotesi, e quindi il testo biblico (seconda narrazione) della creazione
dell'uomo dalla terra viene considerato suscettibile di essere esaminato alla
luce di un genere letterario
apparentemente popolare, ma in
realtà genialmente espressivo. Circa la legittimità dell'analisi dei primi 11
capitoli della Genesi alla luce dei “generi
letterari”, Pio XII si era espresso nell'Enciclica “Divino afflante
Spiritu” del 30 settembre 1943; era seguita, sullo stesso tema, una
risposta della Commissione Biblica all'Arcivescovo di Parigi, Card. Suhard, il
16 Gennaio 1948. Pio XII non si pronuncia così né per la creazione dell'uomo
direttamente dalla terra, né per un processo evolutivo finalistico
all'uomo. Con forza, tuttavia, nega ogni accoglienza del poligenismo.
Va notato che al
tempo dell'Enciclica Humani Generis già si avevano le prime scoperte di
paleoantropologia. Esse presentavano frammenti di cranio primitivi con femori
che indicavano una postura decisamente eretta (Pitecantropo di Giava, in
realtà Homo erectus: primo reperto nel 1890, poi scavi ripresi nel 1936;
Sinantropo di Pechino, anch'esso Homo erectus, fisicamente meglio
dotato del Pitecantropus di Giava, con reperti trovati tra il 1929 e il 1937; vi
partecipò Teilhard de Chardin. Già aveva preso consistenza (1937-1946) con
George Gaylard Simpson, Julian
Huxley, Theodosius Dobzhansky, Ernst Mayr e altri l'attuale “teoria
sintetica dell'evoluzionismo”. Tutto ciò costituisce il retroterra delle
parole di Pio XII. Indubbiamente Pio XII pensava, circa l'ipotesi evoluzionista,
ad una progressiva evoluzione della forma umana per giungere all'uomo,
nell'ambito di uno stretto finalismo pilotato direttamente da Dio; se questo non
fosse stato documentato nei reperti fossili, sarebbe automaticamente prevalsa
l'altra ipotesi in gioco, cioè della creazione dell'uomo non da “materia
organica preesistente”, ma direttamente dal suolo. Indubbiamente in questo
ebbe un peso anche l'autorità di Pierre Teilhard de Chardin, che allora aveva
69 anni, ed era in piena attività prima di essere stroncato da un infarto nel
1955, ma Pio XII non ne conosceva il pensiero teologico emerso chiaramente solo
dalle pubblicazioni post mortem. Certamente non pesò la grande panzana dell'Homo
Piltdowni, scoperta nel 1953, ma già da tempo subodorata negli ambienti
scientifici.
Ma già si erano
avuti i primi rinvenimenti fossili di Ausralopiteci. Nel 1924 Raymond Dart
rinvenne un cranio di cucciolo di Australopitecus africanus (Australopitecus
gracilis), che venne denominato Taung Baby, da una cava di calce a Taung,
località che allora era parte del protettorato di Bechuanalanda, nel Sud
Africa. Nel 1938 Robert Broom aveva ritrovato a Kromdraai, in Sud Africa,
fossili di Australopitecus robustus.
“Rimane ora da
parlare di quelle questioni che, pur appartenendo alle scienze positive, sono più
o meno connesse con le verità della fede cristiana. Non pochi chiedono
istantemente che la religione cattolica tenga massimo conto di quelle scienze.
Il che è senza dubbio cosa lodevole, quando si tratta di fatti realmente
dimostrati; ma bisogna andar cauti quando si tratta piuttosto di ipotesi, benché
in qualche modo fondate scientificamente, nelle quali si tocca la dottrina
contenuta nella Sacra Scrittura o anche nella tradizione. Se tali ipotesi vanno
direttamente o indirettamente contro la dottrina rivelata, non possono
ammettersi in alcun modo.
Per queste ragioni il
Magistero della Chiesa non proibisce in conformità allo stato attuale delle
scienze e della teologia, sia oggetto di ricerche e discussioni, da parte dei competenti in
tutti e due i campi la dottrina dell'evoluzionismo, in quanto cioè essa fa
ricerche sull'origine del corpo umano, che proverrebbe da materia organica
preesistente (la fede cattolica ci obbliga a ritenere che le anime sono state
create immediatamente da Dio). Però questo deve essere fatto in tale modo che
le ragioni delle due opinioni, cioè di quella favorevole e di quella contraria
all'evoluzionismo, siano ponderate e giudicate con la necessaria serietà,
moderazione e misura e purché tutti siano pronti a sottostare al giudizio della
Chiesa, alla quale Cristo ha affidato l'ufficio di interpretare autenticamente
la Sacra Scrittura e di difendere i dogmi della fede (Cfr. Allocuzione Pont. ai
membri dell'Accademia delle Scienze, 30 novembre 1941;
A. A. S. vol. , pag. 506). Però alcuni oltrepassano questa libertà di
discussione, agendo in modo come fosse già dimostrata con totale certezza la
stessa origine del corpo umano dalla materia organica preesistente, valendosi di
dati indiziali finora raccolti e di ragionamenti basati sui medesimi indizi; e
ciò come se nelle fonti della divina Rivelazione non vi fosse nulla che esiga
in questa materia la più grande moderazione e cautela.
Però
quando si tratta dell'altra ipotesi, cioè del poligenismo, allora i figli della
Chiesa non godono affatto della medesima libertà. I fedeli non possono
abbracciare quell'opinione i cui assertori insegnano che dopo Adamo sono
esistiti qui sulla terra veri uomini che non hanno avuto origine, per
generazione naturale, dal medesimo come da progenitore di tutti gli uomini,
oppure che Adamo rappresenta l'insieme di molti progenitori; non appare in
nessun modo come queste affermazioni si possano accordare con quanto le fonti
della Rivelazione e gli atti del Magistero della Chiesa ci insegnano circa il
peccato originale, che proviene da un peccato veramente commesso da Adamo
individualmente e personalmente, e che, trasmesso a tutti per generazione, è
inerente in ciascun uomo come suo proprio (Cf. Rm. 5, 12-19; Conc.
Trident., sess. V, can. 1-4) “.
Pio XII
ribadisce che “le anime sono state create immediatamente da Dio”. Ora
ciò non va inteso nel senso che Dio crea un'anima e la pone in un animale
antecedente evoluto quanto si voglia, ma che crea un'anima che è la forma
sostanziale del corpo, il che vuol dire che il corpo è atto a ricevere tale
anima. Il fatto di essere creata immediatamente da Dio, e non prima, comporta
proprio una relazione ad un corpo capace di riceverla. E' un gravissimo errore
pensare che un animale evoluto abbia ricevuto in un determinato momento un'anima
spirituale. L'animale è già una realtà compiuta e non ha attitudine a ricevere
un immenso più, che è l'anima spirituale. Il “salto ontologico” di cui
parla Giovanni Paolo II riguarda tutto l'uomo, anima e corpo. Il Catechismo
della Chiesa Cattolica afferma questi punti (364): “Il corpo dell'uomo
partecipa alla dignità di immagine di Dio; (365): L'unità dell'anima e
del corpo è così profonda che si deve considerare l'anima come la “forma” del
corpo; ciò significa che grazie all'anima spirituale il corpo composto di
materia è un corpo umano e vivente; lo spirito è la materia, nell'uomo, non sono
due nature congiunte, ma la loro unione forma un'unica natura”.
Giovanni Paolo
II: Discorso ai membri della Pontificia Accademia delle Scienze: 22 Ottobre
1996
Giovanni Paolo II fa
appello ai progressi conoscitivi raggiunti e parla di teoria, termine già
usatissimo in campo scientifico al tempo di Pio XII il quale parla tuttavia di
ipotesi. Giovanni Paolo II pur parlando di teoria, ne prende le distanze
dicendo che più che di teoria dell'evoluzione, bisogna parlare di teorie
dell'evoluzione, nelle quali si nota la presenta interpretativa di varie
filosofie. Giovanni Paolo II invita quindi ad un controllo rigoroso della
teoria con i dati oggettivi. Egli afferma nuovamente un ontologico salto di
qualità tra l'animale e l'uomo.
“Nella sua
Enciclica Humani generis (1950) il mio predecessore Pio XII aveva già affermato
che non vi era opposizione fra l'evoluzione e la dottrina della fede sull'uomo
e sulla sua vocazione, purché non si perdessero di vista alcuni punti fermi
(Cf. AAS 42, 1950, pag. 575-576). (...)
Tenuto conto dello
stato delle ricerche scientifiche a quell'epoca e anche delle esigenze proprie
della teologia, l'Enciclica Humani generis considerava la dottrina
dell’evoluzionismo un'ipotesi seria, degna di una ricerca e di una riflessione
approfondite al pari dell'ipotesi opposta. Pio XII aggiungeva due condizioni di
ordine metodologico: che non si adottasse questa opinione come se si trattasse
di una dottrina certa e dimostrata e come se ci si potesse astrarre
completamente dalla Rivelazione riguardo alle questioni da essa sollevate.
Enunciava anche la condizione necessaria affinché questa opinione fosse
compatibile con la fede cristiana, punto sul quale ritornerò.
Oggi, circa mezzo
secolo dopo la pubblicazione dell'Enciclica, nuove conoscenze conducono a non
considerare più la teoria dell'evoluzione una mera ipotesi. (...) E' degno di
nota il fatto che questa teoria si sia progressivamente imposta all'attenzione
dei ricercatori, a seguito di una serie di scoperte fatte nelle diverse
discipline del sapere. La convergenza non ricercata né provocata, dei risultati
dei lavori condotti indipendentemente gli uni dagli altri, costituisce di per
sé un argomento significativo a favore di questa teoria. (...) A dire il vero,
più che della teoria dell'evoluzione, conviene parlare delle teorie
dell'evoluzione. Questa pluralità deriva da un lato dalla diversità delle
spiegazioni che sono state proposte sul meccanismo dell'evoluzione e dall'altro
dalle diverse filosofie alle quali si fa riferimento. Esistono pertanto letture
materialiste e riduttive e letture spiritualistiche. Il giudizio è qui di
competenza propria della filosofia e, ancora oltre, della teologia. (...). La
teoria dimostra la sua validità nella misura in cui è suscettibile di verifica;
è costantemente valutata a livello dei fatti; laddove non viene dimostrata dai
fatti, manifesta i suoi limiti e la sua inadeguatezza. (...) Di conseguenza, le
teorie dell'evoluzione che, in funzione delle filosofie che le ispirano,
considerano lo spirito come emergente dalle forze della materia viva o come un
semplice epifenomeno di questa materia, sono incompatibili con la verità
dell'uomo. Esse sono inoltre incapaci di fondare la dignità della persona. Con
l'uomo ci troviamo dunque dinanzi a una differenza di ordine ontologico,
dinanzi a un salto ontologico, potremmo dire”.
Benedetto XVI
omelia a Regensburg: 12 Settembre 2006
Benedetto XVI
afferma che il credente non deve temere nulla dalle varie teorie negatrici di
Dio. Il Pontefice non parla di evoluzionismo, ma di “sviluppo” operato
da Dio. Il senso che se ne ricava è che l'evoluzione esiste, ma non è affidata
al caso e alla selezione.
“Fin
dall'Illuminismo, almeno una parte della scienza s'impegna con solerzia a
cercare una spiegazione del mondo, in cui Dio diventi superfluo...Ma ogni qualvolta
poteva sembrare che ci si fosse riusciti, sempre di nuovo appariva evidente: i
conti non tornano! I conti sull'uomo, senza Dio non tornano, e i conti sul
mondo, su tutto il vasto universo, senza di lui non tornano (..) In fin dei
conti resta l'alternativa: che cosa esiste all'origine? La ragione creatrice,
lo Spirito che opera tutto e suscita lo sviluppo, o l'irrazionalità che, prima
di ogni ragione, stranamente produce un cosmo ordinato in modo matematico e
anche l'uomo, la sua ragione. Questa, però sarebbe allora soltanto un risultato
casuale dell'evoluzione e quindi, in fondo, anche una cosa irragionevole. (...)
Noi crediamo che all'origine c'è il Verbo eterno, la ragione, non
l'irrazionalità. Con questa fede non abbiamo bisogno di nasconderci, non
dobbiamo temere di trovarci con essa in un vicolo cieco”.
Benedetto XVI discorso
alla Pontificia commissione per le scienze: 30 Novembre 2008
(Osservatore Romano, 1 novembre 2008):
“Per svilupparsi ed evolversi il mondo deve prima essere, e quindi essere
passato dal nulla all'essere. Deve essere creato, in altre parole, dal primo
Essere che è tale per essenza. Affermare che il fondamento del cosmo e dei suoi
sviluppi è la sapienza provvida del Creatore non è dire che la creazione ha a
che fare soltanto con l'inizio della storia del mondo e della vita. Ciò implica,
piuttosto, che il Creatore fonda questi sviluppi e li sostiene, li fissa e li
mantiene costantemente. (...) Il mondo, lungi dall'essere stato originato dal
caos, assomiglia a un libro ordinato. È un cosmo. Nonostante elementi
irrazionali, caotici e distruttivi nei lunghi processi di cambiamento del cosmo,
la materia in quanto tale è "leggibile". Possiede una "matematica" innata. La
mente umana, quindi, può impegnarsi non solo in una "cosmografia" che studia
fenomeni misurabili, ma anche in una "cosmologia" che discerne la logica interna
visibile del cosmo”.
Evoluzione, ma non autoevoluzione, questa è la sostanza del discorso